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Autore: TonyCocchi    04/11/2012    12 recensioni
Conoscete la Macchina del “Se fossi” di Futurama? America, da bravo appassionato di cartoni animati, la conosce e ne ha tratto ispirazione per un’invenzione che adesso vuol condividere con tutti gli altri: una macchina capace di mostrare mondi alternativi, come sarebbe andata la storia, e che fine avrebbero fatto le nostre amate nazioni, se non fosse andata così com’è andata!
E se Italia avesse deciso di sposare Sacro Romano Impero?
E se la Guerra dei Cent'anni non fosse mai avvenuta?
E se Italia non si fosse mai alleato con Germania?
E se Giovanna d'Arco non fosse stata catturata?
E se Svizzera fosse un pò meno neutrale...?
E se Austria non avesse sposato solo Ungheria?
E se Turchia avesse conquistato Vienna?
E se Russia avesse prevalso nella guerra fredda... e sposato Bielorussia?
E se i nordici avessero colonizzato l'America per primi?
E se America avesse vinto la guerra in Vietnam?
E se Giappone non fosse uscito dal suo isolamento?
E se Russia non fosse mai diventato così grande?
Epilogo: l'ultima ucronia!
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hetalia - Ucronia

Ciao a tutti, rieccomi qui! Adoro quando riesco ad interessare e coinvolgere i lettori col primo capitolo di una storia: ho già ricevuto moltissimi suggerimenti per le ucronie che vi piacerebbe leggere ^__^

Alcuni si intersecano un po’ visto quello che ho in mente, quindi si può dire che sarete accontentati, anche senza capitoli tutti dedicati alla vostra idea; poi vedrete, e spero mi farete sapere in tanti quel che ne pensate.

Intanto partiamo con la nostra prima storia alternativa! Andiamo a vedere cosa accadrà ad Italia, risucchiato dal mirabolante aggeggio di Alfred, in un mondo in cui ha detto di “si” al suo primo vero amore!

 

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

 

 

 

Ma perché non aveva dato retta a Germania?

Lui era sempre in gamba, ragionava attentamente e trovava sempre il modo in cui scampare i pericoli. Invece si era lasciato abbindolare da America solo perché aveva detto che sarebbe stato divertente…
Non era divertente affatto!

A lui piaceva mangiare, non essere mangiato!

“VEEEEEEEEEEE!!!”

Italia non riusciva a distinguere niente, solo tanti colori che giravano tutti insieme, mentre lui non si sentiva più la terra sotto i piedi. Era come essere in caduta libera, e alla fine di una caduta ci si fa sempre male!

Si coprì spaventato gli occhi con le mani, aspettando lo schianto alla fine di quello strapiombo virtuale in cui era stato risucchiato.

 

<< Italia! >>
“Ve! America? Sei tu?”
<< Si, tranquillo, sono io! Ti sto parlando tramite il comunicatore del mio apparecchio. A proposito, scusami un secondo, torno subito… >>

America si voltò verso la platea e prese fiato per gridare: “FUNZIONA! SI PUÒ FAREEEEEEEEEE!!!”

E rumore di tuoni e fulmini partì prontamente dal registratore che aveva in mano per rendere la cosa ancora più epica!

“Tu guardi troppi film…” –lo bacchettò Inghilterra, rimasto impassibile da bravo inglese, mentre Lily spaventata si stringeva al suo fratellone.

“Un momento!” –lo rimbeccò poi Germania- “Vorresti dire che hai portato qui quella macchina senza nemmeno sapere se funzionava?!”

“Non essere sciocco, certo che funzionava: l’ho costruita io! Mi serviva solo un test sui consumatori!”

La voce triste e sconsolata di Italia, proveniente dalla Macchina dell’Ucronia, impedì a Germania di dirgli chiaro e tondo quel pensava di lui e della sua invenzione: “VEEEE! AMERICA! TORNA QUI! HO TANTA PAURA!”

