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Autore: giambo    07/11/2012    6 recensioni
Un guerriero tormentato dai sensi di colpa.
Una cyborg incapace di lasciarsi alle spalle un passato di morte, dolore e follia.
Un mondo che cerca, dopo il Cell-Game, di ripartire.
Rabbia, dolore, sensi di colpa, amore, eros, follia.
Sono questi sentimenti che stanno provando gli eroi di questo mondo.
Sta a loro cercare un motivo per andare avanti e ricostruire questo mondo, oppure lasciarsi andare nell'oblio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Crilin | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 22

Crilin osservò, con occhio attento, un branco di cervi che si stava riposando in una delle tanti vallate dei monti Paoz. Il suo obbiettivo era una giovane femmina con una ferita abbastanza grave ad una zampa. Era strano che non fosse già finita preda di qualche orso o lupo, ma per il terrestre era meglio così. Gli avrebbe risparmiato la fatica di cacciare un esemplare sano e nel pieno delle forze.

“Stai attento. Tra pochi minuti avremo il vento a sfavore, e sarà allora che dovremo colpire.” La voce di Gohan risuonò vivida e chiara dentro la sua mente.

“Sei sicuro?” rispose il piccolo guerriero usando, a sua volta, la telepatia.

“In questo periodo dell’anno, a quest’ora, il vento soffia sempre da est.”

Crilin annuì ed interruppe il contatto. Si preparò a scattare stiracchiandosi silenziosamente le gambe contratte da ore. Presto avrebbe dovuto essere il più veloce possibile. Un brivido involontario lo scosse in tutto il corpo. L’autunno era già arrivato su quelle montagne.

Era mattina presto. Il sole si stava alzando lentamente sopra le cime dei monti Paoz. Una leggera nebbiolina aleggiava ancora in alcune conche profonde che ornavano la selvaggia catena di monti, mentre il verde cupo dei boschi veniva illuminato dalla pallida luce del sole di fine settembre.

In quel momento, una leggera brezza cominciò a soffiare alle spalle di Crilin, facendo muovere il leggero strato di nebbia che aleggiava nella vallata. Immediatamente, il terrestre si preparò a scattare.

Appena la brezza arrivò ad accarezzare il manto dei cervi, quest’ultimi si agitarono. Percependo l’odore del terrestre come l’odore di un possibile pericolo, il branco scattò in piedi, pronto a scappare appena si fosse manifestato il pericolo.

“ORA!” urlò telepaticamente Gohan.

Subito dopo, Crilin scese dall’albero da dove aveva aspettato per tutto quel momento, e si diresse velocemente verso il branco. Quest’ultimo, appena ebbe notato il piccolo guerriero, scappò dalla parte opposta. La femmina che interessava ai due amici era in fondo al branco dato che, a causa della ferita, faceva fatica a reggere il ritmo dei suoi simili.

Crilin non forzò l’andatura, limitandosi a tenersi vicino al branco e a spingerli verso l’imboccatura della valle. Infatti, quando i cervi cominciarono ad emergere dal folto del bosco, Gohan uscì allo scoperto. Con una rapida mossa, il giovane si diresse verso la preda che avevano localizzato la sera precedente e la immobilizzò, senza sforzo apparente, con le braccia.

Terrorizzata, la giovane femmina tentò di liberarsi con tutte le proprie forze dalla presa del ragazzo, fallendo ogni volta. Dal canto suo Gohan, una volta aver bloccato l’animale con il braccio sinistro, prese con l’altra mano il collo dell’animale e lo ruppe con uno schiocco secco. Quasi subito l'animale smise di lamentarsi e di agitarsi, mentre la vita fuggiva velocemente dai suoi scuri occhi liquidi.

Solo allora Crilin raggiunse l’amico. Nonostante anche lui da giovane aveva cacciato spesso per sopravvivere, negli ultimi anni, forse anche perché era stato viziato da quel punto di vista, non provava più gusto ad uccidere gli animali di mano propria. Non criticava le persone che lo facevano per sopravvivere. Solo che, ora che aveva una casa dove abitare, non si sentiva più giustificato a macchiarsi le mani con il sangue di quegli animali.

“Sempre così veloce ad ucciderli? Scommetto che è stato tuo padre a suggerirti di rompere subito l’osso del collo per farli fuori. Lui era un vero esperto di caccia da giovane.” Dichiarò il terrestre avvicinandosi all’amico.

“Beh…sì, è stato lui a dirmi tutto su come cacciare gli animali.” Disse il giovane saiyan mentre si caricava la carcassa sulle spalle. “Anche se, ad essere sincero, lui mi ha fatto solo delle spiegazioni teoriche. La pratica l’ho dovuta fare da solo nel deserto in cui mi aveva abbandonato Piccolo.”

