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Autore: Dreamer91    08/11/2012    20 recensioni
E se il destino avesse voluto che in una città tanto grande come New York, due ragazzi dalle vite completamente diverse, finissero con l'abitare a meno di tre metri di distanza... sullo stesso pianerottolo?
Dal Capitolo uno:
"Stai scherzando spero!" mormorai
"Perché scusa? Non ci sono topi né prostitute per strada... per quanto riguarda i vicini non so... non li ho interrogati... però..."
"Sebastian!" lo bloccai passandomi una mano sul viso "Lower East Side... sul serio?"
"Non ti seguo, B..." mi fece visibilmente confuso slacciandosi la cintura
"Bastian dovrò vendermi un rene per pagarmi l'affitto... e quando avrò terminato gli organi, mi toccherà scendere in strada e fare compagnia a quelle famose prostitute per andare avanti!" gli spiegai concitato.
(...)
"Non fare l'esagerato Blaine... questa volta penso di aver trovato il posto giusto per te! Coraggio, scendi che te lo mostro!" mi incitò scendendo dall'auto e raggiungendomi sul marciapiede
"Anche l'ultima volta lo pensavi, Seb... e siamo dovuti scappare a gambe levate da un travestito in minigonna e tacchi a spillo!" gli ricordai lanciando un'occhiata al palazzo color porpora - innocuo e all'apparenza rispettabile - che si stagliava per ben quattro piani davanti a noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Just a Landing'
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Buon Giovedì a tutti e.. scusate immensamente per il ritardo -.- è stata una giornata infernale (oltre che inVernale... visto il freddo che fa!) e l'unica cosa che ho guadagnato è stato un gran bel mal di testa.. ma vabbé dettagli ^^ questa volta ci occupiamo di un bel capitoletto.. diciamo che sno abbastanza soddisfatta.. forse perchè ora posso divertirmi davvero come voglio con la Klaine unita e.. beh.. sono così dolci :3 qui, come vi ho detto anche ieri nello spoiler, ci sono ben due sorprese.. la prima è la canzone che Blaine dovrebbe cantare.. devo dire che siete stati poco attenti perché, leggendo bene lo spoiler.. in una parte precisa.. si capiva ^^ ma vabbè ora vi sarà tutto più chiaro. Per la seconsa sorpresa.. beh.. mmm è una sorpresa quindi io muta XD buona lettura angeli miei, scusate ancora per il ritardo e.. ci vediamo Lunedì <3
p.s. Dan mio... questa immagine.. non ho parole.. *___*
n.b. Pagina Facebook ( Dreamer91 ) ( Just a Landing - Missing Moments )




New York City. Ore 06.15 P.M. 17 Aprile 2012 (Martedì)


