Nya, nuovo
capitolo!^O^ SIAMO STATE VELOCI, VERO?*smile* Questo
capitolo vi shockerà. E parecchio anche, ha shockato persino noi!O_o
Noi, si, perché SIAMO IN DUE
ç___ç! Non ve lo dimenticate!;__; Sennò ci sentiamo
ferite e messe da parte!*si abbracciano*
Dunque dunque...Con
questo capitolo, la fic si chiude, ma non
preoccupatevi, stiamo lavorando per voi!:D E non
immaginate neanche quanto!XD
E ora, i
soliti ringraziamenti!^O^
Shari_Aruna: Eh si,
Ed è così sfigato da aver avuto un'amnesia XD Perché
noi amiamo Ed, più soffre meglio è! (e ci è scappata
anche la rima v.v) Ed: NOOOO!!!*scappa in burundi*
Miyuk: Ma
povero Ed XDDD In effetti è una buona tecnica per
dimenticare la figuraccia...v__v" XD Grazie per il commento!<3
90'Minuto: Hai capito
benissimo!XD E la sfiga si è talmente affezionata ad
Ed che a momenti si sposeranno, davvero..O__O! Grazie
per il commento!*^*
Mintgirl: Il tuo Taisa è onnipresente, non ti preoccupare, è impossibile
levarselo dalle palle!^O^" *E noi lo sappiamo bene, vero...?*
Fedar: grazie
XD Si è stata una visione mistica quella di Ed con le
mutande di Al in testa x°°D Ecco il nuovo capitolo!^O^
E ora, via allo show!U__U!!
Capitolo
quarto
(dove si partirà con un angst
inaspettato, ma non continuo, con sprazzi di frasi emo,
e un Roy sempre più presente, per la gioia di una delle due autrici. *inserire
ghigno malefico qua.*)
“Grazie…”, ripeté, porgendo la
tazza vuota ad Alphonse, “Ma tu chi sei?”
Al aprì
la bocca, muovendo la mascella su e giù, senza capire.
"N... niisan,
scherzi?"
Il ragazzo seduto sul letto
inarcò un sopracciglio.
“Niisan?
Non mi sembra di essere tuo fratello.”
No, non scherzava.
"Oh cielo..."
E lì per lì, se
non che non fosse il caso, sarebbe svenuto.
“Che
c’è?”
Ed si leccò
i baffi, guardandolo interrogativo.
Sapeva dove si trovava – in casa
sua, nella sua camera da letto -, ricordava come si
chiamava, ogni ricordo era incastonato nella sua mente.
Tranne Alphonse.
"Niisan...
se... se questo è uno scherzo, è davvero di cattivo
gusto!" esclamò quest’ultimo, sentendo le
lacrime venirgli agli occhi.
“No, non sto scherzando per
nulla. Chi sei?”
Aggrottò le sopracciglia, serio,
senza scomporsi davanti agli occhi lucidi dell’altro ragazzo.
Scosse la testa, sconvolto. Non
riusciva a crederci!
"... Mustang."
Provare non avrebbe
fatto male.
Se Ed
avesse avuto delle orecchie animalesche, si sarebbero rizzate, come si rizzò
lui sul letto.
E come si
rizzò il suo ciuffetto.
“MUSTANG?! COME LO CONOSCI?! E PERCHE’ NOMINI QUELL’ESSERE?! AH!! SEI UN SUO
SOTTOPOSTO!! E TI HA CHIESTO DI FILMARE I POSTUMI
DELLA MIA SBORNIA!! MA NON LI HO!!
AH-AH!!”
"... oddio, non è
possibile..."
Rimase lì, a fissarlo con lo
sguardo vago, facendo qualche passo in avanti, barcollando.
"Niisan,
non ti ricordi... davvero..."
Edward ricambiò lo sguardo, ma
nei suoi occhi aleggiava solo curiosità e una leggera irritazione per quello
sconosciuto in casa.
“No, non mi ricordo di te. Anzi,
che ci fai in casa mia?”
