Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Elric_Kyoudai    22/05/2007    15 recensioni
Okay che Alphonse era suo fratello minore e, più o meno, quel che diceva era legge.
D’accordo che Alphonse aveva quella maledetta, fottutissima capacità di farlo capitolare semplicemente aggrottando le sopracciglia.
Andava bene tutto ma…
“No, ALPHONSE, Mustang NON verrà a cena DA NOI stasera!!”

(Qui il seguito!)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nya, nuovo capitolo!^O^ SIAMO STATE VELOCI, VERO?*smile* Questo capitolo vi shockerà. E parecchio anche, ha shockato persino noi!O_o

Noi, si, perché SIAMO IN DUE ç___ç! Non ve lo dimenticate!;__; Sennò ci sentiamo ferite e messe da parte!*si abbracciano*

Dunque dunque...Con questo capitolo, la fic si chiude, ma non preoccupatevi, stiamo lavorando per voi!:D E non immaginate neanche quanto!XD

E ora, i soliti ringraziamenti!^O^

 

Shari_Aruna: Eh si, Ed è così sfigato da aver avuto un'amnesia XD Perché noi amiamo Ed, più soffre meglio è! (e ci è scappata anche la rima v.v) Ed: NOOOO!!!*scappa in burundi*

Miyuk: Ma povero Ed XDDD In effetti è una buona tecnica per dimenticare la figuraccia...v__v" XD Grazie per il commento!<3

90'Minuto: Hai capito benissimo!XD E la sfiga si è talmente affezionata ad Ed che a momenti si sposeranno, davvero..O__O! Grazie per il commento!*^*

Mintgirl: Il tuo Taisa è onnipresente, non ti preoccupare, è impossibile levarselo dalle palle!^O^" *E noi lo sappiamo bene, vero...?*

Fedar: grazie XD Si è stata una visione mistica quella di Ed con le mutande di Al in testa x°°D Ecco il nuovo capitolo!^O^

 

E ora, via allo show!U__U!!

 

Capitolo quarto

(dove si partirà con un angst inaspettato, ma non continuo, con sprazzi di frasi emo, e un Roy sempre più presente, per la gioia di una delle due autrici. *inserire ghigno malefico qua.*)

 

“Grazie…”, ripeté, porgendo la tazza vuota ad Alphonse, “Ma tu chi sei?”

Al aprì la bocca, muovendo la mascella su e giù, senza capire.

"N... niisan, scherzi?"

Il ragazzo seduto sul letto inarcò un sopracciglio.

Niisan? Non mi sembra di essere tuo fratello.”

No, non scherzava.

"Oh cielo..."

E lì per lì, se non che non fosse il caso, sarebbe svenuto.

Che c’è?”

Ed si leccò i baffi, guardandolo interrogativo.

Sapeva dove si trovava – in casa sua, nella sua camera da letto -, ricordava come si chiamava, ogni ricordo era incastonato nella sua mente.

Tranne Alphonse.

"Niisan... se... se questo è uno scherzo, è davvero di cattivo gusto!" esclamò quest’ultimo, sentendo le lacrime venirgli agli occhi.

“No, non sto scherzando per nulla. Chi sei?”

Aggrottò le sopracciglia, serio, senza scomporsi davanti agli occhi lucidi dell’altro ragazzo.

Scosse la testa, sconvolto. Non riusciva a crederci!

"... Mustang."

Provare non avrebbe fatto male.

Se Ed avesse avuto delle orecchie animalesche, si sarebbero rizzate, come si rizzò lui sul letto.

E come si rizzò il suo ciuffetto.

“MUSTANG?! COME LO CONOSCI?! E PERCHE’ NOMINI QUELL’ESSERE?! AH!! SEI UN SUO SOTTOPOSTO!! E TI HA CHIESTO DI FILMARE I POSTUMI DELLA MIA SBORNIA!! MA NON LI HO!! AH-AH!!”

"... oddio, non è possibile..."

Rimase lì, a fissarlo con lo sguardo vago, facendo qualche passo in avanti, barcollando.

