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Autore: 8Kanemi8    05/11/2012    5 recensioni
I tempi sono cambiati, il morale e basso e le battaglie sono estenuanti. La storia sta per terminare è giunto il momento di raccontare.
Per chi conosce The War Of The Dragons ecco a voi il continuo!
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

 

 

 

 

 

The War Of The Dragons

The Legend

 

Epilogo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I suoi passi riecheggiavano nel lungo corridoio che per anni aveva ospitato la sua stanza. Era solitario, come sempre, nessuna guardia, nessun servo. L’unica cosa che era cambiata erano i drappi su cui era raffigurato il nuovo stemma di Trenstac, lo stesso che era stato impresso sulle loro armatura durante l’ultima guerra.
Come ogni volta che andava a trovare la regina e il suo consorte, si fermava lì davanti a quella porta che non aveva mai avuto il coraggio di aprire.
Temeva di sentire il suo profumo, di rievocare il ricordo della sua risata e i suoi incantevoli occhi.
Non era mai stata sua e anche ora che lei riposava nelle braccia della donna in nero, le era distante più che mai.
Con coraggio aprì quella di suo fratello e come ogni volta da dieci anni il blu di quella stanza gli portò in mente le numerose discussioni e litigi che quelle pareti avevano assorbito.
Ricordava la voce di suo fratello e lo sguardo fiero che un tempo anche suo padre aveva. Inuyasha si era dimostrato un valido guerriero e un Capitano degno del suo nome.
Tutto il mondo aveva sofferto la loro perdita, eppure lui che si era sentito sempre superiore a chiunque, reputatosi il maggiore dei demoni  maggiori si sentiva vuoto e nostalgico.
Si voltò verso la porta quando sentì i passi di Sango avvicinarsi. Aveva cambiato stile di vita solo per il suo regno e raramente la si vedeva indossare quella divisa verde e argento che la caratterizzava.
Il sorriso era quello di una donna ormai, lo stesso che aveva visto sul volto di donne che avevano incontrato la felicità, di una madre e una moglie felice della sua vita. Ma un sorriso che nascondeva la stanchezza che i nuovi impegni politici e burocratici provocavano e la tristezza di una perdita.
Sango era una sovrana giusta ed equa, sin da subito aveva mostrato la sua forza e la sua caparbietà e riportato la normalità nella vita di ogni abitante di Sougar. Acclamata e onorata Sango era diventata regina della Corte di Sougar, capitale del mondo di Trenstac.
Una cerimonia sfarzosa celebrata soltanto quando tutti i regni erano tornati al loro antico splendore. Presente ogni razza, popolo e specie. Gli Elfi avevano benedetto il suo capo e le ninfe cantato al cielo.
Le nozze con Miroku non erano state da meno e l’annuncio della nascita dell’erede era stata una festa che era durata giorni.
Miroku le era sempre accanto e la aiutava a prendere decisioni difficili. Era stato solo un uomo e poi un Cavaliere e infine si era trovato al fianco della regina. Troppo per la sua semplicità così si occupava dell’esercito e spesso viaggiava per incontrare gli altri capi dei regni.
Il principino era tutto suo padre, ma da subito aveva mostrato capacità politiche e soprattutto un’affinità con entrambi i draghi che gli erano accanto insegnandogli la storia come nessun uomo avrebbe potuto fare. Così non era seguito da maestri e Miroku gli insegnava l’arte della spada, sua madre quella della logica e della politica.
Molti li avevano visti passeggiare insieme nei giardini della Corte o in groppa ai draghi, trascorrendo il tempo come una semplice famiglia.
Sango impazziva per quel bambino e gli dimostrava il suo affetto ogni volta che lo vedeva anche se era in riunione con il Consiglio di Trenstac lei doveva stringerlo e baciarlo tante volte.
Sesshomaru era rimasto sorpreso di come quel zotico riuscisse ad essere un bravo padre, di Sango si era sorpreso della sua natura di madre.
Non aveva molti ricordi di Kagome ed Elanor insieme, ma di suo fratello più di quanti credesse.
Secondo quel folletto blu aveva difeso Elanor da Kagome stessa e alla fine era morto tenendola tra le braccia, aveva dato tutto se stesso per quelle due donne troppo piccole per un mondo così crudele.
-Cosa fai?- la mano di Sango si poggiò sulla spalla, stringendola quel tanto da fargli capire che stare lì era doloroso. Per giorni aveva pianto dopo i funerali.
-Hai finito con tutte quelle pratiche?-
Lei annuì con soddisfazione –sì, Miroku dovrebbe essere di ritorno tra qualche ora e io vado ad allenarmi un po’, speravo che mi concedessi qualche minuto-
Era dovuto tornare nel suo regno, anche lui obbligato a risolvere gravi problemi che non aveva avuto mai il tempo di risolvere e gli unici momenti in cui si poteva veramente allenare era quando andava a Sougar. Dopo la guerra si era incaricato di conquistare Gremider e dopo numerose peripezie politiche ci era riuscito e Gremider era entrato a far parte del mondo di Trenstac. Su decisione comune del Consiglio di Trenstac, composto da ogni rappresentante di ogni regno e razza e che governava il mondo di Trenstac , il regno aveva mantenuto il uso nome in onore di quell’elfo che aveva aiutato il regno a riprendere la fiducia di Kagome.
Per quanto riguarda Stiafen gli elfi, grazie all’aiuto di Esimedo, si erano insediati anche lì riportando a galla lo splendore di quel posto. Elider trovò così una nuova capitale e in seguito anche un nuovo re fu eletto. Emero come unico imparentato con la famiglia reale, anche se per adozione. Tutti gli elfi avevano sperato che fosse Elanor ad accettare quel ruolo, ma non era andata così. Emero era però pronto a cederle il posto quand’ella avesse deciso di tornare.
Incrociare la spada con Sango lo fece sorridere, era brava e non aveva perso la sua abilità anche se avrebbe ottenuto una vera soddisfazione solo combattendo contro un elfo esperto. Per questo quando incontrava Brute nel suo regno o lì a Sougar lo sfidava a duello. A differenza di Puns che era tornato al suo ruolo di guardiano a Brute era stato assegnato il compito di ambasciatore dunque incontrava i capi di ogni regno e portava notizie. Viaggiava da solo e in forma di lupo, immerso nella natura e senza timore.
-A cosa stai pensando?- Sango parò il suo colpo guardandolo soddisfatta- non mi sembri in forma-
Ma lui  spinse allontanandola da sé, rischiando di farla cadere. Sango barcollò all’indietro ma quando recuperò l’equilibrio lo guardò indispettita.  Strinse la spada e lo smeraldo iniziò a brillare, con un fendente lanciò la sua magia e Sesshomaru fu costretto ad utilizzare la magia più potente che conosceva, recuperando un po’ di forza dallo stiaref che portava al collo come gli altri due cavalieri. Era stato un regalo da parte degli dei in quel giorno di dieci anni prima.
“Sesshomaru è quasi il tramonto” lo avvertì Lumì.
Notò che anche Sango guardava un punto indistinto nell’aria e forse Karaius le aveva detto la stessa cosa, ebbe la conferma quando lei rinfoderò la spada.
-Andiamo a farci un giro-
 
