Ehilà
a tutti, e siete proprio tanti a giudicare dai commenti! Non mi aspettavo un
simile successone davvero, non ho mai contato tanti commenti in un solo giorno,
grazie davvero! ^__^
Mi
avete anche dato parecchi suggerimenti interessanti, alcuni già da me presi in
considerazione prima che me li scriveste. Me li sono messi da parte per
valutarli un po’: non prometto nulla a nessuno, ma credo che diversi di voi
potranno comunque essere accontentati, e già a partire da questo nuovo
capitolo!
È
tutto incentrato sul nostro amato scetticone Arthur, e vi anticipo che la sua
ucronia finirà col rispondere non ad una ma ben due domande!
Scusate
il capitolo lunghissimo (credo però farà felice molti fan di un paio di
coppie)…
Buona
lettura a tutti!
PS: GERMANIA X
ITALIA ORA E SEMPRE!
PPS: Link “culturale” XD >>> http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_dei_cent%27anni
Grazie
alla bislacca ma interessante trovata di America, per quel giorno le nazioni si
sarebbero dimenticate per un po’ di problemi, battibecchi e grandi decisioni,
per godersi le meraviglie della storia alternativa!
La
risata fragorosa e sovraeccitata di America coprì il parlottare che si era
venuto a creare al termine della prima puntata di quello che sembrava uno show
promettente: “Allora, gente! Quanti di voi ora si sono convinti a riserbare il
giusto rispetto alla mia grandiosa invenzione?”
“Bah!”
–sbottò Inghilterra- “Ma lo sai cosa vuol dire “umilità”?”
“Forza
allora, chi vuole essere il prossimo? Chi di voi vuole interrogare la macchina
e vedere una realtà differente?” –gli mancavano solo il bastone e il cappellino
e sarebbe stato un perfetto giostraio!- “Lei forse? O lei, signore? Chi di voi
sarà il fortunato?”
Polonia,
sbracciando, arrivò fino a lui: “Io! Io!
Devo assolutamente sapere se ho deciso di dipingere casa col colore giusto,
tipo!”
L’entusiasmo di Alfred crollo repentinamente: “Polonia… per la seconda volta:
non disturbare la mia mitica macchina con domande di questo tipo.”
L’interesse
era certamente alto, ma non tutti avevano abbastanza convinzione per farsi
avanti, e soprattutto per farsi mangiare come era successo ad Italia! Era stato
uno spettacolo a dir poco scioccante dopotutto.
“Forza, ho già detto a Corea di mettere su altro pop-corn!”
Quest’ultimo
aveva inoltre coinvolto anche Cina che si sarebbe occupato delle bibite, e
infatti il suo panda stava già passando tra i piedi degli spettatori con un
secchiello sulla schiena pieno di bottigliette e lattine (sulle quali i nomi
delle più famose bevande erano “stranamente” tutti scritti male…).
“America,
non ti è bastato aver verificato che la tua macchina funziona senza che nessuno
si sia fatto male? A parte Germania che, non so perché, si è chiuso in quello
sgabuzzino e non accenna ad uscire…” –disse Inghilterra.
“Sarà
rimasto sconvolto dalla qualità dello schermo HD che ho installato, eh eh! E
comunque è ovvio che non basta, non fare il solito guastafeste, hai visto
quanto ci siamo tutti appassionati, no? Mhmm…”
America
si era improvvisamente avvicinato a un palmo dal suo naso…
“Che
bloody vuoi ora?!”
“Sono curioso di sapere che domanda vorrai fare tu alla Macchina dell’Ucronia!”
“E
chi ti dice che io abbia pensato a una domanda?”
“Perché è impossibile resistere alla curiosità! Nessuno ci riuscirebbe, nemmeno
uno tutto perfettino e serioso come te!”
Arthur
restò zitto e inarcò un sopracciglio.
“……
Dai! Tiprego-tiprego-tiprego-tiprego-tiprego!” –supplicò veloccissimissimamente!
Francia
si appoggiò allo schienale della sedia di Inghilterra: “Oh, Inghilterra vuol
fare una domanda? E cosa vuoi chiedere? Come saresti senza il tuo brutto
carattere? Sicuramente più simpatico, e anche più appetibile come partito, uh
uh uh!”
“Io non ho un brutto carattere!” –asserì Arthur, sbuffando dalle orecchie
nuvolette nere come il carbone!- “E soprattutto non ho nessuna domanda da fare
al tuo stupido televisore scassato!”
“Argh! Come osi chiamarlo così? Chiedigli subito scusa!”
“Ho trovato un’altra domanda che puoi fare Inghilterra!” –continuò a
punzecchiarlo Francis- “Come sarebbe il mondo se non avessi mai inventato gli
scones o nessun altra pietanza della tua orribile cucina? Risposta: un posto
migliore!”