“Immaginavo che fosse andata così. Goku non è mai stato un bravo maestro. Era in gamba, ma agiva quasi sempre di istinto, e non sapeva spiegarti il perché di una sua determinata azione quando cacciava. Agiva e basta.”

“Sì, lo sospettavo.”disse con tono pensieroso il ragazzo mentre cominciava ad imboccare un piccolo viottolo per uscire dalla valle.

“Torniamo a piedi, così arriviamo giusti per la colazione.” Spiegò al compagno. Crilin annuì.

Le prime miglia furono percorse in silenzio, ognuno immerso profondamente nei propri pensieri. In quel momento, per entrambi, il silenzio e la quiete erano dei balsami purificanti per le loro menti. Nel frattempo, camminando di buon passo, l’ambiente attorno a loro cambiò velocemente. Lo stretto viottolo che stavano seguendo si arrampicava sinuoso lungo il fianco occidentale della valle, rendendoli così esposti ai pallidi raggi solare. Una volta arrivati in cima, i due amici continuarono a seguire lo stesso tracciato, che deviava in maniera netta verso sud. In quella direzione, se si aguzzava lo sguardo, era possibile notare in lontananza un piccolo altopiano circondato da due irte montagne boscose. Su quel piccolo spiazzo di terreno piano sorgeva la casa che Goku aveva ereditato da suo nonno anni prima.

“Crilin.” Disse ad un tratto il giovane saiyan, rompendo la pace e il silenzio che li circondava.

“Che c’è?”

“Parlami di papà.” Disse a bruciapelo Gohan.

A quella richiesta, l’uomo volse lo sguardo verso l’amico più giovane. Il volto di Gohan era una maschera di pietra. I suoi lineamenti sembravano mostrare più anni di quelli che aveva veramente. Dopo averlo osservato in silenzio per circa un minuto, Crilin parlò di nuovo.

“Che cosa vuoi sapere? Credevo che sapessi ormai tutto di lui.”

“No, e tu sai bene che era impossibile capirlo e comprenderlo del tutto.” Rispose il ragazzo mentre si sistemava meglio il carico sulle spalle. “Però era da parecchio che volevo sapere una cosa su di lui.”

“Sentiamo.” Disse il terrestre con un sorriso.

Il saiyan non parlò subito. Continuarono a camminare in silenzio per qualche minuto, attraverso un piccolo boschetto di larici che cresceva sulle sponde di un ruscello. Quest’ultimo veniva costeggiato dal sentiero che seguivano i due amici per circa tre miglia. Successivamente, il sentiero si inerpicava verso una grossa vetta verso est, mentre il torrente continuava il suo tragitto verso sud fino a costeggiare la casa di Goku.

Fu solamente quando abbandonarono il sentiero, inerpicandosi tra le erbe secche e i rovi, che il ragazzo parlò.

“Come era da piccolo papà?”

Crilin fu leggermente sorpreso da quella domanda, ma, in fondo, se l’aspettava. Da quando suo padre era morto, Gohan aveva iniziato ad avere una morbosa curiosità sul passato di Goku, quasi volesse confrontarsi continuamente con lui. Il terrestre sapeva già cosa rispondere. Tuttavia, non era sicuro che la verità, in quel periodo tormentato della vita di Gohan, fosse la cosa migliore per il suo amico.

“Beh…è difficile rispondere con chiarezza ad una domanda del genere.” Cominciò il piccolo guerriero mentre aggirava un grosso cespuglio di rovi. “Devi capire che io, per lunghi tratti della mia giovinezza, non sono stato a contatto con tuo padre. In effetti, solo lui saprebbe dirti cosa ha fatto di preciso durante i suoi vagabondaggi in gioventù.”

Per tutta risposta, il giovane scrollò le spalle.

“Dimmi quello che sai.” Fu la sua lapidaria replica.

A quelle parole, il terrestre cominciò a riflettere seriamente sulla domanda, accarezzandosi il mento coperto da una leggera peluria. Era da un paio di giorni che non si rasava, e gli effetti visivi si erano già manifestati.

“Tuo padre era un ragazzino incredibile.” Iniziò poi con lentezza. “Era sempre in viaggio per scoprire nuovi posti, e per diventare più forte. L’unico periodo della sua giovinezza in cui non viaggiò fu quando trascorse un anno di allenamento insieme a me dal maestro Muten.”

Sentendo quel nome, Gohan ridacchiò.

“Muten? Quel buffo vecchietto diede lezioni a mio padre?”

“Oh, sì. Era il migliore nel campo delle arti marziali all’epoca. E anche quando Goku ed io terminammo l’allenamento con Muten, quest’ultimo era ancora più forte di noi. Ci sarebbero voluti altri tre anni prima che tuo padre lo superasse. Io, invece, ci avrei messo un po’ di più.” Dichiarò il terrestre.