"Niisan, non ti ricordi... davvero..."

Edward ricambiò lo sguardo, ma nei suoi occhi aleggiava solo curiosità e una leggera irritazione per quello sconosciuto in casa.

“No, non mi ricordo di te. Anzi, che ci fai in casa mia?”

"Sono tuo fratello!" fece l’altro, alzando la voce, mosso dalla disperazione.

Prima le mutande, poi la febbre di Ed, il suo scivolone e ora anche un'amnesia di cui lui sembrava essere l'unico protagonista.

... doveva chiamare Mustang.

“Da quando ho fratelli? Quel bastardo di mio padre ha avuto un figlio con un’altra donna?! Perché effettivamente mi somigli… come ti chiami?”

Sì, Al stava cadendo in un incubo.

"A... Alphonse..."

Non poteva credere di esser solo lui l'unico pensiero rimosso dalla mente del fratello, era inconcepibile!

Gli tremavano le mani, le braccia, l'intero corpo. Non era possibile, no. Si stava vendicando. Si, si stava divertendo alle sue spalle facendo finta di non ricordarsi di lui.

Ma, okay che Ed era un attore di media capacità, ma non sarebbe mai stato capace di arrivare a tanto. Neppure di giungere così in là con la cattiveria. Soprattutto davanti al fratello tremante. Al lo sapeva, in fondo, ma voleva continuare a sperare nella soluzione meno dolorosa.

Okay, tenterò di ricordarmelo.”

E mentre una lacrima scappò via dai suoi occhi, Al si limitò a dire un "Grazie" appena sussurrato, prima di lasciarsi cadere sulle ginocchia.

Era stato rimosso. Sul serio. E tutto per colpa di uno stupido matterello.

“Ehi…”

Ed si alzò dal letto, un po’ dispiaciuto per quelle lacrime che solcavano, nascoste e discrete (esattamente come il padrone di quel corpo tremante) le guance bianche del ragazzo.

“Non te la prendere, okay?”

Gliele tirò, sorridendogli apertamente.

“Se sei così importante ti ricorderò senz’altro… fra un po’!”

"O... okay..." fece, sforzandosi di sorridergli indietro, la schiena scossa dai singhiozzi.

Era ancora più terribile del giorno della loro condanna, pensò. Poteva stare senza niente, se aveva suo fratello vicino. Ma... così...

Si rimise in piedi, aiutato da Edward, cacciando via i rimasugli della sua piccola disperazione.

Diamine, ricordava tutto. Tranne Alphonse.

La madre, la trasmutazione, l’esercito, i suoi cani, Mustang, la cena di due giorni prima.

E in tutto questo c’era quella piccola ombra che pareva ritagliata come su una scena di carta.

Che nervoso.

“Dai, non piangere! Sei un uomo, non un bambino! Quanti anni hai?”

Oramai Ed aveva accettato di averlo a casa senza una spiegazione precisa. Ma quel viso, così tenero, gli ispirava fiducia. Dai suoi occhi così puri si capiva che non poteva avere a che fare con Mustang. E si comprendeva benissimo la bontà del suo animo. Quindi non c’era nulla di cui avere paura.

"Sedici..." fece, tentando di risultare un poco dignitoso fra le lacrime. Abbozzò un sorriso, sollevato almeno dal fatto che non lo considerasse un pazzo, e si trattenne dal saltargli addosso e stringerlo, per paura di spaventarlo.

Era abbastanza traumatico senza il suo aiuto.

Uah, sei più piccolo di me di solo un anno! Io ne ho diciassette! Sembri più grande, forse perché sei più alto…”

Le ultime parole Ed le aggiunse guardandolo torvo, quasi per farlo sentire in colpa di superarlo di quasi dieci centimetri.

“Non piangere! Sei un uomo!”

Al ignorò il tono di voce del fratello riguardo l'apprezzamento della sua altezza. Si diede un po' di contegno, debellando le lacrime.