Alfred si riavvicinò: sullo schermo era possibile vedere Italia, quindi nessuno aveva alcun dubbio che stesse bene, era solo un po’ spaventato, cosa comprensibile, ma incolume.

<< Tranquillo sono qui, non posso mica lasciare il mio test… cioè, il primo fruitore della mia straordinaria macchina solo a sé stesso, no? Ora ascolta: grazie a questo altoparlante, io e gli altri possiamo comunicare con te, e solo tu potrai sentirci. Se invece tu vorrai parlare con noi non c’è problema: sentiamo tutto ciò che dici e vediamo tutto ciò che fai. >>

Italia singhiozzò: “Ve! Posso parlare con Germania?”

America lasciò il posto a Ludwig: << Italia? >>
“VEEEE! MI DISPIACE!”
<< Non urlarmi nelle orecchie! >>

“Avrei dovuto fare come dicevi tu! È una macchina pericolosa!”
<< Non esagerare Feli, direi che al massimo è un po’ poco ortodossa, ma almeno sei sano e salvo. >>

“Ma ho paura! Questa macchina è cattiva e spaventevole: qui è tutto buio e sono tutto solo!”

<< Ehm, quello è perché hai ancora le mani sugli occhi. >>
“…… Oh! Eh eh! Mi ero dimenticato di toglierle!”

Francia, Spagna e Prussia, sedutisi vicini, scoppiarono a ridere: “Con Italia la comicità di questa storia alternativa è assicurata!”

Prussia si asciugò una lacrimuccia: “Beh, questo spiega anche perché non si sia nemmeno accorto di come è vestito! Ah ah ah!”

“Eh? Perché, come sono vestito?”
Ludwig arrossì: << Beh… >>
Italia tolse le mani dagli occhi.


“Ve!”

Non indossava più la sua divisa. Al suo posto c’era un abito principesco, di un tessuto pregiato color verde chiaro con inserti, pizzi e svolazzi rossi e bianchi, che finiva a terra in un’ampia e vaporosa gonna; al collo c’era una collana d’oro e di perle, e sulla testa un diadema scintillante.

“Wow! Ma che vestiti magnifici!”

<< Ehm, Italia, quelli sono vestiti da donna… >> –disse dal cielo la voce costipata di Germania…

“Sono così carino! Guardate! Ho pure la corona!”

Per nulla spaventato, ma anzi contento come una bimba il giorno del compleanno, Italia girò su sé stesso, una volta e un’altra ancora, divertendosi a veder girare la gonna come una trottola, per poi prenderne un po’, abbracciarla e strofinarla vicino la guancia.

“Eh eh eh! Forse questa macchina non è poi così cattiva.” –disse aggiustandosi la coroncina.

Intanto tra gli spettatori serpeggiavano ragionevoli dubbi sulla sua sanità mentale, o magari sui suoi “orientamenti”; certi dubbi invece non prendevano affatto Ungheria, che, per motivi di “gusti personali”, pensava solo a mangiarsi con gli occhi quello spettacolo radioso di Italia-principessa. Germania, rossissimo d’imbarazzo per l’amico e alleato, preferì non guardare le occhiate che gli altri rivolgevano allo schermo e cercò di dargli una svegliata: << Ehm, Italia, perché non ti guardi un po’ intorno ora? >>

Feli stavolta obbedì subito alla voce di fuori campo di Germania: smise di gongolare e capì di trovarsi in un corridoio, un corridoio di marmo splendente, con bianche colonne su di un lato e grandi finestroni che davano su di un giardino con fontane di cui non si vedeva la fine, e che inondavano l’ambiente di una splendida luce mattutina.
Doveva trattarsi di un qualche palazzo signorile, o addirittura una reggia settecentesca.

