Trecentosettantotto
Tu hai un cuore
ardente per un’azione agghiacciante
Ti salvai la vita tante volte, non ti accorgesti
Ti penso e cambia
il mondo
Mio piccolo miracolo
Sceso dal cielo per amare me
La vita come tu te la ricordi
Un
giorno se ne andò con te
(Per dirti ciao, Tiziano Ferro)
Magadan (Kolyma), Estremo Nord-Est Siberiano
Accampamento di Irek Il'ič
Stepašin
17 Luglio 1843
E mi prendevo in giro
Avevi tutta la vita davanti
E
lo capivo
E in tempi avversi
Ti salvai la vita tante volte
Non
ti accorgesti
Ripenserai ancora
A tutto il bene che
T ho dato solo e solamente io
Ripenserai ancora
A quanto il niente tuo
Per me fu tutto
E per sempre ho perso un pezzo di me
E lo sai, che son stato troppo buono
È vero, è complicato odiarti
Nessuno al mondo può negarlo
Tantomeno oggi io
È vero, è complicato amarmi
Né io né te ci riusciamo
Io da sempre
Tu
per niente...
(Troppo Buono, Tiziano Ferro)
-Va bene. Va bene. Dite a quel pazzo che se vince il
duello combatterò per lui-
-Azért vagyok itt- rispose Feri all’araldo, in ungherese.
Il ragazzo sgranò gli
occhi, e il Capitano lo fulminò con lo sguardo.
-Я
здесь- ripeté, questa volta in russo.
Ya zdes’.
Io sono qui.
Se ci fosse stata
Natal’ja, avrebbe tradotto lei.
Se ci fosse stata Natal’ja...
L’araldo di Stepašin era a
dir poco terrorizzato da quel giovane uomo che sembrava ora così tormentato, ora
così sicuro di sé, e si allontanò il più in fretta possibile, per riferire ad
Irek la risposta del suo avversario.
Irek Il’ič annuì con
aria di sufficienza, e caricò la pistola.
Aveva trentatré anni e una
sconfinata esperienza militare, lui.
Che paura avrebbe dovuto fargli un ventiquattrenne che metteva i sogni davanti
alla strategia?
Al contrario, cominciava a
provare una certa simpatia per quel ragazzino.
Se, come prevedeva, avesse
perso, probabilmente l’avrebbe ospitato per qualche giorno nel suo accampamento.
Si sarebbe fatto
raccontare la sua storia.
La storia che avrebbe dovuto giustificare la sua
Rivoluzione.
Sorrise, finalmente
pronto.
Sorrise ed uscì dalla sua
tenda, scortato dai suoi padrini.
A questo proposito, quelli
di Feri gli strapparono un sorriso: il suo fratellino e lo sperduto
Pietroburghese dagli occhi verdi.
I suoi due unici compagni, in quel patetico assedio
improvvisato con l’arroganza della giovinezza e il barlume bruciante del suo
amore incastrato in fondo al cuore.
Feri Desztor era uno
sciocco, forse, ma faceva tenerezza.
S’era portato perfino la
sorella e la moglie del fratello, quelle due eteree fanciulle ora inquiete ora
allegre, preoccupate e fiduciose al tempo stesso, belle, ardite e coraggiose
almeno quanto lui.
Ma mancava la sua, di ragazza, e il suo sperare senza
amore sembrava, in quel momento, più una sfida a sé stesso che un vero atto di
coraggio.
Ma doveva bastare.
Perché non c’era, non c’era e basta, la “sua” Natal’ja.
E il duello stava per cominciare.
C'è una strada in ogni uomo
Un'opportunità
Il cuore è un serbatoio
Di rabbia e di pietà
Credo solo al tuo sorriso
Nel senso che mi dà
Da soli gli occhi non vedono
Ti penso e cambia il mondo...
Lo so che cambia il mondo
Se
al mondo sto con te
(Ti penso e cambia il mondo, Adriano
Celentano & Gianni Morandi)
[...]
A
million miles away
Your signal in the distance
To whom it may concern?
I think I lost my way
Getting good at starting over
Every time that I return
Un milione di miglia di distanza
Il tuo segnale in lontananza
A chi può interessare?
Penso di aver perso la strada
Ma sono bravo a ricominciare
Ogni volta che ritorno
(Walk, Foo Fighters)
Dieci passi, dieci stupidi
passi che Feri fece quasi di corsa, bruciando la solennità del momento.
Coi suoi begli occhi neri
malinconici e taglienti, febbrili anche solo nel riflettere la neve che gli cadeva davanti,
la stessa neve densa e ferocemente luminosa in cui affondavano i suoi stivali
logori.
Affondarono per dieci
volte e poi basta, bisognava sparare.
-Comincia tu- gli concesse Irek, col tono di scherno che solo uno stolto avrebbe
usato con Feri Desztor.
Ancora parole da fargli
ingoiare, altri sberleffi di cui farlo pentire.
Feri guardò prima Jànos
poi Innokentij.
Entrambi sorridevano.
Entrambi lo sapevano.
Lui era il migliore anche senza Lys.
