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Autore: dearjoseph    06/11/2012    6 recensioni
"Dovresti rimanere con qualcuno stanotte" si avvicinò spostandole una ciocca nera di capelli dietro l'orecchio.
Non lo sapeva neanche lui, ma gli era bastata una sera per sentirsi responsabile della vita di una completa sconosciuta.
"Rimani qui" continuò poi facendo fermare per un attimo il cuore della ragazza.
E lei, non poteva di certo immaginare che quello sarebbe diventato il suo migliore amico. O, come lo definiva sempre, il suo amico speciale.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter Twenty-Two
 
Quando Hanna fece rientro nel suo appartamento, quella mattina, si trovò davanti a qualcosa che la colse completamente di sorpresa: il salotto era in subbuglio, la casa più vuota del solito e sul pavimento giacevano un paio di grosse valigie blu scuro. Valigie che di certo non erano di sua proprietà.
Si sentì disorientata in un primo momento; l’unica che avrebbe potuto fare ciò era Ivy e la ragazza non riusciva a spiegarsi perchè l’amica sembrava pronta per partire da un momento all’altro.
La proprietaria delle valigie non si fece attendere troppo, quasi richiamata dalle domande che frullavano nella testa di Hanna.
“Sei tornata finalmente. Pensavo ti fossi stabilita per sempre a casa di Joe” il tono di Ivy era scherzoso, mentre aggiungeva un’altra valigia a quelle già sistemate vicino al divanetto “Secondo te mi fanno portare tutte queste valigie in aereo?”
Hanna corrugò la fronte d’istinto, cercando di cogliere un qualsiasi accento di rimprovero nella frase di quella che sicuramente poteva definire come la sua amica più fidata, ma non ci trovò granchè di diverso da quello che era il suo solito atteggiamento, sicuro e carismatico. Rassicurata da questo, capì che non era il suo attaccamento al ragazzo il problema, quindi decise di chiedere spiegazioni su quel che stava accadendo.
“Tu te ne vai tra una settimana, e io di certo non starò qui a rimanere senza uno scopo nella vita” questa fu la risposta di Ivy.
Ad Hanna ci volle un pò per elaborare il tutto. E dopo quel pò, non potè di certo ritenersi sicura sul fatto che tutto quello stesse accadendo davvero.
“Te ne vai?” chiese immediatamente consapevole della risposta. Si circondò lo stomaco con le braccia, mentre a stento riuscì a sostenere lo sguardo dell’amica di fronte a sè.
Tutto stava cambiando, e Hanna ancora non era certa di poter sopportare la nuova versione della sua vita.
Ma non l’avrebbe mai scoperto se non ci si fosse buttata a capofitto.
“Ho deciso di concludere gli studi universitari a Wilmington, starò un pò con i miei. Sai, non tutti hanno un’azienda famigliare in cui lavorare” fu impossibile non notare i riferimenti non del tutto casuali ad Hanna, e le due si aprirono in un grande sorriso seguito da una risata troppo lunga anche per loro. Forse quella sarebbe stata l’ultima loro risata insieme, in quell’appartamento, a New York, e forse proprio per questo cercarono di godersela nel miglior modo possibile.
“Mi lascerai casa libera per un’intera settimana? Questa si che è vita!” esclamò Hanna con la voce che tremava nonostante i suoi sforzi immani di apparire allegra e positiva.
La sua migliore amica stava partendo. Questo pensiero bastò a farle venire gli occhi lucidi, il che era assurdo dato che lei stessa sarebbe partita una settimana più tardi. Eppure la consapevolezza che tutto quello fosse reale, le faceva un effetto che lei avrebbe voluto piuttosto evitare.
In quel periodo sembrava come se tutte le sue emozioni fossero state amplificate. In realtà, si sentiva abbastanza stupida nel suo ruolo di ragazza super emotiva ma si disse che questo sarebbe passato presto. Così come la nausea che ora aveva attaccato il suo stomaco.
Solo che con questa non ebbe molta fortuna.
“Oh no” riuscì solo a dire prima di cambiare colore in viso e iniziare a correre.
 