“Oohh…”

Procedendo a piccoli passi, sulle sue scarpette, femminili anch’esse come tutto il suo vestiario, cominciò ad esplorare, spostando lo sguardo ovunque, trattenendolo un po’ sugli affreschi che ornavano i soffitti.

Riportò giù il naso e sobbalzò di spavento vedendo una guardia sull’attenti vicino la finestra, ma mentre Feli si ritraeva, questi fece rispettosamente un saluto.

“Ehm… Ciao!”
“Salve.”

“Può dirmi dove sono?”
Il soldato portò il petto in fuori: “Siete nella vostra residenza estiva, mia signora Italia.”

“Wow, non sapevo di avere una villa così grande!”

“Ne avete molte in tutto l’impero.”
“Eh? Impero? Quale impero?”
Preceduta da un rumore di stivali a cui non aveva prestato attenzione, gli rispose una voce: “Il nostro impero. Cos’hai, mia cara Italia, oggi sembri spaesata.”
“?!”

Italia si voltò lentamente…

 

“Ci siamo!” –sobbalzò America prendendo una mega-manciata di pop-corn- “Questa è la scena clou! GNAM!”

 

“Sa… Sa…” –balbettò, con la gola impastata e gli occhi che pizzicavano.

Le mani sui fianchi, il petto forte e il mento fieramente dritto facevano di lui una figura imponente. Tutto vestito di nero, allora come adesso, dagli stivali al mantello, dalla giacca coi bottoni dorati al capello tricorno, ornato di un ciuffo di piume bianche; in tutto quel nero spiccavano le sue bionde sopracciglia, i suoi occhi azzurri, e sotto di essi l’amorevole sorriso che gli rivolgeva.

“SACRO ROMANO IMPERO!”

Nella commozione del pubblico da casa (Belgio e Ucraina avevano già iniziato a consumare fazzolettini), Italia si lanciò tra le braccia aperte del suo amore di gioventù, come una colomba nel nido.

In realtà all’ultimo passo era inciampato nella gonna, ma il potente impero era stato pronto ad acchiapparla.

“Veeee… Sniff! Sniff!” –piagnucolò sul suo petto.

“Suvvia, sei così contenta di rivedermi?”

“Si!”

Era ancora più bello di come se lo ricordava, forse perché era un bel po’ più cresciutello… Nemmeno nei suoi sogni era stato così felice!

“Perdonami, moglie mia, c’è sempre del lavoro da sbrigare.”

“… Mo-mo-mo… MOGLIE?!”

Feli sgusciò via dall’abbraccio e si strinse la faccia tutta rossa tra le mani, sentendola calda come un forno!

“A-allora… la macchina ha funzionato! Questo è come sarebbe stato se quel giorno io avessi accettato di sposare Sacro Romano Impero!”

Sacro Romano Impero, anche se confuso da quelle parole, le afferrò galantemente la mano, regalandole occhi da innamorato in grado di scioglierlo come un cioccolatino: “Rammentare quel giorno riempie di gioia indicibile anche me: il giorno in cui mi dicesti di “si”, e da allora tutto andò per il verso giusto a tutti e due, come se mai il cielo ci avesse amato di più.”

Gli carezzò i capelli: “Grazie a te e al tuo si, mi hai concesso di far risorgere l’impero di tuo nonno, e al tuo fianco, sono diventato il più potente d’Europa.”

“I-il più potente? E quindi io…”
“Tu sei la mia splendida regina che tutto il mondo mi invidia!”
“… Oh, Sacro Romano Impero…”

 

Intanto, davanti lo schermo della Macchina dell’Ucronia…

“Però! Da grande Sacro Romano Impero sarebbe diventato davvero un bell’uomo.” –commentò Austria.

“… Ehm, ma quel tipo ha qualche problema di vista?” –chiese Spagna.

“Che intendi?”
“Come fa a non accorgersi che Italia è un… Cioè…”

“Beh, anche Svezia mi chiama “moglie”…” –intervenne Finlandia.