"Sono tuo fratello!"
fece l’altro, alzando la voce, mosso dalla disperazione.
Prima le mutande, poi la febbre
di Ed, il suo scivolone e ora anche un'amnesia di cui lui sembrava essere
l'unico protagonista.
... doveva
chiamare Mustang.
“Da quando ho fratelli? Quel bastardo
di mio padre ha avuto un figlio con un’altra donna?! Perché effettivamente mi somigli… come ti chiami?”
Sì, Al stava
cadendo in un incubo.
"A... Alphonse..."
Non poteva
credere di esser solo lui l'unico pensiero rimosso dalla mente del fratello,
era inconcepibile!
Gli tremavano le mani, le
braccia, l'intero corpo. Non era possibile, no. Si stava vendicando. Si, si stava divertendo
alle sue spalle facendo finta di non ricordarsi di lui.
Ma, okay
che Ed era un attore di media capacità, ma non sarebbe mai stato capace di
arrivare a tanto. Neppure di giungere così in là con la cattiveria. Soprattutto
davanti al fratello tremante. Al lo sapeva, in fondo, ma voleva continuare a
sperare nella soluzione meno dolorosa.
“Okay,
tenterò di ricordarmelo.”
E mentre
una lacrima scappò via dai suoi occhi, Al si limitò a dire un
"Grazie" appena sussurrato, prima di lasciarsi cadere sulle
ginocchia.
Era stato rimosso. Sul serio. E tutto per colpa di uno stupido matterello.
“Ehi…”
Ed si alzò
dal letto, un po’ dispiaciuto per quelle lacrime che solcavano, nascoste e
discrete (esattamente come il padrone di quel corpo tremante) le guance bianche
del ragazzo.
“Non te la prendere, okay?”
Gliele tirò, sorridendogli
apertamente.
“Se sei così importante
ti ricorderò senz’altro… fra un po’!”
"O...
okay..." fece, sforzandosi di sorridergli
indietro, la schiena scossa dai singhiozzi.
Era
ancora più terribile del giorno della loro condanna, pensò. Poteva
stare senza niente, se aveva suo fratello vicino. Ma... così...
Si rimise in piedi, aiutato da
Edward, cacciando via i rimasugli della sua piccola disperazione.
Diamine, ricordava tutto. Tranne Alphonse.
La madre,
la trasmutazione, l’esercito, i suoi cani, Mustang, la cena di due giorni
prima.
E in tutto
questo c’era quella piccola ombra che pareva ritagliata come su una scena di
carta.
Che nervoso.
“Dai, non piangere! Sei un uomo,
non un bambino! Quanti anni hai?”
Oramai Ed aveva accettato di averlo a casa senza una spiegazione precisa. Ma quel viso, così tenero, gli ispirava fiducia. Dai suoi
occhi così puri si capiva che non poteva avere a che fare con Mustang. E si comprendeva benissimo
la bontà del suo animo. Quindi non c’era nulla di cui
avere paura.
"Sedici..." fece, tentando di risultare un poco dignitoso fra le
lacrime. Abbozzò un sorriso, sollevato almeno dal fatto che non lo considerasse
un pazzo, e si trattenne dal saltargli addosso e stringerlo, per paura di
spaventarlo.
Era abbastanza traumatico senza
il suo aiuto.
“Uah, sei più piccolo di me
di solo un anno! Io ne ho diciassette! Sembri più grande, forse perché sei più
alto…”
Le ultime parole Ed le aggiunse guardandolo torvo, quasi per farlo sentire in
colpa di superarlo di quasi dieci centimetri.
“Non piangere! Sei un uomo!”
Al ignorò il tono di voce del
fratello riguardo l'apprezzamento della sua altezza.
Si diede un po' di contegno, debellando le lacrime.
"Vado... vado
un attimo in cucina..." disse, scivolando poi via
dalla stanza, sospirando.
Doveva chiamare Mustang. SUBITO.
“Ooookaaayyy…”
Ed si
distese sul letto, mani dietro la testa.
Diamine, era ancora vestito.
