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Autore: unbound    05/11/2012    0 recensioni
C’era una volta, ma anche due, un principe azzurro in groppa ad un maestoso cavallo bianco; bello, sorridente, affascinante e piacente, che con un solo gesto della mano poteva fare innamorare qualsiasi principessa preferiva, mentre al contrario gli appariva difficile riuscire a farsi odiare. Si pavoneggiava per l’intero regno con la faccia di qualcuno che poteva permetterselo, rivolgeva sguardi e sorrisi a chi preferiva e, ammaliando chiunque, ne era dannatamente fiero.
Eliminando il sangue blu, l’equino, la veste imbarazzante e il paesaggio fiabesco, ci troviamo davanti ad un ragazzetto che non è di certo il più bello, ma neanche uno dei più brutti, in altre parole il tipico adolescente che dalla pubertà non ha ricevuto solo acne e pelle grassa, che la sa lunga su ogni argomento che non implichi l'uso di materia grigia, o che, al contrario, abbia così tanto bisogno della logica che, infine, sembri completamente inutile.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta, ma anche due, un principe azzurro in groppa ad un maestoso cavallo bianco; bello, sorridente, affascinante e piacente, che con un solo gesto della mano poteva fare innamorare qualsiasi principessa preferiva, mentre al contrario gli appariva difficile riuscire a farsi odiare. Si pavoneggiava per l’intero regno con la faccia di qualcuno che poteva permetterselo, rivolgeva sguardi e sorrisi a chi preferiva e, ammaliando chiunque, ne era dannatamente fiero.
Eliminando il sangue blu, l’equino, la veste imbarazzante e il paesaggio fiabesco, ci troviamo davanti ad un ragazzetto che non è di certo il più bello, ma neanche uno dei più brutti, in altre parole il tipico adolescente che dalla pubertà non ha ricevuto solo acne e pelle grassa, che la sa lunga su ogni argomento che non implichi l'uso di materia grigia, o che, al contrario, abbia così tanto bisogno della logica che, infine, sembri completamente inutile.
Tutti si rendevano conto della sua presenza, perché, puntualmente, al suo passaggio si sentivano gli striduli eccitati delle ragazzine più piccole e il rumore del sangue che bolliva copioso nelle vene, il tutto contornato da uno sguardo penetrante, delle più grandi. Non c’era giorno in cui non veniva detto qualcosa come “oddio, ma cos’è quel ragazzo?” o “mi ha guardata, mi sento svenire”, ma non c’era molto da spiegare, era semplicemente la fonte di piacere femminile e la fonte di invidia e ammirazione maschile, che, al contrario, al suo passaggio non si soffermava su quanto fosse bello lui, ma su quante ragazze lo notassero. Nonostante questo, aveva dei seguaci piuttosto fedeli che sembravano seguire le sue orme come dei cani da caccia; mentre loro si accontentavano di avere trecento ragazze ai piedi, lui voleva di più. Non voleva piacere, voleva essere amato, e ci riusciva ben troppe volte anche quando non voleva; vedete, a lui non importava che le ragazze facessero commenti poco casti sul suo conto -benché questo lo lusingasse-, voleva che ne fossero infatuate fino ad andare contro i propri principi, perché era convinto di riuscire ad amarle tutte.
Il suo nome era Alex, il suo viso godeva di lineamenti poco marcati che, però, non tendevano al femminile. Il suo naso era all’insù e i suoi occhi neri, contornati da lunghe ciglia, sembravano dire di più di quanto potessero mai farlo le sue parole. Portava un paio di occhiali, neri anche loro, grandi, per dargli quell’aria da intellettuale che però era molto lontana dalla sua persona; nonostante fosse molto pigro e poco devoto ai libri, grazie all’intuito, sembrava raggiungere le vette più alte e andare bene in qualsiasi materia scolastica. Il suo colpo era slanciato ma non costruito, piuttosto genuino, che si formava in un metro e ottanta di “fascino” del tutto naturale; ma la cosa che colpiva più di tutti era il suo sorriso, che poteva senza problemi essere riconosciuto in una di quelle pubblicità dei dentifrici trasmesse in televisione.
Molti giustificavano la sua bellezza grazie alle sue origini estere, che formavano un ennesimo velo di mistero e curiosità su di lui; infatti non si sapeva se fossero inglesi, tedesche, greche... Ma gli donavano comunque quel punto in più che lo rendevano ancora più piacente.
 