"Vado... vado un attimo in cucina..." disse, scivolando poi via dalla stanza, sospirando.

Doveva chiamare Mustang. SUBITO.

Ooookaaayyy…”

Ed si distese sul letto, mani dietro la testa.

Diamine, era ancora vestito.

Era meglio cambiarsi, contando il fatto ch’era quello che portava il giorno prima.

Si alzò, inarcando la schiena e dandosi la spinta da dietro, cadendo in piedi sul materasso. Così, diritto, cominciò a levarsi i vestiti, lasciandoli cadere dove preferivano loro.

(Sì, perché Edward aveva la teoria che i vestiti avessero una loro anima. Per questo i suoi erano sempre in disordine. Avevano l’anima di un insubordinato.)

Che devi fare in cucina?”, si mise ad urlare.

"Ehr... fare una telefonata!" rispose la voce dalla sala, mentre alzava la cornetta, componendo in tutta fretta il numero del quartier generale.

“… a chi, scusa?”

"A... alla latteria!”

Non venire, Ed, non venire!

Che diamine, Al, sei un cretino.

Mai scusa umana fu peggiore.

“LATTERIA?! MA QUALE LATTERIA!! NON OSARE!!

E come una furia si precipitò in cucina.

Al, muoviti!!

"SCHERZAVO NIISAN, STAI LA!"

E lanciò la cornetta per aria, mentre il telefono ancora squillava, e per un pelo riuscì a mandar giù la chiamata proprio quando dall'altra parte qualcuno si accingeva a rispondere.

Un Edward spettinato, che indossava a malapena i primi pantaloncini che aveva raccattato, lo guardava come se avesse preso le sembianze di Roy Mustang: lo fissava come se stesse fissando il Messo del Demonio.

“… sicuro?”

"S... sicuro..." balbettò, venendolo così sconvolto.

Certe cose non sarebbero mai cambiate, pensò, sorridendo.

"Torna in camera."

In fondo nulla era cambiato, in Edward.

Stesso isterismo, stessa velocità (stesso corpo piccolo, ma questo era meglio non ricordarglielo).

Stessi ricordi.

Alphonse a parte.

“… okay, non so perché ma so che di te posso fidarmi…”

Ultima occhiataccia, e di nuovo in camera a sistemarsi per darsi un aspetto umano.

E rapido l’altro afferrò la cornetta, sollevato dall'ultima frase del fratello, componendo di nuovo velocemente il numero e sperando che Mustang rispondesse RAPIDISSIMO.
Uno squillo... due squilli...

 

Roy Mustang era decisamente rapido nel rispondere al telefono.
Ma Alphonse ne era all'oscuro.
Fino a quel giorno.
"Pronto, Daphne? E' la decima volta che mi chiami, ti ho detto nove volte che domani sera sono impegnato, cena con mia madre..."

Daphne... ?

"Ehr... Generale... veramente... sono Alphonse..." fece, a bassa voce

“Oh, ciao piccolo Elric! Credevo fosse mia zia a chiamarmi…”

Mai traumatizzare i bambini.

Tranne Edward Elric, ovviamente.

Inserire qui ghigno malefico.

“Di cos’hai bisogno?”

"Generale... Edward è caduto... ha sbattuto la testa... - respiro. - Non ricorda più chi sono..."

Una nota di tristezza nella voce.

Probabilmente non si sarebbe traumatizzato in quel momento.

E poi che bisogno c'era di nascondere alla zia che si andava a cena dai propri genitori?!

Fatti i cazzi tuoi e campi cent’anni, diceva Confucio, caro Alphonse.

Saggio uomo.

“… oddio, tutto quell’alcool gli ha dato alla testa…? E, scusami, io che diamine c’entro in tutto ciò?”

"Ho bisogno di aiuto... per favore..." si preoccupò Al di dire a voce ancora più bassa, per evitare che il fratello sentisse.

"Non so cosa fare... Mi aiuti..."

Ed Al sapeva essere così convincente con tutti, che neanche un uomo come Roy poteva dirgli di no.