Era meglio cambiarsi, contando
il fatto ch’era quello che portava il giorno prima.
Si alzò, inarcando la schiena e
dandosi la spinta da dietro, cadendo in piedi sul
materasso. Così, diritto, cominciò a levarsi i vestiti, lasciandoli cadere dove
preferivano loro.
(Sì, perché
Edward aveva la teoria che i vestiti avessero una loro anima. Per questo i suoi
erano sempre in disordine. Avevano l’anima di un insubordinato.)
“Che
devi fare in cucina?”, si mise ad urlare.
"Ehr...
fare una telefonata!" rispose la voce dalla sala, mentre alzava la
cornetta, componendo in tutta fretta il numero del quartier
generale.
“… a chi, scusa?”
"A... alla latteria!”
Non venire, Ed, non venire!
Che diamine, Al, sei
un cretino.
Mai scusa umana fu peggiore.
“LATTERIA?! MA QUALE LATTERIA!! NON OSARE!!”
E come una
furia si precipitò in cucina.
Al, muoviti!!
"SCHERZAVO
NIISAN, STAI LA!"
E lanciò la cornetta per aria,
mentre il telefono ancora squillava, e per un pelo riuscì a mandar giù la
chiamata proprio quando dall'altra parte qualcuno si
accingeva a rispondere.
Un Edward spettinato, che
indossava a malapena i primi pantaloncini che aveva raccattato, lo guardava
come se avesse preso le sembianze di Roy Mustang: lo
fissava come se stesse fissando il Messo del Demonio.
“… sicuro?”
"S... sicuro..." balbettò, venendolo così sconvolto.
Certe cose non sarebbero mai cambiate, pensò, sorridendo.
"Torna in camera."
In fondo nulla era cambiato, in
Edward.
Stesso isterismo, stessa velocità (stesso corpo piccolo, ma questo era meglio
non ricordarglielo).
Stessi ricordi.
Alphonse a parte.
“… okay,
non so perché ma so che di te posso fidarmi…”
Ultima
occhiataccia, e di nuovo in camera a sistemarsi per darsi un aspetto umano.
E rapido l’altro
afferrò la cornetta, sollevato dall'ultima frase del fratello, componendo di
nuovo velocemente il numero e sperando che Mustang rispondesse RAPIDISSIMO.
Uno squillo... due squilli...
Roy Mustang era decisamente rapido
nel rispondere al telefono.
Ma Alphonse ne era all'oscuro.
Fino a quel giorno.
"Pronto, Daphne? E' la decima volta che mi chiami, ti ho
detto nove volte che domani sera sono
impegnato, cena con mia madre..."
Daphne... ?
"Ehr...
Generale... veramente... sono Alphonse..." fece, a bassa voce
“Oh, ciao piccolo Elric! Credevo
fosse mia zia a chiamarmi…”
Mai traumatizzare i bambini.
Tranne Edward
Elric, ovviamente.
Inserire qui ghigno malefico.
“Di cos’hai bisogno?”
"Generale... Edward è caduto... ha sbattuto la testa... - respiro. - Non
ricorda più chi sono..."
Una nota di tristezza nella
voce.
Probabilmente non si sarebbe
traumatizzato in quel momento.
E poi che bisogno c'era di
nascondere alla zia che si andava a cena dai propri genitori?!
Fatti i cazzi tuoi e campi cent’anni, diceva Confucio, caro
Alphonse.
Saggio uomo.
“… oddio, tutto quell’alcool gli ha dato alla testa…? E,
scusami, io che diamine c’entro in tutto ciò?”
"Ho bisogno di aiuto... per favore..." si
preoccupò Al di dire a voce ancora più bassa, per evitare che il fratello sentisse.
"Non so cosa fare... Mi aiuti..."
Ed Al
sapeva essere così convincente con tutti, che neanche un uomo come Roy poteva
dirgli di no.
“… okay, okay, vengo…”
Per quanti screzi ci potessero
essere fra lui e il Fullmetal, il fratello non c’entrava niente.
E Dio solo
sa quanto sembrava preoccupato.