“Tu,
brutto…”
Fece
per lanciarsi sul collo di Francia, ma America lo tirò via per la giacca,
sicché Francia poté scappar via gongolando da vincitore!
“Dai, Inghilterra, fallo per me, mi piacerebbe la usassi almeno una volta!
Almeno un segno di apprezzamento visto tutto l’impegno che ci ho messo a
costruirla.”
“America, lo sai che non sopporto quando perdi il tuo tempo in stupidaggini!”
“Uffa, e io non sopporto quando sei così burbero: la mia macchina non fa male a
nessuno!”
Si
voltò: “Meno male che non sono venuto su come te!”
“Tsk! Se tu invece fossi venuto su un po’ più come me…”
“Ne ho un’altra! Se chiedessi…”
Stavolta
non ci fu nessun Alfred ad impedire lo strangolamento!
Era
infatti troppo abbattuto: “Uff…”
Prese
il tubo per le domande e lo rivolse verso Inghilterra: “Dai, solo una
domandina, poi ti lascio in pace, lo prometto. Però mi raccomando, facci uscire
una bella storiella, così noi che guardiamo ci divertiamo.”
Arthur,
essendo riuscito a sfogarsi facendo diventare la faccia di Francia dei tre
colori della sua bandiera l’uno dopo l’altro, si ricompose, aggiustandosi
cravatta e capelli e tornando fresco e posato, da bravo britannico.
“Bene
allora, farò la mia domanda.”
“Evviva!”
Gli
tolse di mano il tubo: “Oh, e sarà anche una bella domanda! Ih ih ih! Così in
un solo colpo mi leverò te dai piedi e mi farò due risate su quella ranocchia
asfittica lì per terra!”
Su richiesta di America, si aspettò qualche istante per consentire a Francia di
riprendersi: Svizzera, attivatosi in modalità crocerossa, provvide a
restituirgli l’ossigeno necessario.
“Allora…”
-si schiarì la voce- “La mia domanda riguarda la Guerra dei Cent’anni!”
“Ci
avrei giurato!” –annuì Spagna.
“Già:
tanto tempo fa, il mio capo divenne legittimo re di questo cerebroleso di
Francia, ma lui e i suoi nobili ebbero da ridire e avemmo una… spiacevolmente
lunga discussione, si può dire.”
Olanda,
che se li era sorbiti giusto vicino casa propria, si portò una mano in fronte
al ripensarci: “Oh, me ne ricordo bene! Sembravate non volerla finire più!”
“Umpf,
e alla fine io mi feci splendidamente valere e ricacciai questo buzzurro sulla
sua isola, ah ah ah!”
Inghilterra rise perfidamente: “Ah, si? Ti piace tanto ricordare quella storia,
eh? Vediamo un po’ che ci dice la macchina se invece ci fossimo risparmiati una
simile seccatura! E se la Guerra dei Cent’anni non fosse mai avvenuta?”
“Questa
sarà interessante! Bravo, Inghilterra, bella domanda!” –esultò America
mollandogli una mega-pacca che per poco non lo schiantò a terra.
“Grrr!
Dai, togliamoci il pensiero!”
“Prima
di andare però, prendi questo.”
“Un telecomando?” –era piccolo, color blu elettrico, coi tasti bianchi e un
piccolo schermo.
“Prima
non ho avuto il tempo di darlo anche ad Italia: è come il telecomando del dvd,
ti permette di andare avanti alla scena successiva, così potrai esplorare più
epoche nella tua storia alternativa; è dotato di calendario e anche di sveglia
e ricetrasmittente per parlare con gli alieni.”
“Non esistono gli alieni!”
“Tony
la pensa diversamente.”
Arthur alzò gli occhi al cielo: “America, sei la persona più tonta e casinara
che esista! Bah, dai, andiamo a vedere questa storia alternativa, così almeno
mi faccio quattro risate.”
“Sigh! Goditi pure la tua ucronia, tanto per davvero ho vinto io!” –piagnucolò
Francia sedendosi al suo posto.
“Allora
si balla! Pronti? Partenza… Via!”
Alfred spinse il pulsante rosso sulla Macchina dell’Ucronia e, dopo alcuni
secondi di colori indistinti sullo schermo, ricomparve il vortice, dal quale
l’elegante Arthur Kirkland non si lasciò certo risucchiare comicamente come era
successo ad Italia: fu lui a saltarvi dentro con un indomito gesto atletico.
Arthur
riaprì gli occhi e per prima cosa si guardò i vestiti. Erano abiti chiaramente
medioevali, della foggia tipica sua cara vecchia Inghilterra dei secoli XV o
XVI: giacca rossa con inserti dorati e argentati, cappello nero con piuma
bianca, collare... Gli venivano a menti i tempi della cara Elisabetta I… E
infatti eccola lì, in avvicinamento!