Blaine mantenne la sua parola - ma d'altronde non avevo mai avuto dubbi - e parlò con Puck del pub quella sera stessa, per propormi come cameriere. Lui era sembrato entusiasta: cercava un aiuto per il suo locale ma nessuno pareva interessato. D'altronde la povera Brittany non poteva di certo lavorare di più di quanto facesse già, soprattutto perché ormai la sua vita sociale sembrava essersi ripresa, con l'inizio della relazione con Santana. Ci avevo parlato la sera al bancone, sotto la supervisione e il sorriso entusiasta di Blaine e Puck mi aveva perfino fatto fare una prova. Non ero andato neanche tanto male: non avevo rotto nulla, non mi ero dimenticato di sorridere e soprattutto non mi ero mai distratto a guardare il cantante sul palco, mentre si preoccupava di distruggere lentamente il mio autocontrollo, tirando fuori canzoni come "I'm with you" di Avril Lavigne o "Love is in the Air". Però una mezza occhiata omicida mi ero preoccupato di lanciargliela, tanto per fargli capire che doveva darsi una regolata altrimenti, io non sarei riuscito ad ottenere il lavoro, e lui avrebbe perso il suo, tutto nella stessa serata.
E poi era una bella atmosfera nella quale lavorare. Puck era un ragazzo un pò strano, ma estremamente cordiale, Brittany era simpatica e dolce - e da sobria diventava decisamente più gestibile - i ragazzi che lavoravano in cucina - Joe e Rory - erano uno spasso, soprattutto il secondo, un ragazzo irlandese con un pessimo accento, e poi... poi c'era Blaine e questo sarebbe bastato per accettare qualsiasi tipo di lavoro.
Quella sera avrei iniziato a tutti gli effetti a lavorare e a percepire uno stipendio - che non era un granché, ma pur sempre un inizio - ed ero pronto a tutto: alle critiche, alla fatica, alla clientela più disparata. Blaine mi aveva promesso che ci saremmo andati assieme ed io avevo accettato di buon grado: mi faceva ancora uno strano effetto passare così tanto tempo in sua compagnia, soprattutto da quando lui non aveva più tre lavori ed io non ero più fidanzato. Il nostro, da sempre, era stato un rapporto strano. Non eravamo di certo amici - gli amici non dormono insieme, non fanno l'amore, né tanto meno si guardano come ci guardiamo noi - ma non stavamo neppure insieme. Sul mio terrazzo, il pomeriggio precedente, lui mi aveva detto una cosa importante: che avrebbe voluto essere il mio nuovo motivo, che ci teneva a me e che avrebbe fatto di tutto per rendermi felice. Ed io mi ero ritrovato a sentirmi il cuore stranamente leggero e ancora una volta quello sbattere di ali mi aveva riempito lo stomaco. Io lo amavo, e più passavo del tempo beandomi della sua presenza, più me ne rendevo maledettamente conto e per un attimo, il giorno prima, ero arrivato seriamente a sperare che fosse sul punto di dirmi la stessa cosa. Ma forse... forse mi ero immaginato tutto, forse il ti amo non c'era e non ci sarebbe mai stato e forse, per il momento andava bene così. Dovevo ancora capire come gestire le mie emozioni. Pensare di dover far fronte ad una rivelazione del genere, in quel momento, con la vita decisamente ancora troppo scombussolata, era ingestibile anche per me.
"Ehilà, bel ragazzo!" qualcuno mi gridò alla mia sinistra, mentre ero seduto in terrazzo a sorseggiare una Diet Coke. Non ci fu bisogno di girarmi, per guardare chi fosse - la sua voce l'avrei riconosciuta anche nei sogni - così, provando a trattenere il solito sorriso che mi nasceva spontaneo alla sua sola vista, gli lanciai un'occhiata fintamente sufficiente e risposi
"Un giorno o l'altro dovrò ricordarmi di denunciarti... lo sai che questa è violazione di domicilio?" gli feci, mentre lui tranquillamente scavalcava l'inferriata e si perdeva in una risata allegra. Mi si fece più vicino e intanto il mio cuore prese a battere sempre più forte.
"Tranquillo... conosco il padrone di casa. Sono praticamente in una botte di ferro!" esclamò strizzandomi l'occhio, facendomi sorridere ed arrossire.
"Sei pronto per il tuo primo giorno?" mi domandò inginocchiandosi di fronte a me. Presi un lungo respiro, cercando di sembrare il più controllato e tranquillo possibile
"Direi di sì... poco fa ho ripassato la piantina con i tavoli per non sbagliare di nuovo e ho perfino fatto pratica con un vassoio pieno di bicchieri... però, ora che mi ci fai pensare forse avrei dovuto riempirli quei bicchieri così sarebbero stati più pesanti e... merda... adesso devo assolutamente rimediare e..." ma il mio sproloquio venne interrotto dalle sue labbra, schiacciate sulle mie. Mi lasciai scappare un gemito di sorpresa ma non resistetti e chiusi immediatamente gli occhi per ricambiare. Quelle labbra... erano droga pura per me. Ormai ne conoscevo perfettamente il sapore, la consistenza, la morbidezza, la meravigliosa delicatezza con cui le muoveva sulle mie o come riuscisse, anche in quei momenti, a risultare dolce e passionale allo stesso tempo. Ed io mi sentivo come in estasi, preso e portato via da quella fragranza, accarezzato dal suo respiro e maledettamente consapevole di essermi finalmente innamorato della persona giusta. Della mia persona.
Non appena respirare divenne una necessità impellente, ci staccammo, rimanendo vicinissimi, i nasi che si sfioravano, i respiri accelerati, i cuori che molto probabilmente battevano all'unisono
"Come hai osato interrompermi mentre stavo parlando?" sbuffai divertito, facendolo sorridere
"Scusa, è stato più forte di me... le tue labbra sono troppo invitanti... è colpa loro... sembra mi stiano chiamando." e come a voler dimostrare quello che aveva appena detto, si avvicinò di nuovo per sfiorarmele più volte, morbido e delicato, facendomi quasi il solletico
"Non è una giustificazione plausibile, Anderson!" lo ammonii bonario, facendo scivolare una mano tra i suoi capelli.
Dio...
"Cos'è che stavi dicendo prima che io, così maleducatamente, ti interrompessi?" mi domandò con un sorrisetto divertito, accarezzandomi la guancia. Mi lasciai scappare un sospiro beato che lo fece sorridere ancora di più
"Mmm... non mi ricordo." borbottai "E sinceramente... non me ne frega niente." e mi rituffai sulla sua bocca sorridente, quella volta succhiandogli appena un labbro per fargli capire che volevo di più, avevo bisogno di sentirlo più vicino. E infatti lui lo capì, perché aprì appena le labbra per dare libero accesso alla mia lingua e farla incontrare con la sua. Combattemmo per qualche minuto buono, io che ero perfino scivolato in ginocchio per terra per tenere bene il suo ritmo, e per un attimo mi ero dimenticato di tutto: di Puck, del lavoro, dei bicchieri che non avevo riempito. C'era solo Blaine, la sua lingua, il suo sapore maledettamente avvolgente, i suoi capelli morbidi che scivolavano perfettamente tra le mie dita, il suo odore così familiare e rassicurante, il suo tocco sul mio collo che mi faceva venire i brividi, la sua completa presenza. Lui c'era, ed io lo avvertivo ovunque.
Ci staccammo solo per respirare, sorridendoci soddisfatti e fu lui a parlare, con la voce così maledettamente roca
"Dovremmo andare... altrimenti farai tardi al tuo primo giorno di lavoro... conosco il tuo principale, su queste cose non è molto magnanimo." e mi sorrise, accarezzandomi lentamente la pelle dietro l'orecchio. Sospirai, passando la lingua sulle labbra, tanto per saggiarne la consistenza e continuare a sentire il suo tocco.
Il suo sapore è ancora qui...
"D'accordo... andiamo!" acconsentii e gli afferrai la mano, solida e forte, mentre mi aiutava ad alzarmi. Se fossimo stati meno coscienziosi e un pò più liberi da impegni lavorativi, forse a quell'ora saremmo già arrivati nella mia camera con metà dei vestiti sul pavimento. Provai a scacciare quel pensiero, perché non era proprio il caso di avere quell'immagine davanti agli occhi tutta la sera - il magnifico corpo caldo di Blaine addosso al mio, per intenderci - soprattutto se volevo che ogni cosa filasse per il verso giusto. Mi mancava.. mi mancava tanto e avevo seriamente pensato che, risolto il problema di David e liberato del leggero senso di colpa dovuto al tradimento, io e lui saremmo stati più liberi di.. sì insomma.. dedicarci alla nostra intimità. E invece, sembrava che avessimo tutto il mondo contro. Ogni sera c'era qualcosa di nuovo, qualcosa che ci distraeva e puntualmente andavamo a dormire, vestiti e con lo stesso identico desiderio insoddisfatto. Magari quella sera avremmo potuto recuperare in qualche modo, sperando di avere la fortuna dalla nostra.
"Fammi capire... entri da casa tua ed esci dalla mia?" lo provocai per stemperare un pò la tensione, mentre mi stringeva la mano e mi sorrideva
"Lo trovo un giusto compromesso... anzi, dovremmo provare a smontare quella dannata ringhiera e fare così un unico appartamento!" scherzò mentre recuperavo i documenti ed il cellulare
"Finiremmo in pratica con il... vivere insieme?" domandai sorpreso e, lo sapevo che era una cretinata, ma nel fare quella considerazione mi partii il cuore nel petto. Era una sciocchezza, un gesto infantile, ma Dio... sembrava così naturale chiederglielo. Lui non mi rispose, limitandosi a stringere il labbro inferiore tra i denti e questo lasciò libero sfogo alla mia immaginazione. Cosa aveva voluto intendere? Che non gli sarebbe piaciuto vivere con me? Che era un'idea assurda? Che, non stando tecnicamente assieme, non potevo permettermi di sognare così in grande?
Cosa, Blaine? Fammi capire, ti prego...
Chiusi la porta a chiave e scendemmo in strada, sempre tenendoci per mano e guardandoci negli occhi. Mi sentivo elettrico, il cuore a mille ed il cervello partito per le ferie in anticipo. Neanche quando mi era capitato di incontrare qualche personaggio famoso, qualche attore miliardario o stilista internazionale, mi ero sentito così. Forse perché quello che sentivo al cuore e allo stomaco, era qualcosa che non avrei mai potuto sentire altrove, se non per merito di Blaine. Perché era lui a mandarmi in confusione e contemporaneamente ad aiutarmi a recuperare la ragione. Era lui.
"Prendiamo la mia macchina?" proposi una volta che fummo usciti dal portone