“In ogni caso, dopo quell’anno di allenamento, io vidi tuo padre di rado. Soprattutto durante i Tornei Tenkaichi a cui partecipavamo. Per il resto, Goku era un mistero per tutti. Scompariva per anni per poi tornare all’improvviso più forte di prima. E prima che noi potessimo abituarci al suo ritorno, lui era già partito per un nuovo viaggio di allenamento. Successivamente, dopo aver viaggiato attorno al mondo per tre anni, tuo padre ebbe l’onore di essere allenato dal Supremo dell’epoca, per via del fatto che aveva sconfitto il padre di Piccolo. Io e gli altri tentammo anche noi di seguire le sue orme, di provare a diventare forti quanto lui.” Un piccolo sorriso cominciò ad aleggiare sulle labbra del piccolo guerriero. Parlare di quei tempi così lontani lo riempiva di nostalgia. “Ma tuo padre aveva veramente una marcia in più. All’epoca si pensava fosse solamente un ragazzo straordinariamente dotato per le arti marziali, solamente quando tuo zio Radish atterrò sulla Terra si comprese da dove provenisse tutto il suo talento nella lotta.”

Gohan ascoltava con grande attenzione il racconto di Crilin. Dagli occhi scuri del ragazzo, il terrestre poteva notare un grande, grandissimo desiderio di poter riabbracciare il padre. Un desiderio così potente che il piccolo guerriero si sorprese che il giovane saiyan potesse controllarlo come se niente fosse.

“Era un brav’uomo.” Dichiarò con tono solenne, ad un tratto, il ragazzo, interrompendo così il racconto dell’amico.

Crilin rimase spiazzato da quel commento. Tuttavia, dopo qualche secondo, al terrestre non rimase che ammettere che Gohan aveva ragione.

“Sì.” Dichiarò mettendo una mano sulla spalla del ragazzo. “Era un brav’uomo.”

Tra i due tornò il silenzio, rotto solamente dal dolce mormorio delle acque del torrente. Entrambi stavano pensando. Tuttavia, anche se non parlarono più fino a destinazione, entrambi sapevano che, tutti e due, rivolgevano i loro pensieri alla stessa persona.

 

Quando arrivarono sul piccolo altopiano dove sorgeva la casa di Goku, il sole si era già alzato del tutto, illuminando di luce le acque azzurre del fiume. La casa dove Gohan e sua madre, insieme al fratellino Goten, vivevano era una casupola a due piani dalla forma circolare. Era tinteggiata di bianco, con un’aggraziata linea orizzontale rossa a dare vivacità all’intonaco. Dietro la casa si trovava un piccolo orticello di verdure coltivato con amorevole cura da Gohan. Qualche metro più a destra, sulle rive del fiume, sorgeva un’antica costruzione di legno ormai scurito dal passare degli anni. Era l’abitazione dove era vissuto il nonno adottivo di Goku. Quando era tornato a vivere sui monti Paoz insieme alla moglie, il saiyan aveva costruito una casa nuova, moderna e più grande. Tuttavia, si era rifiutato di abbattere la casa dove era cresciuto e se ne era preso cura con profonda dedizione durante gli anni in cui era vissuto su quell’altopiano. Compito che, dopo la sua morte, era passato al figlio maggiore Gohan.

Mentre i due amici attraversavano il morbido tappeto d’erba che si estendeva davanti alla costruzione, i due amici videro un sottile filo di fumo alzarsi dal caminetto, segno che Chichi si era già svegliata.

“Tua madre si sarà preoccupata dal nostro ritardo.” Osservò Crilin, riparandosi gli occhi dalla luce emessa dall’astro solare con una mano.

“Sì, temo proprio che ci farà una ramanzina con i fiocchi.” Dichiarò sospirando il giovane. Conosceva troppo bene sua madre per sperare di evitare una terribile sgridata.

“Stai tranquillo! Dirò che è tutta colpa mia. Tanto, entro stasera io torno alla Kame House, mentre tu ci devi vivere tutti i giorni con Chichi.” Disse il piccolo guerriero dando un pacca sulla spalla del suo giovane amico

“Cosa?! Te ne vai di già?! Speravo che rimanessi almeno un altro paio di giorni!” esclamò costernato Gohan.

“Mi dispiace.” Dichiarò sospirando il terrestre. “Ma ho lasciato da solo Muten per troppo tempo. E poi, sono sicuro che tua madre sarebbe d’accordo. Durante questo finesettimana in cui sono stato vostro ospite hai studiato pochissimo.”

“Già, hai ragione.” Dichiarò con tono mogio il ragazzo. “La mamma non mi permetterà di saltare altri giorni di studio.”

Crilin non disse nulla. Si limitò a sorridere con fare comprensivo nei confronti del giovane saiyan. Sotto un certo aspetto, era triste per la sua imminente partenza, ma dall’altro, il piccolo guerriero aveva voglia di rivedere il suo adorato maestro.