A
differenza di Italia, ben più sempliciotto, Inghilterra aveva mantenuto il suo
contegno, ma, anche se sapeva fosse solo una realtà virtuale, non avrebbe mai e
poi mai potuto mancare di rispetto a una sua graziosa maestà britannica,
figuriamoci a una delle più grandi che la storia ricordasse!
Si
tolse il cappello e si inchinò come da etichetta: “Vostra maestà.”
“Salute a te, Arthur. Ancora qui? La cerimonia sta per iniziare.”
“Quale
cerimonia, di grazia, vostra maestà?”
Sorrise: “Quella del compleanno del regno: la folla attende voi due alla
loggia, come sempre.”
“Noi
due?”
“Già! Io e te!”
“AAAAAAAARGH!”
Pur
davanti alla sua regina, non ce la fece a non urlare quando Francis,
arrivatogli dietro in punta di piedi, gli aveva cinto il collo con un braccio.
“FRANCIA?!
MALEDETTA RANA! Non ti riesce facile smetterla di tormentarmi, eh?”
Francia, che non era quello vero, rimasto davanti lo schermo, ma quello
ucronico, scoppiò a ridere: “Stai imitando i vecchi tempi, vecchio mio? Ci
riesci benissimo! Ah ah ah!”
“V-v-vecchio
mio?!”
Francia che lo chiamava “Vecchio mio”? Che gli sorrideva e faceva tutto il
gentile? In realtà lo faceva anche normalmente, ma stavolta sembrava sincero,
non pareva stare per prenderlo in giro o molestarlo...
“Su,
andiamo, mio grande amico, è il nostro compleanno e i festeggiamenti ci
attendono!” –lo spintonò amichevolmente, per poi girarsi verso la sua regina-
“Con permesso, vostra maestà.”
Elisabetta
annuì e li lasciò andare.
Inghilterra
camminò al fianco di Francia, in silenzio finché non si riprese da quelle
sorprese: “Lei… è anche tua regina?”
“Ovvio, è la nostra regina! La regina del Regno Unito di Inghilterra e
Francia.”
“Ah,
certo…… LA REGINA DI CHEEEEEEE?!?!? Io… Io e te…”
“Che
distratto che sei… Ma d’altro canto, capita di scordarsi delle ricorrenze con
tutto quello che si ha da fare: oggi è l’anniversario di quando hai deciso di
risolvere la questione dell’eredità del mio trono unendo i nostri regni.
All’inizio non la presi bene quando i miei nobili accettarono di dare la corona
al tuo re senza protestare…”
Arthur
passò vicino un dipinto che ritraeva appunto quel momento: dei nobili da un
lato e dall’altro Francis con una faccia da “Urlo di Munch” che si strappava i
capelli…
“Ma
alla fine sei riuscito a farmi appianare le nostre divergenze, ed ora siamo
un’unica potente nazione!”
“I-io?”
Lo
tirò per un braccio su di una balconata, e dal piazzale gremito sotto di loro
si levarono forti urla di giubilo che fecero balzare il cuore di Arthur.
Strabuzzò
gli occhi vedendo, ai due lati della loggia, le bandiere che sventolavano: in
una metà, in campo blu, i gigli d’oro di Francia, nell’altra metà, la sua croce
rossa di San Giorgio in campo bianco.
Ancora
intontito, cominciò a fare “ciao” alla folla. Francia invece, più spigliato
come al solito, sembrava un attore tanto lanciava bacetti e occhiolini a destra
e a manca.
Inghilterra
guardò giù; in prima fila riconobbe Spagna e il piccolo Sacro Romano Impero
che, mentre tutti applaudivano, guardavano storto verso di loro.
“Che
hanno quei due?”
“Smack!” –finì di lanciar baci Francia- “Non farci caso, è tutta invidia:
dopotutto siamo noi la prima potenza commerciale e militare dell’Europa.”
Arthur
a quella notizia gongolò: << Eh eh
eh, beccati questo Francia: alla fine il migliore di tutti sono sempre io!
Inoltre, questo è il Regno Unito di Inghilterra e Francia! INGHILTERRA prima e
Francia poi! Ah ah ah! Sono sempre
davanti a te! >>
A
quel punto gli venne più spontaneo salutare e lasciarsi andare.
“Uh
uh uh uh uh!”
Finito
il bagno di grida e applausi, Arthur invitò quello strano Francia suo migliore
amico a fare due passi, in modo da avere altre informazioni.
“Quindi…
Sia Parigi che Londra sono capitali?”
“Una delle geniali proposte con cui sei riuscito a farmi cadere ai tuoi piedi.”
Inghilterra
lo immaginò “ai suoi piedi” e sghignazzò!