Accarezzò la base del collo di Lumì e guardò Sango fare la stessa cosa con il suo drago. Lumì era l’ultima femmina di drago rimasta, si era aspettato un uovo da un momento all’altro ma Lumì era calma e non sentiva quella necessità.
Jinenga e gli Anziani Guardiani avevano spiegato che una dragonessa cerca un compagno della sua stessa specie, rari sono i casi in cui la femmina accetta un compagno diverso. Se così fosse, l’era dei draghi sarebbe giunta alla fine. Lumì era l’ultima femmina e qualora lui fosse morto anche lei sarebbe andata via.
-Mamma!-
Accompagnato da Rin il piccolo principe si affrettava a raggiungerli. Da quando era arrivato non li aveva ancora visti. Rin era diventata la dama di compagnia di Sango, passavano molto tempo insieme.
La piccola Rin era cresciuta molto e ora era in età da marito, più di una volta si era sentito strano guardandola negli occhi ma ricordandosi di essere un demone scacciava via quel sentimento vago. Lei aveva perso la sua abilità di vedere nel futuro e per qualche strano motivo non ricordava più Elen, una spiegazione poteva essere che Elen aveva finito su quel mondo e non c’era più bisogno di lei.
A differenza di Rin, Ginevra si era sposata e ora aveva più aiutanti nella sua taverna.  Totosai era andato via nel silenzio di una notte. Kouga invece era sempre al suo posto e svolgeva il suo solito lavoro.
I mezzo-elfi avevano deciso di ritirarsi in un esilio voluto e solo di tanto in tanto giungevano voci di loro avvistamenti, Esimedo ora era entrato a far parte della grande famiglia degli elfi.
-Grazie Rin- la saluto prima di abbracciare Karaius e poi sua madre –Andate al lago?- chiese trepidante guardando Sesshomaru che ricambiò lo sguardo serio.
-Cerca di non disturbare la mia quiete- lo rimproverò zittendolo.
Salì su Lumì compiaciuto, faceva ancora paura e questo lo risollevava un po’. Incrociò però lo sguardo di Rin che era rimasta lì e li salutava con la mano. Ricambiò il suo saluto con un cenno della testa frettoloso.
“Perché ti ostini a reprimere i tuoi sentimenti?” Lumì batté le ali iniziando a salire di quota, una volta giunti ad un’altezza soddisfacente giocò un po’ con Karaius.
“Io amo solo una donna”
“Non lo metto in dubbio” sospirò “Lo sento, ma sento anche le tue sensazioni quando guardi quella donna”
“è un umana”
“Non dire queste stupidate a me” protestò “Non lasciare che qualcuno ti porti via anche lei”
Su quelle parole Sesshomaru si zittì, rimuginando e cercando di capire i pro e i contro di quella strana situazione.
In lontananza laggiù sul lago, in cui Kagome era stata iniziata, qualcosa brillava ai raggi del sole morente.
Avevano deciso che lì si sarebbero celebrati i funerali, che li i corpi sarebbero stati bruciati dai draghi, all’alba dopo una lunga  processione.
Gli elfi cantavano soavemente, una melodia dolce e  serena all’apparenza ma che nascondeva in parole elfiche il tragico significato della morte.
Con la magia Puns e l’Anziano Guardiano dell’ aria avevano trasportato i due altari e Arel verso il lago dove al centro c’era una piccola isola, dono delle ninfe e folletti.
Erano stati adagiati lì su quel terreno nudo.
Erano pronti a bruciare quei corpi, i draghi si stavano muovendo verso l’isola. Le preghiere si fecero più intense, i canti più alti le urla di Elanor più strazianti.
SI era svegliata quella notte in tempo per i funerali. Li aveva stretti a sé forte implorando perdono per non essere stata in grado di salvarli. Si sentiva in colpa e tra i singhiozzi aveva stretto il muso di Arel, ora fredda come dura pietra, pregando perché si svegliasse.
Non era pronta a lasciarli andare, non era pronta a separarsi da quei due estranei tanto conosciuti.
Sesshomaru era l’unico che riusciva a trattenerla, ma quelle urla, quelle suppliche lo stavano straziando e alla fine anche lui non riuscì a trattenere le lacrime.
-Non fatelo vi prego!- urlò ai draghi che esitarono –Ti prego Sesshomaru fermali!-
La guardò negli occhi, così rossi che il bianco e l’oro risaltavano ancora di più. Le lacrime che scendevano copiose su quelle guance arrossate dallo sforzo, quelle  labbra che tremavano e dal quale uscivano singhiozzi disperati.
Aveva tra le mani la creatura più potente e devastante di ogni epoca e con un solo gesto lei avrebbe potuto spingerlo via e usare la sua magia per bloccare i draghi. Ma non lo faceva, era fragile e senza forze come una neonata.
“Fatelo” disse a Lumì.
Lei sgranò gli occhi e si volto a guardare i draghi pronti ad incenerire quei corpi.
Non disse nulla, gli strinse le mani forte.
Sesshomaru guardò la sua testa che baciò dopo un attimo stringendola nel momento in cui i draghi sputarono il loro fuoco.
Gemiti di sorpresa lo costrinsero ad aprire gli occhi e ad assistere ad uno spettacolo incredibile. Sull’isola erano presenti quattro figure e il fuoco dei draghi cozzava contro una barriera di energia.
Incontrò subito gli occhi di Sango e Miroku sorpresi e devastati quanto lui. Sapevano chi erano quelle figure e anche i draghi che dopo un cenno del capo tornarono sulla terra.
Le voci degli elfi si erano ammutolite, i singhiozzi dei presenti erano solo un ricordo a padroneggiare ora era l’incredulità.
Sentì Elanor tremare nelle sue braccia, era la prima volta che li vedeva ed era emozionata.
Gli dei si inginocchiarono di fronte agli altari e così fecero tutti quelli che assistevano sulla sponda del fiume.
Solo lui ed Elanor rimasero in piedi.
-Questa storia non sarà mai leggenda- la voce degli dei riecheggiò nelle loro menti, spaventando gli umani che sussultarono.
Non riuscì a trattenere un sorriso quando il corpo di Arel iniziò ad essere coperto da uno strato di cristallo, e sugli altari si formarono cupole del medesimo materiale.
In quel modo il tempo non avrebbe intaccato quei corpi, in quel modo nessuno avrebbe dimenticato quei due eroi e chiunque avesse intenzione di mettere in dubbio la veridicità della loro esistenza, avrebbe avuto pane per i propri denti.
Nessuno li avrebbe mai dimenticati.
-Stiaref?- il piccolo folletto che accompagnava Elanor si poggiò sulla sua spalla –Una degna sepoltura-
Elanor annuì soltanto anche se Sesshomaru sapeva che stava piangendo ancora.
Il terreno nudo dell’isola iniziò a coprirsi di una tenera e verde erba, su un lato germogliò e crebbe un grande salice piangente. Un degno guardiano.
Come erano apparsi così gli dei scomparvero dopo aver rivolto ad Elanor un inchino.
Ai primi raggi del sole lo stiaref iniziò a brillare e il corpo di Arel brillava come uno zaffiro.
 