“Sono lì più
velocemente possibile.”
E attaccò.
Al sospirò
sonoramente, riattaccando il telefono e tornando in camera, dove Edward aveva
appena finito di vestirsi.
"Oh, ecco. - disse,
sorridendo, mentre avvicinandosi gli toccava la fronte - Come ti senti?"
Ci sperava. Sperava davvero che
ogni piccola frase, o gesto, uno stupido tocco, la sua semplice voce, facessero trovare nuovamente ad Ed il suo ricordo.
Ma niente,
sembrava che il Fullmetal avesse chiuso la sua mente ad ogni cosa che riguardi
Alphonse.
Gli
sorrise, allegramente, allacciandosi la camicia candida.
“Benissimo, come dovrei
sentirmi? Sto bene, grazie. Ti preoccupi un po’ troppo per
me, non credi? Ah, senti, visto che ci sei… mi
aiuti a farmi la coda?”
"Ah... certo!"
Andò a prendere un pettine dal
bagno, per poi tornare e cominciare a pettinare lentamente i capelli,
sciogliendo i nodi provocati dal sonno, stando attento a non fargli male.
Raccolse ogni ciocca sulla sua
mano destra, continuando a lisciare quei fili d'oro.
"Alta?"
“Sì, alta. Mi sta decisamente meglio!”, gli sorrise di rimando, un po’
ghignando.
Edward. Alphonse. Seduti sul
letto. Ed davanti, Al in ginocchio dietro. Una scena che odorava di famigliarità a miglia di distanza.
Peccato che il naso dell’alchimista fosse totalmente otturato.
Il più giovane prese l'elastico
dalle dita del fratello, portandoselo alla bocca mentre
tirava su i capelli.
E mentre
quelli scivolavano lenti su quel pezzo di nastro rosso, la gola gli si strinse,
e a stento trattenne un'altra lacrima.
Avrebbe voluto stringerlo forte,
implorarlo di ricordarsi di lui, ma sarebbe stato troppo per Ed, lo sapeva. Non c'era da scherzare. E
se voleva che lui recuperasse il suo ricordo, doveva portare pazienza.
E
confidare nell'aiuto di Mustang.
"Ecco fatto!" disse, dando un leggero colpo alla nuova coda, che ciondolò un
momento prima di mettersi in ordine.
“Ah, grazie mille!”
Si alzò dal letto con uno
scatto, abbassandosi al viso di Al, sorridendogli
davanti.
“Sembri pratico. Sei bravo!”
Era così… involontariamente sadico,
verso quel povero ragazzo…
"Non sembro, sono
pratico!" fece, portando le braccia ai fianchi e gonfiando le guance.
... sarebbe
passato presto, vero?
Si sperava di sì.
“E dire
che non hai i capelli lunghi… con chi hai imparato?”
Colpo al cuore.
"Anni... di
esperienza con un ragazzo dalle braccia troppo corte per farsi trecce e
code in modo decente..."
Abbozzò un sorriso a fatica,
tentando di non scomporsi.
Che male però, dio.
“Capito!”
Il Fullmetal si diresse in cucina,
deciso a mettere qualcosa sotto i denti. Ma dovette
arrendersi all’evidenza che se avesse voluto mangiare qualcosa evitando di
uscire avrebbe dovuto mettere lingua ai muri.
“… ho fame…”, pronunciò
lamentoso, coprendo il suono dei passi di Mustang sulle
foglie morte nel giardino.
"Ieri abbiamo sprecato
tutto il cibo lanciandoc... – e Al si bloccò, sicuro
che sentire che lui non ricordava lo avrebbe per lo
meno ucciso. - Se vuoi esco a comprarti qualcosa, in
frigo non è rimasto più..."
Campanello.
"... niente."
“Chi diamine è a quest’ora del mattino? Vai ad aprire tu,
Alphonse?” sbuffò l’altro, pigro.
Aveva ricordato il suo nome.
Forse, questo, era ancora più
doloroso.
"S-Sì, vado!"
