Tormento
Mi alzo e mi avvicino alla finestra a guardare la pioggia che
viene giù a catinelle, è un modo per cercare di liberarmi da quella cappa spessa che mi avvolge e che è costituita dal suo odore. Non serve a molto, il suo odore è dappertutto
nella stanza, nel letto, ce l’ho addosso, nelle mani, sui vestiti. L’ho tenuta
così stretta e così vicina a me che mi sono “impregnato” di lei.
Pochi minuti prima
avevo scostato il suo corpo dal mio con delicatezza, per non offenderla,
ma in modo deciso e questo, dopo un primo istante in cui l’avevo sentita
irrigidirsi, l’aveva fatta ridere, così si era alzata e aveva detto “Visto che
non mi vuoi, vado a farmi una doccia, ho bisogno di darmi una rinfrescata dopo
la scarpinata di oggi”. Avevamo fatto una lunga passeggiata fino al nostro
prato, approfittando della mattinata di sole che mi costringeva ad evitare
sguardi indiscreti. Così avevo sorriso
anch’io e l’avevo lasciata andare, facendo uno sforzo che, con una bravura da
attore consumato quale sono, non le avevo neanche fatto intravedere.
A cosa servirebbe d’altronde lasciarle intendere l’intensità
del mio desiderio? A cosa lasciare trapelare il dolore quasi fisico che devo
dominare per allontanarmi da lei e non mettere a rischio la sua vita e la mia
pace? Se solo si affacciasse a vedere il
baratro dentro cui le mie emozioni si avvitano come in un vortice, ne rimarrebbe inorridita, certamente fuggirebbe
via da me, impaurita dalla forza dei miei istinti più di quanto non sia mai
stata impaurita dalla mia natura disumana.
Il dolore che sento, l’insopportabile senso di privazione che
provo ogni volta che la ragione si impone sul mio istinto e mi fa allontanare
da lei, è il prezzo che devo pagare per essermi abbandonato a questo amore
folle e irragionevole, per averla trascinata nella mia vita di delirio, buio e
solitudine, ma non voglio che lei viva questo lato oscuro del nostro rapporto,
basta che sia io ad espiare questa colpa, con la frustrazione della rinuncia,
con il continuo e lacerante controllo sui miei sensi.
Per lei, nei limiti consentiti dall’anormalità della nostra
situazione, anormalità che per onestà le ho sempre fatto cogliere nelle sua
interezza, voglio che ci sia solo gioia, luce, allegria, desiderio anche,
certo, ma non diversamente da quello che un’adolescente può provare per il suo primo, grande amore. Voglio che sia io
solo a vivere fino in fondo la violenza della passione repressa, la lotta
continua e struggente tra ciò che si è e ciò che si vuole essere, voglio
percorrere da solo il labirinto in cui vago alla ricerca della parte più vera
di me stesso, o di quella più presentabile.
Ma mi chiedo se è
proprio vero che non intuisce quello che mi tormenta? Davvero non coglie in quali sentieri tortuosi
e oscuri la mia anima si perde? Mi sembra che credere questo significhi fare un
torto alla sua intelligenza e alla sua sensibilità. Bella non è affatto
superficiale, anzi ha un intuito sorprendente per un umano. A volte ho la
sensazione che i suoi occhi ardano dello stesso fuoco che consuma me, mi assale
il dubbio che l’ironia che a tratti sfodera, le battute che smorzano un momento
di tensione non siano del tutto casuali, ma che lei stessa, intuendo la
precarietà del mio equilibrio, voglia tendermi una mano, voglia aiutarmi a …. venire
fuori dalla mia vertigine. Chissà! … Dolce …. misteriosa Bella.
Di una cosa sono assolutamente certo, vedo nei suoi occhi, quando si annebbiano per un
abbraccio troppo intenso, o per le mie carezze, il desiderio affiorare e sento
i muscoli del suo corpo allentarsi, come se volesse finalmente cedere e darsi.
E’ In quel momento che il mostro che è in me è pronto a
prendere il sopravvento, e in che modo! Il desiderio di smarrirmi nel calore
del suo corpo mi stordisce, come pure il desiderio di lacerare con i miei denti
la pelle sottile del suo collo e bere di lei fino ad inebriarmi …. ed è a
questo punto che fuggo da lei, che mi ritraggo, scosso da tanta bramosia,
terrorizzato dalla consapevolezza che il mio amore è, per la mia dannazione,
inestricabilmente legato a tanto orrore.
Se solo trovassi il modo di tracciare una separazione netta
tra queste pulsioni, potrei forse
imparare … tentare … provare a tenere a bada quella più pericolosa e annegare
nel suo corpo senza più paura di poterle fare del male.
Non sono mai stato felice di essere quello che sono, ma con
il tempo avevo imparato ad accettarmi: riuscire a domare la parte più selvaggia
della mia natura mi rendeva orgoglioso di me, mi faceva sentire forte, poi
c’era la mia famiglia che era tutto il mio mondo e che mi ama. Carlisle è così
orgoglioso di me, dei miei successi, in tutti i campi, in particolare nella mia
strenua adesione al nostro stile di vita, ed Esme da ogni
punto di vista è per me la madre che non aveva potuto essere per suo figlio,
eppure … eppure tutto questo ad un tratto non basta più, non basta più a non
farmi avere ribrezzo di me stesso, a non farmi detestare la mia natura di
creatura immonda. Quale valore possono più avere per me la forza di cui godo,
la bellezza con cui è scolpito il mio corpo, l’immortalità! Se queste sono
esattamente le cose che mi separano irrimediabilmente dall’unica donna che
nella mia lunga vita abbia mai amato, abbia mai desiderato, come un uomo ama e
desidera una donna.