 
Sorvolarono l’isola poi atterrarono sulla sponda lontana. Saliva sull’isola solo quando era solo e si fermava a guardare lei che non era cambiata affatto.
Eiden era rimasto in silenzio e fissava le tombe da lontano con fierezza e devozione. Sango aveva il capo chino chiusa nelle sue preghiere come sempre, mentre il suo pensiero volò ad una sola persona.
Sulle cupole c’erano adagiate delle rose di un bellissimo giallo.
-Le hai portate tu?- le chiese.
Sango sorrise –Io sono dell’idea che lei venga qui a trovarli quando può-
Strinse i pugni frustrato –potrebbe essere stato chiunque-
Sango però scosse la testa –Nessuno può venire qui se non nel giorno stabilito- si appoggiò ad una zampa di Karaius incrociando le braccia e guardando l’isola che pian piano finiva nell’ombra. –Non è la prima volta che capita-
-Può essere stato un elfo o anche Miroku- si stava arrabbiando davvero.
Lei capì il motivo di tanta rabbia –Miroku porta dei gigli- inspirò –Sesshomaru devi darle il suo tempo-
Era andata via.
Dopo i funerali erano tornati al castello, Elanor aveva deciso di ritirarsi in camera.
Gli elfi le avevano preparato una divisa nera dagli orli blu e una cinghia nuova per la spada che Kagome le aveva lasciato in eredità. Qualcosa di Elanor era cambiato e non si riferiva solo al suo aspetto.
Gli occhi, quando lo aveva guardato, erano diversi. La pupilla era leggermente più stretta e appuntita, aveva sentito l’ordine che aveva dato ai draghi e la sua temperatura era aumentata.
Il cuore gli aveva tremato trepidante all’idea che lei si fosse unita a Blakert e quello poteva spiegare il motivo per cui avevano avvertito ancora la presenza di Blakert anche quel giorno.
Decisero di andare a trovarla nel tardo pomeriggio per parlarle e dirle che la volevano come regina.
Ma ad attenderli c’era solo il suo vago profumo.
La cercarono ovunque e in tutto il regno, non poteva essere andata lontana e per giorni continuò a cercarla anche da solo, non riuscendo ad accettare che anche lei se ne fosse andata.
Erano passati dieci anni e di lei non avevano alcuna notizia. Qualcuno diceva di averla vista ma erano solo voci a cui non si poteva dare credito.
Era preoccupato per lei ogni giorno, temeva che fosse cresciuta ancora, che si fosse messa nei guai o che avesse compiuto qualche pazzia.
-Vorrei solo sapere come sta- guardò Sango che sorrideva con gli occhi lucidi.
-Manca anche a me-
Solo quando la luna fu luminosa Sango lo avvertì che sarebbe tornata al castello, Miroku sarebbe arrivato da un momento all’altro ed erano settimane che non lo vedeva.
Capiva la sua esigenza, anche lui avrebbe voluto qualcuno che lo aspettasse a casa.
“Sentivo la presenza di Blakert quel giorno, tra le mie mani poi non l’ho più avvertita, come se fosse stato solo un vago ricordo” si guardò le mani “Come è possibile nascondere un’energia così potente?”
Lumì gli si sedette accanto “parli di Elanor”
Bastò come risposta.
-Dove vai?- le chiese quando si alzò e iniziò ad incamminarsi verso il castello –Ehi, parlo con te signorina-
-Le ho chiesto io di lasciarci soli-
Si voltò di scatto e la fissò incredulo. Era buio e l’unica luce era quella della luna riflessa nel lago e che faceva brillare lo stiaref, ma riusciva a vederla benissimo.
Non era cresciuta più il suo aspetto era quello di dieci anni prima, indossava ancora quella divisa nera e blu e dalla spalla si intravedeva il manico della Fardentur. Guardarla gli provocò il vuoto allo stomaco data la somiglianza a Kagome, solo i colori la distinguevano richiamando Inuyasha.
Sorrideva e se ne stava con le mani dietro la schiena.
Ma non si fidava, non aveva avvertito la sua presenza e non l’avvertiva tutt’ora. Anche un elfo sarebbe stato più rumoroso e la sua forza neanche con il più potente incantesimo sarebbe potuta scomparire del tutto.
-Chi sei?- le chiese poi accigliandosi.
Lei rise –Non credo che sia passato poi così tanto tempo o devo insinuare che sei diventato vecchio e non ricordi niente-
