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Autore: anotherlivingpoet    07/11/2012    2 recensioni
Ci credevo anch'io.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Peter Pan.




 

«Peter? Dove sei? Louis William Tomlinson ora basta giocare! Sei uno stupido bambino! Dove sai? Lo sai che odio questi giochetti!» ok, stavo urlando.
Non andava affatto bene.
Due paia di braccia mi presero da dietro e lanciai un grido, presto soffocato dalla mano del mio migliore amico, alias Louis William Tomlinson alias Peter Pan.
«Calmati Wendy! Insomma, credevi davvero che ti lasciavo in questo inferno?»
Rideva a crepapelle, lo scemo.
E non è un nomignolo, il mio. 
Mi chiamo veramente Wendy.
Avrei voluto dargli tutti i libri nello zaino in testa.
«Avresti potuto! Viviamo insieme, dopotutto!»
Ok, vi sto confondendo, forse è meglio che vi spiego.
Io e Lou ci siamo conosciuti in primo liceo e avevamo praticamente le stesse classi.
Capitammo sempre al banco insieme e così facemmo amicizia.
Sono una tipa timida io, ma con Louis riuscii ad aprirmi.
Più che altro, m'ingannò. 
Vedeva con i ragazzi e ragazze più grandi ero ancora più chiusa che con i coetanei e mi disse solo dopo che eravamo molto amici che lui in realtà aveva un anno in più.
Gli diedi tanti di quegli schiaffi... 
Dopo tre anni, scoprii che mia mamma beveva. 
Dato che mio padre è andato via da casa quando avevo 2 anni e non ho neanche una madrina o padrino, così la famiglia di Louis mi prese con sé.
Alla fine non mi cambiò poi molto, dato che eravamo sempre insieme.
Solo all'inizio eravamo un po'... imbarazzati. 
Dividevamo, e dividiamo ancora la stessa stanza! 
Ma poi ci abituammo.
E nell'ultimo periodo... capii quand'era meglio andarmi a fare una passeggiata e lasciare la stanza libera.
Insomma... non che fosse uno che andava con tutte, ma era diventato il più figo della scuola quindi....
Ci siamo capiti.
Cominciai a chiamarlo Peter, da Peter Pan, quasi subito.
Gli somiglia così tanto!
«Dai su andiamo, visto che non sei ancora morta!» sbuffò.
«Ti uccido, prima o poi, ok?» chiarii mettendoci in marcia.
Mi guardò di sbieco. «Mi vuoi troppo bene, Wendy.»
Sbuffai, dopotutto aveva ragione.
Presto arrivammo a casa.
«Senti.... stasera esco e anche domani, sai è venerdì... e...» cominciò.
Lo fermai. «Ho capito, non mi faccio trovare in casa Mr. Tomlinson.» gli dissi con un sorriso appena accennato.
Aggrottò le sopracciglia.
«Veramente... volevo chiederti se ti dispiaceva...»
Quasi sputai il bicchiere d'acqua che avevo appena messo in bocca.
«Pet, è quasi un anno che fai come ti pare, non mi hai mai chiesto nulla, come mai mi chiedi se adesso mi dispiace se ti devo lasciare la camera?» gli chiesi sconvolta.
«No... è solo che... quando te la dai una mossa pure te, Wendy?» mi sorrise malizioso.
Gli tirai uno schiaffo sulla schiena e lui sogghignò.
«Ti devo ricordare che sono la sfigata della scuola? Quella 'con il padre codardo' o quella ' con la mamma dalla bottiglia facile'? Eh? Te lo devo ricordare?» mi stavo incazzando.
Non se lo meritava, ma ero nervosa, in quel periodo. 
Troppo.
Il bello è che non avevo la minima idea del perché.
Mi ero poggiata sul bancone della cucina, le spalle rivolte verso il mio migliore amico.
Mi abbracciò da dietro.
«Scusa, sono stato stupido.» si scusò.
«Sei 
sempre stupido.» rincarai.
Lo sentii sorridere e mi stamp
ò un bacio sulla guancia, per poi staccarsi.
Mentre lui andava di sopra, io presi il mio telefono e vidi un messaggio.

Numero sconosciuto.
Aprii il messaggio.
Sono Mark, ti andrebbe di andare a prendere una pizza, stasera? 
Ti vengo a prendere io, se ti va.
Fammi sapere, 
baci.