“… okay, okay, vengo…”

Per quanti screzi ci potessero essere fra lui e il Fullmetal, il fratello non c’entrava niente.

E Dio solo sa quanto sembrava preoccupato.

Sono lì più velocemente possibile.”

E attaccò.

 

Al sospirò sonoramente, riattaccando il telefono e tornando in camera, dove Edward aveva appena finito di vestirsi.

"Oh, ecco. - disse, sorridendo, mentre avvicinandosi gli toccava la fronte - Come ti senti?"

Ci sperava. Sperava davvero che ogni piccola frase, o gesto, uno stupido tocco, la sua semplice voce, facessero trovare nuovamente ad Ed il suo ricordo.

Ma niente, sembrava che il Fullmetal avesse chiuso la sua mente ad ogni cosa che riguardi Alphonse.

Gli sorrise, allegramente, allacciandosi la camicia candida.

“Benissimo, come dovrei sentirmi? Sto bene, grazie. Ti preoccupi un po’ troppo per me, non credi? Ah, senti, visto che ci sei… mi aiuti a farmi la coda?”

"Ah... certo!"

Andò a prendere un pettine dal bagno, per poi tornare e cominciare a pettinare lentamente i capelli, sciogliendo i nodi provocati dal sonno, stando attento a non fargli male.

Raccolse ogni ciocca sulla sua mano destra, continuando a lisciare quei fili d'oro.

"Alta?"

“Sì, alta. Mi sta decisamente meglio!”, gli sorrise di rimando, un po’ ghignando.

Edward. Alphonse. Seduti sul letto. Ed davanti, Al in ginocchio dietro. Una scena che odorava di famigliarità a miglia di distanza. Peccato che il naso dell’alchimista fosse totalmente otturato.

Il più giovane prese l'elastico dalle dita del fratello, portandoselo alla bocca mentre tirava su i capelli.

E mentre quelli scivolavano lenti su quel pezzo di nastro rosso, la gola gli si strinse, e a stento trattenne un'altra lacrima.

Avrebbe voluto stringerlo forte, implorarlo di ricordarsi di lui, ma sarebbe stato troppo per Ed, lo sapeva. Non c'era da scherzare. E se voleva che lui recuperasse il suo ricordo, doveva portare pazienza.

E confidare nell'aiuto di Mustang.

"Ecco fatto!" disse, dando un leggero colpo alla nuova coda, che ciondolò un momento prima di mettersi in ordine.

“Ah, grazie mille!”

Si alzò dal letto con uno scatto, abbassandosi al viso di Al, sorridendogli davanti.

“Sembri pratico. Sei bravo!”

Era così… involontariamente sadico, verso quel povero ragazzo…

"Non sembro, sono pratico!" fece, portando le braccia ai fianchi e gonfiando le guance.

... sarebbe passato presto, vero?

Si sperava di sì.

“E dire che non hai i capelli lunghi… con chi hai imparato?”

Colpo al cuore.

"Anni... di esperienza con un ragazzo dalle braccia troppo corte per farsi trecce e code in modo decente..."

Abbozzò un sorriso a fatica, tentando di non scomporsi.

Che male però, dio.

“Capito!”

Il Fullmetal si diresse in cucina, deciso a mettere qualcosa sotto i denti. Ma dovette arrendersi all’evidenza che se avesse voluto mangiare qualcosa evitando di uscire avrebbe dovuto mettere lingua ai muri.

“… ho fame…”, pronunciò lamentoso, coprendo il suono dei passi di Mustang sulle foglie morte nel giardino.

"Ieri abbiamo sprecato tutto il cibo lanciandoc... – e Al si bloccò, sicuro che sentire che lui non ricordava lo avrebbe per lo meno ucciso. - Se vuoi esco a comprarti qualcosa, in frigo non è rimasto più..."

Campanello.

"... niente."

“Chi diamine è a quest’ora del mattino? Vai ad aprire tu, Alphonse?” sbuffò l’altro, pigro.