"No, a quest'ora c'è traffico.. non ci arriveremo mai!" rispose pratico, trascinandomi dall'altro lato della strada "Ci andiamo in moto!"
"Prego?" lo costrinsi a fermarsi, praticamente in mezzo alla strada. Lui mi guardò confuso
"La mia moto, Kurt.. così arriviamo prima!" spiegò tranquillo indicandola con un gesto. Lanciai un'occhiata preoccupata al mezzo in questione e, niente da dire, era davvero bellissima, ma io non ci sarei mai salito
"No, non se ne parla!" esclamai deciso tentando di tornare verso il portone, ma Blaine dimostrò di avere molta più forza di me, perché riuscì a trattenermi
"Ma come no? Coraggio... ci mettiamo poco, vedrai!" tentò di convincermi. Ero nel panico. Letteralmente.
"Non esiste!" sbottai lamentoso, scuotendo la testa. Lui spalancò gli occhi scioccato e confuso e provò a farmi ragionare
"Kurt..." ma io lo bloccai
"Prenderò la mia macchina... e se vuoi venire con me, bene... altrimenti ci vediamo davanti il pub!" ero testardo e difficilmente avrei mollato. Blaine preoccupatissimo mi si fece più vicino e mi lasciò la mano solo per posare le sue - caldissime - sulle mie guance. Arrossii per l'inaspettata vicinanza, soprattutto perché, per quanto New York fosse una città aperta ed evoluta, eravamo pur sempre in strada, alla mercé di tutti, e non c'era più il nostro amato terrazzo a proteggerci
"Mi spieghi cosa ti prende? Cosa c'è che non va?" mi domandò in un soffio, guardandomi attentamente negli occhi. La pressione fu davvero eccessiva, ed io ero fin troppo vulnerabile, perché crollai all'istante.
"Ho paura!" soffiai incapace di trattenermi, perdendomi nella profondità dei suoi occhi cangianti. Questi si spalancarono appena sorpresi
"Di cosa?" mi chiese con tono cauto e attento. Sospirai spostando per un istante gli occhi sulla moto nera, ancora ferma sull'altro lato della carreggiata, all'apparenza innocua, e mi sentii immediatamente infantile. Pensandoci, la mia insana paura era legata a qualcosa di veramente assurdo e stupido, ed in quel momento mi sembrava inutile perfino parlargliene, ma lui me lo aveva chiesto con quegli occhi ed io avevo già ampiamente capito di non avere chance con lui in quel modo. Così mi arresi
"Di cadere... e di farmi male!" borbottai arrossendo come un poppante. Lui rimase rispettosamente in silenzio e gliene fui enormemente grato.
"Un mio compagno del liceo un giorno fece un incidente con la moto... sbatté violentemente la testa e rimase in coma per due mesi. Quando si risvegliò non era più la stessa persona.. era assente, sempre scontroso... era diventato una sorta di automa... io non.. non voglio fare la sua stessa fine!" mormorai. Le sue mani scivolarono dalle mie guance fino alle spalle e rimasero lì, ancorate e forti
"Kurt..." mi chiamò
"Sì, lo so... è una cretinata ed io sono così dannatamente infantile ad aver paura di una cosa del genere, ma... è più forte di me... io non riesco a..." ma quella volta fu lui ad interrompermi, posandomi un indice sulle labbra. Rimasi in attesa, silenziosamente, guardandolo attento
"Ti fidi di me, Kurt?" domandò a bruciapelo, spiazzandomi. Avvertii un brivido percorrermi la schiena per tutta la lunghezza e provai a deglutire, a vuoto. Me lo aveva già chiesto, la notte in cui mi aveva suonato quel pezzo meraviglioso alla tastiera e fu strano per me ritrovarmi a provare la stessa identica fiducia che avevo provato quella notte. E così fu estremamente semplice rispondergli nello stesso identico modo, con la stessa sincera consapevolezza.
"Sì!" lui sorrise, dolce, visibilmente sollevato e senza dire altro, mi prese per mano e mi guidò fino alla sua moto. Io, incapace di dire o fare altro, se non seguirlo, mi stupii ad afferrare tra le mani il casco nero integrale che mi stava porgendo, e altrettanto mi stupii del fatto che lo stessi indossando, aiutato dalle abili mani di Blaine e dai suoi occhi limpidi che non mi abbandonarono neanche per un secondo. Era bello affidare la propria vita nelle mani di qualcuno e io lo stavo facendo con lui. E mai, prima di allora, mi ero sentito così al sicuro.
Fu il suo turno di indossare il casco e sempre guardandomi negli occhi - con la visiera sollevata - salì sulla moto e l'accese. Il rombo del motore mi fece tremare appena, ma fu un attimo. Subito la sua mano cercò la mia per aiutarmi a salire ed io mi feci guidare come un bambino. Mi ritrovai ad aggrapparmi a lui immediatamente, a stringere le braccia attorno ai suoi fianchi e a seppellire la testa, con tanto di ingombrante casco, nella sua schiena. Lui senza dire nulla, accelerò e partì.
Sentivo la moto vibrare sotto di me e muoversi morbida, ma mi rifiutavo di aprire gli occhi per vedere cosa o chi stessimo sorpassando. Era sicuro che, così facendo, avrei perso quel briciolo di coraggio che avevo miracolosamente conquistato e allora addio buoni propositi. Viaggiare in quel modo era molto di più di quanto avessi immaginato. Eppure, a parte il vento freddo che avvertivo passarmi addosso, attraverso gli abiti, e il rombare del motore - che sembrava più che altro le fusa di un grande micione - non sembrava esserci altro. Niente frenate azzardate, nessun clacson strombazzante, nessun rumore spaventoso. Solo una strana quanto assurda calma, quasi stessimo volando anziché essere su una moto così grande. E fu allora che mi convinsi. Concentrato completamente sul suo profumo e sulla magnifica sensazione che avvertivo stringendolo in quel modo, aprii piano gli occhi incontrando prima di tutto il tessuto della sua giacca nera, sollevata dal vento. Mi feci coraggio e spostai lentamente lo sguardo più all'esterno fino ad incontrare la scia poco definita dell'asfalto che correva irregolare sotto di noi. E stranamente non provai paura. Era alquanto destabilizzante, avere il manto stradale così vicino e così pericolosamente letale, quello sì, ma mi sorpresi ad infischiarmene perché avvertivo la presenza di Blaine, la sua spalla attaccata alla mia guancia e le sue gambe incollate alle mie. Lui era ovunque. La sua guida era sicura, attenta. Sembrava non stesse facendo la minima fatica, sembrava a suo agio, esperto, ma soprattutto, sembrava così dannatamente semplice. Mi venne quasi voglia di provare.
Beh, adesso non esageriamo...
Sospirai spostando la testa, fino ad appoggiarla con molta naturalezza sulla sua spalla, per quanto l'ingombro dei caschi me lo permettesse. Blaine, percepito il mio movimento, girò appena la testa verso di me ed io immaginai mi stesse sorridendo lì dietro e di conseguenza sorrisi anche io. Molto stupido come gesto, dato che non poteva vederlo, ma sperai potesse intuirlo semplicemente. In risposta portò una mano sulle mie, legate sul suo stomaco, e me le accarezzò. Mi sentii leggero e completamente a mio agio. E le sue mani mi sembravano così calde, nonostante fossimo frustati dalle raffiche di vento da ogni parte.
Per la seconda volta mi sono fidato di lui e per la seconda volta lui ha dimostrato di meritarsi completamente la mia fiducia...
Dopo una decina di minuti - ci avevamo messo pochissimo e, nonostante il traffico, eravamo arrivati puntualissimi - rallentò sensibilmente fino a fermarsi accanto ad una jeep bianca e spense il motore. Sempre tenendomi per mano mi aiutò a scendere e a liberarmi del casco per poi fare lo stesso. Poter tornare a guardare i suoi occhi dorati dopo tutto quel tempo, fu un sollievo immediato. Blaine si fece immediatamente imbarazzato e dopo aver posato il casco sul sedile si avvicinò a me
"Allora?" chiese timoroso
"Allora..." iniziai sorpreso di trovare la mia voce così calma e rilassata. Come se non fossi affatto salito su una moto "Sono vivo!" mormorai con mezzo sorriso. Lui annuì
"Già... sei vivo!" confermò in un sussurro. Non ci potevo credere. Avevo superato una delle mie paure a cuor leggero, semplicemente affidandomi a lui. Mi era sembrato così naturale e spontaneo e sentivo di poterlo rifare ancora e ancora. Con lui alla guida sarei andato ovunque.
In quel momento mi resi conto di aver fatto male i calcoli perché gli episodi in cui io mi ero fidato di lui ed avevo affrontato una paura irragionevole, non erano soltanto due: erano molti, molti di più. C'era la volta in cui avevo sperimentato esperienze nuove legate al sesso e lui mi aveva guidato senza mai farmi sentire inappropriato; c'era la volta in cui David gridava nella mia cucina ed io ero terrorizzato all'idea che scoprisse l'intruso nel mio appartamento e lui era sgattaiolato fuori, premurandosi di sorridermi ancora; c'era la volta in cui lui mi aveva chiesto di cantare, ed io lo avevo raggiunto sul palco. Blaine di paure ne aveva sconfitte tante ed io forse non le avevo neanche conteggiate tutte. C'erano quelle più vecchie, quelle annidate più in profondità, quelle di cui neanche ricordavo l'esistenza. Lentamente quel ragazzo dagli occhi dorati stava facendo crollare ogni difesa e allo stesso tempo ne stava costruendo un'altra più forte, più alta, più bella e sicuramente più autentica.
Una forza misteriosa mi fece muovere i piedi e mi ritrovai a posare le labbra sulle sue, che trovai subito tese. Era nervoso, magari spaventato dalla mia reazione. Chissà se con quel bacio avrei potuto fargli capire cosa provavo in quel momento. Per mia fortuna lo colse quasi subito perché mi assecondò qualche istante dopo. Mi staccai, con un sorriso sereno sul volto, felice di ritrovare la stessa espressione anche su di lui. Accostai la fronte alla sua e sospirai beatamente. Ero rilassato nonostante fossi appena sceso dal sedile di una moto
"Sia chiaro... sono salito su quell'affare soltanto perché c'eri tu a guidarlo!" gli sussurrai a quella pochissima distanza. Lui ridacchiò sfiorandomi la guancia con la punta del naso e poi con un leggero tocco di labbra
"Chiaro come il sole!" mormorò
"Uno a zero per te, Anderson!" scherzai allontanandomi appena, per poi porgerli la mano affinché l'afferrasse. Lui non se lo fece ripetere due volte, me la strinse e si avviò verso l'ingresso del pub, ridacchiando allegro
"C'è tutta la serata, Hummel... puoi ancora sperare di rifarti!"

