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Autore: Kitty96    06/11/2012    1 recensioni
In seguito ad un incidente stradale, viene diagnosticato un tumore alla giovane Gemma. In lotta tra la vita e la morte, troverà sostegno nell'ex fidanzato Andrea, che l'aiuterà ad affrontare il periodo precedente ad un operazione che potrebbe salvarle la vita quanto ucciderla.
Storia iscritta al concorso "Made of music" indetto da La sposa di Ade
Genere: Mistero, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fatto è che sono solo anche adesso
 
Piano piano, la coscienza stava prendendo possesso della mia mente, la bolla in cui mi trovavo andava scomparire sempre più in fretta. All’inizio però, i miei occhi furono investiti da una luce abbagliante, che mi costrinse a chiuderli. Allora sfruttai il senso dell’udito, cercando di percepire i flebili suoni che mi circondavano. Sentivo solo un brusio, sormontato da un pianto disperato.  Capii di essere ancora semi-incosciente, poiché un pianto di quella portata non poteva risultare così debole. Mi concentrai allora sul resto del mio corpo, e solo allora notai di essere distesa. A quel punto sentii una porta aprirsi e chiudersi, e dei passi si avvicinavano a me. Aprii nuovamente gli occhi e la luce non risultò forte come prima. Girai a fatica il viso verso sinistra,  e vidi mia madre seduta su una sedia con il viso tra le mani. Piangeva.
 
“Ma quanto ho dormito?” fu la prima frase che pronunciai, nonostante avessi la voce fioca e debole.
 
Subito lei alzò il viso, e con un sorriso a 32denti, corse nel corridoio chiamando le infermiere. Dovevo aver dormito proprio parecchio.
 
Un tizio con il camice bianco seguito da due donne, si mise alla mia destra. Guardò lo schermo che controllava i miei battiti e lo stupore prese possesso del suo viso. Ero ancora confusa e rintontita, e solo dopo un po’ capii dove mi trovassi. Quando riprendi coscienza, riconosci subito un ospedale da qualsiasi altro posto. Gli ospedali sono in gran parte tetri e grigi, gli altri luoghi sono pieni di colori.
 
“Ci aspettavamo un risveglio in tempi brevi, ma non così brevi. Sua figlia deve essere una ragazza davvero forte, signora Ranto. Guardi i suoi occhi, vogliono sapere cosa è successo. Vuole che glielo dica io o ci pensa lei?”
 
“No ci parlo io, grazie dottore. Potete lasciarci sole.”
 
Per quanto mi sforzavo di ricordare, riuscivo solo a sentire un gran mal di testa prendere possesso del mio cervello. Era davvero irritante.
 
“Tesoro, sono la mamma, riesci a riconoscermi?”
 
“Si mamma, altrimenti a quest’ora staresti già con la testa conficcata nel muro.” Risposi sarcastica, non nascondendo un risolino.
 
Anche mia madre rise, notando subito che ero rimasta la solita ragazza scontrosa e violenta di sempre, infondo il sonno deve essere stato breve.
 
“Senti Gemma, hai avuto un brutto incidente mentre uscivi da scuola. Un auto ti ha investita e sei svenuta. Hai dormito per qualche ora, e ora ti sei ristabilita. ”
 
Vidi, però, il suo viso incupirsi sempre di più. A quel punto mi spaventai, ma, come l solito, non lo diedi a vedere.
 
“I medici, mentre dormivi, ti hanno fatto alcuni esami. Dicono che..-si fermò e cominciò a piangere- dicono che il tuo polmone destro è ammalato. ”
 
A quel punto lo spavento fu ben visibile sul mio viso, mentre mia madre piangeva, ormai in predaalla disperazione. Riconobbi il pianto precedente.
 
“Hai un tumore Gemma, un tumore al polmone destro. Dicono che la causa sia il fumo.”
 
Maledii il giorno in cui presi la fottuta decisione di iniziare a fumare. Ma le sigarette erano le mie uniche amiche,  le uniche a sostenermi nei momenti difficili.  Mi avevano tradita anche loro.
 