-Conosco e ricordo la presenza di Elanor e tu non ne hai, devo immaginare che sei solo un riflesso?-portò la mano sulla spada pronto a sfoderarla –e da quanto ne so Elanor comunicava solo con Arel e Blakert-
Elanor inspirò e guardò il lago –già, la mia Arel. Strano come io la consideri mia nonostante lei non pensasse lo stesso di me- lo sguardo si perse lontano in ricordi di quello zaffiro che ora riposava sull’erba verde smeraldo. –Ho sempre pensato che tu avessi capito che non sono più la stessa. Mi risulta facile comunicare con Lumì se è Blakert a parlarle-
Sesshomaru avvertì la corsa dei brividi lungo la schiena, ognuno faceva a gara per arrivare prima alla nuca e solleticare. –Non capisco-
Elanor tornò a guardarlo, questa volta seria. Nonostante quel viso da fanciulla gli occhi mostravano una saggezza sconosciuta a l’uomo più anziano, avevano visto cose e conosciute cose che nessuno avrebbe mai conosciuto.
Lui però sapeva a cosa si riferiva –Se così fosse avrei sentito la sua aurea-
Si avvicinò di qualche passo –è facile se riesci ad annullare la tua esistenza, l’ho imparato dai Giganti di montagna- lo guardò –se li incroci su una montagna li scambieresti per pietre inanimate, ma quando decidono di spostarsi mostrano le vere sembianze. È stato più facile di quanto credessi-
-Mi stai dicendo che sei diventata un Ligerio?-
Lei annuì –Già. Mi sono unita a Blakert quella sera- scoppiò a ridere –abituarsi è stato difficile. Sento dentro di me, qui nello stomaco, qualcosa bruciare e avvolte il fumo mi usciva dalle narici- disse scoppiando a ridere –e molte volte le mie pupille diventano come quelle dei nostri lucertoloni- strinse le mani a pugno  -ho avuto così paura, Blakert non mi rispondeva e io avevo queste strane voglie di carne fresca, se non stavo attenta quando tossivo a causa del fumo rischiavo di bruciare tutto-
Sesshomaru rimase colpito da quello sguardo impaurito, leggeva la difficoltà di quei giorni –Perché sei andata via, avremmo potuto aiutarti.-
-Chi?- allargò le braccia –conosci un ligerio come me? O tu sai cosa significa avere un drago dentro?- lo sfidò con furia e rabbia, forse era la sua mente di drago a parlare e l’irascibilità stava venendo fuori. –Avevo perso tutto Sesshomaru, tutto quello che con fatica avevo cercato di ottenere è scomparso come nebbia tra le mie mani!- urlò –e voi stavate prendendo decisioni per me, volevate darmi un potere che io non sono in grado di gestire senza consultarmi-
Sorpreso e intenerito da quello sguardo di paura rimase ad ascoltarla, cosa che avrebbero dovuto fare tempo fa.
-Mi sono sentita un mostro e voi invece mi elogiavate e volevate rendermi regina di un qualcosa troppo grande per me. Io non volevo altro che vivere una vita con loro- li indicò –e invece sono costretta a nascondermi da tutti e guardarli senza avere la possibilità di poterli abbracciare-
Ebbe la conferma di quello che aveva detto Sango, Elanor portava i fiori lì.
Piano piano la rabbia su quel viso che si stava deformando mostrando i segni tangibili di un drago, scomparvero.
Era costretta a nascondersi, perché –Costretta?-
Si sedette a terra e strappò dei fili d’erba –Io so cosa è accaduto in tutto questo tempo. So le alleanze che si sono strette- il sorriso compiaciuto lo spiazzò, fino ad un attimo prima lo avrebbe sbranato e invece ora sorrideva –Mio padre sarebbe stato fiero di te-
-Mio padre?-
Lei annuì ancora, con quei fili d’erba aveva fatto una treccia –avrei dovuto chiamarlo a quel modo più spesso- leccò le labbra –avrei dovuto ascoltare i suoi consigli e non arrabbiarmi- chiuse le mani intorno alla treccia di erba –avrei voluto fare così tante cose-
Sesshomaru non era in grado di staccare gli occhi da quella figura leggera e sorprendente, lei era lì finalmente e tutto quello che riusciva a fare era guardarla e ascoltarla. Temeva che se si fosse avvicinato o avesse detto una parola lei sarebbe scomparsa.
Ma doveva sapere.
Strinse i pugni sentendo gli artigli premere contro la carne –Resterai?-
Elanor aprì le mani e tra gli spazzi vuoti della treccia erano spuntati fiori dalle sfumature oro e blu.