Dopo la sua breve chiacchierata con Vegeta, il terrestre aveva pensato a lungo su come risolvere ed affrontare quel nuovo ostacolo che si era messo tra lui e la sua adorata Juu-chan. Alla fine, dopo un’attenta riflessione, Crilin era arrivato alla conclusione che, nelle condizioni in cui si trovavano, toccava a lei fare la prima mossa. Lui avrebbe dovuto aspettare pazientemente il momento in cui C18 si sarebbe fatto di nuovo viva. Non sapeva se ciò avrebbe significato aspettare giorni, settimane o addirittura anni, ma lui non avrebbe messo nessuna pressione o fretta alla cyborg. Quella era una decisione che spettava solamente a lei.

Nel frattempo, per distrarsi, il piccolo guerriero era andato a trovare il suo giovane amico per un fine settimana. Se Gohan era stato entusiasta della prospettiva di passare tre giorni insieme al suo carissimo amico, Chichi era stata meno disposta a distogliere il suo primogenito dagli studi. Tuttavia, alla fine, la donna, che dalla morte del suo adorato marito si era molto addolcita, aveva ammesso che qualche giorno di svago non avrebbe fatto male a Gohan.

Quando i due amici entrarono in casa, un invitante odorino di pane appena sfornato, proveniente dalla cucina, li accolse. Lasciando la carcassa fuori casa, se ne sarebbe occupato Crilin più tardi, Gohan ed il terrestre entrarono silenziosamente nella cucina della piccola casa, per evitare di svegliare il piccolo Goten.

“Buongiorno Chichi.” Esordì educatamente il piccolo guerriero.

“Ciao mamma.” Fece a sua volta il ragazzo.

Chichi non rispose subito. La mora era intenta a preparare la colazione. Di costituzione minuta, Chichi era una bella donna mora che aveva passato da un po' la trentina. Il viso grazioso, un corpo ancora piacente, e dei lucenti capelli neri, raccolti però in una crocchia, le davano un’aria di semplice bellezza molto rara da trovare nelle donne. Tuttavia Chichi, fedelissima al marito defunto e decisa a far completare gli studi al primogenito, non si era mai dedicata alla ricerca di un nuovo compagno né, e questo attenuava la sua bellezza naturale, si era preoccupata di curare il suo aspetto che, con il passare degli anni, tendeva a sciuparsi, anche se molto lentamente.

“Ciao Gohan. Come mai così in ritardo?” domandò all’improvviso la donna senza però interrompere la sua attività.”

“Scusaci mamma, ma era una così bella giornata che abbiamo deciso di fare una passeggiata.” Rispose il ragazzo sedendosi a tavola, imitato subito da Crilin. Sorprendentemente, la donna non aggiunse altro. I due amici si scambiarono un'occhiata sorpresa. Non era da Chichi passare sopra un ritardo o ad una disobbedienza. Per il resto della colazione, che nonostante fosse molto abbondante si svolse in religioso silenzio, terrestre e saiyan si lambiccarono il cervello nel tentativo di capire il perché della docilità della donna. Tuttavia, quando gli ultimi bocconi furono fatti sparire, Chichi agì.

“Bene Gohan.” esordì con tono dolce ma fermo. “Adesso tu andrai a studiare per il resto della mattinata.”

“Ma...mamma...stasera Crilin torna a casa sua...non potrei recuperare domani?” obbiettò timidamente il ragazzo.

“Non se ne parla neanche! Ti sei distratto abbastanza in questi giorni.”

“E Crilin? È un ospite. Non posso lasciarlo da solo tutto questo tempo.”

“Tu non ti preoccupare.” tagliò corto la donna. “Vedrai che gli troveremo da fare qualcosa per questa mattina.”

A questo punto, il giovane saiyan non trovò più alcuna scusa per evitare i suoi pesantissimi libri scolastici. Sospirando, Gohan uscì dalla cucina e se ne andò in camera sua.

“Scusa.” borbottò mogio quando passò affianco all'amico. Per tutta risposta, Crilin sorrise con fare amichevole.

“Non importa.” sussurrò. “Vedrai che sopravvivrò.”

leggermente rincuorato, il moro uscì chiudendosi dolcemente la porta alle spalle.

 

Appena il ragazzino uscì, Chichi decise di mettere le carte in tavola.

“Molto bene.” dichiarò con tono sicuro. “Ora che Gohan è andato in camera sua a studiare puoi parlare liberamente.”

“In che senso parlare liberamente?” domandò perplesso l'uomo.

“Non fare il finto tonto con me.” disse seccamente la mora che, nel frattempo, cominciò a lavare i piatti usati per la colazione. “E' inutile e, oltre tutto, non ti conviene.”

“Mah! Scusami Chichi ma io non ti seguo proprio.” obbiettò confuso il piccolo guerriero. Per tutta risposta, una vena cominciò a pulsare sulla tempia destra della donna. Un segno che Goku, in passato, aveva imparato a temere.

