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Autore: Aesir    05/11/2012    3 recensioni
Questa fiction è il seguito di "Leggende del Mondo Emerso: La Strada di Dubhe"
Mano nella mano nelle tenebre
Il prezzo per una vita assieme
Una missione in cui non credono
Dubhe e Aster
Riusciranno nel loro obiettivo?
Se giochi secondo le regole, non ti sogneresti mai di infrangerle. Ma io non ho voglia di giocare secondo le regole. E quando queste si fanno troppo pressanti, e t’ingabbiano, e t’incasellano, e t’infilano a forza in un’esistenza che detesti con tutta te stessa, l’unico modo per sfuggirle è mettere fine al gioco. Mettere fine a tutti i giochi. Perché quando i giochi finiscono, nessuna regola vale più
[DubhexAster]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Aster, Dubhe
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Mondo Emerso'
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Scena Nona (IX): ASTER – IL TRONO DELLA FOLLIA

 

Prophet!” said I “”thing of evil! - prophet still, if bird or devil!
By that Heaven that bends above us - by that God we both adore -
Tell this soul with sorrow laden if, within the distant Aidenn,
It shall clasp a saint maiden whom the angels name Leonore -
Clasp a rare and radiant maiden whom the angels name Leonore”
Quot the Raven: “Nevermore”

- Edgar Allan Poe, The Raven

Aster sospirò, prima di proseguire il suo racconto. “Una parte di me mi dice che tutto questo non è giusto”, mormorò. Non dovrei scaricare su di te i miei peccati, con l'unico scopo di sentirmi meglio, a danno fatto.” Sorrise, quasi scusandosi.
Dubhe era fra le sue braccia, il capo poggiato fra il collo e la spalla del mezzelfo, totalmente abbandonata. Uno spettatore occasionale avrebbe ritenuto più che offensiva quella posa, che sembrava ostentare un completo disinteresse. Non era così. Aster la conosceva abbastanza bene da capire che lei gli stava fornendo un'ancora di sostegno con il presente, un legame a cui aggrapparsi perchè i ricordi non lo sopraffacessero. Sono qui, e non ti lascio, stava dicendo il corpo di Dubhe. Via via che il racconto proseguiva, la mano del mezzelfo era salita ad accarezzarle la nuca, all'attaccatura dei capelli, passandosi a tratti fra le dita la chioma castana; alla ladra non serviva altro per sapere che il mago aveva compreso ciò che voleva dirgli.

Aster...”, rispose la ragazza. “Sei un cretino.” Ma da come pronunciò la parola, non suonava affatto come un insulto. Anzi, aveva una chiara sfumatura di tenerezza.
Quante volte io ti ho scaricato addosso il mio passato, e tu sei stato qui, a consolarmi, a dirmi che era tutto finito e che adesso l'unica cosa che contava era l'eternità, noi due insieme? Te la ricordi, la nostra prima notte qui, sul tetto della Rocca, com'ero ridotta quando sei venuto a portarmi da bere? Ti ricordi quant'ero disperata quando ci siamo incontrati le prima volta? E a Selva? Ogni volta che ho avuto bisogno di te, tu mi eri vicino, sempre nel momento in cui pensavo che sarebbe stato troppo difficile andare avanti ed ero sul punto di abbandonarmi alla disperazione. Se non te la senti di parlare, se all'improvviso non hai voglia... lascia stare. Aspetterò finchè non lo farai, se lo farai, altrimenti per me non avrà alcuna importanza. Queste parole che non hai mai detto possono restare impronunciate, appassire e morire. Non voglio che tu le condivida, non se il prezzo da pagare è la tua sofferenza.”
Aster sorrise: “Siamo fatti di vetro, noi due.”

No. Di vetro e di cristallo nero. Nessuno può mandarci in frantumi, tranne noi stessi.”
Sì. Come avrei voluto avere vicino qualcuno come te, quarant'anni fa...”
Sarei stata con te, dalla tua parte, come oggi...”
Dove sono andate a finire cautela e diffidenza?”
Dubhe fece un gesto teatrale con la mano, la chiuse e la aprì di colpo, come ad indicare l'improvvisa sparizione di qualcosa: “Ah, a farsi benedire, assieme a tante altre cose, da quando ti ho conosciuto. Lo sai, il fatto che tu quarant'anni fa avessi l'aspetto di un bambino per me non conta niente. Non è per questo che ti voglio bene.”

Lo so... ma almeno... almeno avrei avuto accanto qualcuno che mi voleva bene. E chissà quante cose non sarebbero accadute... e quante altre ne sarebbero successe... E invece, questa è la verità...”

Quando mi vedrà, capirà. Mi dispiace averla dovuta rapire, non avrei mai dovuto giungere a ciò, ma non c'era altra soluzione. Non posso restare diviso fra due destini: o lei, o il mio piano. Fra pochi minuti sarà qui, e la mia strada sarà decisa.
E Aster sospirò, perchè quella riflessione gli permetteva di tornare una statua di ghiaccio. Fra pochi minuti avrebbe avuto una strada da seguire, un percorso ben delineato, e non desiderava altro. Per lei era disposto a rinunciare a tutto, anche alla grandezza del suo progetto. Che si salvasse da solo, il Mondo Emerso!