Aveva ricordato il suo nome.

Forse, questo, era ancora più doloroso.

"S-Sì, vado!"

E zampettò verso la porta, aprendola e spostandosi per far entrare la figura del Generale, i vestiti in perfetto ordine nonostante la fretta con cui Al lo aveva acclamato.

"E quindi, dove sta il malato?"

“TU!! CHE DIAMINE CI FAI QUI?!

Il senso dell’udito sembrava oramai l’unico acuto e infallibile.

Edward si precipitò all’ingresso, per vedere l’odiato Generale sorridergli detestabile come al solito.

“QUI NON C’E’ NESSUN MALATO!! PUSSA VIA!!

Lui si limitò a prenderlo per la testa, scuotendolo un poco.

"Ah, no, Fullmetal? A me pare proprio di si invece!""

"Generale, non lo..." fece Al, agitando le mani, mentre suo fratello veniva shakerato.

"Qui c'è qualcuno che si è dimenticato qualcosa di importante!"

“LASCIAMI ANDARE LA TESTA!!

Cominciò ad agitarsi come un isterico, tentando di fargli un occhio nero.

“Cos’avrei dimenticato, Blueflame imbecille?!”

Braccia troppo corte, Ed.

"Mh... vediamo un po'... tuo fratello, razza di idiota?"

Al guardava, sconvolto. Perché sembrava quasi che non fosse successo nulla, se non per quel piccolo particolare.

Piccolo piccolo e doloroso particolare.

"G... Generale lo lasci andare, gli fa male così!" si lamentò, andando a mettersi in mezzo fra i due.

Roy lo guardò, cedendo allo sguardo supplichevole del piccolo Elric, e lasciò la presa, sbuffando.

“Io non ho fratelli, imbecille!!

Una di quelle frasi che si pronunciano da bambini quando si è in collera con l’altro.

Ma non erano più mocciosi.

Ed erano parole pronunciate con la più assoluta consapevolezza.

Dio, che male.

"La botta di deve aver fatto davvero male, Fullmetal! Alphonse, non starlo ad ascoltare!"

Ma quando si voltò, la vide tutta, la disperazione dipinta sul suo viso. E quella frase appena detta gli rimbombava nelle orecchie, forte, indelebile.

"I... io..." scosse le mani davanti al suo petto, facendo cenno di non preoccuparsi, che era tutto a posto.

E la mano del generale si portò alla testa di Acciaio, colpendolo.

"Visto che casini fai?!"

Ed, senza tanti convenevoli, ricambiò il pugno – con l’accortezza, però, di usare la mano umana.

“Come diavolo ti permetti?! Non so neppure di cosa diavolo tu stia parlando!!

Gli prese la testa fra le mani, costringendolo a guardare un Alphonse sempre più moralmente distrutto.

"Lo vedi il danno che stai facendo?!"

Agli occhi ambrati di Ed si presentò una scena straziante: Al sembrava non essere neppure capace di piangere, tanto era il dolore. Gli occhi erano gonfi e rossi, ma terribilmente vuoti. Il volto pallido e le membra tremanti. Si teneva il bordo della maglia con le dita che non smettevano di muoversi istericamente.

Ma, diavolo, non sapeva chi egli fosse.

Cosa sto facendo, Mustang?!”

"Stai distruggendo il fratello che hai dimenticato, idiota!" disse, sottolineando bene l'ultima parola.

Possibile che vederlo in quelle condizioni non sortisse un minimo effetto su di lui? Possibile che il suo cervello fosse così dannatamente bacato da aver dimenticato quella che era stata, e forse tuttora era, la sua unica ragione di vita?

"N... niisan.." riuscì solo a balbettare.

“Io non mi ricordo di lui! Assolutamente!”

Cominciava a diventare isterico.

Mustang lo stava prendendo in giro. Per forza. Voleva fargli credere di avere un fratello per fargli fare la figura del credulone e poi sfotterlo.

“Puoi lasciarmi andare, di grazia?!