Ivy aspettò fuori dal bagno, come Hanna le aveva imposto, fino a quando non sentì il rumore dello scarico e decise di aprire la porta.
Hanna non aveva più il colorito grigiastro che aveva assunto pochi minuti prima ma l’aspetto non era comunque dei migliori. Si ripromise di smetterla di rimettere in pubblico, ma la sua espressione preoccupata non era di certo causata da quell’episodio imbarazzante.
“L’hai detto a Joe?”
La domanda di Ivy la spiazzò e tutto ciò che riuscì a fare fu scuotere il capo.
“Non è sicuro, lo sai. Io..” tentò di giustificare il suo comportamento ma bloccò la frase a metà consapevole che tutto quello che stava dicendo non aveva senso. Colse nello sguardo dell’amica il tono di rimprovero che prima era inesistente, e in seguito anche una domanda.
“Glielo dirò appena possibile” disse intuendo bene i pensieri della rossa.
Ivy annuì e aprì le braccia invitando Hanna ad avvicinarsi. Al contrario di una qualsiasi altra situazione, la giovane non ci pensò due volte e accolse quella richiesta, un aiuto più per lei che per Ivy.
“Quando parti?” le chiese lei senza staccarsi. Quella domanda fu subito seguita dal rumore di un clacson appena fuori l’appartamento.
“Ora” rispose Ivy, e Hanna fece un passo indietro. “Devono essere arrivati Suzanne e Jason per portarmi all’aereoporto”
La castana rimase un pò colpita dall’ultimo nome e in quel momento si rese conto di quanto fosse stata distante quegli ultimi mesi, per colpa di tutta la storia di Joe e dei genitori.
“Non ti dispiace che siano loro ad accompagnarmi, vero?” Hanna negò immediatamente e fece un sorriso rassicuramente. Per un attimo si sentì in colpa per aver lasciato in secondo piano il fatto che lei non avrebbe lasciato a New York solo Joe, ma anche tutti i suoi amici, e per non aver passato abbastanza tempo con loro ma non aveva intenzione di lasciarlo intravedere più di quanto fosse già ovvio.
“Posso venire anche io, se vuoi” si offrì allora, ma Ivy sembrò preferire di no.
“E’ già abbastanza dura così”
Hanna capì immediatamente quello che intendeva Ivy, perciò l’abbraccio velocemente prima che lei uscisse per l’ultima volta dalla loro casa.
In fondo, era quello che anche lei e Joe avevano deciso; quando fosse arrivato il momento non ci sarebbero stati saluti in aereoporto, abbracci infiniti o baci strappalacrime.
Volevano che fosse veloce e indolore.
 