New York City. Ore 08.45 P.M. 17 Aprile 2012 (Martedì)

Il pub quella sera era nuovamente pieno, e Puck sembrava più elettrico del solito, soprattutto perché finalmente aveva il suo secondo cameriere e le cose sembravano funzionare davvero bene. Kurt era davvero bravo, pur non avendo mai fatto quel tipo di mestiere. Era veloce e scattante, pulito e sorridente e i clienti sembravano apprezzare. Brittany si era fermata più volte al bancone a ringraziarmi per averle fornito un collega così valido e Noah non la smetteva di elogiarlo. Io mi limitavo ad ammirarlo sognante, forse con un pò di bava alla bocca, mentre sorrideva fiero e allegro, si muoveva tra i tavoli con tale naturalezza e disinvoltura. Del ragazzo insicuro che si era quasi fatto venire una crisi di panico sul terrazzo non vi era più traccia. Era davvero bastato così poco per convincerlo delle sue capacità e per caricarlo? Ero davvero così bravo?
Devo ricordarmi di baciarlo più spesso allora...
Mi accorsi troppo tardi di essermi concentrato troppo a guardare il fondo schiena di Kurt, ricordandone perfettamente la consistenza tra le mie mani, perché lo scalpellotto che Puck mi tirò dietro la nuca arrivò inaspettato e doloroso.
"Cazzo!" sbottai guardandolo male
"Ehi... con queste parole, ragazzino!" mi riprese divertito "E poi smettila di guardare il mio nuovo cameriere... finirai per consumarmelo ed io non posso permettermi di perdere un elemento tanto valido!" mi accarezzai la nuca dolorante e sbuffai una risata
"Fino a prova contraria ce l'ho portato io qui, quindi lo guardo finché mi pare!" e come due bambini ci cacciammo la lingua a vicenda per poi scoppiare a ridere.
"Ah bene... si batte la fiacca questa sera al bancone... e lasciate agli altri il lavoro sporco!" una divertita voce di Santana si unì alle nostre risate e - meravigliosamente vestita come al solito - si avvicinò. Noah fece una smorfia indicando la sala
"Mi dispiace deluderti cara la mia Santana... ma stasera il vecchio Puckermann ha fatto il botto!" e strinse il pugno vittorioso, facendoci ridacchiare. Proprio in quel momento Brittany si avvicinò a noi per salutare la sua ragazza con un bacio sulla guancia e recuperare un vassoio con delle bibite
"Kurt? Si sta comportando bene?" domandò poco dopo Santana, poggiando la schiena al bancone. Io sorrisi concedendomi un ennesimo sguardo sognante nella sua direzione
"Meravigliosamente direi. Impara in fretta e Puck sembra davvero soddisfatto!" risposi allegramente. Lei annuì, lanciando una strana occhiata verso Kurt che ci era appena passato davanti con delle porzioni di patatine nelle mani
"Qualcosa non va?" le chiesi curioso. Lei mi guardò, visibilmente indecisa su cosa dire, ma alla fine si limitò a scuotere la testa e a concedersi un sorriso appena accennato
"No... è tutto ok!" mormorò in risposta, per poi voltarsi nuovamente verso Puck e chiedergli una lattina di coca cola. Decretai allora con un lungo sospiro che era arrivato il momento di iniziare a cantare e così saltai giù dal mio sgabello. Come ogni sera avevo un'idea precisa della scaletta che avrei dovuto proporre al locale. Mi veniva in mente così, senza troppo sforzo, e la maggior parte delle volte le canzoni che sceglievo, rispecchiavano l'umore del momento. In quel periodo il mio umore era decisamente elettrico, e non era poi tanto difficile capirne il motivo.
Così, mi diressi verso il palco, premurandomi di passargli accanto durante il tragitto e sfiorargli - accidentalmente, ovvio - la base della schiena con la mia mano. Lui a quel gesto alzò lo sguardo verso di me e fu un attimo: ci ritrovammo incatenati, in mezzo a tutta quella gente, probabilmente ignara di quello che stava succedendo tra di noi. Tutta l'intensità, le cose non dette, le cose trattenute o dette semplicemente a metà, la voglia di qualcosa che purtroppo ancora non riuscivamo a concederci... era tutto lì, in uno sguardo, che ad occhi esterni non era praticamente nulla. Io però, mi sentii le gambe tremare e avvertii l'impellente desiderio di fare marcia indietro, afferrargli la mano e portarlo via, lontano da quel pub e da quella gente, lontano da quel mondo in cui veniva ingiustamente licenziato dopo aver fatto innumerevoli sforzi, lontano dalla cattiveria, dalla sofferenza e portarlo... da qualche parte, in un posto che magari soltanto noi avremmo potuto conoscere. E con quella dolce consapevolezza, salii sul palco e mi sedetti dietro la tastiera - quello era decisamente un brano per quel tipo di strumento - ma prima di iniziare, cercai di nuovo il suo sguardo nella sala e, esattamente come il nostro primo incontro, lo ritrovai a fissarmi in un angolo, con l'espressione concentrata e gli occhi tutti per me. E ancora una volta, mi si bloccò qualcosa in gola, ma quella sera capii subito cosa fosse: era il mio cuore, fermo immobile, come me, ad osservare quell'angelo dalle ali appena spiegazzate a causa del forte urto che aveva da poco subito, ma ugualmente bellissimo e perfetto. E in quell'istante mi sorrise, illuminando ogni spazio di quel locale e di conseguenza, illuminando anche me.
Ti amo...
Dopo un lungo sospiro ed essermi concesso di recuperare almeno in parte la dignità, accesi il microfono per parlare
"Buonasera a tutti!" salutai ottenendo un meraviglioso scrosciare di applausi "Io sono Blaine e vi auguro di trascorrere una piacevole serata." quella volta ci furono perfino parecchi grazie a volare per il locale "Questa sera, se me lo permettete, vorrei iniziare facendo una cosa... le persone che mi conoscono sanno che, non sono affatto bravo con le parole, e che, a volte, per esprimere ciò che sento, mi affido alla musica. Ebbene... anche questa volta vorrei fare lo stesso: vorrei fare una dedica ad una persona speciale, a cui tengo davvero tanto e che in quest'ultimo periodo sento particolarmente vicina. L'ultima volta che ho dedicato una canzone a questa persona.. forse non sono riuscito ad essere molto.. esplicito, ma spero che questa volta il messaggio arrivi.. forte e chiaro!" e dopo essermi schiarito la voce, iniziai a cantare. La melodia sarebbe seguita subito dopo