"Prima vedi di ricordarti a chi appartiene questo bel faccino." Sbottò Roy, strattonandogli il braccio.

"Hai buttato anni della tua vita per farlo tornare come era, e adesso hai pure il coraggio di dimenticarti di lui! Ma sai che non ti facevo così stronzo, Fullmetal?"

"Generale!"

Gli aveva stretto il braccio, tremando.

"Non... non è colpa sua..."

Mustang, sei un imbecille!”

E giù un altro pugno.

“Porca miseria, se mi sono scordato qualcosa, o qualcuno, non è certo per mia volontà!! Idiota!!”

Sì, gli faceva male vedere il ragazzo in quello stato. In quell’orribile stato. Stato in cui vessava, a quanto pare, per colpa sua.

Era doloroso e straziante osservare il suo volto contratto dal dolore.

Pericolosamente straziante.

"Ah, basta, smettetela...per favore..." mormorò Al, cominciando a cacciare, una ad una, le nuove lacrime che si facevano spazio sul suo viso.

"Alphonse..."

"Non è con un'altra botta che si riprenderà e... scusate..."

E corse in bagno, lasciandosi scappare un singhiozzo, prima di chiudersi la porta alle spalle.

...

Un applauso.

"Bravo, eh."

Dio, come avrebbe voluto ucciderlo.

“Smettila, cazzo. Io non c’entro nulla. Assolutamente. Non è colpa mia se non mi ricordo di lui.

Si sedette sul tavolo, amareggiato.

E, Cristo, gli veniva da piangere.

Senza sapere il perché.

Roy gli si avvicinò non prima di aver tirato un profondo sospiro.

Possibile che questo ragazzetto dovesse sempre dargli così tanti problemi?!

"Almeno ti ricordi cosa è successo?"

Tanto valeva cominciare dal principio.

“Ricordo che mi sono alzato, sono andato in cucina e sono scivolato su un matterello. E sono quasi sicuro che l’hai lasciato lì tu.”

Acciaio, seduto a gambe incrociate sul tavolo ligneo, sbuffò, imbronciato.

Aveva scordato la scommessa e gli umilianti dieci giri intorno alla casa.

Per forza.

Ogni cosa concernente o legata ad Alphonse in qualche modo era stata cancellata.

O, meglio.

Relegata in un qualche angolo della mente.

In attesa di essere ripescata, quella parte di memoria boccheggiava come un pesce, pazientando di risalire in superficie.

"In primo luogo, non ho lasciato niente. – fece il Blueflame, guardandolo di traverso - Lo avrete lasciato tu e Alphonse a terra durante il vostro... scontro armato di ieri. E se aprivi un po' gli occhi, avresti evitato un sacco di problemi a te, a me, e a tuo fratello."

Sospirò, portando le braccia ai fianchi.

"Perchè tu, caro Fullmetal, hai un fratello. Che ti torni in mente, e anche alla svelta."

Sembrava cominciare ad irritarsi. Sentiva che lo stava trattando come un malato. O un idiota. O entrambe le cose.

“Come faccio ad avere un fratello di cui non ricordo assolutamente nulla? Non ho mai visto quel ragazzo prima di oggi.”

"Fatti un giro per la casa, guarda quegli stupidi pezzi di carta colorati appesi alle pareti o dentro le cornici poggiate sui mobili, poi torna qua e vediamo se non lo conosci."

Ma più che altro, la sua voce era inacidita per il semplice fatto che non ricordasse davvero.

Era ancora più tremendo che vederlo morente o... non lo sapeva.

Era tremendo e basta.

“Ho delle foto con Alphonse?”

Domanda posta col sopracciglio alzato. Non si muoveva, forse per semplice orgoglio di non ubbidire ad un ordine di Mustang fuori dall’esercito.

Perché dovrei avere delle foto con lui?”

"Ho detto di farti un giro della casa e tornare qua. E' un ordine di un tuo superiore. Vai."

... tuttavia non aveva perso la capacita di provocare la sua infinita pazienza.