“Devi operarti tra 5 giorni, per cercare di esportare questo tumore.”
 
Fu un momento orribile, non avevo mai visto mia madre piangere, almeno non in quel modo. Poi qualcuno bussò alla porta. Era mio padre.
 
“Glielo hai detto Teresa?” disse, cercando di nascondere gli occhi lucidi.  Il pianto di mia madre fu la risposta.
 
Cazzo, cinque giorni di lì a quella parte mi sarei dovuta operare, avrei messo in gioco la mia vita, per cercare di salvarla. Era una scommessa con la morte, e c’era in palio la mia vita. Mi resi conto di quanto essa potesse  essere preziosa. Non tanto per me, ma per quelli che mi volevano bene. Per me era l’ennesima conferma di sfiga nella mia esistenza. Non ci badai più di tanto, credevo fortemente nella medicina.
 
“Dai mamma, Dio mi ha dato 5 giorni ancora da vivere, posso fare tutto quello che voglio in 5 giorni, posso salutare tutti i parenti. Pensa a quelle persone che sono morte in un incidente, non hanno avuto il tempo di salutare nessuno. Io invece ho questa possibilità, ma questa è solo la peggiore delle ipotesi. ”
 
Cercai di rassicurare mia madre con queste belle parole. Sembravano prese di spunto da un film.
 
Lei sembrò calmarsi, e mi rivolse un sorriso appena accennato. Poi il dottore bussò  ed entrò in camera.
 
“Dunque, ho appena ricevuto le ultime direttive. La ragazza resterà in ospedale per questi 5 giorni, in modo tale da poterne monitorare la situazione 24 ore su 24. L’operazione  comincerà intorno alle 10 del mattino. ”
 
Lo disse con una apatia tipica dei medici, per loro ero solo l’ennesima paziente in lotta fra la vita e la morte. Probabilmente era davvero così.
 
“La affronteremo insieme questa cosa, ti sarò sempre vicina. Non ti abbandonerò. ” Disse una voce dal corridoio. Era una voce maschile, una voce che conoscevo fin troppo bene.
 
“Dai tesoro, facciamo rimanere i ragazzi soli.” Disse mio padre, e trascinò letteralmente mia madre fuori dalla stanza.
 
“Ciao Andrea, non sapevo di interessarti ora.” Dissi al ragazzo fuori dalla porta.
 
“Tu mi sei sempre interessata, solo  che a te non né è mai fregato nulla. Troppo impegnata a giudicare il mondo che ti circonda per avere qualcuno da amare e che ti ami” disse Andrea sedendosi sulla sedia dove prima vi era mia madre.
 
A quel punto avevo bisogno di una sigaretta, al diavolo il tumore. Avevo troppo bisogno di loro. Presi il pacchetto situato sul comodino vicino al letto, ma non feci in tempo a prendere una sigaretta, che Andrea me lo tolse da mano. Uno sbuffo sonoro uscì dalla mia bocca.
 
“Ti hanno messo a fare il baby sitter per caso?”
 
“Non puoi fumare, ti sei già dimenticata cosa ti ha detto il dottore?”
 
“Al diavolo il medico, non decide lui della mia vita.”
 
“invece sarà proprio lui che deciderà della tua vita tra 5 giorni, quindi non fare la bambina”
 
Ero sinceramente stufa della sua presenze, e non tardai a farglielo notare.
 
“Che cazzo ci fai qui? Non hai una puttanella da scopare?”
 
“Non dire queste cose Gemma, sai benissimo che non c’è mai stata nessuna, se non tu.”
 
“Certo, certo. Però devi ancora rispondere alla mia domanda, che cosa ci fai qui?”
 
“Ero  venuto a trovare la donna che amo.”
 
Le sue parole mi stupirono, non aveva mai detto certe cose, specialmente mentre eravamo fidanzati.
 
“Non mi hai mai detto ti amo.”
 
“Ero diverso”
 
“E ora come sei?”
 