Signore?”
Nascosto dai veli neri, Aster voltò impercettibilmente il capo. “Parla.”

La donna che mi avevate chiesto di recuperare è qui.”
Molto bene. Sei congedato.”
Signore.”
Passi che si allontanavano.
A far da sottofondo a questo dialogo, una terza voce che proferiva un misto tra minacce, scongiuri e imprecazioni.

Reis.”
La ragazza tirò su il capo. Era un bel viso, del genere sul quale si scrivono poesie e si sogna, anche se deturpato dal pianto e dal terrore. Fra le palpebre arrossate gli occhi azzurri scrutavano ansiosamente le velature nere. Quasi automaticamente, un mano salì ad aggiustare una ciocca bionda che era sfuggita all'acconciatura. Era cambiata, la ragazza che conosceva era sbocciata in una donna, ma era lo stesso bellissima come la ricordava.

Chi siete? Cosa volete da me?”
Vieni avanti.”
Reis scostò i tendaggi sottili, aprendo la vista al grande trono di cristallo nero. Si guardò intorno, finchè non vide l'alto scranno. Il suo occupante era in ombra, ma a giudicare dalla voce e dall'altezza, sembrava un ragazzino; inoltre a contornare le gambe fino agli stivali - l'unica parte di lui che riuscisse a distinguere chiaramente - c'era una tunica da mago. “C'è nessuno?”, chiese.

Solo io”, replicò Aster.
La donna focalizzò la sua attenzione sul ragazzino. Nonostante la stranezza della situazione che apriva numerosi interrogativi, non appariva particolarmente pericoloso. Tentò un approccio: “Senti, non so cosa ci fai qui, ma questa è la Rocca del Tiranno. Non è un bel posto. Se ci mettiamo insieme può anche darsi che riusciamo ad uscire di qui, che ne dici?”
La sagoma in ombra - ora la gnoma era pressoché certa che fosse un bambino - inclinò il capo. Reis pensò che sembrava un un po' triste. La sua voce si venò di un leggero fastidio: “Non sono poi tanto giovane come sembri credere. Un mago mi ha impresso un incantesimo, perciò per quanto io possa invecchiare questo sarò il mio aspetto fino alla morte.”

Ma è terribile! Cos'hai fatto per meritare una cosa del genere? Chi oserebbe commettere una simile nefandezza? È stato il Tiranno?”
Finalmente il bambino alzò la testa, uscendo alla luce, e scosse lentamente il capo. Aveva gli occhi grandi, verdi, luminosi e splendenti. Una lacrima scese lungo la sua guancia.
Dov'è che ho già visto quegli occhi?

Reis... davvero non mi riconosci?”
Chi dovresti essere?”
Probabilmente questa non era proprio la risposta che lui si aspettava, perchè distolse lo sguardo. “Non importa. Nessuno di importante.”

No, adesso pretendo di saperlo! Sono stata rapita, imprigionata e trascinata qui...”
Deinoforo ti ha forse fatto del male?”
Deinoforo?”
Il cavaliere con la corazza scarlatta che ti ha condotto qui. Ti ha forse fatto del male? Ti ha mai mancato di rispetto?”
No...”
Allora evita di accusare in questo modo. Non sei cambiata, in fondo.”
Senti, non ho la minima idea di cosa stia accadendo. Evidentemente il Tiranno per i suoi scopi ti ha dato un aspetto che ricorda... qualcuno che conoscevo. Tu parli come se mi conoscessi, ma quando mai ti ho visto prima d'ora?”
Questo dovette essere troppo, perchè il bambino la guardò di scatto negli occhi.

Reis... tu lo sai chi sono...!”
Se è uno scherzo non è affatto divertente...”
...sono Aster.”
La gnoma lo fissò per un attimo, incapace di proferire parola. Quando ci riuscì, la sua voce risuonava di rabbia.
Aster la lasciò sfogare; quando tacque per prendere fiato, si intromise. “Questo è quello che mi ha fatto tuo padre.”

Te lo meritavi, mostro!”
Il mezzelfo era scioccato da quel repentino cambio di atteggiamento: “Reis! Ti prego, non fermarti alle apparenze! Dicevi di amarmi, che non importava nient altro che l'amore che provavi per me...”

Questo prima che mio padre mi aprisse gli occhi! A me, sì, importava l'amore, ma tu cosa volevi da me, maledetto? Volevi solo la mia bellezza, e il potere che avresti ottenuto dalla mia posizione! Probabilmente a quel punto mi avresti gettata in strada come una puttana qualsiasi! Amore... Tu non sei un uomo, sei una bestia, queste cose non le puoi capire...”
Era più di quanto Aster potesse sopportare.

Portatela via!”, ordinò.