“Si, ma lo dice così convinto…”
“Non è che lui è un po’…”

“Chissà…”

 

Intanto Feliciano, ancora un po’ frastornato, cominciava a capire che, inizi traumatizzanti a parte, quel viaggio lì in quella storia alternativa era per lui una grande occasione.

“Ehm, Sacro Romano Impero…”
“Non mi dicesti che è un po’ lungo? Come mai oggi non mi chiami per il mio altro nome?”

“Ah, scusa… Ehm…”

Qual’era? Non lo aveva mai saputo in effetti…

“Comunque, cosa volevi dirmi?”
“Ecco, possiamo… passare un po’ di tempo insieme? Io e te? È da tanto tempo che…”

“Ma certo! Vieni, ordinerò di preparare una carrozza.”

Gli porse il braccio e Italia accettò, seguendolo lungo il corridoio, con la testa poggiata sulla spalla di una possibilità che aveva rifiutato, non senza valide ragioni vero, ma che ora il destino, in qualche modo, gli restituiva.

 

America nel frattempo si grattava la testa, strizzando tutto assorto gli occhi verso lo schermo.

“Russia?”
“Si, America.”
“Guarda bene quel bellimbusto, non trovi che somigli a qualcuno?”

“… Da, ora che guardo meglio.”
“Anche la voce è simile…”

Ed entrambi guardarono una certa persona tra i presenti.

 

La carrozza attraversò, in quella bella mattina di inizio estate di un anno di un tempo mai esistito, magnifici paesaggi campestri, che Italia riconobbe come quelli di casa sua: oltre i villaggi agricoli vedeva sorgere in lontananza grandi città dall’aria fiorente.

“Ho altri affari da sbrigare su al nord, ma stavolta ti porterò con me, contenta?”
“Si!”

<< Pssst! Italia? >>
“America?”
“Cosa?”

<< Sssh! Parla piano! La voce fuori campo puoi sentirla solo tu! >>
“Ve! Scusa…”
<< Volevo solo augurarti un buon giretto! >>
“Grazie!”

“Parli da sola, mia cara?”
<< E ricorda che quando hai visto abbastanza o ti sei scocciato o qualunque altra cosa, per tornare qui da noi, ti basterà solo dire << Voglio tornare a casa >>, e in quattro e  quattr’otto sarai di nuovo qui da noi. Ora, per non farti notare, fai “Ve!” se hai capito. >>

“Ve!”
“Adoro quando fai quel verso!” –gongolò Sacro Romano Impero facendogli il baciamano.

“Eh eh eh!”

 

Niente comuni in lotta tra loro, niente staterelli in attesa della potenza straniera di turno che venisse a comandare, i vari ducati e principati si erano decisi infine ad essere un unico paese, e lo stesso era successo in Germania: l’Impero era rinato per davvero, unito e solido, non certo enorme come un tempo, ma capace di mettere insieme almeno i popoli tedeschi e italiani.

E non solo loro: durante il tragitto Italia strabuzzò gli occhi quando, passando per un paese, vide Svizzera e Lily inchinarsi per salutarli al passaggio della carrozza.

<< Nessuno si è mai inginocchiato davanti a me… Tranne per allacciarmi le scarpe quando ero bambino, certo… >>

“Siamo arrivati!”

Italia scese e gli si mozzò il fiato! La reggia che aveva davanti era ancora più enorme di quella in cui era precipitato! Davanti ad essa, su di un pennone, sventolava il vessillo del Sacro Romano Impero, l’aquila nera a due teste su campo dorato.

“Wow… Noi… abitiamo qui?”

“Non ti piace come ho ristrutturato? Forse la volevi un po’ più grande?”
“No, no! È bellissima anche così!”

Salirono affiancati la scalinata e due maggiordomi spalancarono il portone. Incredibile: gli ricordavano quegli ambienti così grandi e sfarzosi che si era ritrovato a spazzare e lucidare per i suoi vari padroni quando era un semplice domestico (domestica?), e ora ci camminava da “regina” di un impero.