-Benché è andata via, ho ancora la sua magia- si guardò in giro e dopo qualche minuto un puntino azzurro luminoso si mosse dall’isola a loro.
Sesshomaru riconobbe il folletto che aveva annunciato la decisione di Elanor. Guardò il Cavaliere e fece un inchino che Sesshomaru non ricambiò.
-Portalo ad Arel- gli consegnò l’intreccio.
Sesshomaru sapeva che la magia non sarebbe durata allungo e l’energia che aveva applicato era così poca che a quella distanza non avrebbero sentito la sua presenza.
Tornò a guardare Sesshomaru –Ho viaggiato molto, sono stata a Gremider e a Stiafen. Ho visto il tuo regno e quello di mio padre. Sono stata sulla sabbia bollente del sud e riposato sugli alberi del nord. Ho visto Elider-
-Gli elfi sapevano di te e non hanno detto niente? Sapevano che hanno tutti l’ordine di tenermi informato se ti avessero vista-
-Per portarmi di nuovo a Sougar?- lo zittì –Ho visto ogni parte di questo mondo e oltre le terre dei Ligeri, ho visto cose che tu non puoi immaginare e io e Blakert stiamo pensando di sorvolare l’Oceano-
Questa volta fu lui ad avvicinarsi e a guardarla dall’alto frustrato –è un viaggio pericoloso!- ringhiò –Elanor perché non capisci che posso aiutarti, che posso prendermi cura di te?- le afferrò le spalle stringendole forte e come di impulso ad una minaccia le sue ciglia si aggrottarono e le su pupille si assottigliarono.
-Perché non capisci che non posso?- sibilò con voce serpentina.
Se ne accorse così chiuse gli occhi e respirò affondo tre volte prima di riaprirli.
-Mi dispiace- ma non lo guardò negli occhi –Io e Blakert non ci sentiamo più parte di questo mondo, ma se vi servirà il nostro aiuto puoi divinarmi e…-
La abbracciò forte –Ho perso già tua madre, non voglio perdere anche te-
Elanor allibita esitò prima di ricambiare la stretta –Ho intenzione di venire a trovarvi spesso, prometto che ogni volta che verrò da loro farò visita alla sovrana e verrò da te-
La strinse più forte –Non riuscirò a farti cambiare idea?-
Lei scosse la testa –Ti prego di salutare Sango e Miroku e di porgere loro i miei più sinceri auguri anche se con un immenso ritardo-
-Se hai bisogno di qualsiasi cosa sai a chi rivolgerti-
Le sorrise grata, lo scostò appena per guardarlo negli occhi –Grazie- morse le labbra per non piangere –Il mondo deve conoscere la loro storia-
-Il mondo deve conoscere la tua storia- si abbandonò ad un gesto di affetto, una carezza che avrebbe voluto sfiorare il viso di Kagome tanto tempo prima. –Stai attenta-
Lei non rispose, poi abbassò la testa e infine si allungò sulle punte e gli baciò le labbra dolcemente.
-Spero di vederti presto-
Ma era perso in quegli occhi. Era stato un gesto che lo aveva scaldato dal profondo, aveva avvertito un formicolio sulle labbra e la sensazione di pienezza nel cuore. Una sensazione che non provava da anni ormai. Era felice.
Le accennò un sorriso.
-abbi cura di te!- disse lei prima di correre verso l’acqua e gettarsi nel lago.
Sesshomaru rimase fermo ad aspettare e scoppiò a ridere quando dall’acqua emerse un piccolo drago Nero che ruggì al cielo.
“Non lasciare scorrere la tua vita così, voglio sentire parlare delle tue grandi imprese!”
Il sibilo della voce di Blakert era alternato alla voce sottile di Elanor che scoppiò in una risata piena e spensierata.
Forse aveva ragione, tenerla a Sougar non era la cosa giusta.
Sapeva prendersi cura di se stessa e viaggiare l’avrebbe aiutata a crescere bene.
Capita delle volte che bisogna lasciar andare le cose importanti per cominciare da capo. Soffrire in silenzio è la soluzione sbagliata, vivere nel rimorso è l’obiettivo sbagliato.
Spiccare il volo proprio come un drago quando ne ha voglia, correre a perdi fiato e urlare al cielo con tutto il fiato sono cose che nessuno si deve mai negare.
Essere un Cavaliere significa proteggere gli altri, ma aveva dimenticato una cosa importante: che bisogna essere convinti prima di se stessi e del proprio ruolo.
Si girò verso il castello dopo un ultimo sguardo a Inuyasha e Kagome.
Ora era più sereno e pronto a prendersi cura del suo mondo.
 