Con uno scatto di rabbia, la donna ruppe con una mano un piatto. Mentre il rumore argentino della ceramica rotta si diffondeva nella cucina, la mora si avvicinò al terrestre con uno sguardo minaccioso.

“Adesso basta sceneggiate!” dichiarò Chichi con decisione. “Non credere di potermi fregare in maniera così banale. Quindi ora voglio una risposta.”

“Ma di che cosa stai parlando Chichi?” chiese sempre più perplesso l'uomo.

La donna si avvicinò a Crilin con fare deciso. Sotto quello sguardo fiero e deciso, il terrestre si fece piccolo piccolo.

“Perché sei venuto qui? So benissimo che C18 non ti permetterebbe mai di assentarti per tutto questo tempo da lei. Non ho voluto parlarne davanti a Gohan. In fondo, lui è ancora piccolo e non capirebbe. Ma ora io esigo una spiegazione. Credo di meritarmela visto che ti ho ospitato in casa mia in questi giorni.”

“Ah....” Crilin rimase spiazzato da quella domanda. Non credeva che Chichi potesse essere così perspicace ed intuitiva. Ma, ad onor del vero, Goku aveva sempre definito sua moglie una donna straordinaria in tutti i sensi. E ora lui ne aveva avuto la prova.

“Beh...ecco...è una storia piuttosto lunga.” dichiarò esitante. Non aveva molta voglia di raccontarla, e sperava di poter convincere Chichi a non insistere. Tuttavia, la donna liquidò la sua timida resistenza con un cenno veloce della mano.

“Abbiamo tutta la mattina.” replicò. “Gohan dovrà studiare e Goten ha già mangiato un paio di ore fa. Non si sveglierà prima di pranzo. Quindi ora parla!”

Non avendo più scuse da usare Crilin cominciò, seppure di controvoglia, a raccontare tutto quello che era accaduto in quegli ultimi giorni.

Le raccontò tutto. Della rivelazione di Bulma, dalla sua reazione all'immortalità di C18 ai giorni passati senza trovare il coraggio di rivelare tutto alla cyborg, della tremenda sfuriata con la bionda in cui era emerso tutto e della sua successiva fuga. Non tralasciò neppure la sua sfuriata con Muten né del suo incontro con Vegeta.

Fu strano per lui parlarne con una persona che, in fondo, conosceva molto poco. Mentre il suo racconto procedeva, la sua mente vagò verso pensieri strani. Pensò al fatto che, nonostante potesse dire di conoscere benissimo suo marito e suo figlio, sapeva poco o niente del carattere e di Chichi come persona in sé. Ad un tratto, verso la fine della sua storia, Crilin ricordò con divertimento di quanto aveva invidiato Goku quando Chichi gli aveva chiesto di sposarla sul ring del 23° Torneo Tenkaichi. In quel momento, per il piccolo guerriero, quegli eventi parevano lontani anni luce. Quasi fossero avvenuti in una vita precedente a quella che stava vivendo.

Chichi ascoltò in silenzio la storia del moro. Mentre il racconto di Crilin proseguiva, la donna finì di rigovernare la cucina. Successivamente, si mise seduta di fronte all'uomo ad ascoltare quel racconto sempre più assurdo ed incredibile.

Alla fine, quando il terrestre terminò la sua storia, nella piccola cucina calò il silenzio. Crilin non si sentiva per niente a suo agio visto che era da più di mezzora che Chichi non la smetteva di fissarlo con un'espressione indecifrabile.

“Beh? Ora sei soddisfatta?” domandò scontroso il piccolo guerriero. Non gli piaceva quello sguardo indagatore.

La madre di Gohan non sembrò farci caso alle parole scortesi del suo ospite. Tutto quello che fece fu di alzarsi e di mettersi a cucinare per il pranzo.

“Ehi! Ma come? Non...non dici niente?” domandò perplesso Crilin.

“Non sono affari miei.” rispose semplicemente la donna. “A me interessava il motivo di questa tua visita. Il resto non sono cose che mi riguardano.”

“Ah...” borbottò l'uomo fra i denti. Dentro di se il moro era parecchio irritato. Aveva penato tanto per raccontare quella pagina cupa e difficile della sua vita solo per poi sentirsi dire che erano problemi suoi. Non era proprio la frase che uno nella sua situazione avrebbe voluto sentirsi dire.

Nella cucina cadde di nuovo un silenzio dato che nessuno dei due aveva voglia di parlare ancora. Ma, alla fine, la curiosità di Crilin ebbe il sopravvento.

“Tu che cosa faresti?” domandò senza osare guardarla negli occhi, mentre si mangiava le parole dalla fretta.

“Che domanda sciocca.” osservò serafica la donna mentre rovistava nella mensola. “Mi pare ovvio: vivrei con l'uomo che amo godendomi il tempo che la vita mi ha donato.”

