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Autore: merylynn    25/05/2007    7 recensioni
Mi alzo e mi avvicino alla finestra a guardare la pioggia che viene giù a catinelle, è un modo per cercare di liberarmi da quella cappa spessa che mi avvolge e che è costituita dal suo odore. Non serve a molto, il suo odore è dappertutto nella stanza, nel letto, ce l’ho addosso, nelle mani, sui vestiti
Genere: Romantico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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tormento

Tormento

 

Mi alzo e mi avvicino alla finestra a guardare la pioggia che viene giù a catinelle, è un modo per cercare di liberarmi da quella cappa  spessa che mi avvolge e che è  costituita dal suo odore.  Non serve a molto, il suo odore è dappertutto nella stanza, nel letto, ce l’ho addosso, nelle mani, sui vestiti. L’ho tenuta così stretta e così vicina a me che mi sono “impregnato” di lei.

Pochi minuti prima  avevo scostato il suo corpo dal mio con delicatezza, per non offenderla, ma in modo deciso e questo, dopo un primo istante in cui l’avevo sentita irrigidirsi, l’aveva fatta ridere, così si era alzata e aveva detto “Visto che non mi vuoi, vado a farmi una doccia, ho bisogno di darmi una rinfrescata dopo la scarpinata di oggi”. Avevamo fatto una lunga passeggiata fino al nostro prato, approfittando della mattinata di sole che mi costringeva ad evitare sguardi indiscreti. Così  avevo sorriso anch’io e l’avevo lasciata andare,  facendo uno sforzo che, con una bravura da attore consumato quale sono, non le avevo neanche fatto intravedere.

A cosa servirebbe d’altronde lasciarle intendere l’intensità del mio desiderio? A cosa lasciare trapelare il dolore quasi fisico che devo dominare per allontanarmi da lei e non mettere a rischio la sua vita e la mia pace? Se  solo si affacciasse a vedere il baratro dentro cui le mie emozioni si avvitano come in un vortice, ne  rimarrebbe inorridita, certamente fuggirebbe via da me, impaurita dalla forza dei miei istinti più di quanto non sia mai stata impaurita dalla mia natura disumana.

Il dolore che sento, l’insopportabile senso di privazione che provo ogni volta che la ragione si impone sul mio istinto e mi fa allontanare da lei, è il prezzo che devo pagare per essermi abbandonato a questo amore folle e irragionevole, per averla trascinata nella mia vita di delirio, buio e solitudine, ma non voglio che lei viva questo lato oscuro del nostro rapporto, basta che sia io ad espiare questa colpa, con la frustrazione della rinuncia, con il continuo e lacerante controllo sui miei sensi.

Per lei, nei limiti consentiti dall’anormalità della nostra situazione, anormalità che per onestà le ho sempre fatto cogliere nelle sua interezza, voglio che ci sia solo gioia, luce, allegria, desiderio anche, certo, ma non diversamente da quello che un’adolescente può provare per  il suo primo, grande amore. Voglio che sia io solo a vivere fino in fondo la violenza della passione repressa, la lotta continua e struggente tra ciò che si è e ciò che si vuole essere, voglio percorrere da solo il labirinto in cui vago alla ricerca della parte più vera di me stesso, o di quella più presentabile.

 Ma mi chiedo se è proprio vero che non intuisce quello che mi tormenta?    Davvero non coglie in quali sentieri tortuosi e oscuri la mia anima si perde? Mi sembra che credere questo significhi fare un torto alla sua intelligenza e alla sua sensibilità. Bella non è affatto superficiale, anzi ha un intuito sorprendente per un umano. A volte ho la sensazione che i suoi occhi ardano dello stesso fuoco che consuma me, mi assale il dubbio che l’ironia che a tratti sfodera, le battute che smorzano un momento di tensione non siano del tutto casuali, ma che lei stessa, intuendo la precarietà del mio equilibrio, voglia tendermi una mano, voglia aiutarmi a …. venire fuori dalla mia vertigine. Chissà! … Dolce …. misteriosa Bella.

Di una cosa sono assolutamente certo, vedo nei  suoi occhi, quando si annebbiano per un abbraccio troppo intenso, o per le mie carezze, il desiderio affiorare e sento i muscoli del suo corpo allentarsi, come se volesse finalmente cedere e darsi.

E’ In quel momento che il mostro che è in me è pronto a prendere il sopravvento, e in che modo! Il desiderio di smarrirmi nel calore del suo corpo mi stordisce, come pure il desiderio di lacerare con i miei denti la pelle sottile del suo collo e bere di lei fino ad inebriarmi …. ed è a questo punto che fuggo da lei, che mi ritraggo, scosso da tanta bramosia, terrorizzato dalla consapevolezza che il mio amore è, per la mia dannazione, inestricabilmente legato a tanto orrore.

Se solo trovassi il modo di tracciare una separazione netta tra queste  pulsioni, potrei forse imparare … tentare … provare a tenere a bada quella più pericolosa e annegare nel suo corpo senza più paura di poterle fare del male.