 
 
 
Quando si era svegliata era notte fonda. La luna era piena e la sua luce entrava nella stanza così forte che la stanza risplendeva d’argento.
Gobe le svolazzava sopra con un’espressione di sospetto, come se non avesse capito che si era svegliata.
Portò una mano al cuore, il battito di Blakert era forte e si distingueva dal suo. Chiuse gli occhi ricordando l’istante esatto in cui si era legata a lui in un modo diverso, aveva ricordato la pazzia di Blakert che ora come un cucciolo era rannicchiato in un angolo della sua mente.
La guardò con un occhio dorato da sopra la spalla ricurva a nascondere il muso come un bambino spaventato. Allungò una mano e Blakert si lasciò accarezzare e abbracciare, lo strinse forte per dargli forza.
-Sono con te- si promisero a vicenda mentre Blakert cresceva a dismisura.
Inspirò sentendosi strana, in bocca aveva il sapore del fumo e nelle sue viscere qualcosa bruciava. Aprì gli occhi e capì il motivo per cui la luce della luna gli apparve più forte. Vedeva più lontano di prima.
Si alzò sentendo dolore agli arti, alla schiena e al collo e un gemito le uscì senza controllo.
-Elanor sei tu?-
Quella domanda la fece rabbrividire, ma annuì –Sì, sono io- temette di sputare fuoco, aveva la nausea per il fumo e sentiva come qualcosa che premeva dolorosamente contro la carne all’altezza delle scapole. –cosa mi è successo? Mi fa male tutto-
Si spostò e poggiò i piedi a terra, le gambe le pesavano. Fece forza e si alzò per raggiungere lo specchio.
-Sicura di sentirti bene?-
Elanor non rispose e trascinando i piedi raggiunse lo specchio, quando si vide spalancò la bocca incredula.
Era diversa. Era più alta e il seno era cresciuto un po’, i lineamenti erano più definiti e i tratti da bambina quasi scomparsi. Si toccò la guancia e la figura allo specchio seguì lo stesso movimento.
A spaventarla non era tanto l’aspetto da giovane donna, era cresciuta ancora e ormai ci aveva fatto l’abitudine, ma il fatto che vedeva sua madre lì di fronte.
Blakert ruggì dal dolore e lei strinse la sua veste da notte sentendosi sprofondare.
Sapeva cosa era successo e sapeva che Inuyasha e sua madre non si sarebbero più alzati. Ricordava quello che era successo e non poteva tornare indietro.
Cadde in ginocchio mentre le forze svanivano via scivolando con le lacrime e i singhiozzi che le toglievano il respiro.
Aveva perso tutto ancora prima di poterne conoscere una parte. Cosa restava del suo tutto se non un misero ricordo?
Senti Gobe stringerle forte il polso di una mano che copriva il viso, lei si abbandonò alla disperazione. Il folletto blu  le sussurrava di calmarsi, di essere forte, ma non ci riusciva. Aveva dato coraggio a Blakert e ora era lei a non averne più.
-Elanor, gli elfi hanno preparato una cosa per te la principessa l’ha messa sul tuo letto. So che è notte, ma vogliono celebrare il funerale all’alba-
-Non sento la presenza di Arel- disse tra un singhiozzo e l’altro –Non c’è più vero?-
In risposta Gobe la strinse più forte.
-Non me ne sono neanche accorta- urlò –Non sono riuscita neanche a dirle addio-
-Shhh. Sono sicuro che non ti odierà-
Elanor scosse la testa. Aveva ragione, probabilmente Arel non l’avrebbe mai odiata, ma lei si odiava per averla abbandonata.
Il piccolo amico le rimase accanto facendosi carico di quella disperazione, sostenendola anche solo con la sua piccola presenza –Vuoi che chiami qualcuno?-
Lei scosse la testa senza mai guardarlo –sto bene-
Dopo qualche istante di esitazione si alzò raggiungendo Gobe che si era seduto sulla Fardentur accanto alla divisa nera orlata di blu. Toccò la spada che le aveva salvato la vita e che aveva vendicato tutti.
Aveva ricordato che Jinenga le aveva spiegato la forza di quella spada tante volte, le aveva detto di non sottovalutarla perché anche il metallo elfico era pregno di magia.
Aveva temuto però di vederla spezzarsi, la spada di Stiaref si era rivelata più forte di quando avesse immaginato. Ma alla fine ci era riuscita.
Sorrise toccando la cinghia di cuoio, era lunga, come quelle che aveva sua madre. Portarla in spalla sarebbe stata molto più comodo.
Guardò Gobe e gli sorrise –Grazie per essermi stato sempre accanto-
Il folletto chinò il capo per poi guardarla ancora con quell’espressione di sorpresa –Sicura di star bene?-
Capì subito a cosa si riferiva, lo aveva notato quando si era guardata allo specchio e per lo stesso motivo aveva evitato di guardarlo. I suoi occhi erano sempre dello stesso colore ma la pupilla si era assottigliata diventando come quella di un serpente.
-Blakert non se ne è andato- dichiarò portando una mano al petto –Credo di essere diventato un Ligerio- iniziò a spogliarsi per indossare la divisa ed educatamente Gobe si voltò.
-Quindi sei diventata per metà Drago?-
Pensò alla risposta –Non proprio, sono per metà Blakert-
-Oh-
-Puoi girarti-
Il folletto blu la guardò, le girò in torno un paio di volte –sei perfetta-
-Grazie- allungò le mani raccogliendolo –Cosa ne sarà di me adesso?- una lacrima scese e bagnò la testolina di Gobe –Scusa-
-Credo che si ora di andare-
Inspirò e asciugatasi gli occhi si allacciò la spada alla schiena e prima di uscire guardò un’ultima volta la stanza di Inuyasha.
 