Nonostante si fosse aspettato quella risposta, Crilin fu deluso. Possibile che nessuno sembrava capire quello che provava dentro di se?

“E quando arriverebbe la tua ora? Non pensi che sarebbe insopportabile per te abbandonare la persona che ami?”

Sentendo quelle parole, Chichi interruppe la sua ricerca per rivolgere il proprio sguardo verso il miglior amico di suo marito. Davanti allo sguardo della donna al piccolo guerriero gli si rizzarono i peli sulle braccia. Quello che leggeva nei brucianti occhi scuri di Chichi era quello che aveva visto centinaia di volte sfavillare nelle iridi chiare di C18. Forza, orgoglio ed amore. Ma soprattutto la volgia fortissima di non arrendersi all'ineluttabile.

“No! Perché anche se non potremo vederci più, saprei che lui mi ama ancora. È questo il vero amore! Un sentimento più forte di qualunque guerriero che niente e nessuno può spezzare!”

Sentendo la moglie del suo migliore amico parlare con tanta enfasi Crilin provò, dentro di se, una sensazione strana. Un misto tra la gioia ed il dolore. Gioia perché era contento, che il suo amico Goku, avesse una moglie tanto devota suoi confronti. Triste perché, per quanto le parole di Chichi fossero vere, dentro di lui sapeva che non sarebbero bastate quelle poche frasi a far tornare tra lui e la bella cyborg tutto come prima di quella terribile rivelazione. Era molto più probabile che C18 lo picchiasse con ferocia, dichiarando che erano tutte stronzate.

No. serviva un'azione concreta per risolvere quel problema, per poter far ritornare tutto alla normalità. L'unico problema era che, a prima vista, era impossibile rendere C18 un essere umano in tutto e non solo nell'aspetto.

 

Il pallido sole che aveva illuminato i monti Paoz per tutta la mattina fu ben presto coperto da nuvole cupe, grigie e dense. Nel primo pomeriggio una pioggia fine cominciò a cadere sugli altopiani della zona, per poi trasformarsi, nel giro di un paio d'ore, in un forte acquazzone autunnale.

A causa del maltempo, Crilin e Gohan passarono il pomeriggio in casa a chiacchierare del più e del meno ed a badare al piccolo Goten. Chichi aveva deciso di approfittare del maltempo per restringere un paio di pantaloni di suo marito per Gohan. Nonostante Goku fosse morto, la donna non aveva buttato via nessuno dei suoi oggetti personali, ma a causa delle ristrettezze economiche in cui viveva con i suoi figli molto spesso era obbligata ad adattare i vecchi vestiti di suo marito per Gohan.

Tuttavia, a parte il brutto tempo, Gohan si divertì moltissimo a vedere l'amico Crilin alle prese con il suo fratellino. Goten infatti trovava di suo gradimento i capelli del piccolo guerriero e non sembrava avesse molta voglia di mollarli.

“Dai piccolo, mollami i capelli per favore. Li ho da troppo poco tempo per permetterti di strapparmeli tutti!” borbottò il terrestre mentre cercava di cavarsi dalla testa il bambino. Quest'ultimo, per tutta risposta, tirò con tutta la sua forza la ciocca nera a cui si era aggrappato. Si sentì il gemito di dolore di Crilin e successivamente, si vide Goten battere le manine tutto contento per il suo nuovo trofeo di guerra.

Fu solamente l'affetto profondo che lo legava al terrestre che impedì a Gohan di scoppiare a ridere.

“Gli piaci.” disse una volta sicuro di poter trattenere le risate. “E anche parecchio da quello che vedo. Non ho mai visto Goten così allegro.”

“I miei capelli un po' meno.” borbottò cupo il moro mentre tentava di tenere distante dalla propria capigliatura il piccolo saiyan.

“Potresti fargli da zio.” aggiunse l'altro mentre osservava Goten piagnucolare. Il bambino sembrava triste dal momento che non riusciva ad afferrare di nuovo il suo nuovo gioco, ovvero i capelli di Crilin.

Quest'ultimo non rispose all'amico, dato che sembrava particolarmente impegnato a tenere lontano il bambino dai suoi capelli. Tuttavia, alla fine, fu costretto ad arrendersi e a permettere a Goten, per la gioia di quest'ultimo, di giocare con la sua capigliatura.

 

Verso sera la pioggia perse d'intensità, fino a cessare del tutto. Un freddo vento da nord si sollevò, stracciando il manto di nubi, ed illuminando con gli ultimi raggi della giornata le cime dei monti Paoz.

Crilin aspirò con forza l'odore di bagnato che aleggiava ancora nell'aria. La serata era fresca, ma non fredda. Sopra di lui le nuvole, imporporate dai raggi dell'astro morente, creavano un gioco di figure mozzafiato. Cattedrali con pinnacoli immensi ornate da figure di gargoyle ed altre statue fantastiche, mostri terribili che combattevano con ferocia immensa tra di loro, il tutto contornato da gigantesche figure astratte composte di pura fantasia.