Intanto,
dall’altra parte dello schermo…
“Unire
i nostri regni, lasciare Parigi capitale, solo per me… Ah, l’ho sempre saputo
che in fondo quel buzzurro mi voleva bene! Ah, il mio cuore sta battendo così
forte!”
Mentre
Francia saltellava estasiato, i commenti fioccavano.
“Questa
non me l’aspettavo!”
“Francia
e Inghilterra… amiconi?!”
“Sicuro
che non sia la Macchina del Sottosopra?” –domandò Germania, tornato finalmente
tra loro.
“Le
possibilità della storia sono infinite!” –America non staccava gli occhi dallo
schermo, anche lui molto preso- “Certo, se avesse chiesto << Se avessi vinto la Guerra dei Cent’anni
>>, forse li avremmo visti in tutt’altri rapporti.”
Si
udì il mega-sospiro di Francia: “Aaahh… Poteva chiederlo ma non lo ha chiesto!
Sarà anche questo un segnale dei suoi sentimenti nascosti?”
“Ehm, Francia…”
“Continuiamo a vedere, continuiamo a vedere!” –sculettò Francia tutto cotto- “Mi
piace troppo questa storia alternativa!”
“O-ok…”
Inghilterra
sembrava proprio del suo stesso parere.
“Umpf,
non è per nulla male quest’ucronia! Sono sempre potente, anzi, lo sono ancora
di più visto che mi appartengono anche tutte le terre di Francia, ho potuto
rivedere la mia straordinaria regina e forse dopo vado anche a trovare
Shakespeare… E soprattutto, io e Francia non litighiamo! Anzi, mi vuole bene!”
I
rapporti erano sempre stati burrascosi tra i due, i loro litigi erano famosi:
era un cambiamento così radicale quello… Fu sorpreso di scoprire che un po’ gli
dispiaceva: in fondo, erano divertenti i loro continui confronti, e alla fine
si era affezionato a Francis anche grazie ad essi.
<<
Però… Anche averlo così… Devo dire che
non è male… Un momento… MA CHE PENSIERI STO FACENDO?! >>
Si
mollò uno schiaffo!
“A
che pensavi?”
“Niente!”
“Uh
uh uh, oggi sei strano… Stai ancora pensando all’ultima volta?”
“Quale ultima volta?”
“L’ultima volta che ci siamo coccolati, no? È stato particolarmente
soddisfacente, uh uh uh! Se vuoi stasera…”
“……… Io… e te… ci… “coccoliamo”…”
Francis
afferrò lascivo una rosa da un vaso e, annusatala, si avvicinò al suo orecchio
e sussurrò: “Il nostro è un regno… “molto” unito! Uh uh uh!”
“………
Puoi scusarmi un attimo?”
Arthur
si allontanò fino a trovare un altro balcone da cui sporsi per prendere l’aria
necessaria per gridare.
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!””
Francia,
uditolo, annusò di nuovo la rosa con aria sognante: “Ahhh, si, facesti così
anche la prima volta!”
Gli
spettatori erano tutti arrossiti.
“Non
ci credo…”
“Direi che il rating si è un po’ alzato…”
“UH
UH UH UH UH UH UH! MUAHAH AH AH!
Ovviamente non poterono non girarsi preoccupati verso Francia! Fumava dalle
narici ed aveva il suo sguardo da maniaco, quello da cui devi metterti in salvo
se non gradisci che lui approfondisca di molto la vostra conoscenza!
“Uh
uh uh! Magnifico! Mi piace questa ucronia! America, ce l’abbiamo un telecomando
per passare alla scena di quando ci siamo coccolati?”
“Francia!”
Si scosse e gli tornò la sua faccia normale: “Tranquillo, scherzo: ci sono
occhi troppo puri qui.”
Indicò
alle sue spalle la piccola Lily, il piccolo Sealand e il grandicello Feliciano
(come non includerlo?).
Francia
fece segno ad Alfred di avvicinargli per parlargli nell’orecchio: “Però… è
tecnicamente possibile vedere quella scena?”
“……
Se gioco un po’ coi contatti, forse si può…”
Francia
prese a sfregarsi le mani: “SPLENDIDO! Allora se ci riesci registrami quella
parte che poi me la rivedo! Uh uh uh uh!”
“Ehm,
andiamo avanti che è meglio…”
Arthur,
pallidissimo, tornò dentro. Ti pareva, era tutto troppo bello per essere vero!
D’altronde,
si era voluto “unire” con Francia… CHE SBAGLIO IMPERDONABILE! Il fatto poi che
fosse stato proprio lui a farsi avanti con una simile idea gli faceva venire
orribili dubbi su sé stesso!
“Sigh!