Si mosse silenziosamente, andò nella Sala dei Cavalieri e la guardò un’ultima volta. Lì Elen aveva trovato la pace, lì sua madre le aveva detto addio. Guardò il dipinto sentendosi sicura che molto presto ce ne sarebbe stato uno degli ultimi cavalieri. Rise all’idea che l’intero dipinto avrebbe avuto come sfondo il corpo di Blakert. Anche il drago nero la pensava allo stesso modo e le inviò le sue emozioni di divertimento.
Sarebbe stato difficile abituarsi a quella strana sensazione di non essere più una sola persona, ma almeno era Blakert e quello la rassicurava.
Uscita dalla Sala corse verso la sala del trono, avrebbe voluto che ci fosse stato un ballo per lei soltanto e invece non avrebbe mai avuto quell’onore. Si bloccò prima di aprire la porta, dall’interno c’era qualcuno che parlava, riconobbe la voce di Brutre e poi subito quella di Sango.
-Cosa dicono?- chiese Gobe avvicinando l’orecchio alla pesante porta.
Elanor lo zittì alzando una mano, aveva colto solo qualche parola come Consiglio di Trenstac, Elanor come regina di Trenstac e le era bastato.
-Andiamo via- riprese il piccolo Gobe tra le mani e facendo attenzione alle poche guardie presenti uscì in giardino. –Sai dove sono?-
Gobe prese a volare, Elanor seguì la sua luce azzurra che la portò lì.
Le mancò il respiro e un gemito le uscì dalle labbra improvvisamente secche. Arel giaceva sull’erba raggomitolata su se stessa, sembrava dormire e attese che il torace si alzasse da un momento all’altro. Ma benché aspettasse non avvertiva più la sua presenza.
Si avvicinò con riluttanza poggiando una mano sulla base del collo e con terrore scoprì quanto fosse diventata innaturalmente fredda.
Con le lacrime che le appannavano la vista seguì con la mano la linea curva del collo, raggiunse la testa nascosta sotto un’ala proprio come quando dormiva.
La abbracciò forte e baciò le squame della grossa testa azzurra –perdonami-la supplicò tra i singhiozzi sentendola immobile sotto di sé. Per quanto Arel l’avesse voluta bene non era mai stata pronta ad accettarla come Cavaliere, ma ora capiva il motivo: amava Inuyasha più di ogni altra cosa al mondo tanto da morire per il dolore della sua perdita.
Sapeva che se si fosse voltata avrebbe visto i corpi di Inuyasha e Kagome, cercò di trovare il coraggio da Blakert e si voltò per vederli.
Le tremarono le gambe e li raggiunse con una lentezza assurda. Distavano poco l’uno dall’altra ed erano adagiati su degli altari di pietra, tra le mani le loro spade. Kagome stringeva le impugnature della Murestan incrociata alla spada di Stiaref mentre Inuyasha impugnava con fierezza la Isidrae che anche alla luce della luna risplendeva come neve al sole. Provò a toccarla e le dita non le bruciarono come l’ultima volta. Sorrise tristemente mentre si spostava sul suo volto.
Era perfetto, sereno e fiero come lo aveva visto ogni mattina. Ma per quanto sembrasse dormire c’era qualcosa nei suoi lineamenti di diverso. Gli sfiorò le labbra, erano tanto morbide in contrasto allo gelo che riempiva il suo corpo.
Non aveva avuto ancora il tempo di conoscerlo bene, di lui sapeva troppo poco ma abbastanza per amarlo come una figlia amava il proprio padre.
Si calò su di lui e lo baciò sulle labbra –se mi vedessi adesso non diresti più che sono una bambina- gli asciugò le lacrime che erano cadute sulle sue guance. Lo baciò ancora e solo dopo una decina di minuti andò da sua madre.
Si era promessa di non piangere, ma i singhiozzi le mozzavano il respiro da quando aveva visto Arel che ora vegliava su di loro.
Kagome le sembrò così serena da non riconoscerla. Infondo lei non la conosceva, di lei aveva conosciuto solo una proiezione differente che però le aveva dato tutto e sacrificato se stessa per lasciarla vivere. le doveva la vita e lì, in quell’istante, promise che nessuno mai avrebbe distrutto quella pace e lei non si sarebbe fatta uccidere facilmente. Si calò anche su di lei baciandola come aveva fatto con Inuyasha e dopo averle stretto la mano alzò gli occhi al cielo.
Avrebbe voluto ruggire alla luna, ma così si sarebbe fatta scoprire.
-Gobe, io devo andare- non si voltò a guardarlo, non ne aveva il coraggio.
Il folletto alzò le spalle –vengo con te-
Lei sorrise –Grazie- guardò il castello. –è giunto il momento di andare-
 