E zampettò verso la porta, aprendola
e spostandosi per far entrare la figura del Generale, i vestiti in perfetto
ordine nonostante la fretta con cui Al lo aveva acclamato.
"E quindi, dove sta il
malato?"
“TU!! CHE DIAMINE CI FAI QUI?!”
Il senso dell’udito sembrava oramai l’unico acuto e
infallibile.
Edward si precipitò all’ingresso, per vedere l’odiato
Generale sorridergli detestabile come al solito.
“QUI NON C’E’ NESSUN MALATO!!
PUSSA VIA!!”
Lui si limitò a prenderlo per la testa, scuotendolo un
poco.
"Ah, no, Fullmetal? A me pare proprio di si invece!""
"Generale, non lo..." fece
Al, agitando le mani, mentre suo fratello veniva shakerato.
"Qui c'è qualcuno che si è dimenticato qualcosa di importante!"
“LASCIAMI ANDARE
Cominciò ad agitarsi come un isterico, tentando di fargli
un occhio nero.
“Cos’avrei dimenticato, Blueflame
imbecille?!”
Braccia troppo corte, Ed.
"Mh... vediamo un po'... tuo
fratello, razza di idiota?"
Al guardava, sconvolto. Perché sembrava quasi che non fosse successo nulla, se non
per quel piccolo particolare.
Piccolo piccolo e doloroso
particolare.
"G... Generale lo lasci andare, gli fa male
così!" si lamentò, andando a mettersi in mezzo fra i due.
Roy lo guardò, cedendo allo sguardo supplichevole del
piccolo Elric, e lasciò la presa, sbuffando.
“Io non ho fratelli,
imbecille!!”
Una di quelle frasi che si pronunciano da bambini quando si è in collera con l’altro.
Ma non erano più mocciosi.
Ed erano parole pronunciate con la più
assoluta consapevolezza.
Dio, che male.
"La botta di deve aver fatto
davvero male, Fullmetal! Alphonse, non starlo ad ascoltare!"
Ma quando si voltò, la vide tutta, la
disperazione dipinta sul suo viso. E quella frase
appena detta gli rimbombava nelle orecchie, forte, indelebile.
"I... io..." scosse le
mani davanti al suo petto, facendo cenno di non preoccuparsi, che era tutto a
posto.
E la mano del generale si portò alla testa di Acciaio, colpendolo.
"Visto che casini fai?!"
Ed, senza tanti convenevoli,
ricambiò il pugno – con l’accortezza, però, di usare la mano umana.
“Come diavolo ti permetti?! Non so
neppure di cosa diavolo tu stia parlando!!”
Gli prese la testa fra le mani, costringendolo a guardare
un Alphonse sempre più moralmente distrutto.
"Lo vedi il danno che stai facendo?!"
Agli occhi ambrati di Ed si
presentò una scena straziante: Al sembrava non essere neppure capace di
piangere, tanto era il dolore. Gli occhi erano gonfi e rossi, ma terribilmente vuoti. Il volto pallido e le membra tremanti. Si teneva il
bordo della maglia con le dita che non smettevano di muoversi istericamente.
Ma, diavolo, non sapeva chi egli fosse.
“Cosa sto facendo, Mustang?!”
"Stai distruggendo il fratello che hai dimenticato,
idiota!" disse, sottolineando bene l'ultima
parola.
Possibile che vederlo in quelle condizioni non sortisse un
minimo effetto su di lui? Possibile che il suo cervello fosse così dannatamente
bacato da aver dimenticato quella che era stata, e forse tuttora era, la sua
unica ragione di vita?
"N... niisan.." riuscì solo a balbettare.
“Io non mi ricordo di lui! Assolutamente!”
Cominciava a diventare isterico.
Mustang lo stava prendendo in giro. Per
forza. Voleva fargli credere di avere un fratello per fargli fare
la figura del credulone e poi sfotterlo.
“Puoi lasciarmi andare, di grazia?!”
"Prima vedi di ricordarti a chi appartiene questo bel
faccino." Sbottò Roy, strattonandogli il braccio.