Stupida macchina! Maledetto Alfred, e io che stavo iniziando a pensare che non
fosse tanto male la sua invenzione.”
Però c’era da rifletterci. “Coccole” con Francia a parte, si stupiva della
gloria che aveva raggiunto in quel mondo in cui l’oltremanica aveva deciso
spontaneamente di consegnarglisi. Era una potenza completa ora, sia per mare
che per terra… Che dormiva nello stesso letto a baldacchino con quel rospo
annusa-rose.
Tirò
fuori il telecomando: “Beh, in fondo non sto poi così male. Però, per
curiosità, vediamo come si evolveranno le cose.”
Premette
il tasto “avanti”, e sullo schermetto comparve la dicitura “XVII” secolo.
FLASH!
“Uh?”
Stavolta non si guardò i vestiti per dedurre l’epoca visto che la conosceva, ma
si guardò intorno. Era la cucina di una casa patronale: arredi lucidi, posate
d’argento, tavolo apparecchiato per quattro.
“Abbiamo
ospiti?”
Attese
composto sulla sua sedia, fissando il vaso di porcellana cinese, finché…
“PAPÀ!”
–gridò una vocina!
“PAP?!?!?”
–la parola gli era morta in gola!
<<
Oh, no! Non ditemi che abbiamo avuto dei
figli?! >>
Si
girò e qualcosa gli saltò addosso. Si irrigidì tutto come una statua, prima di
capire che quello era un abbraccio, e chi glielo stava dando era Alfred,
tornato piccino e caruccio come all’epoca in cui lo aveva cresciuto.
“Ih
ih ih! Che bello! Ora si mangia!”
“Ed eccoci qui!” –entrò allora Francia, che teneva per una manina il piccolo
Canada, dall’aria perennemente timida.
“Io
mi siedo vicino a papà!” –fece America, in piedi sulla sua sedia.
“Papà…”
Evidentemente,
essendoci anche un Francia così in buoni rapporti, anziché avere un solo “fratellone”
i due gemelli avevano avuto una famiglia vera. Almeno non era “mamma”…
Dei
domestici servirono ai quattro un brodo caldo per stuzzicare l’appetito. Arthur
fisso Francia mettere la bavetta a Canada e carezzargli la testa, una visione
sorprendentemente tenera, bellissima. Per non parlare degli occhietti di Alfred
sempre puntati su di lui: chiaramente doveva essere il suo genitore preferito.
Nel
frattempo, quella dolce famigliola lì nello schermo non aveva suscitato solo
tanta tenerezza tra il pubblico…
Francia,
incapace di resistere a tanto amore, era corso a prendere la cornetta del
telefono…
“Oui!
Vorrei ordinare un anello di fidanzamento, il più bello che avete!” –concluse
sospirando cuoricini la romanticissima nazione.
Spagna
e Prussia si appropinquarono silenziosi alle sue spalle.
“Bene
Spagna, io e te eravamo gli altri membri del Bad Touch Trio, quindi sta a noi
fermarlo prima che la cosa vada troppo oltre.”
“Certamente!”
“Bene… Adesso!”
E
al segnale di Gilbert, Antonio lo aiutò ad acchiappare Francis e a trascinarlo
via…
“Lasciatemi
andare, in nome dell’amour!”
Una
bella caraffa in testa di d’acqua ghiacciata (toccata da Russia per 10
secondi), e si poté ricominciare a guardare.
Appetito
non ne aveva: quel quadretto così surreale che lo circondava bastava a
scaldargli il cuore più di quanto avrebbe potuto fare qualunque brodo fumante.
Con
la mano tremante carezzò America, e quello lo lasciò fare, tutto contento.
Da
quanto non lo faceva?
“Alfred,
non fare rumore mentre mangi!” –lo bacchettò Francia- “Prendi esempio di
Mathieu!”
Alla
fine mangiò, per evitare che la nostalgia lo facesse commuovere troppo.
<<
Quindi abbiamo conquistato ugualmente le
nostre rispettive colonie nel nuovo mondo, anche se siamo molto più uniti.
Incredibile, sto mangiando a tavola con America tornato piccolino! Chi si
poteva immaginare che da grande sarebbe diventato un simile fanfarone? È così
carino ora… Umpf, ora stravede per me, ma tra qualche anno… >>
Come
fulminato, aggrottò le ciglia. In quella storia aveva conosciuto lo stesso il
suo fratellino, ma sarebbe andata esattamente allo stesso modo anche quando
sarebbe cresciuto?
Tirò
fuori il telecomando. Premendo “avanti”, uscì scritto << Quel giorno di pioggia >>…
Deglutì:
“Andiamo a vedere.”
Riaprì
gli occhi con i capelli e la divisa fradicia. Il campo di battaglia desolato di
quel giorno, un posto che non avrebbe affatto voluto rivedere, un giorno che
non avrebbe mai voluto rivivere.