Rabbrividii.
A scuola lo soprannominavamo Uncino.
Aveva una mano monca e ci aveva messo un rozzo pezzo di metallo, come se gli servisse.
Sapevo che non mi avrebbe mai invitata di sua spontanea volontà.
Ovvio.
Eppure, nonostante tutto, accettai.
Forse perché Lou aveva ragione. 
Era tempo di darsi una mossa, anche se mi avrebbe ucciso se avesse saputo con chi.
E poi avrebbe ucciso lui.
«Esco anch' io stasera, Peter!» gli gridai.
Emise un urletto eccitato da bambina deficiente.
«Con chi?» chiese.
«Sei una comare di paese! Non te lo dico! Piuttosto... aiutami a trovare qualcosa da mettermi!»
«Ssssubito signora!» mi rispose aprendo l'armadio, ormai l'avevo raggiunto.
«Pizzeria, discoteca o ristorante?»
«Pizzeria.»

«Bella o comoda?»
«Comoda.» sbuffai.
«Bella.» mi riprese. Poi sussurrò qualcos'altro che sembrava un 'anto u ei emre' o almeno, questo è quello che capii.
Mi tirò fuori dei pantaloncini e una camicetta fatta a veli che non sapevo neanche di avere.
«È un outfit 
eccellente!» Strillò tutto eccitato.
«Ma Louis, non mi copre niente questa cosa!» Protestai.
«Sei una suora, Wendy!» sbuffò.
Non gli davo soddisfazione.
«Ci metterai questa sotto, ok?» era una 
sottilissima cannottiera.
Era il massimo che ero riuscita ad ottenere.
«Grazie» gli sorrisi riconoscente.
«E dimmi, chi è?»
Senza rispondergli, me ne andai.


La sera arrivò presto e entrambi cominciammo a prepararci.
In casa c'era confusione.
«Wendy, stasera casa è tutta tua, io troverò un altro posto, ok?» riusciva a stento a trattenere le risate.
Lo maledissi piano.
«A parte gli scherzi... io vado, ok? Ci vediamo domattina, forse.» sorrise e gli baciai una guancia, e si avviò.
Neanche due minuti dopo, c'era Uncino fuori la porta.
Andammo e ci sedemmo, ordinammo e mangiammo.
Era soprattutto lui che parlava, più che altro perché beveva molto.
Mi ricordava mia madre.
Mi faceva schifo.
«Sai, io qui neanche ci volevo venire, con te, poi! È solo che ho perso una scommessa...» si lasciò sfuggire.
Andai in bagno con dietro il cellulare solo per essermi data della stupida.
Poco dopo entrò anche Mark, ma non ci sarebbe dovuto essere.
Era il bagno delle donne.
Capii le sue intenzioni e non ebbi il tempo di gridare.
Con il suo pezzo di metallo lacerò la camicetta.
Fece la stessa cosa per i pantaloncini, però per quelli fu più difficile e mi lasciò moltissimi tagli.
Abusò di me.
E nessuno, 
nessuno entrò nel bagno. 
Come se sapessero.
Forse era proprio così.
Quando se ne andò, piansi ancora più forte e chiamai Louis.
«Lou... vieni.... ti prego...» gli diedi alla buona le indicazioni.
Ero costantemente interrotta dai singhiozzi.
Quando arrivò, avevo cercato di coprirmi alla bell'e meglio, ma ogni mio movimento faceva un male cane.
«Scusa.» mi sussurrò.
Forse perché ero nuda, forse perché lo aveva permesso.
Non lo so.
Mi portò all'ospedale, e rimase con me tutta la notte, tenendomi la mano.
Era l'unica cosa che riuscivo a percepire.
Il resto era buio.
Quando mi svegliai, accanto a Louis c'erano anche Alfred e Penny, i genitori i Louis, che avevano preso me come una figlia.
«Mi dispiace.» riuscii a sussurrare con una vocina flebile flebile.
«Ssh, non ti devi scusare di nulla, tesoro. Di nulla.» mi rispose affettuosa Penny.
Louis aveva cominciato a mangiarsi le unghie e d'improvviso, lasciò bruscamente la mia mano e si alzò.
Si diresse fuori.
Alfred l'aveva seguito e potevo sentirlo chiaramente piangere.
Una lacrima silenziosa scese anche a me.
Dopo un po' Alfred e Penny se ne andarono.
Rimase solo Louis. 
Non se la sentiva a lasciarmi sola. 
Così disse.
Anche se lui evitava il mio sguardo, il mio era sempre puntato su di lui. 
Implorante perdono, per non avergli detto nulla.
«Smettila di guardarmi così, Wendy. Mi uccidi.» disse piano.
E per la prima volta dopo ore, mi guardò.
«Vieni qui.» gli dissi.
Obbedì, e  mi ritrovai appoggiata al petto del mio migliore amico.
«Ho interrotto qualcosa, ieri notte?» chiesi.
Lui sbuffò quasi divertito. «Anche se fosse, non avrebbe 
alcun significato. Lo sai, vero?»
Mi strinsi di più al suo corpo caldo, ringraziandolo.