E lui?
Lui no.
No, non sorrideva.
Non ancora.
Non in quel momento.
Gli bruciava in gola la
voglia di mandarlo all’inferno, quello Stepašin.
Credeva di sapere di più?
Credeva di potere di più?
Credeva di valere di più?
Credeva che fosse facile?
Credeva che sarebbe stato facile?
Ah, sì?
Lo credeva?
Non avrebbe dovuto
sparargli così.
Con quella lucida
precisione, con la luce della vendetta nella traiettoria del proiettile.
Non poteva permettersi di
ucciderlo, né di fargli troppo male: per quanto odiasse ammetterlo, Stepašin gli serviva.
Eppure, come sempre, Feri non ci pensò.
Si concentrò sulla
maledetta intensità del presente e non pensò alle conseguenze.
Ancora.
I'm learning to walk again
I
believe I've waited long enough
Where do I begin?
I'm learning to talk again
Can't you see I've waited long enough
Where do I begin?
Sto imparando a camminare di nuovo
Credo di aver aspettato abbastanza
Da dove posso cominciare?
Sto imparando a parlare di nuovo
Non vedi che ho aspettato abbastanza?
(Walk, Foo Fighters)
Le grida delle donne
dell’accampamento, semplicemente le ignorò.
Incrociò quasi per caso
gli occhi turchesi di Khaadija Borisovna D’jačenko, la donna di Irek, la
sua innamoratissima sposa.
L’aveva fatta piangere.
Feri trattenne un sorriso
amaro, ormai a cosa serviva?
Irek Il’ič Stepašin
era quasi in fin di vita, ma aveva un amore invidiabile.
Che gl’importava, del duello perso?
Che gl’importava, della ferita?
Povero Irek, pseudo - eroe
della steppa, capotribù dei suoi stivali, tradito nell’assoluta certezza di
vincere contro lo zingaro adolescente che l’aveva sfidato.
Cocente delusione, fallita
presunzione.
E adesso, come ne non bastasse, avrebbe dovuto
mantenere la sua parola.
Ma era così fortunato,
Irek Il’ič, nella sua ancora sanguinante sconfitta!
Avrebbe dovuto rialzarsi soltanto per questo.
Feri non glielo disse, ma
si tenne stretta tra i denti la sua invidia, invidia per l’uomo che aveva sconfitto, e per questo ancora più
velenosa.
Se fossi stato io a cadere, Natal’ja non avrebbe pianto.
I suoi dolci occhi grigiazzurri, ora celesti ora
d’argento, sarebbero rimasti asciutti, asciutti e luminosi d’amore per suo
marito, laggiù a Sparta.
E allora come avrei potuto sopportare il dolore
della ferita?
Come vedi, nemmeno vincere il duello mi è servito.
Eppure, anche questo l’ho fatto per lei.
Do you remember the day
We built these paper mountains
And sat and watched them burn?
I think I found my place
Can't you feel it growing stronger?
Little
conqueror
Ti ricordi il giorno
In cui abbiamo costruito queste
montagne di carta
E ci siamo seduti a guardarle
bruciare?
Penso di aver trovato il mio posto
Non lo senti crescere più forte?
Piccolo conquistatore
(Walk, Foo Fighters)
Proprio allora, quando già
erano stati chiamati uomini a prestar soccorso, a medicare il capo, sorprendendo
tutti e forse perfino se stesso, con chissà quale forza, forse sentendo i
pensieri di Feri, Irek Il'ič sparò.
Era giusto, in fondo.
Toccava a lui, adesso.
Colpì a una spalla il
Capitano, che in un primo momento neanche se ne accorse, assorto com'era a
rimuginare una sconfitta che gli altri non potevano capire.
La sconfitta del vincitore, che sentiva solo lui.
Poi, improvvisamente, alzò
gli occhi, e vide che tutti lo guardavano.
Chi sbalordito -gli uomini
di Stepašin-, chi preoccupato -i suoi Forradalmi, ovviamente-.
Si chiese cosa si
aspettassero ancora da lui.
Oh, era vero, Irek
Il’ič l’aveva colpito alla spalla.
La guardò, Feri, quella
spalla.
Asciugò distrattamente il
sangue, il suo volto rimase impassibile.
Non sentiva niente, quasi
niente.
Nessun dolore, niente di
paragonabile a quello che gli aveva provocato Natal’ja.
Davvero credevano che quella ferita potesse fargli
male?
Ma da quanto era lì sulla
sua spalla?
Dieci secondi, nove.
Non gli era ancora neanche
entrata dentro, forse non l’avrebbe mai fatto.
Il dolore lui lo conosceva
bene, e non era così.
Quello era niente, davvero
niente.
Era un colpo alla spalla
che sarebbe passato.
Un’emorragia che si
sarebbe fermata, un proiettile che sarebbe stato estratto stringendo i denti,
come tutti gli altri.
Complice la sua
straordinaria resistenza fisica, al dolore che faceva impazzire solo la prima
volta, atroce abilità sviluppata in mille occasioni, ogni volta di più, quella
ferita la ignorò.