"Hai buttato anni della tua vita per farlo tornare come era, e adesso hai pure il coraggio di dimenticarti di
lui! Ma sai che non ti facevo così stronzo,
Fullmetal?"
"Generale!"
Gli aveva stretto il braccio, tremando.
"Non... non è colpa
sua..."
“Mustang, sei un imbecille!”
E giù un altro pugno.
“Porca miseria, se mi sono scordato qualcosa, o qualcuno,
non è certo per mia volontà!! Idiota!!”
Sì, gli faceva male vedere il ragazzo in quello stato. In quell’orribile stato. Stato in cui vessava, a quanto pare,
per colpa sua.
Era doloroso e straziante osservare il suo volto contratto
dal dolore.
Pericolosamente straziante.
"Ah, basta, smettetela...per favore..." mormorò Al, cominciando a cacciare, una ad una, le nuove
lacrime che si facevano spazio sul suo viso.
"Alphonse..."
"Non è con un'altra botta che si riprenderà e... scusate..."
E corse in bagno, lasciandosi
scappare un singhiozzo, prima di chiudersi la porta alle spalle.
...
Un applauso.
"Bravo, eh."
Dio, come avrebbe voluto ucciderlo.
“Smettila, cazzo. Io non c’entro
nulla. Assolutamente. Non è colpa mia se non mi ricordo di lui.”
Si sedette sul tavolo, amareggiato.
E, Cristo, gli veniva da piangere.
Senza sapere il perché.
Roy gli si avvicinò non prima di aver tirato un profondo
sospiro.
Possibile che questo ragazzetto dovesse sempre dargli così
tanti problemi?!
"Almeno ti ricordi cosa è successo?"
Tanto valeva cominciare dal principio.
“Ricordo che mi sono alzato, sono andato in cucina e sono
scivolato su un matterello. E sono quasi sicuro che l’hai
lasciato lì tu.”
Acciaio, seduto a gambe incrociate sul tavolo ligneo,
sbuffò, imbronciato.
Aveva scordato la scommessa e gli umilianti dieci giri
intorno alla casa.
Per forza.
Ogni cosa concernente o legata ad Alphonse in qualche modo
era stata cancellata.
O, meglio.
Relegata in un qualche angolo della mente.
In attesa di essere ripescata, quella
parte di memoria boccheggiava come un pesce, pazientando di risalire in
superficie.
"In primo luogo, non ho lasciato niente. – fece il Blueflame, guardandolo di traverso - Lo avrete
lasciato tu e Alphonse a terra durante il vostro... scontro armato di ieri. E
se aprivi un po' gli occhi, avresti evitato un sacco
di problemi a te, a me, e a tuo fratello."
Sospirò, portando le braccia ai fianchi.
"Perchè tu, caro Fullmetal, hai un fratello. Che ti torni in mente, e anche alla svelta."
Sembrava cominciare ad irritarsi. Sentiva che lo stava
trattando come un malato. O un idiota. O entrambe le cose.
“Come faccio ad avere un fratello di cui non ricordo assolutamente
nulla? Non ho mai visto quel ragazzo prima di oggi.”
"Fatti un giro per la casa, guarda quegli stupidi
pezzi di carta colorati appesi alle pareti o dentro le cornici poggiate sui
mobili, poi torna qua e vediamo se non lo conosci."
Ma più che altro, la sua voce era inacidita per il semplice
fatto che non ricordasse davvero.
Era ancora più tremendo che vederlo morente o... non lo
sapeva.
Era tremendo e basta.
“Ho delle foto con Alphonse?”
Domanda posta col sopracciglio alzato. Non si muoveva,
forse per semplice orgoglio di non ubbidire ad un ordine di Mustang fuori dall’esercito.
“Perché dovrei avere delle foto
con lui?”
"Ho detto di farti un giro della casa e tornare qua.
E' un ordine di un tuo superiore. Vai."
... tuttavia non aveva perso la
capacita di provocare la sua infinita pazienza.
"E la tua è una domanda
stupida."
“Mai quanto te.”