Per l’abitudine, vista una macchia su un candelabro, si inumidì il dito per pulirlo.

“Italia…”

Era la voce di Austria, uno di quelli per cui aveva appunto pulito tanti candelabri in passato.

“Aaah! M-mi scusi, stavo giusto pulendo!”
“Ah ah ah, com’è spiritosa! Chiamerò subito un domestico! Intanto è un piacere avervi qui.” –disse inchinandosi prima a lui e poi all’illustre marito.

“Austria, il mio uomo più fidato! Come vanno le cose?”

“Ottimamente signore.” –con aria da segretario, prese a leggere dei fogli che teneva in mano- “Inghilterra vi manda i saluti dal nuovo mondo dove trascorrerà l’estate, Francia vi manda a dire che tanto il migliore è sempre lui, l’incidente diplomatico con Russia riguardo le cannonate nel suo giardino di girasoli è stato appianato, e Polonia e Lituania dicono che verranno al ricevimento che state organizzando con una nuova carrozza trainata da soli pony. Inoltre ho riparato il pianoforte, ma questa è una buona notizia più per me che per altri.”

Sacro Romano Impero rise, mentre Italia, pur nelle condizioni di poter parlare alla pari, se non di più, con Austria nel suo periodo migliore, non riusciva ad aprire bocca tanto non gli sembrava vero.

Cosa dire ora che erano così in confidenza e non doveva litigare con lui per riavere le sue regioni vitali?”

“Signor Austria… Ehm… Come… Come sta…”
“Mia moglie?”
“Siete sposato?!”

“Certo!” –ridacchiò Ungheria sbucando fuori ed abbracciandolo!

“Ungheria! Sei ancora sposata con Austria, e… anche tu fai parte dell’Impero?”

Si appoggiò tutta radiosa alla spalla di Austria: “Ovvio, no? L’Impero è la nostra casetta accogliente, come lo è per te e tuo marito!”

Italia arrossì di nuovo: “Ce-certo, che sciocco…”

“Oggi Italia è un po’ svampita, eh eh! Perdonatela!” –la abbracciò il marito.

Non era svampito, era distratto. Pensava a tutto quello che aveva visto fino a quel momento in quell’ucronia.

L’impero di nonno Roma rinato, lui sposato col suo primo amore, il prestigio dell’Italia alle stelle, buoni rapporti con più o meno tutti i vicini, l’unione di Polonia e Lituania ancora in piedi, Austria ed Ungheria ancora felicemente sposati…

<< Sembra che qui siano tutti contenti… >>

Un solo matrimonio, un unico si, aveva cambiato la vita di così tante persone: la storia è davvero delicata, pensò, se bastava cambiare un dettaglio per stravolgere tutto.

 

“Che piccioncini che siete! Come coppia bucate lo schermo!” –scherzava Belgio, ridendo delle facce arrossate di Ungheria e Austria che cercavano di non guardarsi e intanto non facevano altro di nascosto.

Più critico il commento di Russia: “Bah… Per me è una barba: troppo zucchero. E poi se mi avessero cannoneggiato anche solo per sbaglio i girasoli, li avrei invasi senza pensarci.”

America gli diede un’amichevole gomitata: “Beh, si vede che lì in quel mondo devi tenerteli buoni, amico! Chissà quanto sono forti quei due insieme e tutti i loro alleati!”
“Tsk!”

“Neanche a me piace.” –borbottò allora Germania a braccia conserte.

“Uffa! Ma perché nessuno loda il mio genio piuttosto che notare dei difettucci?”

“America, guarda dove hai spedito Italia! In un mondo che per lui è praticamente un sogno: unito, rispettato, amato…”
“Non vedo l’ora che mi ringrazi quando tornerà!”
“Potrebbe decidere di non tornare più, brutto idiota!”
Colpito il punto, più di una nazione si accigliò.