Il lunedì pomeriggio mi avevano fatto uscire e Louis era sempre stato lì con me.
Restai a casa anche il martedì, ma Louis doveva andare a scuola, così mi lasciò sola.
Mi addormentai.
Lo sognai, sognai l'altra sera.
Urlavo e gridavo come un'ossessa.
«Va tutto bene... va tutto bene... » non mi ero neanche accorta che Lou era lì vicino a me a coccolarmi.
Forse avevo dormito tutto il giorno.
Tremavo.
«Lasciami.» ordinai secca a Louis che mi stava abbracciando.
Mi guardava interrogativo.
«Ora.»
Non volevo essere toccata.
Mi dava fastidio.
Se poco prima volevo il contatto fisico per sapere che andava tutto bene, ora non più.
Mi alzai dal divano, incurante del dolore atroce.
Louis fece per fermarmi ma si bloccò.
Vidi la paura sul suo viso.
Uscii di casa con l'intenzione di farmi una passeggiata, ma il corpo faceva troppo male.
Mi sedetti in giardino.
Restai lì per un bel po', ma almeno ero all'aria fresca.
Era bello, stare così.
Sola.


Quella sera andai a letto prestissimo, senza mangiare.
Non avevo fame.
Però, era inutile cercare di prendere sonno, non ci riuscivo.
Quando sentii Louis salire dalle scale, feci finta di essere addormentata.
Mi rigirai e rigirai.
Ero più che sveglia.
Dopo un po' che anche Lou era a letto, pensai che si fosse addormentato, dato che era immobile e mi dava la schiena.
«Louis, sei sveglio?» sussurrai, incapace di trattenermi.
«Sì.» al contrario di quanto immaginavo, la sua voce era chiara e per nulla assonnata.
«Possiamo unire i letti?» gli chiesi. 
Posso sembrarvi impazzita, ma ero solo emotivamente instabile.
Si girò a guardarmi in modo strano.
Mi guardava forse con disprezzo?
Mi scese una lacrima, una sola.
«Ok, non fa niente. Ho capito.»
E mi rigirai, dandogli le spalle.
Poco dopo sentii il letto singolo spostarsi e affiancarsi al mio.
Louis mi venne vicino e fece per abbracciarmi, potevo sentire la sua pelle che sfiorava la mia.
Esitò, forse ricordando cosa gli avevo detto oggi pomeriggio, ma restai immobile, per non farlo andare via.
E mi abbracciò da dietro.
E sentii qualcosa, alla bocca dello stomaco, contorcersi.

Avevo fame?
No, in realtà sapevo cos' avevo, e mi girai , abbracciandolo anch'io, mettendogli le braccie intorno al collo.
Mi sentii stringere con più forza, come se Louis si dovesse aggrappare all'unica cosa reale intorno a lui.
Poi, improvvisamente, lo sentii scoppiare a piangere, come un bambino, come aveva fatto all'ospedale.
«Scusa, scusami Wendy, non sarei dovuto andare venerdì, non avrei dovuto lasciarti andare... io... - si fermò un attimo - io ti amo, Wendy.» mi sussurrò.
Mi sciolsi dal suo abbraccio.
Lo guardai bene negli occhi, così puri, così chiari, così 
belli.
Gli asciugai le lacrime con il mio piccolo pollice, che mi mandò una fitta, ricordo costante di quel maledetto venerdì.
Chiusi un attimo gli occhi, per il dolore e mi ritrovai le sue labbra sulle mie.
Come si dice? Carpe Diem.

Cogli l'attimo.
E lui l'aveva colto.
In pieno.
Non ci pensai, ricambiai il bacio e basta.
«Perché non me lo hai detto? Insomma, ero io quella senza nessuno dietro.» gli chiesi piano quando ci fummo staccati.
«Avevo paura, Wendy. Ma l'importante è che sono qui ora, no?» mi sorrise, felice.
«Peter, tu sei sempre stato qui, questa è casa tua!» lo feci ridere, ma risi anch'io.
«Sai quale vantaggio abbiamo io e te sui veri Peter Pan e Wendy?» mi chiese.
«No.»
«Il fatto che tu non andrai via da me.» mi rispose serio.
Ci credeva.
Ci credeva davvero.

Ci credevo anch'io.



©


Hush just stop.
salve cari, ed eccomi con un'altra os , forse l'ultima o forse no, dato che ne devo scrivere ancora una su harry e una su liam =3.
ci ho messo 2 giorni per scriverla e uno per correggerla, ma il risultato per me è soddisfacente.
il 
anto u ei emre di Louis all'inizio, per chi non fosse riuscito a decifrarlo, è un 'tanto tu lo sei sempre'.
per rendere più "normale" la os ho scelto nomi a casa per la mamma e il papà di lou
voi che ne dite?
a presto,
jawaadsbiscuits.
ex britneysavedme

   
 
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