CAPITOLO 10
-Grazie per essere venuti.
-Grazie a lei per averci invitati: non ce ne
siamo per niente pentiti.
-Ne sono felice- sorrise Nelly agli eleganti
signori che avevano appena assistito alla presentazione del frutto del suo
lavoro.
-Allora la aspettiamo tra una settimana.
Arrivederci.
-Arrivederci.
Dopo qualche stretta di mano, la ragazza
raggiunse l'amica in camera che si stava rodendo dalla curiosità per
l'attesa.
Quando Ingrid la vide entrare, scattò in
piedi.
-Allora?
-Preparati psicologicamente, perché tra una
settimana dovrai cantare a una partita di calcio a Santa Fé.
-Vuoi dire... mi stai dicendo che mi hanno
presa?
-Piccola, ora possiamo dire che il tuo sogno si
è avverato: sarai una cantante qui in Argentina.
Per la gioia, le saltò addosso stringendola
forte, ma poi ricordandosi della sua condizione, si allontanò.
-Scusa, scusa scusa... ti ho fatto
male?
-Certo che sei strana. Mica sono fatta di
porcellana, puoi strapazzarmi quanto vuoi.
-Ma ora... tu te ne andrai?
-Certo non posso restare qui in eterno, ma ti
accompagno a Santa Fé, così conosco il tuo ragazzo e ci salutiamo come si
deve.
Ingrid la guardò stranamente.
-Che c'è?
-Nelly...-l'abbracciò -finirò mai di dirti
grazie?
-E di che? Guarda che la voce è la tua. Avanti-
disse staccandosi -scegliamo una canzone decente.
-Ok...aspetta.
-Cosa?
-Juan non abita a Santa Fé, perché dovresti
vederlo lì?
-Come, non te l'ho detto? La sua squadra ci
giocherà un'amichevole.
-E' ora di andare. Muovetevi.
I ragazzi cominciarono ad uscire dallo
spogliatoio.
-Juan? Juan! Vieni, è ora.
Alan si avvicinò all'amico.
-Dai, cerca stare un po' allegro,
su.
-Sì, sì, certo- si lazò lui
pesantemente.
-Sicuro di riuscire a giocare in questo
stato?
-Basta che mi concentri, non ti
preoccupare.
-Hanno giocato bene. Sono bravi.
-Sì, sì- Ingrid non prestava molta attenzione
alle parole di Nelly.
-Ehi, rilassati. Sei una bomba, andrà tutto
bene.
-Certo, per te è facile dirlo.
Nelly sospirò e le si paro davanti.
-Ingrid. Respira.
Lo fece.
-Sbadiglia.
Fece anche quello.
-E pensa a divertirti come quando abbiamo fatto
Sister Act poco tempo fa'.
-Lì ero vestita da suora con un altra decine di
ragazze.
-Oh, certo che sei pessimista. Allora pensa a
che faccia farà Juan quando ti vedrà cantare... insomma, inventati
qualcosa.
-Sì, va bene.
Sentirono chiamare.
-Vai. In bocca al lupo.
Sospiro.
-Crepi.
Uno scroscio di applausi invadeva il modesto
stadio, mentre Ingrid si guardava intorno pensando a tutt'altro.
Sobbalzò quando vide al limite del campo Alan
che la salutava. Gli corse incontro.
-Ciao! Sei stata davvero brava,
complimenti...
-Grazie, ma Juan...
-Che ci fai qui?
-Juan dov'è?
-Era con me fino a un'attimo fa', poi se n'è
andato.
La ragazza avevo uno sguardo leggermente
spaurito.
-Mi ha detto che ti aspettava sul tetto- la
tranquillizzò indicando un ampio terrazzo in alto.
Dopo un profondo sospiro di sollievo, lei partì
sotto gli occhi sorridenti di Pascal.
Raggiunse in poco tempo il posto, trovandolo
seduto, a capo chino.
Ci mise un po' prima di riuscire ad emettere
qualche suono.
-Juan...
Il ragazzo si voltò di scatto e si alzò,
fissandola.
Lei deglutì.
-Ciao, Juan.
-Sei... ancora qui- aveva usato un tono
strano... come se non fosse contento di vederla.
-Sì. Ho incontrato Nelly a Buenos Aires e mi ha
parlato del provino.
-Quale provino?
-Nelly ha detto che, riflettendoci quest'estate,
le sembravo pronta per intraprendere una carriera... o qualcosa di simile. Così
ha cominciato a sentire delle persone per farmi sentire e le ha
trovate.
-Hai già fatto il provino?- chiese lui
lentamente.
-Sì. E... mi hanno presa.
-Sono felice per te- però dal tono non sembrava
-ma ancora non ho capito che ci fai qui a Santa Fé.
-Io sono a Santa Fé perché... perché questo era
il mio primo ingaggio. Il provino me l'ha fatto un discografico di Buenos Aires
e aveva detto che se oggi andava bene, avrei cominciato presto a
lavorare.
-Un discografico di... aspetta- alragazzo gli ci
volle qualche momento per riorganizzare le idee -vuoi dire che rimarrai qui in
Argentina?
-Sì.
In un attimo Ingrid si sentì abbracciare e
ricambiò subito l'abbraccio.
-Non è uno scherzo, vero?
-No, non è uno scherzo.
-Non sai come mi sono sentito in questi sette
giorni...
-Forse come mi sono sentita io quando sono
partita...
Juan sciolse lentamente l'abbraccio, cercando di
guardarla negli occhi che guardavano il pavimento.
La prese per mano, si risedette e fece sedere
lei sulle sue gambe.
-Scusa se prima sono stato brusco. E' che non ci
capivo più niente... vederti lì, a cantare. Quasi credevo che fosse
un'allucinazione.
-Capisco, forse avrei dovuto
avvertirvi...
-Non fa niente. Comunque riusciremo a vederci
così, giusto?
Lei annuì.
-Bene. Quindi tu vuoi ancora essere la mia
ragazza?
-Sì.
-Ok.
Il ragazzo la fece chinare e la
baciò.
-Bentornata, piccola.
continua...