Il mezzelfo camminava avanti e indietro davanti alla porta. Fallo. Fallo, maledetto, e poi vattene, si ingiunse. Eppure c'era una forza che lo bloccava, che gli impediva di entrare. Quella forza era il non accettare la realtà, quella forza era una muta supplica alle infinite possibilità degli eventi. Quella forza si chiamava speranza.
Non posso averla persa del tutto, non può aver dimenticato tutto quello che abbiamo passato insieme...
Da dietro la porta di legno giunse una voce fioca. Parla nel sonno, pensò Aster, e per un attimo ne fu intenerito. Poi gli giunsero le parole: “Maledetto... bastardo... non mi avrai... mai...”
Il mezzelfo serrò i pugni ed entrò.
Non era una cella. Avrebbe voluto lasciarla nelle segrete, mezza smangiata dai topi, a contendersi il cibo con le migliaia di esserini che abitavano la Rocca assieme a lui, eppure non ne era stato capace. La amava troppo. Quindi Reis risedeva in una stanza, non particolarmente lussuosa, ma di certo comoda e funzionale. La porta si aprì senza un cigolio.
Aster si avvicinò alla ragazza addormentata. Il suo sguardo ne percorse per un attimo la figura, la memoria gli riportò alla mente com'era sentire quel corpo perfetto dischiudersi contro il suo, poi la realtà spazzò via brutalmente i ricordi. Nessuna donna l'avrebbe mai amato, nelle condizioni in cui era.
Il sonno era il momento ideale: la mente della gnoma non avrebbe lottato per proteggersi dall'intrusione. Oh, non sarebbe stato un problema neanche da sveglia, perchè lui era Aster della Terra della Notte, Aster il Tiranno, il mago più potente che fosse mai apparso sul Mondo Emerso. Tuttavia, non c'era nulla di male nel facilitarsi un compito che si apprestava ad essere tutt'altro che semplice.
Si chinò su Reis, e le poggiò una mano sulla fronte, rivolgendo una preghiera a chiunque fosse in ascolto:
ti prego, fa che sia rimasto in lei un po' dell'amore che provava per me...
Aster aveva pregato per l'ultima volta in vita sua.

Sobbalzò all'indietro, sopraffatto dalla forza dell'odio, della rabbia e della violenza emanati dalla donna, di un'intensità tale da perforare la sua mente e farlo sussultare per quelle fitte. Non si era mai imbattuto in una tale quantità di sentimenti violenti, neppure nei prigionieri che il boia torturava, convinto di fare piacere al suo padrone. Cercò in lungo e in largo, sottoponendosi a quel tormento, nella minima speranza di trovare una parte di lei che non fosse ancora corrotta.
Fu tutto inutile.
Arrivò addirittura a riversare in lei i suoi sentimenti, ma la mente della donna automaticamente li rifiutò, serrandosi su sé stessa.
Ormai della persona che aveva amato non era rimasto nulla.
Un corpo senz'anima.
Il mezzelfo si tirò bruscamente indietro, asciugandosi a forza gli occhi. Non poteva, non doveva meritare le sue lacrime, lei che l'aveva rinnegato così profondamente.
Quanto meno non sarebbe andata dire a nessuno del suo segreto: in uno sprazzo di buonsenso era riuscito a ripulirle la mente dalla sua immagine.
Sollevò il capo.
Aveva smesso di piangere.
Sul suo cuore era scesa una cortina di ghiaccio.

Questa è la lezione che mi hai insegnato, Reis, e sebbene tu detesti anche solo il pensiero di avermi dato qualcosa, io te ne sono grato. Ora non ho più dubbi, il mio cammino è spianato.
Il secondino si avvicinò, e Aster gli sorrise. Il genere di sorriso che faceva tremare gli uomini nel profondo. Era lo scintillio che gli appariva nelle iridi verdi. Quegli occhi! Come se gelassero chi li guardava... Erano gli occhi del dominatore, gli occhi del Tiranno!
*
Bene, ecco cosa devi fare...”
La sala del trono gli apparve più solitaria che mai, tagliata in due da una lama di luce che proveniva dalla finestra. Si fermò un istante presso la porta, sentendosi come i suoi sudditi, che là si attestavano quando venivano a chiedergli qualcosa.

Questa è la tua tomba, ma ti dà comunque il benvenuto.
E Aster sospirò, perchè adesso la strada era tutta in discesa.
Adesso poteva morire.

_______________________________________________________________
*
Ispirato a Lady Oscar

Sì, lo so sono tremendamente in ritardo, e questo capitolo non è neanche particolarmemte lungo. Avverto che potrebbe subire piccoli rimaneggiamenti in futuro. Il prossimo, chissà quando: vorrei iniziare anche una fiction su Dragon Age, e ne ho una su AVP che mi ronza in testa da un pezzo. In più non ho ben le idee chiare su come proseguire... accidenti. Fra ciò che ho previsto e il momento presente potrebbero accadere un milione di cose come nessuna. Vabbè. Con questo capitolo intantos i chiude la miniserie dedicata ad Aster.

Alla prossima!

 

   
 
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