“Sono innamorato di te”
 
“Mi dicesti lo stesso tre mesi fa, eppure non mi sembrava che tu fossi disposto a stare solo con me”
 
“Te l’ho detto, sono cambiato”
 
Il silenzio seguì a quelle parole. Tre mesi fa ci lasciammo, dopo che lo beccai ad ammoccarsi con la mia migliore amica in uno squallido locale. Era l’unica persona a cui volevo bene, al di fuori della mia famiglia.  Mi aveva tradito anche lui, insieme alla mia migliore amica.
 
“Anna l’hai vista più?”
 
“Quella puttana non fa più parte della mia vita da tre mesi, esattamente da quando tu e lei..”
 
“Si ho capito.”
 
Una lunga pausa, la seconda, giunse dopo quel breve scambio di battute. Poi parlammo ancora.
 
“Non ti lascerò sola, io e te affronteremo questa situazione assieme, non devi aver paura di restare sola, ci sarò io con te.”
 
Mi stupì di nuovo, forse era davvero cambiato.
 
“Se io dovessi morire, tu soffriresti e io non riuscirei mai a perdonarmelo”.
 
“Tu non morirai” mi disse schietto.
 
Poi bussò mia madre, avvisò Andrea che i genitori erano andati a prenderlo.
 
“Devo andare, domani mattina sarò di nuovo qui.”
 
“E la scuola?”
 
“Fanculo la scuola”
 
Si, era davvero cambiato.
 
Per 5 giorni,  mi fece visita tutti i giorni a tutte le ore. Mi tenne lontano dalle tanto amate e odiate sigarette,  mi parò dei suoi amici (che io avevo sempre considerato degli idioti patentati) e mi sollevava il morale nei momenti di sconforto. Poi pochi minuti prima dell’operazione, mi disse:
 
“Perché non ci rimettiamo insieme?”
 
Mi lasciò completamente di stucco e , indecisa sul da farsi, svincolai la sua domanda, ponendone un’altra.
 
“Perché dovrei?”
 
“Non hai ancora risposto però.”
 
Touchè. Era persino diventato intelligente,, a suo modo.
 
“Non saprei. Io sono una moribonda, e se dovessi morire, tu rimarresti solo” dissi con una sottile ironia, che, per mia sfortuna, Andrea non colse.
 
“Sii seria Gemma! Ti sto chiedendo di stare con me, non di andare alla festa di paese assieme. Ti ho già detto che affronteremo insieme questa cosa, non ti accadrà nulla, fidati.”
 
Poi il silenzio. Mi aveva messa alle strette, voleva una risposta e io dovevo dargliela.  Se la me stessa di 3 mesi fa mi vedesse adesso, mi vomiterebbe in faccia.
 
“No, non staremo insieme  Andrea.”
 
Mi fissò per un lasso di tempo infinito, poi riprese.
 
“Perché?” mi disse atono.
 
“Perché non posso sottometterti ad uno sforzo così grande. Se io morissi, tu resteresti solo.”
 
“Il fatto è che sono solo anche adesso”
 
Per fortuna, entrò il medico, dicendomi che l’operazione si sarebbe tenuta a breve e quindi mi sarei dovuta preparare.
 
Andrea andò via silenziosamente, muovendo la mano in segno di saluto, anche se il suo viso era parecchio malinconico.
 
Quando lui fu uscito, entrarono mia madre e mio padre. Mi salutarono calorosamente, poi la barella dove mi trovavo, fu portata nella sala operatoria. Ero sola con le mie paure, sola con la mia apatia, sola con me stessa. I medici entrarono in sala e mi calarono una mascherina. Cominciavo a non sentirmi più le gambe, poi le braccia. Il mio ultimo pensiero andò ad Andrea e alle sue parole.
 
 
 
“L’affronteremo insieme questa cosa, non ti abbandonerò”
 
 
 
Cosa successe dopo, nessuno può dirlo, ma quel giorno, è sicuro, non fu mai dimenticato. E per l’enorme tristezza che esso portò , e per la grande speranza, che un giorno le cose possano essere migliori. Perché nessuno è mai solo, ci sarà sempre qualcuno con cui affrontare le tue paure, anche nel tuo ultimo giorno.
 
 
 
FINE
  
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