"E la tua è una domanda stupida."

“Mai quanto te.”

Poggiò le mani sui piedi uniti, guardandolo con aria di sufficienza.

Siamo in casa mia, le gerarchie qui non contano un cazzo. Soprattutto se ci sei in mezzo tu.”

"Quando ti ci metti sai proprio essere odioso, eh."

E non gli diede nemmeno il tempo di rispondere. Lo mollò sul tavolo per qualche secondo, entrando in cucina e togliendo dal muro una cornice con una bella foto di loro due, fatta non appena Al aveva recuperato il suo corpo, ricordò con una punta di malinconia.

Poi tornò indietro e gliela schiaffò sulle ginocchia.

"Allora?"

“No. Non so neppure perché io e Alphonse siamo nella stessa foto.”

Era serio, serissimo.

Purtroppo.

"In che lingua devo dirtelo che è tuo fratello?! Vuoi che vada a recuperare gli statuti di nascita, cristo santo?!"

Adesso stava uscendo fuori dai gangheri.

E davvero, lo avrebbe preso a botte se il diretto interessato, in quel momento, non avesse aperto la porta del bagno per tornare da loro.

Al aveva ancora la faccia distrutta, ma se fosse andato avanti a colpi di lacrime e piagnistei, non sarebbe cambiato nulla. Anche se sentire suo fratello farsi certe domande gli spezzava il cuore ogni minuto di più.

“Dio, che hai combinato!”

A vedere quel viso sconvolto, Ed ebbe un moto di dolore che partiva dal cuore, dritto allo stomaco.

Scese dal tavolo, schizzando da Al, ignorando Mustang. Gli alzò il viso con le mani, guardandolo preoccupato.

“Ehi…”

Lo guardava diritto negli occhi, come ogni volta che Alphonse stava male e non voleva dirgli perché. Lo guardava come faceva sempre con lui.

Unica reminescenza rimasta del loro rapporto.

Per tutta risposta, Al scosse la testa, sforzandosi come già aveva fatto troppe volte quella giornata, di sorridere a quegli occhi preoccupati.

"E'... è tutto a posto, davvero!"

Si lasciò inebriare per un momento dal calore di quel gesto, come se quello che aveva vissuto fino a pochi minuti prima non fosse mai esistito. Anche se così non era.

"E'... tutto a posto..."

“Sei sicuro?”

Coi pollici tirò via le lacrime residue sulle guance dell’altro. Gliele carezzò un attimo, poi con una mano ne tirò una, ghignando.

“Alla tua età dovresti essere solo allegro, sai?”

Inconsapevole come un bambino.

Graffi inferti con unghie imbevute di veleno.

Graffi a un cuore che sanguinava ad ogni parola detta col sorriso sulle labbra.

Alphonse dischiuse le labbra, boccheggiando, ma nessun suono venne fuori. E alla fine, fece l'unica cosa che il cervello, la mente, l'anima gli ordinavano di fare.

Si lanciò contro suo fratello, stringendolo forte a sé, lasciando andare tutto il dolore che aveva accumulato in quelle poche ore, sfogò la sua disperazione, bagnando la camicia di lui con la sua frustrazione.

Non era mai stato così male. Neanche quando aveva perso il suo corpo.

Il cuore di Ed, per qualche attimo, smise di battere.

Si accartocciò su se stesso, come carta bruciata.

Smise di pompare sangue.

Tornò in sé quando il suo padrone ricambiò l’abbraccio.

Dio, Edward poté sentire l’odore forte di dolore e lacrime salate che impregnavano la sua camicia. Involontariamente ne aspirò una grande quantità che iniziò il suo circolo nel sangue.

“Dio se stai male…”

Aveva gli occhi sbarrati e lo stringeva forte.

Iniziò a carezzargli la testa. Stringendolo ancora più forte.

E Alphonse ricambiò la presa, chiudendo le sue dita sui suoi indumenti, senza riuscire a dire una parola.