I walked across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete
Oh simple thing where have you gone
I'm getting old and I need something to rely on
So tell me when you're gonna let me in
I'm getting tired and I need somewhere to begin

Mi concessi di chiudere gli occhi quella volta per poter sentire meglio la musica e, nel farlo, accadde una cosa strana: venni bombardato da una serie infinita di immagini, tutte legate a Kurt, a noi due assieme. E fu come rivivere di nuovo tutto quanto, dal principio. Ebbi di nuovo la fortuna di incontrarlo in quel bagno, di sfuggita, ed ebbi una fulminea visione della sua vita e della sua relazione già nociva con David. I suoi occhi mi erano sembrati già magnifici quella sera e solo ora ne riuscivo a capire il motivo. Poi la scena si spostò velocemente al marciapiede davanti il palazzo, io con uno scatolo di cartone distrutto e lui con il suo sorriso cordiale e la voglia di rendersi utile, per darmi un degno benvenuto. Poi, non so come, arrivai addirittura alla sera dopo la festa di beneficenza, quando, forse, tutto aveva iniziato a complicarsi ulteriormente e allo stesso tempo, a diventare sempre più semplice. Era stato effettivamente allora che ogni cosa aveva preso il suo posto, che si era incastrata alla perfezione con tutto il resto, ed io avevo iniziato ad intuire che, due come noi, nonostante tutto, potevano condividere qualcosa di importante, oltre il pianerottolo. La prima volta in cui avevamo fatto l'amore era senza dubbio stata l'occasione in cui mi ero sentito più vero, più vivo e soprattutto... più completo. Anche la seconda era stata speciale, ma la prima... portava con sé il piacere della scoperta, della novità, della sorpresa e della voglia di lasciarsi andare, di mandare al diavolo tutto, per un solo istante ancora, trascorso a contatto con il suo corpo.
Ti amo... Ti amo... Ti amo...

I came across a fallen tree
I felt the branches of it looking at me
Is this the place we used to love?
Is this the place that I've been dreaming of?
Oh simple thing where have you gone
I'm getting old and I need something to rely on
So tell me when you're gonna let me in
I'm getting tired and I need somewhere to begin

La cosa che più di tutto, mi aveva sconvolto l'esistenza del mondo di Kurt, era sicuramente stata la sua genuinità e il fatto che riuscisse con poco ad essere limpido e cristallino. Tutto ciò che provava o pensava glielo si leggeva negli occhi e questo mi aveva permesso sempre di avere a portata di mano le sue emozioni. E così era avvenuto, infatti, durante il suo compleanno: i regali che gli avevo fatto, per quanto avessi una paura assurda a consegnarglieli, erano stati capaci di donarmi la reazione migliore di tutte: l'avevo visto sciogliersi lentamente tra le mie mani e non vergognarsi neppure per un istante di farlo. E forse era stato quello a farmi capire quanto fragile e al contempo quanto forte fosse e che cuore buono avesse, nonostante tutti gli urti e le percosse e le delusioni prese. Si dice che la sofferenza, fortifichi. Lui, per quello che aveva subito fino a quel momento per via di David, immaginai avesse una forza d'animo da fare invidia a chiunque, a me per primo. E poi un altro flash, una meravigliosa visione della mia porta d'ingresso, piena di post-it colorati, pieni di scuse, carichi di speranza e di un pò di quella forza e di quel coraggio che lo contraddistinguevano e che mi avevano fatto innamorare così perdutamente. Vedere quella porta così riempita, con tanta attenzione, mi aveva fatto capire che, di un animo così buono e dolce e fragile e ingiustamente ferito sarebbe stato impossibile non innamorarsene. E forse, dopotutto, mi sarei dovuto sentire un privilegiato o comunque avrei dovuto provare a prendermi più cura di lui, prendermi più cura di quel piccolo bocciolo che era nascosto accuratamente nell'erba alta, ma che conteneva le meraviglie più grandi del mondo.
Ti amo... Ti amo... Ti amo...