 

 

Narrata è stata la storia incantata

E  l’epica battaglia infine canta.

Forgiata nel cristallo e levata al sole

Vi lascio dunque con questo nuovo eroe.

Narrai così sotto il cielo stellato

La storia infinita di un Cavaliere Alato.

Il mio angolino:

Eccoci alla fine della fine! Non so cosa dire. semplicemente dico grazie a tutti voi che mi avete sostenuta di volta in volta e reso speciale questa storia.
So dentro di me che non è il massimo come storia, ma è grazie a lei che sto crescendo piano piano e spero un giorno di creare una storia che sia per voi soddisfacente e alla vostra altezza!
Vi ringrazio con tutto il cuore e spero di tornare presto!
un kizzullo affettuoso a tutti voi!!!

Un ringraziamento speciale a :
-Grillo_che_parla: ti sono davvero grata per il tuo sostegno e so che non è il finale che speravi ma io sono un amante dei dramma quindi... XD Ti ringrazio infinitamente per tutto e ti auguro tante bellissime cose! Ci sentiremo spero alla mia prossima storia sperando che sia sempre di tuo gradimento. una abbraccio affettuoso!
-Lunedì74:Anche io amo Inuyasha, ma lo hai detto tu Inuyasha senza Kagome non è Inuyasha... Ti ringrazio mille volte per la tua recensione e sopratutto per il tuo sostegno e spero che alla fine non sono stata poi una delusione totale! Un saluto speciale e un abbraccio forte!!!

8kanemi8
  
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