Era ora di andare. Dopo aver salutato con gentilezza Chichi, e aver salutato con affetto il piccolo Goten, Crilin si trovava sullo spiazzo erboso davanti alla casa di Goku insieme a Gohan.

All'inizio i due amici non parlarono, limitandosi a godersi i rumori e gli odori della serata settembrina. Una grande pace regnava su quel piccolo altipiano sperduto in mezzo alle montagne. Una pace che entrava dolcemente nell'anima dei due guerrieri, lenendo in parte i loro dolori e i loro sensi di colpa.

Tuttavia, alla fine, Gohan si riscosse e ruppe il silenzio che aleggiava nella vallata.

“Salutami C18 quando la vedrai.” disse con tono serio mentre continuava a fissare imperterrito il bosco che si estendeva a fondovalle.

Crilin si limitò ad annuire, pur sapendo che, probabilmente, sarebbe passato parecchio prima che potesse mantenere quella promessa.

Non si dissero altro. Ormai si conoscevano da tanto tempo, e tra di loro non servivano più le parole. Si limitarono ad abbracciarsi con forza, per poi staccarsi quasi subito in preda all'imbarazzo.

“Ok...a-allora io vado.” borbottò il piccolo guerriero. Gohan si limitò ad annuire rosso in volto.

Crilin si alzò lentamente in volo. Poi, una volta raggiunta la quota ideale per volare senza provare troppo freddo, il moro si diresse con grande velocità verso la lontana Kame House.

Gohan rimase ad osservare il suo amico fino a quando non scomparì del tutto dalla sua vista. Solamente allora il giovane saiyan si permise di sospirare con nostalgia. Quei giorni erano stati bellissimi, oltre che inaspettati. Tuttavia, adesso, sarebbe tornato alla sua vita di tutti i giorni.

“Mettiamoci al lavoro.” disse sotto voce mentre rientrava in casa per aiutare sua madre.

 

Crilin era inquieto.

Mentre il vento gelido gli scompigliava i capelli, il terrestre vagò con il pensiero. Volare non era un'attività impegnativa e fu così che, quasi senza accorgersene, il piccolo guerriero si trovò con almeno un'ora di tempo per riordinare i propri pensieri.

La domanda che più gli rimbalzava nel cervello era che cosa fare. Infatti, anche se si era ripetuto mille volte che doveva essere C18 a fare la prima mossa, dentro di lui il terrestre si sentiva malissimo. Si sentiva come se fosse in astinenza da qualcosa, un qualcosa di tossico che la presenza del suo amico Gohan aveva solo coperto, ma non sanato.

Fu in quel momento che Crilin comprese. Che capì che non era il momento di tornare alla Kame House.

C18 gli mancava tanto. Troppo. Desiderava con tutte le sue forze sentire la sua voce calda e armoniosa, assaporare le sue labbra morbide e dolci, sentire sotto le sue mani la sua pelle fresca e levigata. La cyborg era diventata una droga. Un bisogno fisico che gli rodeva come un cancro il fisico e la mente. Il piccolo guerriero rimase sconvolto dall'intensità con cui quell'insolito malessere si fece vivo dentro di lui. Un malessere che, nella silenziosa e tranquilla casetta della Kame House dove aveva passato tanti momenti piacevoli insieme all'androide, si sarebbe di sicuro aggravato. Portandolo fino alla pazzia.

Crilin, all'improvviso, si fermò di colpo. Era indeciso, roso dai dubbi, dal dolore e dalle ferite che si erano aperte nel suo cuore durante la sfuriata che aveva avuto con C18. Erano ferite profonde, che non avevano smesso di sanguinare dentro di lui, stillandogli dolore e tristezza dalla sua anima.

Si morse le labbra. Doveva decidere! Subito! Non poteva rimanere là in mezzo al nulla per sempre. Doveva decidere se tornare dal suo maestro ad aspettare il ritorno di C18, oppure optare per qualcosa di più estremo.

Il tempo passava. Il sole terminò la sua parabola discendente mentre le prime stelle cominciavano a bucare lo scuro manto della notte. Il vento, da nord, cominciò a soffiare da est, portando con se una tiepida brezza proveniente dall'oceano.

Crilin non sapeva che cosa fare. Sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ovvero tornare alla Kame House, ma il terrestre, dentro di se, si sentiva il cuore compresso in una morsa d'acciaio al pensiero di vagare per le stanze silenziose della casa del suo maestro. Senza di lei, anche quel posto solare e pacifico diventava tetro e cupo ai suoi occhi.

Alla fine, vinto dal dolore, Crilin decise. Con un gesto deciso si diresse, con la massima velocità possibile, verso nord.