Hanna si era ritrovata dietro la porta color mogano dell’appartamento di Joe appena un quarto d’ora dopo la partenza di Ivy.
Quando aveva scoperto che le probabilità di essere incinta superavano il 91%, il primo suo pensiero fu lui.
Se c’era un’alternativa che non aveva mai preso in considerazione era l’aborto, per tutto il resto le idee le si presentavano abbastanza sfocate e confuse. La seconda alternativa, che lei non definiva neppure tale, era quella di non dirglielo; questo avrebbe distrutto il loro rapporto per sempre e lui non glielo avrebbe perdonato, mai.
Perciò, come Ivy le aveva suggerito, Hanna era andata fin lì per parlargli di quello che le stava succedendo. I due avrebbero trovato una soluzione insieme, come sempre.
Le sembrò quasi di essere stata ricatapultata alla sera della festa del compleanno di Nick, quando tutto quello che sembrava tanto difficile ora appariva come uno scherzo. Bussò e proprio come quella sera, fu Nicholas ad aprirle.
“Hanna!” Nick le sorrise e Hanna si sforzò di fare altrettanto “Se cerchi mio fratello è in camera. Io starei attento, comunque. In questo momento starà tentando di scalare la montagna di vestiti sul suo pavimento”
Hanna tentò di decifrare lo strano giro di parole del riccio, senza buoni risultati. Si arrese e chiese di tradurre quella frase in modo che anche lei potesse capire.
“E’ a preparare le valigie”
Nell’udire l’ultima parola il cuore di Hanna cominciò ad accellerare. “Cosa?”
“Si lo so, a pomeriggio parte e lui deve ancora prepararle. Ma lo sai, mio fratello è fatto così” Nicholas roteò gli occhi totalmente inconsapevole di quello che stava succedendo all’interno della ragazza di fronte a sè. Dopo aver visto il suo sguardo nel vuoto capì.
Nick fece spazio ad Hanna e lei entrò senza troppe cerimonie, dirigendosi a grandi passi verso la camera di Joe. La sua bocca era secca, e la nausea era ricominciata, ma nulla le avrebbe impedito di vederlo.
Quando Joe la vide entrare, fu invaso da una serie di emozioni diverse, presentate in più o meno quest’ordine: meraviglia, senso di colpa, consapevolezza che Hanna sapesse già tutto; quest’ultimo dettaglio lo aveva notato subito nello sguardo della ragazza.
Tutte quelle emozioni sfilarono sul volto di Joe, mentre in quello di Hanna emergeva solo una fondamentale domanda. “Devi partire?”
Joe annuì, “San Francisco” aggiunse poi, lasciando che Hanna si riprendesse da quell’affermazione.
“Perchè non me l’hai detto” disse, dando sfogo alle sue riflessioni.
“Te lo avrei detto” rispose lui, lasciando perdere il borsone su cui stava lavorando.
“Quando? Un ora prima di partire?”
“Sarebbe stato più facile per tutti” a lei sembrò quasi di udire le parole di Ivy “Veloce e indolore, ricordi?”
Il verde degli occhi di Hanna cominciò a luccicare, inondato dalle lacrime che stavano salendo. Con entrambe le mani si asciugò gli occhi. Poi le guardò e le ritrovò imbrattate di nero, e in quel momento fu solo in grado di maledirsi per quello stupido comportamento che non riusciva a trattenere.
“Non piangere” sospirò Joe, prima di prenderla tra le sue braccia “Mi avevi promesso che non avresti pianto”  lui la strinse più forte. Il suo profumo inondò Hanna fino a farla sentire ancora peggio.
Era lì per parlargli, e ora si ritrovava a piangere come una fontana.
Era arrivata in quella casa sicura di quello che avrebbe fatto, ma era bastata una folata di vento per mandare all’aria il suo castello di carte.
Era lì perchè avrebbe voluto prendere una decisione con lui, ma in quel momento non dirglielo le sembrò la cosa migliore da fare.
Almeno il suo sogno non sarebbe andato in frantumi come era successo a tutte le sue certezze.
Se lo avesse fatto, se solo glielo avesse detto e lei fosse partita a San Francisco con lui, Joe si sarebbe sempre chiesto se Hanna fosse andata a vivere con lui per il bambino o perchè realmente lo voleva. Per quanto lei glielo avrebbe spiegato, e per quanto lei potesse essere sincera, lui avrebbe sempre avuto quel dubbio.
In caso contrario, cosa ne sarebbe stato di Joe se fosse andato in Italia con lei?
Non avrebbe esitato un attimo a mollare il lavoro per seguirla, e Hanna non poteva fargli un torto del genere. Aspettava quel lavoro da tutta una vita, si era impegnato, lui lo meritava. Joseph doveva concentrarsi sulla sua carriera.
Per ora era giusto così.
Hanna scosse la testa e il moro le baciò la fronte.
“Dovevi dirmelo, lo sai che dovevi dirmelo” il suo non sembrò affatto un rimprovero, più che altro un’affermazione disperata. Combattè contro se stessa e riuscì a staccarsi da Joe mentre le ultime lacrime facevano il loro corso giù per la guancia.
“Scusa” sussurrò Joe, stampandole un bacio sulle labbra. Lo fece durare il più a lungo possibile, ma quando si staccò la sensazione che invase entrambi fu comunque orribile.
“No, scusami tu” rispose Hanna. Accarezzò la guancia del giovane e poi si diresse fuori dalla stanza senza voltarsi nemmeno una volta, così come avevano detto, veloce e indolore.
Indolore, almeno fin quando lei non avrebbe detto a Joe a cosa quelle scuse si riferivano.
 