-Cosa diavolo sei, Feri Desztor?- sussurrò Irek Il’ič, che per la sua ferita al
petto, per le fitte lancinanti a ogni secondo, faticava a respirare.
Senza fiato, ma sconvolto
dalla disumana resistenza del suo avversario, quelle parole, dopo averle
sussurrate, le gridò.
Non sapeva, Irek, che il
giovane Ungherese che l’aveva sfidato e vinto era fin troppo umano, e dentro soffriva
anche più di lui.
Feri sorrise di un sorriso
dolce e triste, prima di rispondergli.
-Innamorato di Lys-
Non capisci, vero?
Se lei fosse qui, io potrei cadere, potrei
soffrire, potrei anch'io aver bisogno di bende, di qualcuno che mi medichi.
Potrei permettermelo, se lei fosse qui.
Ma che senso ha, adesso, cadere ferito, sentir
bruciare il sangue sulla pelle, ammettere il dolore?
Se lei fosse qui, forse, io non sarei un eroe.
Ma sarei felice, felice, felice.
Sarei felice anche di star male, se ci fosse lei.
E non me ne fregherebbe niente, di perdere un
duello, credimi.
Magari poi vincerei comunque, ma potrei sorriderne.
E invece guardami, ti sembro un vincitore, con gli
occhi spenti, fissi sulle punte dei miei stivali, persi, annebbiati, che se
davvero potessero riflettere l'anima ci sarebbe da piangere?
Vedi, lei non c'è, e io non cado.
Ti sembra forse un motivo valido, un colpo alla
spalla, un po' di sangue e una fitta che lacera la pelle ma non arriva al
cuore?
Ti sembra che ne valga la pena?
No, davvero.
Lasciami qui, sono forte abbastanza.
Rimarrò in piedi, tratterrò le lacrime, ma starò
peggio di te.
Perché se lei fosse qui, sarebbe tutto
maledettamente diverso.
Now
For the very first time
Don't you pay no lie
Set me free again
You keep alive a moment at a time
But still inside a whisper to a liar
To sacrifice but knowing to survive
The first to find another state of mind
I'm on my knees, I'm waiting for a sign
Forever, whenever
I never wanna die
I never wanna die
I'm on my knees
Never wanna die
Dancing on my grave
Running through the fight
Forever, whenever
Never wanna die
Never wanna leave
Never say goodbye
Ora
Per la prima volta
Non pagare nessuna bugia
Lasciami libero di nuovo
Mantieni vivo un momento alla volta
Ma tieni ancora dentro un sussurro a
un bugiardo
Da sacrificare ma saper sopravvivere
Il primo a trovare un altro stato
d’animo
Io sono in ginocchio, sto aspettando
un tuo segno
Per sempre
Non voglio morire
Non voglio morire
Io sono in ginocchio
Non voglio morire
Danzando sulla mia tomba
Correndo attraverso la battaglia
Per sempre
Non voglio morire
Non voglio lasciare
Non voglio dire addio
(Walk, Foo Fighters)
[...]
E guarda con orgoglio chi sostiene
Anche le guerre che non può
(Per dirti ciao, Tiziano Ferro)
Note
Tu hai un cuore ardente
per un’azione agghiacciante: Antigone, Sofocle.
Ti salvai la vita tante
volte, non ti accorgesti: Troppo Buono, Tiziano Ferro.
Ti penso e cambia il
mondo, Adriano Celentano e Gianni Morandi.
Feri ci sta mettendo
davvero tutte le sue forze, per non crollare come ha già fatto troppe volte,
per meritarsi la sua fama e la fiducia dei suoi Forradalmi, per vincere la sua
Rivoluzione, e per non lasciarsi distruggere dall'amore per Lys.
Ha costretto Irek a
cambiare idea su di lui, a cambiare idea su molte cose, con questo duello. Non c'era, in un certo senso, Feri, in
questo duello.
L'ha vinto come ne ha
vinti mille altri, e ha esagerato perché Stepašin aveva parlato troppo senza
sapere niente, e Feri non si meritava quel giudizio superficiale, non con quello che stava passando.
Viveva di Lys, prima, e
vive della sua assenza, dell'aria che lei ha lasciato, adesso.
La ama troppo, lo
sappiamo, il Capitano.
La ama troppo e gli fa male.
Non farà mai niente senza
di lei...
Perché questa Rivoluzione,
anche questa Rivoluzione, tutta questa
Rivoluzione, la sta facendo per lei.
Va avanti, Feri, perché è
incredibilmente forte e coraggioso e lo sta dimostrando, ma la voragine e la
ferita che ha dentro non guariranno mai.
Per questo quella
fantastica citazione dell'Antigone di
Sofocle che dà il titolo al capitolo mi ha fatto pensare a lui.
Perché ha un cuore ardente per un'azione agghiacciante,
il nostro meraviglioso, distrutto Feri Desztor.
Come ultima cosa, vi
consiglio di ascoltare Walk dei Foo
Fighters, perché è una canzone davvero straordinaria, ed è perfetta per Feri ;)
A presto ;)
Marty