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Autore: someonelikelou    07/11/2012    8 recensioni
Io la considererei bella.
Ma lei no.
Non si considerava bella.
Non si considerava brutta.
Semplicemente non si piaceva, non riusciva ad accettarsi. Certo, le capitava di specchiarsi e di apprezzare il suo abbigliamento, una particolare acconciatura o una perfetta riga di eyeliner nero sull'occhio, ma non le capitava di norma.
Non le capitava quando mirava il riflesso della sua persona priva di alcun trucco sul suo viso, con i capelli sciolti, vestita in modo semplice o priva di alcun vestiario.
Ma loro, loro la salvarono.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Margot aveva 16 anni, viveva in una piccola casa in un paesino di provincia di poca importanza, non era una metropoli, non era nemmeno considerata città, era un paese dove tutti si conoscevano, dove tutti erano pronti e disponibili a chiacchierare con gli altri, persino con gli sconosciuti, che solitamente non lo rimanevano per molto.
Nella piccola casa nel paesino di provincia, viveva con suo fratello minore, sua madre e suo padre. I suoi genitori erano due importanti imprenditori, di parecchia rilevanza.
Lei non era certo ciò che si ritiene una "figlia modello", si comportava bene, disobbediva raramente ma non esitava ad esporre la sua opinione in merito agli argomenti che le venivano proposti in una conversazione.
Frequentava un'istituto superiore situato nel suo piccolo paesino, studiava finanza e marketing, il minimo che ci aspettasse dalla figlia di due grandi imprenditori quanto i suoi genitori. Ci si recava ogni mattina, dopo aver fatto quattro chiacchiere con il suo ampio gruppo di amici, con la quale era solita fare colazione. Se aveste chiesto ai suoi compagni di classe com'era Margot, loro vi avrebbero risposto descrivendola come simpatica, gentile, generosa, spiritosa, cordiale ed altri aggettivi, tutti positivi.
Se l'aveste chiesto ai suoi professori, avrebbero risposto alla vostra domanda con aggettivi come studiosa, volenterosa, attenta in classe, sempre di buon umore, di facili relazioni con i suoi compagni, disponibile nell'aiutare gli altri ed altri aggettivi contrari a pigra o svogliata.
I suoi amici avrebbero risposto alla domanda che voi avreste posto loro con altri aggettivi positivi, come i suoi famigliari o le persone con la quale condivideva il quartiere, con la quale si dimostrava sempre cordiale.
Anche le persone che non la conoscevano e la conoscevano solo di vista, avrebbero descritto la giovane come carina, di aspetto gradevole, di gran stile o semplicemente come 'una a posto'.
Ogni due giorni, nel tardo pomeriggio, si recava in un centro ricreativo per bambini disabili o affetti da malattie. Li accudiva, rimaneva al loro fianco e li faceva svagare nei modi più belli e sicuri di farlo. Inutile dirvi che se avreste domandato ai bambini la domanda che avreste oramai posto a tutti i suoi conoscenti, loro vi avrebbero risposto con parole positive quali spiritosa, mitica, di gran compagnia, forte.
Ma lei era tutt'altro che forte.
Ogni volta che incontrava il suo riflesso allo specchio non riusciva a non pensare a quanto fosse raccapricciante ciò che vedeva.
Non era in sovra o in sottopeso, era nel peso forma, lo era sempre stata.
Non era eccessivamente alta o eccessivamente bassa, lo era abbastanza per raggiungere, in punta di piedi, lo scaffale più alto del reparto scatolame del supermercato, afferrarne una confezione di zuppa in scatola e porgerla ad una cordiale ed anziana signora che avrebbe potuto chiederle aiuto.
La sua pelle non era coperta da troppe imperfezioni, non era neppure nivea. Era la pelle di una comune adolescente, sulla quale spuntava, di tanto in tanto qualche brufoletto di poca rilevanza.
I suoi capelli erano di media lunghezza, arrivavano giusto a coprire le sue scapole, erano di un comune color marrone.
I suoi occhi non erano straordinariamente grandi o straordinariamente piccoli, erano di giusta dimensione, così come il suo naso, le sue orecchie e le sue labbra.
L'aspetto di una qualunque sedicenne che qualcuno avrebbe potuto descrivere come "graziosa", qualcun'altro come "bellissima" e qualcun'altro come "brutta", perchè è impossibile soddisfare tutti, anche se generalmente, chi la definiva con l'ultimo aggettivo, lo faceva per invidia o per pura e gratuita cattiveria.
Io la considererei bella.
Ma lei no.
Non si considerava bella.
Non si considerava brutta.
Semplicemente non si piaceva, non riusciva ad accettarsi. Certo, le capitava di specchiarsi e di apprezzare il suo abbigliamento, una particolare acconciatura o una perfetta riga di eyeliner nero sull'occhio, ma non le capitava di norma.
Non le capitava quando mirava il riflesso della sua persona priva di alcun trucco sul suo viso, con i capelli sciolti, vestita in modo semplice o priva di alcun  vestiario.
Ogni sera, quando prima di coricarsi, rifletteva su come aveva passato la giornata, si lamentava di come si era comportata in una tal situazione, come aveva parlato a quella tal persona o su come aveva fatto una battuta fuori luogo in un contesto. Tutte cose alla quali gli altri non badavano, ma lei si. Per lei era un continuo tormento, cercare di comportarsi in modo corretto e puntualmente, non riuscirci.
Tutto questo lo teneva per sè, non lo aveva mai rivelato a nessuno, non lo aveva mai raccontato ad anima viva. Perchè si vergognava. 
Si vergognava di essere così egoista e di star male per una ragione così futile come la sua persona.
Non riusciva semplicemente ad accettarsi, ad accettare come era fatta.
Ci piangeva sù, si asciugava le lacrime, si sciacquava il viso e ritornava a sorridere a tutti, a fingere con tutti, a presentarsi con felicità a tutti, a mentire a tutti.
Non lo considerava importante. Nessuno le aveva mai fatto complessi sul suo corpo o carattere, nessuno lo riteneva necessario.
Guardava con ragazze in sovrappeso o in sottopeso che venivano schernite dai coetanei, andava accanto a loro, le difendeva e faceva loro forza, e quando le ragazze le rispondevano con un 'io mi accetto così come sono', non poteva fare a meno di provare invidia e ammirazione. Avrebbe tanto voluto rispondere così ogni volta che si specchiava, si riprometteva che l'avrebbe fatto ma, una volta davanti al riflesso non ce la faceva, non ci riusciva, non ci credeva.
Aiutava gli altri ma non aiutava se stessa.
I complessi da parte sua verso il suo corpo aumentarono fino a quando, non riuscendo a reggerne il peso, iniziò a sfogarsi utilizzando metodi non benefici. Si provocava del male fisico per reprimere e ricoprire quello morale. Ma non ci riusciva mai.
Anche quando arrivava a lacerarsi la carne in modo disastroso, il dolore scompariva dopo un po' di tempo, è lì che ritornavano le lacrime dovute alla sua poca autostima. Nonostante tutto lei ripeteva quelle dannose azioni, nella speranza di raggiungere il suo obbiettivo.
Ogni giorno ripeteva il suo rituale, soffriva mentre iniziava ad indossare la sua quotidiana maschera, allenandosi a sorridere e ad apparire felice e spensierata. Arrivò a provocarsi profonde e permanenti cicatrici, che prestava attenzione a nascondere, riuscendoci perfettamente.
 