Poggiò le mani sui piedi uniti, guardandolo con aria di
sufficienza.
“Siamo in casa mia, le gerarchie qui non
contano un cazzo. Soprattutto se ci sei in
mezzo tu.”
"Quando ti ci metti sai proprio essere odioso, eh."
E non gli diede nemmeno il tempo di
rispondere. Lo mollò sul tavolo per qualche secondo, entrando in cucina e
togliendo dal muro una cornice con una bella foto di loro due, fatta non appena
Al aveva recuperato il suo corpo, ricordò con una
punta di malinconia.
Poi tornò indietro e gliela schiaffò sulle ginocchia.
"Allora?"
“No. Non so neppure perché io e Alphonse siamo
nella stessa foto.”
Era serio, serissimo.
Purtroppo.
"In che lingua devo dirtelo
che è tuo fratello?! Vuoi che vada a recuperare gli statuti di nascita, cristo
santo?!"
Adesso stava uscendo fuori dai
gangheri.
E davvero, lo avrebbe preso a botte
se il diretto interessato, in quel momento, non avesse aperto la porta del
bagno per tornare da loro.
Al aveva ancora la faccia
distrutta, ma se fosse andato avanti a colpi di lacrime e piagnistei, non
sarebbe cambiato nulla. Anche se sentire suo fratello
farsi certe domande gli spezzava il cuore ogni minuto di più.
“Dio, che hai combinato!”
A vedere quel viso sconvolto, Ed ebbe un moto di dolore che
partiva dal cuore, dritto allo stomaco.
Scese dal tavolo, schizzando da Al,
ignorando Mustang. Gli alzò il viso con le mani, guardandolo preoccupato.
“Ehi…”
Lo guardava diritto negli occhi, come ogni volta che
Alphonse stava male e non voleva dirgli perché. Lo guardava come faceva sempre
con lui.
Unica reminescenza rimasta del loro rapporto.
Per tutta risposta, Al scosse la
testa, sforzandosi come già aveva fatto troppe volte quella giornata, di
sorridere a quegli occhi preoccupati.
"E'... è tutto a posto,
davvero!"
Si lasciò inebriare per un momento dal calore di quel
gesto, come se quello che aveva vissuto fino a pochi minuti
prima non fosse mai esistito. Anche se così non
era.
"E'... tutto a posto..."
“Sei sicuro?”
Coi pollici tirò via le lacrime residue
sulle guance dell’altro. Gliele carezzò un attimo, poi con
una mano ne tirò una, ghignando.
“Alla tua età dovresti essere solo
allegro, sai?”
Inconsapevole come un bambino.
Graffi inferti con unghie imbevute di veleno.
Graffi a un cuore che sanguinava
ad ogni parola detta col sorriso sulle labbra.
Alphonse dischiuse le labbra, boccheggiando, ma nessun
suono venne fuori. E alla fine, fece l'unica cosa che il cervello, la mente, l'anima gli ordinavano di fare.
Si lanciò contro suo fratello, stringendolo forte a sé,
lasciando andare tutto il dolore che aveva accumulato in quelle poche ore,
sfogò la sua disperazione, bagnando la camicia di lui
con la sua frustrazione.
Non era mai stato così male. Neanche quando aveva perso il
suo corpo.
Il cuore di Ed, per qualche attimo, smise di battere.
Si accartocciò su se stesso, come carta bruciata.
Smise di pompare sangue.
Tornò in sé quando il suo padrone
ricambiò l’abbraccio.
Dio, Edward poté sentire l’odore forte di dolore e lacrime
salate che impregnavano la sua camicia. Involontariamente ne aspirò una grande
quantità che iniziò il suo circolo nel sangue.
“Dio se stai male…”
Aveva gli occhi sbarrati e lo stringeva forte.
Iniziò a carezzargli la testa. Stringendolo ancora più
forte.
E Alphonse ricambiò la presa,
chiudendo le sue dita sui suoi indumenti, senza riuscire a dire una parola.