“Il tuo stupido congegno funziona che uno torna a casa quando decide lui, giusto? Ma Italia, sempliciotto com’è, potrebbe decidere di restare!”
“Beh, visto il modo in cui lo trattiamo qui…” –si passò una mano sul collo Francia.

“E allora lo avremo perso in un questa specie di scatoletta!”
“Ehi! Non ti alterare mister-somiglio-tanto-a-quel-tipo-ma-nessuno-sembra-notarlo… Continuiamo a vedere, non deve essere per forza come dici tu!”

“……”

Tutti incollarono di nuovo gli occhi allo schermo.

 

Italia, in una delle tante stanze arredate con mobili in legni pregiati, trovò su di una parete, oltre a un dipinto del suo matrimonio con Vaticano come prete, un grande arazzo con la cartina dell’Impero: Austria ed Ungheria non erano così estesi come quando erano stati un impero nella sua realtà, ma le loro regioni vitali rientravano negli ampi confini di Sacro Romano, così come anche Svizzera, Lily e Ceca.

“Che emozione! Io comando così tante persone?”

Non era mai stato abituato a comandare: gli era capitato, ma non era mai stato una delle sue attività preferite. Con gli altri preferiva andare d’accordo in altri modi. Però sembrava che tutti gli volessero bene anche così. Mentre divagava, si ricordò di un’altra persona da cui desiderava essere amato, e che ancora non si era fatta vedere.

“Sacro Romano Impero?”

Entrò nella stanza: “Si, mia cara?”

“Mio fratello è anche lui in qualche residenza estiva? Mi piacerebbe salutarlo.”
“Ehm, ne dubito fortemente…”

“Che intendi?”
“Non posso sapere dov’è tuo fratello: lui non è parte dell’Impero.”

“C-cosa?!”

Si guardò il vestito, dei colori della sua bandiera, sentendosi colpevole: Romano non ne portava dunque uno uguale? (Chissà quanto gli sarebbe piaciuto…)

“E poi non credo che Spagna dia le sue residenze estive ai proprio sottoposti.”
“So-sottoposti? Lui… è ancora un sottoposto di Spagna.”

“Che c’è di strano? Lo è sempre stato. Non ho mai avuto diritti sulla parte sud della penisola, quindi non potevo certo rivendicarla.”

“……”

Italia guardò l’arazzo. Che stupido a non notarlo prima: il confine dell’Impero tagliava in due la sua bella penisola, il solco che a lungo lo aveva diviso dalla sua metà era ancora lì. Oltre si stendeva lo stato di Vaticano, ancora in piedi, e più a sud le terre di suo fratello, colorate dello stesso colore di quelle di Antonio.

“Io sono un impero… E mio fratello… è un servo?”

Ma soprattutto, ed era quello che faceva più spavento, l’Italia era ancora una nozione geografica, una “penisola”, con un nord e un sud: più che star visitando un mondo alternativo, gli sembrava di aver fatto un passo indietro nel tempo.

Notandone il tremore, il premuroso Sacro Romano si avvicinò per calmarlo con le sue carezze: “Cosa ti succede?”
“Io… Voglio vedere mio fratello! Voglio andare da lui!”

“Se è questo che desideri va bene: i capi di Spagna sono ancora un po’ imparentati coi nostri per fortuna.”

Italia già non riusciva più ad ascoltare la sua voce che tanto gli era mancata. Ora pensava solo al suo bisogno disperato di rivedere il fratellone.

 

La carrozza si rimise in moto, stavolta per un viaggio ben più lungo. Si fermò in un campo, facendo scendere Italia tra migliaia di spighe di grano.

Senza paura di strapparsi il vestito, corse verso un puntino chino a raccogliere le spighe appena falciate.

“Romano.” –lo chiamò.