Era stesa sul letto, il viso immerso nel cuscino e le coperte tirate fin sulla testa. Tempo qualche giorno e sarebbe andata via da quella casa ed essa sarebbe stata affittata a dei nuovi inquilini. La ragazza sperò solo che i futuri proprietari non la stravolgessero completamente, perchè la sentiva parte di sè, anch’essa una parte dal quale si sarebbe separata.
Qualcuno bussò alla porta, ma lei non rispose. Ancora tre o quattro colpi prima che essa si aprisse con il solito rumore stridulo che Hanna aveva sempre odiato ma che ora le sarebbe mancato come nient’altro al mondo.
“La cena è pronta, non hai sentito?” quella era la voce del padre.
Lei scosse la testa come risposta, poi ricordò di essere sotto almeno due coperte dal peso complessivo di minimo 3kg e, con un gesto che le costò una fatica di smisurate proporzioni, riuscì a scoprirsi.
“No” ripetè, poi si corresse “Cioè, ho sentito ma non ho fame” e in quel momento si rese conto del piatto fumante che il padre aveva in mano. Sbuffò ma non riuscì comunque a sopprimere un sorriso all’angolo della bocca nel constatare che quell’uomo la conosceva più di chiunque altro, nonostante non si fossero visti quanto necessario per un rapporto padre-figlia. Lo guardò, ma lui non parve aver ascoltato granchè la sua affermazione.
“Va bene, ho capito” prima che le fosse imposto, Hanna prese in mano il piatto di carne in sughetto di funghi che la madre le aveva preparato e che il padre si apprestò a porgerle con insistenza. Ne masticò con fatica un pezzetto, poi appoggiò tutto sul comodino sotto lo sguardo torvo del signor Morgan.
“Lo finisco più tardi” lo rassicurò lei, e l’uomo dai capelli brizzolati si sedette accanto sul letto.
“Vuoi parlare?” pronunciò a fatica quelle parole e lei lo notò subito. Si trattenne dallo scoppiare in una risata isterica per rispetto, ma ripensandoci capì che, per quanto le sembrasse strano, loro erano gli unici con cui poteva parlare. In assenza di un’amica, decise di accettare la proposta del padre.Socchiuse la bocca ma poi si rese conto che non sapeva cosa dire.
Perchè non c’era nulla da dire. Era stata una stupida, punto.
Senza pensarci troppo avvinghiò le braccia al collo dell’uomo, che dopo due secondi di disorientamento ricambiò quell’affettuoso abbraccio. Si distesero sul letto ancora in quella posizione, come facevano quando era bambina.
“Non devi venire con noi se non lo vuoi”  Quella frase la colpì inaspettatamente. Sembrava così sincera.
Sarebbe dovuta andare a San Francisco?
Uno stupido giorno per ogni stupido mese sarebbe bastato? O la loro sarebbe stata una delle tante storie d’amore a distanza con la solita tragica fine?
Chiuse gli occhi, e le sembrò di rivedere Ivy entrare nel veicolo e l’auto sparire al primo incrocio.
Poi immaginò quando aveva fatto lo stesso lei con Joe, lasciandolo nella sua camera e sparendo dalla sua casa. Gli riaprì non in grado di sostenere quelle immagini ma ciò non l’aiuto per niente.
Forse era troppo tardi, ma si chiese se la loro separazione fosse stata davvero necessaria.
Si chiese se partire per l’Italia fosse davvero la scelta giusta.
Soprattutto nelle sue condizioni.
Soprattutto senza aver detto nulla a Joe.
Sospirò rumorosamente, ora consapevole di aver fatto la scelta più stupida che avesse mai potuto prendere. Ma ormai lo aveva fatto.
Così chiuse di nuovo gli occhi e pregò di addormentarsi il prima possibile.
Hanna sentì le palpebre pesanti chiudersi, con addosso ancora il calore dell’abbraccio del padre e il silenzio disturbato solo dalla voce bassa della telecronista in tv, poi quella preghiera venne accolta in fretta e la ragazza si addormentò inconsapevole di cosa quelle voci stessero dicendo.
Prima di uscire dalla stanza e lasciare la figlia riposare, il padre guardò le immagini in televisione e, corrucciando la fronte, maneggiò velocemente alla ricerca del telecomando in modo che alzasse il volume, senza risultato.
Allora si sforzò di leggere i titoli in bianco che scorrevano sopra le immagini di alcuni aerei in volo. Rilesse due volte, sperando con tutto il cuore di aver letto male.
Ma le lettere rimanevano le stesse.
 
“Incidente aereo: Schianto in Ohio durante l’atterraggio di emergenza. Cause ancora da accertarsi, probabile malfunzionamento dei motori dell’aereo decollato oggi stesso da New York . Ancora non stabilito il numero di vittime.”
 
 
 
Per prima cosa, scusate. Lo so che fa schifo, ma non trovo quasi più tempo per scrivere e questo è tutto quello che esce. Inoltre, in quel poco tempo che ho vengo continuamente disturbata da quella peste della mia sorellina di 4 anni. A volte è difficile rimanere soli, ma Amore ti voglio bene lo stesso!
Lo so cosa state pensando, ma cercate di moderare i termini nelle recensioni (anche se credo che ogni vostro pensiero me lo sia meritato)
Povera Hanna piagnucolona, saranno gli ormoni? AHAHAHAHAH
Uffa, una di voi aveva già intuito tutto. Ma dico, come hai fatto? Ora me lo dici, stronza!
Naturalmente scherzo, bellissima
Beh, il prossimo coma sapete sarà l’epilogo. *tutte a festeggiare*
Cercherò di scrivere e postare l’ultimo capitolo il più presto possibile, lo prometto.
Siete meravigliose.
Al prossimo (e ultimo).

  
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