Non avrebbe mai avuto abbastanza lacrime da piangere,
finché suo fratello sarebbe stato in quelle condizioni. E
lui voleva aiutarlo, ma Dio, cosa doveva fare?
Suo fratello era l'unico appiglio che aveva, era la sua
famiglia, era il suo sangue. Senza sarebbe stato come
un uomo senza aria, come un fiume in secca.
E scosse la testa nell'incavo della
sua spalla, cercando di negare ancora il suo dolore.
Roy alzò gli occhi su Edward, che ricambiò lo sguardo, e
parve quasi dirgli: "Vedi? Uno sconosciuto farebbe questo?"
Nella testa del Fullmetal aleggiava solo un gran casino.
Rimaneva lì, a stringere un corpo bollente per il troppo dolore versato e conservato.
“Mustang, capisco che diamine vuoi
dire.”
Sì, lo capiva benissimo.
Ciò che non capiva è chi diamine fosse Alphonse.
Arrivati a quel punto, era palese come non fosse uno sconosciuto.
E allora chi diavolo…?
"Chiamo un medico..." sbottò
Mustang, grattandosi la testa, allontanandosi verso il ricevitore, lasciando i
due fratelli soli.
Al che tremava dalla paura di non sentire più sulla pelle quell'affetto che Ed gli aveva sempre
dato e che da troppo poco tempo aveva riconquistato per perderlo di nuovo.
"S... scusa, niisan..."
disse tra i gemiti di dolore, con voce appena
comprensibile.
E strinse più forte, addolorato.
E Ed, da parte sua, che non ci capiva
più un assoluto niente, lo strinse di più, baciandogli il capo.
“Non chiedere scusa.”
Continuava a stringerlo, diavolo, come se fosse un soffio
di vento destinato a morire.
Un essere così fragile che, appena lo si
fosse lasciato andare, si sarebbe spaccato in mille e mille pezzi.
In mille e mille lacrime di vetro.
Al tirò sul col naso, alzando un
poco il viso senza staccarsi da lui. Se lo avesse mollato sarebbe caduto, se lo
sentiva.
"Io... io..."
Dillo, Al. Dillo che sei distrutto, dillo che ti fa male.
"... non riesco... a pensare..."
A qualcosa senza te affianco?
“Non farlo, non devi sforzarti.”
E che diamine, riusciva a fare il fratello maggiore meglio
ora di quando si ricordava di esserlo.
“Puoi non fare nulla. Nessuno ti obbliga.”
"Niisan... non... - e doveva dirglielo, anche se magari gli avrebbe
fatto male, anche se sapeva che non era colpa sua - ... non dimenticarti di
me... Niisan..."
Deglutì più volte, pregando che le lacrime smettessero di
scendere.
“… Alphonse, cazzo…”
Non riusciva a dirgli “Effettivamente non ti ho mai
ricordato, non posso dimenticarti”. Non ci riusciva. Era troppo crudele.
Perciò tacque. Rimase nel silenzio a
sentire i singhiozzi che Al tentava di celare al
massimo delle sue capacità.
Doveva apparire forte, invece si stava lasciando andare.
Brutalmente.
Non era da lui.
Le gambe cominciarono a cedere.
"Eccomi. - fece Roy, irrompendo calmo nella
stanza, osservando la scena impietosito. - Il medico dice
che si può risolvere, molto probabilmente."
Ed fu tanto rapido a tenere su Al
quanto fu rapido a lanciare un’occhiata torva a Mustang.
“E come, scusa?”
"Foto, racconti, qualunque cosa. - fece, ricambiando
lo sguardo - Basta che ci sia Alphonse in mezzo. Prima o poi
ricorderai."
Prima o poi...?
Al tirò su col naso, voltandosi
verso il colonnello senza mollare Ed.
"Ma... tornerà... vero?"
E Roy annuì, troppo turbato nel
vedere Al così per dargli maggiore sofferenza.
Ed si grattò dietro la nuca.
“Bah, le foto non sono servite… a sto
punto io voto per i racconti.”
“E racconto sia.”
Qui il seguito, trepidanti colombelli!