“Uff!
Bene, direi che è fatta.” –disse la voce di Francis.
Si
girò. Anche lui era in divisa, e per terra, poco più in là, c’era Alfred, una
macchia blu dai capelli biondi in mezzo al fango. La sua bandiera a stelle e
strisce giaceva sporca accanto a lui, mentre in lontananza le sue giubbe rosse
mettevano in fuga gli ultimi ribelli volenterosi.
<<
Già… >> -rabbrividì Arthur,
fissando tremante Alfred tossire e ansimare- << Durante la sua guerra contro di me, Alfred ricevette aiuti da Francis,
che era mio nemico e non perdeva occasioni per darmi fastidi. Ma qui Francis
non solo non lo ha aiutato, ma essendo un solo regno con me, ha combattuto
contro di lui, per tenere a sé la sua colonia… Non ha avuto speranze.
>>
Inghilterra
si avvicinò come in trance, mentre Francia aveva già presto a rimproverare il
figliol prodigo riportato a casa a suon di moschetti e cannoni.
“Accidenti,
Alfred! Perché non puoi essere obbediente come tuo fratello? Sei sempre stato
tu il problematico della nostra famiglia.”
Si
accorse solo in quel momento che c’era anche Canada lì accanto, nella sua
stessa divisa, sull’attenti, sull’orlo del pianto per il rimorso.
“Io…
Non sono Canada!” –strinse i denti, provando a rialzarsi- “Io sono io, e sono
grande abbastanza da decidere il mio destino!”
Francia
sospirò: “Parlaci tu, forse a te da retta.”
Arthur
non se la sarebbe immaginata così. Se gli avessero offerto l’occasione di
ritornare a quel giorno, con le loro posizione invertite, pensava si sarebbe
sentito tutto fuorché in colpa. Aveva vinto, il momento più brutto della sua
vita era stato capovolto, Alfred sarebbe rimasto con lui… Ma allora perché
tanto peso nel petto?
“Io
sono cresciuto ormai, perché non lo capisci?” –lo guardò lì da terra- “Fammi
essere libero! Fammi seguire la mia strada!”
“Zitto!” –ribatté gridando- “A seguire la tua strada finirai a ingoiare
hamburger da mattina a sera e a inventare televisori idioti!”
“???”
Francia
si avvicinò al suo orecchio: “Ehm, questa non l’ho capita…”
“Zitto
pure tu!”
“Tres bien…”
Strinse
i pugni: “Questo… è per il tuo bene! Ti credi maturo, ma non lo sei! Sei solo
un ragazzino arrogante e presuntuoso! Devi diventare qualcosa di meglio…”
–prese fiato- “Lo meriti, Alfred.”
Alfred
guardò suo padre, non capendo. Come poteva l’uomo che più ammirava trattarlo in
quel modo, come una sua proprietà?
Fece
avvicinare due giubbe rosse: “Portatelo via.”
Lo sollevarono di peso.
Non
avrebbe mai capito.
“TI
ODIO! TI ODIO, INGHILTERRA! TI ODIO!”
Esaurite
le ultime forze, quell’aquila che mai avrebbe volato, volse il viso esausto al
terreno, e si lasciò portar via.
“Stai
bene?” –si guardò Francia preoccupato dal suo aspetto.
“…
Che cosa ho fatto?”
Aveva
reagito di semplice istinto, ecco cosa, senza pensare alle conseguenze: il
momento più brutto della sua vita, per causa sua e della sua cocciutaggine, era
rimasto tale.
Premette
di nuovo “avanti”.
Almeno
ora era asciutto.
“E
ora dove diavolo sono? In che epoca sono?”
A
giudicare dal carro armato sotto di sé, sicuramente nello scorso secolo.
Un
altro tank si parcheggiò accanto al suo, e dalla cupola ne uscì un
soddisfattissimo Francia: “Ah ah ah! Il Regno Unito è ancora il migliore!
Bastiamo noi a rimettere a posto i marrani!”
“Cosa?”
Si
sporse oltre il carro e vide Italie e Germania per terra, ricoperti di cerotti!
“Veeee!
Basta! Ci arrendiamo!” –disse il prima con l’immancabile bandiera bianca.
“Urgh!” –fece il biondo- “Purtroppo questa volta sono d’accordo con lui.”
Ad
Arthur scese un gocciolone: “La Seconda Guerra Mondiale?”
“Appena
finita! Magnifique! Quel capo di Germania e le sue richieste, stava andando
troppo oltre! Meno male che ti ho dato retta: abbiamo reagito prontamente.
Risolvere
da solo un conflitto mondiale: il sé stesso di quell’ucronia lo sorprendeva
sempre di più. Però a quel conflitto aveva partecipato anche America…
“Francia! America?