And if you have a minute why don't we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don't we go
Somewhere only we know?

Essere aggrediti da David, vedere la furia passargli negli occhi e dargli la carica necessaria per stringere maggiormente le mani attorno al mio collo, non aveva fatto altro che accrescere la voglia insistente che avevo, di stare con Kurt. Di provare a dargli un pò di quella tranquillità e di quella sicurezza che quel bestione non sembrava avergli mai dato. Lo sapevo, mi rendevo conto di essere un pò troppo presuntuoso nell'affermare di essere migliore di David o di essere in grado di dargli quel qualcosa che fino ad allora credevo gli fosse mancato, ma.. forse era la necessità disperata di farlo che parlava per me, era il desiderio smodato che avevo di stargli accanto, sommato all'amore che lentamente mi cresceva nel petto e urlava per uscire. Contavo di riuscire, prima o poi a tirare fuori quelle benedette parole magiche e speravo in parte di sconfiggere quella assurda ed inspiegabile paura di eccedere e rovinare tutto. Anche io, senza volerlo, avrei potuto far del male a Kurt. E al solo pensiero mi sentivo morire dentro, nella maniera più atroce possibile.
Ti amo... Ti amo.. Ti amo...

Oh simple thing where have you gone
I'm getting old and I need something to rely on
So tell me when you're gonna let me in
I'm getting tired and I need somewhere to begin

La mia mente passò direttamente alla notte trascorsa a fargli dimenticare quello che era successo, senza dubbio la più intensa e la più carica di emozioni. Suonare per lui mi aveva fatto sentire bene, mi aveva fatto credere per un momento che, al di fuori di quella porta non ci fosse più niente e che potessimo vivere chiusi lì dentro per sempre, sopravvivendo semplicemente l'uno per l'altro. Non mi era mai capitato di provare qualcosa di tanto sconvolgente per qualcuno. Neanche per Sebastian, né tanto meno per Jeremiah. Kurt era... rappresentava per me qualcosa di troppo prezioso e di imparagonabile. Avevo già detto di essere una sorta di privilegiato a stargli accanto: in quel momento però, mi sentivo molto di più, come se la sua perfezione facesse sentire perfetto anche me, la sua forza mi facesse diventare più forte, il suo coraggio più coraggioso e di conseguenza mi facesse provare sempre più amore verso quella creatura perfetta che, in quel momento, in quel locale, sperai stesse ascoltando ogni parola e potesse capire ogni significato. Perché, come quella sera, io mi ritrovavo a donargli il mio cuore attraverso delle note, annullavo me stesso e il mio mondo per lui. Chissà.. magari aprendo gli occhi lo avrei trovato in piedi, proprio al centro del pub, con gli occhi di nuovo colmi di lacrime leggere e cristalline a sorridere per qualcosa di inaspettato, ma allo stesso tempo speciale. E avrei potuto farlo, dopotutto... aprire gli occhi ed accertarmene, ma.. ero troppo spaventato o semplicemente troppo fragile. Avevo bisogno di concentrarmi solo sulla musica e sulle parole, per rendere tutto più vero e sentito, e per fargli arrivare al cuore quel ti amo maledetto, che, altrimenti, non riusciva a venire fuori.
Ti amo.. Ti amo.. Ti amo...

And if you have a minute why don't we go

Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don't we go
Somewhere only we know?

Io che credevo di aver capito cosa significasse davvero amare; io che ritenevo di aver sofferto abbastanza e di non voler più sperimentare niente del genere; io che, da fuori, invidiavo Sebastian e Daniel e il loro rapporto, credendo di averlo capito, ma in realtà non riuscendoci neppure lontanamente; io che avevo sempre sognato di trovare qualcuno alla mia portata, qualcuno che mi regalasse un pò di sincerità e di affetto che in quegli anni mi erano mancati; io che per anni avevo creduto di essere stato tagliato fuori dal mondo e di non meritare neanche una persona da avere accanto; io che avevo sempre cercato una persona che capisse i miei sogni, li rispettasse e se ne prendesse cura;  io che in meno di un mese ero riuscito a rivoluzionare la mia stessa vita, a modellarla, in base ad un sentimento che era nato e cresciuto di nascosto, ma che alla fine si era rivelato il più forte di tutti; io che mi ero innamorato perdutamente e senza nessun limite del mio vicino di casa e che sarei stato disposto a tutto... tutto... pur di renderlo felice; io che volevo portarlo via da tutto e da tutti e speravo ardentemente che fosse un desiderio condiviso; io che lo desideravo da impazzire e volevo fosse completamente mio, in ogni forma ammissibile, umana e non; io che amavo Kurt e glielo stavo dicendo in una canzone, con tutto il sentimento di cui ero capace.
Ti amo... Ti amo... Ti amo...

This could be the end of everything
So why don't we go
Somewhere only we know?