Durante una gita con i suoi genitori, suo fratello, gli zii e i cugini, la sua cuginetta di mezzo, quattordici anni di età, la pregò di poter inserire un disco nella radio del furgoncino che avevano noleggiato e che suo padre stava guidando.
Lei la accontentò, notando il brillìo nei suoi occhi.
Alcune note invasero l'interno del furgoncino. La ragazzina iniziò a mimare con le labbra alcune parole, errandone alcune.
A Margot arrivarono solo alcune strofe "Being the way that you are is enough.."
Curiosa, scorse la copertina del compact disc. Una scritta nera era in cima all'immagine, insieme al nome del CD, scritto in caratteri più piccoli. Dalla metà dell'immagine erano presenti cinque giovani visi, a lei completamente sconosciuti: sorridevano e si abbracciavano.
"Chi sono?" domandò alla ragazzina affianco a lei, che aveva già inziato a cantare a squarciagola il ritornello.
"Gli One Direction, una boyband anglo-irlandese, ti piacciono?" le rispose lei.
"Sophie ne va matta!" commentò la zia della ragazza.
Margot si girò di nuovo verso la cugina, che attendeva la risposta alla sua domanda.
Lei si limitò ad annuire accennando un sorriso.
Non negava che le voci l'avevano colpita, ma li considerava una delle tante boyband di giovani che ammaliavano le fan canticchiando due frasi fatte sull'amore o sulla bellezza delle loro ammiratrici, che credendoci, facevano aumentare il guadagno dei primi.
Il tempo passava, si avvicinavano sempre di più alla meta.
Il CD continuava a girare e le canzoni continuavano ad essere riprodotte dalle casse. Margot si era rifugiata nei sedili posteriori, e con il suo cellulare sfogliava le foto di una ragazza che aveva casualmente aggiunto agli amici su facebook. La trovava perfetta, in ogni foto. In ogni foto un'espressione differente, tutte ben fatte, con riportate affianco frasi che chiunque avrebbe potuto leggere in bigliettini con la quale erano confezionati cioccolatini.
Arrivò ad una foto che la stupì. La ragazza in costume da bagno, insieme ai suoi amici al mare.
Lo sguardo si posò sui suoi fianchi, fianchi che lei invece non poteva più mostrare, perchè ricoperti da cicatrici, così come parte delle sue gambe e delle sue braccia.
Involontariamente i suoi occhi si riempirono di lacrime, che cercò di trattenere il più possibile.
Il CD aveva raggiunto la traccia numero dodici quando nove parole la attraversarono: "I can see that you're holding back those tears."
Le attraversarono le orecchie, la mente ed il cuore. Si asciugò le lacrime che non riuscì più a trattenere, ma nessuno ci fece caso.
Ci pensò per il testo del viaggio, ascoltò attentamente ogni canzone di quell'album e del successivo che la cuginetta inserì.
Se li fece prestare, cercò informazioni sui cantanti, ci si affezionò.
 