 
Era un comunissimo lunedì mattina e Alex non aveva proprio voglia di mettere un piede fuori dal letto, preferiva di gran lunga gemere grattandosi la pancia con fare poco sensuale, ma lo fece e anche piuttosto in fretta stufo dei troppi richiami della sveglia.
Dopo aver attraversato il paese in groppa alla sua moto chiara, arrivando a scuola, salì le scale e si ritrovò quasi fluttuando al terzo piano, ovvero il suo campo di battaglia; la sua classe era situata in fondo al lungo corridoio che, come se fosse già stato prestabilito, gli permetteva di sfilare tra gli altri con aria beffarda e farsi spazio tra tutti come se rappresentasse uno dei più importanti pezzi grossi della città. Più passi faceva, più ragazze salutava con il suo solito sorriso smagliante, e, nel frattempo, le analizzava secondo un criterio ben coinciso: c’erano le ragazze che lo detestavano ma che in realtà erano pazze di lui, quelle che giuravano di non parlargli più e continuavano a farlo come se non fosse niente, quelle che non conosceva (in via d’estinzione), e infine quelle con cui invece si trovava “lavori in corso”. A questa “classe sociale” apparteneva una ragazzetta di poco più di un metro e sessantacinque, dai grandi occhi verdi e capelli mossi e chiari, che ricadevano sulle spalle sinuosi ma allo stesso tempo quasi sempre in disordine: il suo nome era Mardy, e non sembrava essere una come le altre.
Era spuntata dal nulla quasi come un fungo, un fulmine a ciel sereno; non era di certo una delle più popolari ma aveva il suo cerchio di amici, alcuni addirittura in comune con Alex, che condividevano i suoi stessi interessi. I pochi che la conoscevano davvero bene la ritenevano una ragazza deliziosa ma anche un po’ scorbutica, la femminilità non era il suo forte e di certo non sfoggiava gli abiti più succinti e le scarpe più alla moda, ma nonostante questo aveva qualcosa che funzionava da polo opposto nei confronti del nostro protagonista. I suoi occhi erano quasi ipnotizzanti, quando Alex li incrociava non riusciva a smettere di sorridere, e non quel sorriso beffardo che lo caratterizzava, ma uno nuovo: non rappresentava una mossa di approccio, bensì una conseguenza, qualcosa di inevitabile.
Non riusciva a spiegarselo e non lo ammetteva a nessuno, neanche a se stesso.
 
Quella mattina non incrociò la ragazza in questione a primo tentativo, probabilmente era già chiusa e segregata nella sua di classe, nell’altra parte del corridoio. Infatti, Mardy era di un anno più piccola ma non dimostrava per niente la sua età; durante le lunghe discussioni che avevano avuto in sole due settimane di conoscenza, le sue parole e le sue idee lo affascinavano. Semplicemente non era caduta ai suoi piedi come tutte le altre e non fingeva di farsi piacere le sue stesse cose per far colpo, anzi, di tanto in tanto lo criticava, ma la cosa non lo offendeva.
Dopo una decina di minuti, decise quindi di fare capolino dalla porta della sua classe, e la vide nell’angolo più remoto della stanza immersa nel suo libro di biologia. Fece un segno con la testa alla compagna di banco della ragazza e quest’ultima le diede un leggero colpetto sulla spalla in modo che lei alzasse gli occhi e lo notasse.
Si scambiarono un sorriso e un gesto della mano, piuttosto scarno, ma bastò ad entrambi.
 
Le loro discussioni si sviluppavano tra un’amorevole offesa e l’altra, a volte si punzecchiavano perché uno dei due si ritrovava a essere fin troppo scontroso, il più delle volte lui, ma alla fine Alex non riusciva a non cercarla almeno un paio di volte al giorno.  L’unica cosa che lo turbava era il fatto che non lo riempisse di complimenti scontati come le altre, piuttosto preferiva parlare di argomenti che non comprendevano nessuno dei due e che riuscivano comunque a catturare la sua attenzione. A volte gli dava così fastidio il suo poco interesse che sviluppava risposte odiose e glaciali contornate da qualche falso complimento, che creavano a poco a poco delle piccole e insignificanti liti, ma non sembravano influire nel loro rapporto.
Nel frattempo, Mardy non era l’unica ragazza della sua vita, nel gruppo “lavori in corso” si trovavano molte altre donzelle anche più piccole di quest’ultima, che si dividevano copiosamente tra la scuola e i social network (perché gli riusciva ancora meglio fare colpo da dietro un pc, poteva prendersi tutto il tempo per mentire). Una di queste era Naomi: sguardo assente, capelli chiari, liscissimi e lunghissimi fino ai fianchi, occhi scuri e una decina di tonnellate di trucco intorno; insomma, una delle solite tipette che piacciono a tutti e che, ovviamente, attraeva pure lui. Era solita passargli le mani sulle spalle nel salutarlo, dargli baci lenti e silenziosi sulle guance che facevano captare intenzioni tutt’altro che caste, niente a che vedere con il sorrisetto ironico di poco prima scambiatosi tra la ragazzetta ribelle e il principino.
Alex adorava raccontare a Mardy di lei, anche perché credeva che potesse ingelosirsi e farlo sentire importante, ma la ragazza, al contrario, sembrava essere felice dei suoi successi, e questo lo confondeva; per questo motivo, chiunque gli chiedesse informazioni sul suo conto riceveva soltanto “siamo solo buoni conoscenti” come risposta.
Nessuno avrebbe mai immaginato che, poco dopo, le cose potessero prendere una svolta così brusca.
 
   
 
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