Alla fine della canzone, fui costretto ad aprire gli occhi, per cause di forza maggiore, e venni accecato leggermente dalla luce di un faretto posto proprio di fronte a me, tanto che dovetti strizzare appena gli occhi e non riuscii immediatamente a mettere a fuoco. Gli applausi che seguirono li sentii appena, troppo concentrato com'ero a cercare di riacquistare un minimo di percezione visiva per trovare gli occhi di Kurt in quella confusione e leggere direttamente sul suo viso le emozioni che speravo di avergli trasmesso. Ma Kurt non c'era. Non c'era vicino al bancone, non era a servire tra i tavoli, non era nella parte rialzata del locale. Semplicemente non c'era. Ed io mi sentii mancare la terra sotto ai piedi.
Continuando ad ignorare gli applausi dei clienti, mi alzai in piedi, con una sempre più crescente nota di panico che mi attanagliava lo stomaco, vagando ancora con lo sguardo per tutto il locale, fino a quando, con la coda dell'occhio, non vidi un movimento strano: Santana, seduta al bancone, stava cercando di attirare la mia attenzione con dei gesti, non proprio discreti. Così, credendo che lei sapesse esattamente cosa fosse successo, scesi dal palco, fregandomene del fatto che fossi pagato per cantare e dovessi continuare a farlo fino alla fine della serata, e la raggiunsi al bancone. Non feci neanche in tempo a parlare che lei mi anticipò:
"É scappato in bagno. Raggiungilo!" mi ordinò ed io, con il battito del cuore che mi rimbombava nelle orecchie, mi diressi quasi di corsa verso i bagni, urtando una coppia che stava in mezzo al corridoio. Con un leggero accenno di fiatone e con la paura che mi camminava alle spalle, raggiunsi il piccolo disimpegno in cui si trovavano i vari lavandini e le due porte dei bagni per gli uomini. Mi lasciai scappare un sospiro e cercai di affinare l'udito, per capire in quale dei due si fosse nascosto. Mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo e di rivivere una sorta di dejà-vu, solo che quella volta era lui a nascondersi e senza ombra di dubbio, David non c'entrava proprio nulla. C'eravamo solo io e lui e una canzone dei Keane cantata forse al momento sbagliato.
Perché sono un cazzone e non imparo mai...
Mi feci coraggio e bussai ad una delle due porte
"Kurt?" lo chiamai, esitante, mentre, tanto per sfogare un pò l'ansia, mi torturavo il labbro inferiore con i denti. Non ottenni nessuna risposta e questo mi fece sentire ancora più coglione. Perché diavolo non mi ero limitato a seguire la mia scaletta? Perché non lo avevo lasciato lavorare in pace? Perché, credendo di fare la cosa giusta, mi ritrovavo sempre a rovinare tutto? E perché, maledizione, lui non mi rispondeva? Era così grave?
"Kurt... mi.. mi dispiace. Io.. credevo di farti piacere. Lo sai che.. la maggior parte delle volte non penso prima di fare le cose e.. sono... un cazzone. Hai tutto il diritto ad avercela con me adesso e non ti biasimerò se vorrai prendermi a schiaffi o peggio... chiedere a Puck di farmi licenziare, sempre che non lo abbia già fatto. Però, ti supplico, Kurt... parlami. Non... non tenerti tutto dentro, perché non ti fa bene ed io non voglio che stai male per colpa mia. Io.. ti avevo promesso di renderti felice e poi... combino queste cose qui e.. mi dispiace davvero tanto.. non so cos'altro dire per chiederti scusa.. ti prego.. Kurt?" bussai di nuovo al legno della porta, disperato e con un leggero lamento. Ok, quella del silenzio era decisamente la punizione più atroce. Credevo di meritarmele tutte, perfino essere preso a schiaffi pubblicamente, ma quello... no quello non potevo sopportarlo. Così, frustrato al massimo, tirati un pugno più forte alla porta
"Cazzo, Kurt io ti..." ma venni bloccato proprio a metà - per l'ennesima volta - perché la porta venne aperta di scatto e per poco non svenni sul pavimento: perché... cazzo cazzo cazzo... quello non era Kurt ed io avevo fatto una delle più grandi figure di merda della mia vita
"O-oh.."
"Senti un pò... hai finito di rompermi il cazzo? Non si può neanche pisciare in pace in questo locale?" mi aggredì un mastodontico uomo, di almeno due metri - ma dannazione, in taglia normale non li facevano più? - che avanzò minaccioso, puntandomi un indice contro
"D-io... scu-scusi.." balbettai, sentendomi il viso andare lentamente a fuoco
"Io non so chi sia questo Kurt e sinceramente me ne frego. Ma qualsiasi cosa tu gli abbia fatto, spero che te le dia di Santa ragione.. anche da parte mia!" e detto questo mi spinse appena di lato, per passare ed uscì, masticando un'altra imprecazione. Rimasi senza fiato, a fissare la porta dalla quale era andato via, probabilmente diventando pallido come un lenzuolo e chiedendomi quale divinità avessi fatto arrabbiare, per ricevere in cambio delle situazioni del genere. Possibile che fossi così.. idiota?
Soltanto il rumore ovattato di una risata mi fece riprendere, ed ero sicuro, quella volta era lui. Così, sentendo un sorriso che mi si distendeva lentamente sulle labbra, cambiai porta - se non era zuppa.. - e mi avvicinai al legno
"Lo spettacolo è stato di suo gradimento?" domandai, divertito, mentre la sua risata continuava a risuonare in quel buco di bagno, meravigliosa come sempre. Finalmente anche la seconda porta venne aperta, solo uno spiraglio e quello mi diede la forza e il permesso per entrare. Lo trovai seduto sulla tavoletta, con ancora una mano sulla bocca, le guance rosse e gli occhi bellissimi. E quella visione mi fece dimenticare di tutto, perfino del bisonte che avevo appena importunato. Vedendolo così divertito, non potei fare a meno di unirmi alle sue risate e in breve ci ritrovammo a ridere come due cretini, nel misero spazio di un bagno cieco. 
"Dio, Blaine... mi fai impazzire!" mormorò, asciugandosi gli occhi, umidi per il troppo ridere.
Lezione numero uno.. come uccidere il proprio vicino...
"Oh.. grazie.." feci io, piacevolmente colpito. Lui arrossì, dimenticando per un attimo le risate e si affrettò ad aggiungere 
"Cioè... nel senso.." tentò di correggere, ma, tanto per tagliare la testa al toro, preferii toglierlo dall'imbarazzo, intervenendo
"Anche tu!" esclamai, rivolgendogli un sorriso sereno che lui ricambiò, subito dopo un primo momento di incertezza. Era così bello, così genuino, così.. vero. E dannazione, io ce lo avevo a meno di un metro di distanza, e non sapevo neanche se fosse una cosa legale saltargli addosso in un luogo pubblico.
Mi feci coraggio, e alzai una mano per accarezzargli una guancia, sorprendendomi ancora una volta di quanto fosse liscia e morbida e di quanto bene la mia mano riuscisse a scivolarci sopra
"Ero preoccupato... credevo di averti fatto piangere." confessai con un sussurro, mentre lui si lasciava scappare un sospiro
"Oh.. lo hai fatto. É per questo che sono venuto a nascondermi qui. Per non farmi vedere da tutta quella gente... o da te." rispose, accennando un sorriso tenero. Bene, avevo appena avuto la conferma di aver combinato un guaio con quella maledetta canzone. Ma d'altronde.. non avevo bisogno di ulteriori prove per capire quanto fossi coglione