Lui dov’è?”
“Ehm,
non appena ha visto che potevamo cavarcela da soli a finire il nemico, ha
reimbarcato tutte le sue truppe ed è tornato a casa sua.”
“Oh… Ehm… Avrei
voluto tanto salutarlo…”
Francia si incupì, guardandolo con compassione: “Si, è un grande trionfo, ma
dubito ti avrebbe parlato neanche stavolta.”
“… Non… mi parla?”
“Non ti parla da
quel giorno di pioggia. Tranne che per gli impegni ufficiali di nazione,
certo.”
Arthur si accasciò
sul carro armato. America che gli aveva tolto la parola? Per secoli interi?
Aveva desiderato che riflettesse prima di aprire bocca, ma mai che non
l’aprisse affatto! Tutto ma non questo!
Basta! Stava
diventando sempre più insopportabile!
“Prendo un aereo! Vado da lui! Bada tu alle formalità!”
“Va-va bene… Se
aspetti un po’ vengo con te.”
Italia bussò sul
suo carro armato: “Veee… Servirete la pasta a noi prigionieri?
Washington
non esisteva. La città non aveva motivo di chiamarsi come un tizio che era
stato presidente di niente. Alfred abitava a King George Town.
Noleggiata
un’auto, Arthur lasciò guidare Francis, facendosi altro male guardando fuori
dai finestrini.
L’America
della sua ucronia non era l’America: non era maestosa, non era caotica, non era
vivace, non era una terra di sogni impossibili che si realizzano e di riscatto
per tutti, niente era più grande che in altre nazioni, non c’era quell’aria di
disordine, che è libertà, che avvertiva ogni volta passava a trovarlo. Sembrava
una succursale della sua Inghilterra: siepi potate, marciapiedi puliti, taxi
neri, cabine del telefono rosse, poliziotti impeccabili come i suoi abitanti.
Aveva
la nausea: era tutto così tranquillo ed uguale a sé.
Ecco
cos’era diventato America, come lo aveva ridotto vincendo quel giorno: una
copia di sé stesso. Perché non era stato libero di esprimere sé stesso, non
glielo aveva concesso, perdendo e facendosi da parte, come un’altra storia ben
più saggia di quella di quel mondo aveva deciso.
L’auto
si fermò davanti a una casa di mattoni col prato potato alla maniera di casa
sua.
Trovò
la porta aperta e tutto in ordine: niente poster dell’NBA, bandiere a stelle e
strisce che sbucano dai barattoli dello zucchero o cartoni vuoti di bibite.
Mobili e soprammobili senza un filo di polvere, e un silenzio che fa echeggiare
i tuoi passi come in una galleria d’arte delle più snob.
Lo
trovò in biblioteca, su una poltrona, intento a leggere un grande classico, con
addosso un completo giacca e cravatta anche in casa, fuso in quell’ambiente tanto
rigoroso quanto spento che la finestra non riusciva a far splendere; senza un
accenno di reazione alla sua presenza.
Arthur,
nel vederlo, si fece scappare un sorriso ironico: “Leggi, eh? Ho sempre
desiderato diventassi un tipo acculturato.”
Invece
di essere uno che perde il suo tempo davanti i cartoni animati, traendone
strane idee.
Alfred
girò pagina, continuando ad ignorarlo.
Arthur
fece due passi nella stanza, osservando i titoli nella sua libreria.
“Credevo
di fare il tuo bene, dandoti una via sicura da seguire: per come sei tu, ti
saresti di sicuro gettato in chissà che pazze avventure, vantandoti ai quattro
venti per ogni trionfo o sciocchezza, saresti diventato il più grande
rompiscatole della storia.”
Gettò
via il sorriso di circostanza, e lasciò che il magone piegasse la sua solida
voce.
“Ma
ora mi rendo conto di quanto ho sbagliato. Dovevi vivere come più ti piaceva. E
al diavolo se saresti diventato un idiota, uno spaccone, un tizio pieno di
cretinate in testa.”
Lo
guardò e si morse le labbra: sarebbe stato infinitamente meglio di questo che
aveva davanti gli occhi.
Alfred
si inumidì il dito e voltò ancora.
“Perdonami
Alfred. Ho sbagliato tutto. Non avevo capito, perché sei sempre stato di un
carattere diverso da me… Avrei dovuto capire che non potevi, non dovevi
diventare come me…”
Arthur
si avvicinò alla poltrona: “Io… In questo mondo mi è andato tutto per il verso
giusto: terre, rispetto, fama, la mia lingua e la mia cultura predominano, salvo
persino il mondo quasi da solo… Ma darei via tutto se solo potessi riaggiustare
le cose con…”
Provò
a toccarlo, ma lui, col minimo movimento, si scostò, impedendo alla sua mano di
raggiungerlo e proseguendo a leggere.