Quello, che indossava una camicia bianca da fatica, e un fazzoletto legato sulla testa per proteggersi dal sole, girò il capo quanto bastava: “Oh, sei tu…”

Riprese a falciare e raccogliere, e Feli credette stesse aspettando che dicesse qualcos’altro.

“Che… Che bello rivederti… Stai… bene?”
“Che cavolo di domande fai? Non vedi che mucchio di lavoro da fare ho qui? Ma tanto a te che ti importa: tu vivi nel lusso, lì con quel tedesco, nei palazzi tutti belli e puliti…”
“Io…”

“Mentre io, tuo fratello, la parte sfigata dell’Italia, se ne resta qui a farsi comandare da un marcantonio straniero, a lavorare dal mattino alla sera.”

Finalmente capì di doversi annodare la gola.

Romano si alzò, massaggiandosi la schiena dolente, e lo fissò torvo.

“Te ne sei andato con lui a fare la bella vita dimenticandoti di me; adesso non me ne frega niente dei tuoi scrupoli di coscienza: ho altro a cui pensare.” –finito di parlare gli diede le spalle.

“… Se vuoi… ti do una mano.”

Romano rimase immobile, come con quelle ultime parole fosse riuscito a colpirlo. Strinse altre spighe nel pugno, e si preparò a falciarle: “Vai…” –pronunciò in tono a un tratto più gentile, per poi schiarirsi la voce, e tornare arrabbiato- “Vattene e non ti preoccupare per me, come hai sempre fatto!”

Vai a goderti la bella vita, almeno tu che puoi.

Italia tornò sulla carrozza, e lo lasciò lavorare: senza interruzioni, avrebbe finito prima, e prima sarebbe andato a riposare; col pensiero che il suo fratellino, anche in tutto il successo che aveva avuto, sarebbe stato pronto a spezzarsi la schiena insieme a lui, se avesse potuto.

 

La carrozza si fermò davanti il sontuoso palazzo, così ammirato prima, così triste da rivedere adesso.

Camminò a testa bassa per i corridoi e i saloni. La sua gloria aveva avuto per prezzo l’abbandono di suo fratello. “La parte sfigata dell’Italia”…

L’Italia era una. Ed era sfigata tutta.

Era così che doveva essere, e così infatti era stato nel suo mondo. Ma non lì. Lui era riuscito a scampare ai suoi guai, affidandosi alla potenza di un ambizioso bambino, anziché condividerli tutti con Romano, per poi infine superarli insieme, lottando aspramente, solo per averne degli altri, ed affrontarli ancora.

“Veee…”
“Amore mio…”

Sacro Romano Impero, da buon marito qual’era, non era rimasto impassibile dinanzi la tristezza che sua moglie aveva sfoggiato per casa da quando era tornata dalla visita al fratello.

“Cosa ti turba?”
“Sacro Romano Impero…”

Si fece forza, per quello che doveva assolutamente dirgli.

“Non ti dimenticherò mai. Ma questo è solo il mondo più felice in cui io possa vivere, non è anche il mondo che voglio. Preferisco essere piccolo, debole e pieno di guai, ma almeno esserlo con il mio fratellone.”

“Italia!”

Sconcertato e affranto, lo vide far scivolare via la mano dalle sue.

Un’Italia unita a metà, non è un Italia unita. Ma soprattutto, anche se all’interno dell’impero più maestoso, non è comunque un paese vero, un paese libero; ed esserlo era qualcosa che aveva desiderato ardentemente ancora prima che sposarsi col suo vero amore.

“Mi spiace, io… Voglio tornare a casa.”

E come l’ucronia avesse capito, ripresosi dallo sconcerto, sorrise ed annuì.

Un bagliore apparve sotto i piedi di Italia, che colse quegli ultimi istanti per avvicinarsi a lui, in un’ultima stretta.