Se Bulma o qualcuno altro dei guerrieri Z l'avesse visto in quei momenti, probabilmente non l'avrebbe riconosciuto. I suoi occhi scuri erano pieni di feroce determinazione mentre il suo volto era una maschera inespressiva che non lasciava trasparire niente di quello che provava in quel momento.

Continuò a volare senza sosta verso nord per tutta la notte. La temperatura cominciò a scendere con regolarità, il tempo, da sereno, si fece sempre più brutto, tanto che cominciò a cadere qualche fiocco. Sotto di lui scorreva veloce la selvaggia catena dei Monti Paoz ma, dopo mezzanotte, quest'ultima lasciò il posto ad imponenti picchi isolati l'uno dall'altro incappucciati da nevi eterne. Il freddo si fece sempre più intenso ed il terrestre rabbrividì dentro i suoi abiti troppo leggeri per quelle zone. Tuttavia, ben presto, Crilin lo ignorò. Se tutto andava come pensava si sarebbe dovuto abituare a quel clima rigido.

Alla fine, quando i primi raggi del sole cominciarono ad illuminare le vette dei ghiacciai, il piccolo guerriero atterrò in una piccola valle, caratterizzata da un forma stranamente circolare. Il moro dedusse che, in epoche remote, in quel punto sorgeva un lago di origine vulcanica. Piccoli boschetti di alberi sempreverde, appesantiti nei rami da spessi cumuli di neve, abbellivano i margini della valle. Mentre, proprio nel centro, si poteva individuare, nascosto da uno spesso strato di neve, un grosso masso corroso, nel corso dei secoli, dalle forze della natura.

Un volta atterrato, Crilin fece un giro di esplorazione della piccola valle, per familiarizzare con l'ambiente circostante. Cercò di memorizzare il maggior numero di particolari possibili. Dagli anfratti lungo le pareti occidentali della valle, al grosso spuntone di ghiaccio che dominava il lato meridionale di quest'ultima. Alla fine, una volta terminato il suo giro di perlustrazione, il piccolo guerriero tornò affianco al masso centrale.

Stette ad ascoltare il vento che strideva tra le rocce per qualche secondo. Tuttavia, a parte questo rumore, il silenzio era pressoché totale in quella piccola conca sperduta in mezzo ai monti. Faceva molto freddo, anche grazie al fatto che il sole illuminava quel luogo solo per poche ore al giorno. Eppure, per qualche strano motivo, quel freddo non dava fastidio al moro. Anzi, lo rinvigoriva.

Aveva fame, sete e sonno. Ma sapeva che nessuno di quei suoi fabbisogni sarebbe stato soddisfatto nei giorni successivi.

Rimase fermo ad ascoltare l'ululato del vento ancora per qualche minuto. Poi, con uno scatto improvviso, Crilin si tolse tutti gli indumenti che aveva addosso ad eccezione dei pantaloni. Il freddo lo assalì con la forza di un pugno allo stomaco ma il terrestre, sentendo quella sensazione, increspò le labbra in un sorriso inquietante.

Batté lo stivale sotto di se, per saggiare la compattezza della neve. Comprese che non era uno strato molto spesso, e che si sarebbe sciolto in fretta se usava i ki-blast ripetutamente.

Dopo aver appreso anche quest'ultima informazione, Crilin fece un profondo respiro, radunando tutta la propria concentrazione.

Era pronto per il passo estremo.

Distruggersi.

CONTINUA

E finalmente, dopo oltre cinque mesi, aggiorno questa storia! Per prima cosa vorrei scusarmi ma, in questi mesi, ho avuto periodi complicati in cui mi era difficile trovare la passione che desidero avere quando mi metto a scrivere. Tuttavia, ora che il peggio possiamo dire che è passato, cercherò di essere molto ma molto più breve nell'aggiornare. Spero di poter mantenere la promessa :)

Seconda cosa: Anche se con questo capitolo non si va molto avanti con la storia, vi prometto che con il prossimo si risolverò il problema dell'immortalità di C18. Dopo (finalmente potrei dire) inizierà la parte della storia che più di ogni altra volevo scrivere. Ovvero il periodo dell'infanzia di Marron prima dello scontro con Majin bu.

Non so cos'altro dire. Spero che vogliate lasciare un commento, anche critico ovviamente se pensate che sia giusto farmi notare qualche errore. In ogni caso io le accetto molto volentieri dato che reputo ogni consiglio, critica o correzione un modo per migliorarmi.

Un saluto!

P.S: Non so se vi può interessare, ma ho scritto due one-shot su questa coppia ultimamente (“Sotto lo sguardo del mare” e “Se mi provochi ti distruggo”). Se vi va potete andare a dare un'occhiata ad entrambe :)

E dopo questo piccolo spazio di pubblicità (non tanto) occulta ho proprio finito.

 

 

 

  
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