“Non
mi parlerai neanche stavolta, vero?”
“……”
“Ho
capito. Vado.”
Si
rimise il cappello in testa. Sulla soglia si girò: “Ti voglio bene, America.”
Non
bastò.
Uscì
dalla casa, smorto come un cencio; aperta la portiera dell’auto, si lasciò
cadere senza forze sul sedile.
Francia
guardò nello specchietto retrovisore i segni delle lacrime su quel volto,
improvvisamente invecchiato: “Non è andata bene, vero?”
“Portami
solo a casa…”
Ora
sapeva come si era sentito Scrooge nel racconto di Dickens appena imparata la
lezioncina. Si appoggiò allo schienale: “Voglio tornare a casa.”
Francia annuì e mise in moto. Pochi metri dopo, tutto si illuminò e sparì.
Arthur
si ritrovò addosso i suoi vestiti e intorno a sé la sua realtà, mai così amata.
Come
per Italia, gli altri dovevano aver pianto parecchio, anche più di prima:
persino Prussia aveva fatto appena in tempo a nascondersi in tasca il
fazzolettino.
Francia,
lasciato perdere l’anello, gli poggiò una mano sulla spalla: “Stai bene?”
Decisamente meglio: perché averlo amico sempre quando può esserlo davvero
proprio nel momento giusto?
“Si, non preoccuparti. America?”
Gli
altri si guardarono intorno, fino a che Estonia non indicò Alfred mentre dava
le spalle a tutti, seduto con la braccia appoggiate sul tavolo. Anche uno
stupido come lui aveva la sua sensibilità dopotutto, pensò Inghilterra.
Sorridendo,
gli si avvicino senza timori: gli aveva detto ciò che pensava sul serio in
quell’irrealtà, figurarsi se non glielo ripeteva adesso che se ne stava in
disparte per non mostrare la sua commozione.
“Senti,
America, io…… EH?!”
Si
accorse non che stava a testa bassa sul tavolo perché stava riflettendo: stava
scrivendo qualcosa su di un tacquino.
“Magnifico!
Fantastico! Comicità, un pizzico di sexy, tanta drammaticità e profondità di
temi, un messaggio educativo! Magnifico! Stupendo! Fantastico! C’è così tanto
materiale!”
Stava
prendendo appunti per un film!
Si
alzò in piedi: “GRANDIOSO! Inghilterra, la tua ucronia è stata strafiga! Sono
certo che ad Hollywood piacerà un casino!”
“……”
–fece Inghilterra mentre America gli sventolava i fogli tutti scritti sotto il
naso…
“Ora
scoppia…” –fece Russia, che di sguardi omicidi ne sapeva qualcosa.
“Faremo
un sacco di soldi! Qua la mano Inghilterra! Sei sempre un grande!”
“TI FILMO IO, BRUTTO BAGA-MERICA! IO TI STANG…”
“Ah ah ah!” –rideva a crepapelle lo strangolato- “Imiti il mio cartone animato
preferito? Allora li conosci bene i miei gusti! Ah ah ah!”
E
fu così che una delle scene più commoventi possibili sfumò in un vortice di
idiozia pura e tremenda violenza, tra lo stupore generale.
“Ah,
sono proprio una bella famigliola, vero?” –fece Francia.
Ungheria
alzò la mano: “Ehm, perché non ci togliamo da questa situazione… imbarazzante…
“ –per non dire patetica…- “… facendo un’altra domanda alla Macchina
dell’Ucronia?”
“Buona
idea!” –approvarono tutti!
Intanto,
su una sedia dell’ultima fila…
“Che
bello! In questa ucronia sono comparso anch’io!”
“Tu
chi?” –gli chiese l’orsetto seduto accanto a sorseggiare una bibita.
“Canada!”
Fiuuu,
è stata proprio un’ucronia bella lunga!
Come ho anticipato infatti, ho risposto in un colpo a due domande: un mondo
senza Guerra dei Cent’anni e un mondo con un America rimasta inglese,
impossibilitata ad esprimersi come quella che conosciamo. In realtà nei
commenti mi era stato chiesto “Se Alfred non avesse mai chiesto
l’indipendenza”, quindi forse volevate qualcosina di diverso… ^__^” Spero però
vi sia piaciuta! Sprofonda un po’ dal comico al tragico, ma lo sapete che a me
piace la commistione… E poi nel finale si recupera, dai! XD
Scommetto
che ho fatto felici molti fan della FrUk e della UsUk, eh? XD
Ora vado a pensare alla prossima ucronia!
Ditemi che ne pensate nei commenti, e se avete altre idee o dettagli per idee
già espresse, dite pure! Alla prossima!
PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!