L’aria fresca di pioggia che entra dalla finestra aperta mi
rivitalizza, mi sembra di riuscire
pensare con maggiore chiarezza, di avere dissipato la nebbia che mi
avvolgeva togliendomi la capacità di pensare e di agire, sento che è il momento
di andarmene, se aspetto che torni non
avrò più la forza di staccarmi da lei, ma il pensiero del dolore che proverebbe
non trovandomi mi paralizza e annienta la mia risoluzione. Debole … debole
risoluzione in verità. Perché io sono
debole, io la creatura
indistruttibile, il predatore feroce, sono preda,
sono reso preda dall’amore che sento per questa donna, dall’amore che
affievolisce la mia volontà, che
azzera decisioni che un attimo prima sembravano irrevocabili, che
illanguidisce il mio corpo se soltanto la sfioro o la guardo negli occhi. Come
… come ricomporre la mia vita alla luce di questa presenza nuova e inattesa?
Come dominare il mio istinto più feroce per non rischiare la vita di colei che amo?
Come amare ed essere amato in modo naturale? Come lasciarsi andare interamente
e senza avere paura, ad un sentimento che è puro, forte, appagante?
All’improvviso sento le sue braccia intorno a me e la sua
testa che si appoggia sulla mia schiena.
“Edward, non mi hai sentita arrivare, mi preoccupo sempre
quando ti vedo così assorto nei tuoi pensieri da non prestare attenzione a
quello che succede intorno a te”
Ero così immerso nei miei pensieri che non l’ho sentita
entrare e così il suo abbraccio riesce a farmi sussultare.
“Non pensavo a niente di particolare, solo a come gli eventi
cambiano il valore delle cose”
“Che vuoi dire? Non riesco a seguirti e questo mi preoccupa.”
Mi giro e la abbraccio “Non c’è nulla di cui preoccuparsi.
Stai tremando di freddo”
“Per forza, come ti è venuto in mente di aprire la finestra
con questo tempo?”
“Scusa, hai ragione, mi piaceva sentire l’odore della
pioggia, ma perché non ti sei tolta quest’accappatoio bagnato?”
Ha ancora un brivido “Sono venuta a prendere il mio pigiama,
l’ho dimenticato qui. Adesso vado a cambiarmi” e fa per allontanarsi. La
stringo un po’ di più: “Un momento, solo un momento”.
I pori della sua pelle dilatati dal calore dell’acqua emanano
un profumo che mi stordisce, mi chino a baciarle l’incavo del collo, più caldo
e morbido che mai. Ho bisogno del suo calore, della sua pelle soffice, è come
una droga, non riesco a farne a meno. La prendo in braccio e lei poggia la testa sulla mia spalla, aggrappandosi con le
braccia al mio collo, sento il suo fiato caldo sulla pelle. Mi avvicino al
letto e la poggio con delicatezza, mi rivolge uno sguardo leggermente
interrogativo forse anche di attesa, ma è fiduciosa, il mio silenzio
probabilmente la incuriosisce, vorrei rassicurarla dirle” Voglio solo guardarti
e stringerti per sentire ancora una volta il tuo calore e il tuo corpo morbido”
ma non riesco a parlare, sono talmente
immerso nella percezione del suo corpo contro il mio, così pieno di emozioni
che mi turbano che non posso mettere i miei pensieri sotto forma di parole.
Spero che capisca.
Le accarezzo il volto scostandole i capelli dalla fronte, lei
ha le mani nei miei capelli e attira il
mio viso verso il suo sporgendo il mento per raggiungere prima le mie labbra,
neanche lei parla, sente che il momento è cruciale per noi, la bacio ma non mi
fermo sulle sue labbra socchiuse, scendo con le mie sul suo collo, sul petto
dove mi fermo, con un gemito che non riesco a reprimere, ad ascoltare il suo
cuore, pericolosamente vicino alla
rotondità che segna l’attaccatura del seno, scendo ancora e poso le
labbra all’inizio del solco che separa i suoi seni, la sento fremere, alza la
gamba per stringermi a sé facendo così scivolare il lembo dell’accappatoio, mi
sento gelare, ma la mia mano si posa già sulla sua coscia e comincia a salire
verso i suoi fianchi … mio Dio … mio Dio
… mio Dio, amore mio in quale abisso mi stai trascinando, verso quale abisso ti
sto portando io … Un guizzo improvviso della mia coscienza mi spinge ad
allontanarmi da lei e a guardarla, ha gli occhi chiusi e le mani sono ancora
avvinghiate a me per attirarmi verso di lei, sento le tempie che mi scoppiano e
il veleno che mi riempie la bocca … le afferro i polsi e mi stacco dal suo
abbraccio, non sono capace di formulare parole coerenti, l’unico pensiero che
mi trafigge il cervello come una lama infuocata è “fuggi via da lei … fuggi via
da lei … presto … subito”. Riesco solo a dirle “Perdonami … io … non posso … perdonami” e prima che lei apra
gli occhi e si renda conto di ciò che è successo, sono già nella foresta, corro
… corro via da lei, da me … da ciò che sono e da ciò che non potrò mai
essere.