Un anno dopo.
Ecco Margot, la vedete? E' quella ragazza laggiù, che tiene stretto in mano quella sciarpetta, con cinque visi ritratti sopra.
Si fa spazio tra la folla, fino a raggiungere un posto numerato, il suo posto numerato.
E' accompagnata dalla sua cuginetta, ormai quindicenne.
Si siedono ai posti a loro assegnati e si rilassano.
Il locale si riempie sempre più, ogni sedia viene occupata da una persona, non ce n'è uno libero.
Tutti fremono di agitazione, ma nessuno più di lei.
Non vede l'ora che l'evento per la quale ha aspettato inizi.
Voi, che state leggendo, chiudete gli occhi. Anzi no, altrimenti non riuscireste a leggere.
Immaginatevi Margot. La vedete? Io si.
E' seduta accanto alla sua cuginetta e a tutte quelle persone che la circondano. Ha la sciarpa in mano, i capelli sciolti le ricadono sulla maglietta a maniche corte, che lascia scoperte le braccia, che non vengono più sfiorate da lame taglienti, così come le sue gambe che riuscite benissimo a vedere grazie ai calzoncini corti che indossa.
Il viso, con del leggerissimo trucco, è illuminato dal suo sorriso.
Ora si fa più ampio, le luci si abbassano. Cinque ragazzi sono sul palco ora, in ordine sono Louis, Niall, Liam, Zayn e Harry.
Guardate Margot, urla, strepita, piange e sorride. E' felice come una pasqua.
Non riesce a contenere le sue emozioni di fronte a quei cinque ragazzi, i cinque ragazzi che le hanno salvato la vita, che le hanno donato gioia, vera felicità, emozioni infinite e che l'hanno aiutata ad accettarsi.
Ora fate attenzione, oltre alla sciarpa sotto al braccio ha un cartellone.
Lo apre con mani tremanti, svelandone la scritta: "One Direction, thank you for saving me, that night."
 
 
 
Salve a tutti.
Siete davvero arrivati fino a qui? Ne avete di fegato, amici miei.
Spero abbiate apprezzato questa storia.
Margot, la protagonista non sono io, non è lei. E' tutti e nessuno.
Margot è un po' tutti noi, quando notiamo le nostre imperfezioni, quando ce ne lamentiamo o quando non ci accettiamo. Margot sei anche tu.
Non importa se non hai provato le sue stesse esperienze, se fai o non fai ciò che lei faceva, se hai anche una sola caratteristica in comune con lei, allora sei Margot.
Sei forte come Margot, anche se non te ne rendi conto.
Questo racconto, che per molti potrà risultare priva di significato e senza senso, è stato scritto per dimostrare come una (o in questo caso cinque) possano trasmettere forza, non importa se personaggio noto o meno, può essere Barack Obama come un vostro familiare o amico. Io ho scelto i One Direction perchè sono i più vicini a me. Voi potete tranquillamente "sostituirli" con chiunque vi aggradi.
Un'ultima cosa:
Voi siete bellissimi. So che è difficile accettarsi, è un cammino duro ma necessario, come un esame medico per rilevare la malattia.
Io sto ancora affrontando questo cammino, vi va di farlo insieme?
Se avete un problema, un problema qualunque che non vi sentite di rivelare a nessun conoscente, ditelo a me.
Che sia in una recensione sotto a questa storia, un messaggio privato su efp, un tweet, messaggio diretto su twitter, domanda anonima od esposta su ask.fm, non importa come, ma ditemi che lo farete.
Alla fine di questo papiro vi lascerò i miei contatti, NON ESITATE A SCRIVERMI, non ne voglio sapere di "vergogna" o "paura di disturbare", se mi metto a vostra disposizione ci sarà un motivo, no? 
Non mi importa dell'orario, della data o dalla distanza trascorsa dalla pubblicazione di questa OS, scrivetemi.
Ultima cosa, ma non meno importante, vorrei ringraziare la persona che mi ha "aiutato" in un certo senso ad iniziare ad intraprendere questo 'cammino', non so nemmeno se lei si ricordi di me, e probabilmente non le rivelerò mai l'esistenza di questa one shot e ciò che l'accomuna con essa, a meno che non mi venga una botta di coraggio. lol
Ad ogni modo, grazie mille tiziadellaqualenonscrivoilnomeperpauracheticausifastidio.
 
Bene, considerando che è mezzanotte passata e domani ho una verifica di latino, ora mi congedo.
Grazie ancora per aver letto questa One shot.
Un abbraccio forte.
 
  
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