“Ti amo, Italia, e sempre ti amerò, in qualunque realtà.”
“Sacro Romano Impero…”

Feli non cercò un ultimo bacio, semmai, c’era qualcosa che doveva chiedergli.

“Qual è il tuo altro nome?”
Sorrise.

Rispose, ma già non poteva più sentirlo. Non gli restò altro che un’impressione, la sensazione che le prime lettere di quel nome, pronunciate da quelle labbra mute, fossero proprio quelle di…

 

FLASH!

 

“Ve?”

Italia si guardò: aveva di nuovo la sua divisa! Che sollievo essere a casa, ma anche che peccato: quel vestito era così bello!

Il pubblico, o perlomeno la sua fetta più sensibile, era in piedi ad agitare fazzolettini e ad applaudire.

“BUAAAAH!”
“SIGH!”

“SNIFF! CHE STORIA TRISTE!”
“BRAVO!”

Feli rintanò la testa nelle spalle, arrossendo.

“Grandioso! La mia Macchina dell’Ucronia ha funzionato alla perfezione, e alla fine Feli è tornato sano e salvo! Non c’era nulla da preoccuparsi, visto? … Germania? Dove sei?”
Mentre Ungheria abbracciava e coccolava Italia, come bisognoso di tutta la consolazione del mondo, la porta della stanza venne aperta con un calcio.
“Per la miseria! Ma che è tutto questo casino?!” –sbraitò Romano- “Uno prova ad essere educato bussando alla porta e nessuno gli risponde? Che cavolo state facendo si può sapere?”

“………”
“… Ehi… Perché mi guardate tutti?”
“VEEEEEE! FRATELLONEEEEEEEE!”
“AAAAARGH!”

Per scollarglielo da dosso non sarebbero bastati tutti i piedi di porco del mondo!

“Veee! Sono così contento che ora sei con me e non lavori più per Spagna!”

Antonio si era rintanato in un angolino in cupa depressione…

“Ma che stai dicendo?!”
“Ti voglio tanto beneeeee!”

“……” –a Romano uscirono gli occhioni lucidi- “Non dire idiozie, fratellino idiota! Mollami!”
“No! Ti voglio troppo bene! Io e te siamo una nazione sola!”
“Mollami! Mi stai facendo commuovere davanti a tutti! Ti ammazzo! Sniff!”

Francia diede una pacca alla strabiliante macchina: “Però… Non male alla fine questo scatolone.”

“Già, adesso ci sarà un sacco di gente che mi chiederà la sua ucronia, e noi ce le godremo tutte con tanto di sedie comode, bibite e pop-corn! Evvai!”

Inghilterra si sbatté una mano in faccia: poveri loro!

Notò poi una cosa: “Ehi, ma Germania che fine ha fatto?”

“Non lo so…”

 

Nel ripostiglio chiuso a chiave, Ludwig, abbracciatosi alle sue gambe, era impegnato in inevitabili riflessioni esistenziali…

“Ero lui… O non ero lui? Ma se ero lui… Allora io e Italia abbiamo… Io e Italia… No, è impossibile… Però… Certo che gli somiglio proprio a quello lì…”

 

 

 

È lui, o non è lui? Germania è Sacro Romano Impero?
Ad ognuno la propria idea ^__^

A me non piace tanto dare risposte nette, penso sia sempre meglio dare la libertà al lettore… Dal canto mio, in confidenza, ve lo dico: per me è lui! XD

La prima ucronia si chiude qui: forse un po’ troppo idilliaca, specie per la nostra amata patria, ma alla fine ha rivelato l’altra faccia della medaglia, e Feli non ha avuto dubbi sul da farsi.
Forte Romano che arriva all’ultimo, vero? XD

Mi auguro vi sia piaciuta ^__^ Intanto, rifletterò sulla prossima storia alternativa da regalarvi! Non perdetevela, e continuate a descrivermi le vostre idee!

 

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

  
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