Non avrebbe mai avuto abbastanza lacrime da piangere, finché suo fratello sarebbe stato in quelle condizioni. E lui voleva aiutarlo, ma Dio, cosa doveva fare?

Suo fratello era l'unico appiglio che aveva, era la sua famiglia, era il suo sangue. Senza sarebbe stato come un uomo senza aria, come un fiume in secca.

E scosse la testa nell'incavo della sua spalla, cercando di negare ancora il suo dolore.

Roy alzò gli occhi su Edward, che ricambiò lo sguardo, e parve quasi dirgli: "Vedi? Uno sconosciuto farebbe questo?"

Nella testa del Fullmetal aleggiava solo un gran casino. Rimaneva lì, a stringere un corpo bollente per il troppo dolore versato e conservato.

Mustang, capisco che diamine vuoi dire.”

Sì, lo capiva benissimo.

Ciò che non capiva è chi diamine fosse Alphonse.

Arrivati a quel punto, era palese come non fosse uno sconosciuto.

E allora chi diavolo…?

"Chiamo un medico..." sbottò Mustang, grattandosi la testa, allontanandosi verso il ricevitore, lasciando i due fratelli soli.

Al che tremava dalla paura di non sentire più sulla pelle quell'affetto che Ed gli aveva sempre dato e che da troppo poco tempo aveva riconquistato per perderlo di nuovo.

"S... scusa, niisan..." disse tra i gemiti di dolore, con voce appena comprensibile.

E strinse più forte, addolorato.

E Ed, da parte sua, che non ci capiva più un assoluto niente, lo strinse di più, baciandogli il capo.

“Non chiedere scusa.”

Continuava a stringerlo, diavolo, come se fosse un soffio di vento destinato a morire.

Un essere così fragile che, appena lo si fosse lasciato andare, si sarebbe spaccato in mille e mille pezzi.

In mille e mille lacrime di vetro.

Al tirò sul col naso, alzando un poco il viso senza staccarsi da lui. Se lo avesse mollato sarebbe caduto, se lo sentiva.

"Io... io..."

Dillo, Al. Dillo che sei distrutto, dillo che ti fa male.

"... non riesco... a pensare..."

A qualcosa senza te affianco?

“Non farlo, non devi sforzarti.”

E che diamine, riusciva a fare il fratello maggiore meglio ora di quando si ricordava di esserlo.

“Puoi non fare nulla. Nessuno ti obbliga.”

"Niisan... non... - e doveva dirglielo, anche se magari gli avrebbe fatto male, anche se sapeva che non era colpa sua - ... non dimenticarti di me... Niisan..."

Deglutì più volte, pregando che le lacrime smettessero di scendere.

“… Alphonse, cazzo…”

Non riusciva a dirgli “Effettivamente non ti ho mai ricordato, non posso dimenticarti”. Non ci riusciva. Era troppo crudele.

Perciò tacque. Rimase nel silenzio a sentire i singhiozzi che Al tentava di celare al massimo delle sue capacità.

Doveva apparire forte, invece si stava lasciando andare. Brutalmente.

Non era da lui.

Le gambe cominciarono a cedere.

"Eccomi. -  fece Roy, irrompendo calmo nella stanza, osservando la scena impietosito. - Il medico dice che si può risolvere, molto probabilmente."

Ed fu tanto rapido a tenere su Al quanto fu rapido a lanciare un’occhiata torva a Mustang.

E come, scusa?”

"Foto, racconti, qualunque cosa. - fece, ricambiando lo sguardo - Basta che ci sia Alphonse in mezzo. Prima o poi ricorderai."

Prima o poi...?

Al tirò su col naso, voltandosi verso il colonnello senza mollare Ed.

"Ma... tornerà... vero?"

E Roy annuì, troppo turbato nel vedere Al così per dargli maggiore sofferenza.

Ed si grattò dietro la nuca.

“Bah, le foto non sono servite… a sto punto io voto per i racconti.”

E racconto sia.”



Qui il seguito, trepidanti colombelli!

 

  
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Elric_Kyoudai