Non sono mai stato felice di essere quello che sono, ma con il tempo avevo imparato ad accettarmi: riuscire a domare la parte più selvaggia della mia natura mi rendeva orgoglioso di me, mi faceva sentire forte, poi c’era la mia famiglia che era tutto il mio mondo e che mi ama. Carlisle è così orgoglioso di me, dei miei successi, in tutti i campi, in particolare nella mia strenua adesione al nostro stile di vita, ed Esme   da ogni punto di vista è per me la madre che non aveva potuto essere per suo figlio, eppure … eppure tutto questo ad un tratto non basta più, non basta più a non farmi avere ribrezzo di me stesso, a non farmi detestare la mia natura di creatura immonda. Quale valore possono più avere per me la forza di cui godo, la bellezza con cui è scolpito il mio corpo, l’immortalità! Se queste sono esattamente le cose che mi separano irrimediabilmente dall’unica donna che nella mia lunga vita abbia mai amato, abbia mai desiderato, come un uomo ama e desidera una donna.

L’aria fresca di pioggia che entra dalla finestra aperta mi rivitalizza, mi sembra di riuscire  pensare con maggiore chiarezza, di avere dissipato la nebbia che mi avvolgeva togliendomi la capacità di pensare e di agire, sento che è il momento di andarmene, se aspetto che  torni non avrò più la forza di staccarmi da lei, ma il pensiero del dolore che proverebbe non trovandomi mi paralizza e annienta la mia risoluzione. Debole … debole risoluzione in verità. Perché io sono debole, io la creatura indistruttibile, il predatore feroce, sono preda, sono reso preda dall’amore che sento per questa donna, dall’amore che affievolisce la mia volontà,  che azzera   decisioni che un  attimo prima sembravano irrevocabili, che illanguidisce il mio corpo se soltanto la sfioro o la guardo negli occhi. Come … come ricomporre la mia vita alla luce di questa presenza nuova e inattesa? Come dominare il mio istinto più feroce  per non rischiare la vita di colei che amo? Come amare ed essere amato in modo naturale? Come lasciarsi andare interamente e senza avere paura, ad un sentimento che è puro, forte, appagante?

All’improvviso sento le sue braccia intorno a me e la sua testa che si appoggia sulla mia schiena.

“Edward, non mi hai sentita arrivare, mi preoccupo sempre quando ti vedo così assorto nei tuoi pensieri da non prestare attenzione a quello che succede intorno a te”

Ero così immerso nei miei pensieri che non l’ho sentita entrare e così il suo abbraccio riesce a farmi sussultare.

“Non pensavo a niente di particolare, solo a come gli eventi cambiano il valore delle cose”

“Che vuoi dire? Non riesco a seguirti e questo mi preoccupa.”

Mi giro e la abbraccio “Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Stai tremando di freddo”

“Per forza, come ti è venuto in mente di aprire la finestra con questo tempo?”

“Scusa, hai ragione, mi piaceva sentire l’odore della pioggia, ma perché non ti sei tolta quest’accappatoio bagnato?”

Ha ancora un brivido “Sono venuta a prendere il mio pigiama, l’ho dimenticato qui. Adesso vado a cambiarmi” e fa per allontanarsi. La stringo un po’ di più: “Un momento, solo un momento”.

I pori della sua pelle dilatati dal calore dell’acqua emanano un profumo che mi stordisce, mi chino a baciarle l’incavo del collo, più caldo e morbido che mai. Ho bisogno del suo calore, della sua pelle soffice, è come una droga, non riesco a farne a meno. La prendo in braccio e lei poggia la  testa sulla mia spalla, aggrappandosi con le braccia al mio collo, sento il suo fiato caldo sulla pelle. Mi avvicino al letto e la poggio con delicatezza, mi rivolge uno sguardo leggermente interrogativo forse anche di attesa, ma è fiduciosa, il mio silenzio probabilmente la incuriosisce, vorrei rassicurarla dirle” Voglio solo guardarti e stringerti per sentire ancora una volta il tuo calore e il tuo corpo morbido” ma non riesco a parlare,  sono talmente immerso nella percezione del suo corpo contro il mio, così pieno di emozioni che mi turbano che non posso mettere i miei pensieri sotto forma di parole. Spero che capisca.

Le accarezzo il volto scostandole i capelli dalla fronte, lei ha le mani nei miei capelli e  attira il mio viso verso il suo sporgendo il mento per raggiungere prima le mie labbra, neanche lei parla, sente che il momento è cruciale per noi, la bacio ma non mi fermo sulle sue labbra socchiuse, scendo con le mie sul suo collo, sul petto dove mi fermo, con un gemito che non riesco a reprimere, ad ascoltare il suo cuore, pericolosamente vicino alla  rotondità che segna l’attaccatura del seno, scendo ancora e poso le labbra all’inizio del solco che separa i suoi seni, la sento fremere, alza la gamba per stringermi a sé facendo così scivolare il lembo dell’accappatoio, mi sento gelare, ma la mia mano si posa già sulla sua coscia e comincia a salire verso i suoi fianchi … mio Dio  … mio Dio … mio Dio, amore mio in quale abisso mi stai trascinando, verso quale abisso ti sto portando io … Un guizzo improvviso della mia coscienza mi spinge ad allontanarmi da lei e a guardarla, ha gli occhi chiusi e le mani sono ancora avvinghiate a me per attirarmi verso di lei, sento le tempie che mi scoppiano e il veleno che mi riempie la bocca … le afferro i polsi e mi stacco dal suo abbraccio, non sono capace di formulare parole coerenti, l’unico pensiero che mi trafigge il cervello come una lama infuocata è “fuggi via da lei … fuggi via da lei … presto … subito”. Riesco solo a dirle “Perdonami … io …  non posso … perdonami” e prima che lei apra gli occhi e si renda conto di ciò che è successo, sono già nella foresta, corro … corro via da lei, da me … da ciò che sono e da ciò che non potrò mai essere. 

     

 

 

   

 

  
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