"Mi dispiace, Kurt... io volevo solo..."
"Shhhh!" fece lui, mettendomi un dito sulle labbra e interrompendo un altro ipotetico sproloquio insensato da parte mia "Non devi scusarti di niente. Non scusarti per essere così maledettamente speciale e perfetto. Non scusarti se riesci ad entrarmi nell'anima nei modi più disparati. Non scusarti per avermi fatto sentire bene... ancora una volta!" mormorò avvicinandosi lentamente, fino a farmi poggiare la schiena al muro e poggiarsi a sua volta addosso a me
Anche tu sei speciale e perfetto... anzi, fottutamente perfetto... anche tu mi sei entrato nell'anima... anche tu mi fai sentire bene...
"E poi..." si lasciò scappare un'altra risata "Dopo la figuraccia che hai appena fatto.. non riuscirei mai ad avercela con te.. neanche volendo!" e riuscimmo ancora a ridere assieme, nonostante la vicinanza e nonostante sentissi chiaramente che l'atmosfera fosse decisamente cambiata. Me ne accorsi infatti qualche istante dopo, mentre sentivo le sue labbra sulle mie, il respiro che accelerava e allo stesso tempo si rilassava, unendosi al suo, le sue mani che si stringevano ai fianchi, forse cercando un appiglio o forse semplicemente per avvicinarmi di più al suo meraviglioso corpo. Ed io mi ritrovai ad affogare di nuovo, in quell'oceano di sensazioni, nuove e sconosciute, mischiate assieme in maniera perfetta, tutte con lo stesso magnifico gusto dolce ed avvolgente, tutto con lo stesso profumo, tutte con la stessa identica sensazione di appartenenza. Perché era inutile girarci intorno: io appartenevo a lui, ormai, anche se non lo avevamo stabilito a voce, anche se non ci eravamo detti quelle parole, anche se a conti fatti nessun tipo di etichetta sembrava legarci. E lo sentivo, sentivo come Kurt mi appartenesse nella maniera più profonda ed inspiegabile possibile, e non c'erano parole umanamente conosciute per descrivere la sensazione che stavo provando, in quel momento, mentre ci baciavamo, mentre per un altro istante lasciavamo fuori dalla porta il mondo e ci rintanavamo in un universo, probabilmente parallelo, ma che solo noi avremmo potuto conoscere.
Non seppi come, mi ritrovai a fare vagare le mani verso il bordo della sua maglia e a sollevargliela, quel tanto che bastò per permettere alle mie mani di intrufolarsi morbidamente ed accarezzare quella pelle che tanto mi mancava e di cui tanto sentivo il bisogno. Un bisogno disperato che in quel momento si stava risvegliando, prepotentemente. E lui, invece di prendermi a schiaffi, di gridarmi di smetterla o perlomeno di ricordarmi che eravamo pur sempre in un bagno pubblico, dietro una porta che non era neanche chiusa a chiave, nel pub in cui tutti e due lavoravamo, sembrò gradire, perché si lasciò scappare un mezzo gemito, e per risposta, spinse appena i fianchi verso i miei, mozzandomi il respiro il gola. E fu un attimo: ci scambiammo uno sguardo veloce, uno battito di ciglia tempestivo che bastò ad entrambi per decidere.
E l'attimo dopo le mie labbra erano sul suo collo, per assaporarlo e finalmente concedersi di lasciare qualche segno - e al diavolo David! - e le sue mani erano scese fino alla mia cintura, e l'avevano aperta con fretta e confusione, ma alla fine era venuta via ed era arrivato il turno dei pantaloni, mentre le mie labbra erano impegnate a dedicarsi a quella meravigliosa vena che sporgeva e macchiava graziosamente quella magnifica pelle nivea. E bastò un altro semplice attimo per fare salire le mani, con il palmo aperto, lungo tutta la sua spina dorsale, contando ogni vertebra e ogni piccolo ansito che gli scivolava dalle labbra, o per aprire finalmente l'ultimo bottone dei miei pantaloni e allargarli, quanto bastava per farsi spazio per entrare. E mancò davvero poco, forse un semplice soffio o un altro sbattere di ciglia, per permettere a quella mano di oltrepassare l'elastico dei boxer - che si erano fatti decisamente troppo stretti - e arrivare finalmente a...
"Kurt? Blaine? Siete qui dentro?"
Cazzo...
"Puck vi sta cercando. Ha già minacciato due volte di licenziare entrambi se non vi decidete a tornare al vostro lavoro!" era Santana, che rovinava il nostro momento di passione sfrenata e ci riportava alla realtà e al mondo dei vivi, quel mondo in cui Kurt era un cameriere, io un intrattenitore musicale e Noah Puckermann era il nostro capo. Mi lasciai scappare un lamento, che Kurt interruppe a metà, posandomi una mano sulla bocca - la stessa mano che era quasi... - e fu proprio lui a rispondere
"Arriviamo subito. Grazie Santana!" gridò ed io, con un sorriso sarcastico, gli feci eco
"Sì, grazie Santana!"
"Dovere." rispose lei, per poi ritornare nel locale a giudicare dal rumore. ;i ritrovai a sospirare pesantemente e a poggiare la fronte alla spalla di Kurt
"Non può essere vero!" borbottai, frustrato oltre l'immaginabile. Chissà cosa, in quella situazione, lo divertì parecchio, perché lo sentii ridacchiare sommessamente
"Cosa c'è?" gli chiesi infatti, discostandomi appena
"Siamo stati beccati come due quindicenni..." mormorò scuotendo la testa "Non siamo un pò troppo cresciuti per queste cose?" domandò, circondandomi il viso con le mani e lasciandomi un bacio leggero sul mento, bacio che, per quanto bello e meravigliosamente soffice, non era neanche lontanamente paragonabile a quello che ci stavamo scambiando prima di essere interrotti. Gli sorrisi, facendo scivolare a malincuore le mani fuori dalla sua maglia
"Cresciuti o no, questa è una vera e propria congiura." mi lamentai con un piccolo sbuffo, richiudendomi i pantaloni - decisamente ancora troppo stretti
"Avremo modo di rifarci a casa!" ammiccò lui, strizzandomi l'occhio, con un'affascinante sfumatura maliziosa nella voce, che mi fece stringere lo stomaco
"Il bello di vivere da soli..." mormorai allora io, lasciandogli un veloce bacio a stampo sulle labbra, che si aprirono in un sorriso e, dopo aver controllato che fossimo entrambi presentabili, uscimmo dal bagno, con la speranza che Puck non ci avesse già licenziati e che soprattutto quel bestione che avevo inavvertitamente disturbato, fosse andato via dal locale.

New York City. Ore 11.56 P.M. 17 Aprile 2012 (Martedì)

La strada dalla moto fino all'appartamento di Blaine, era stata piacevolmente confusionaria. Ricordavo vagamente di aver lasciato il casco sulla sella, accanto al suo e di aver riso con lui sul fatto che il giorno dopo non li avrebbe di certo ritrovati; ricordavo di averlo tirato fino al portone, senza mai abbandonare i suoi occhi, che brillavano al buio di qualcosa di estremamente eccitante; ricordavo di essere entrato in ascensore e di aver premuto alla cieca il pulsante con il piano, mentre le labbra di Blaine tornavano sulle mie, incendiandomi anche il cuore; ricordavo il suo sapore mischiarsi al mio; ricordavo le sue mani che risalivano curiose sotto il tessuto della giacca e della maglia; ricordavo la sua meravigliosa erezione schiacciata contro la mia in una disperata ricerca di sollievo; ricordavo di aver pregato ogni divinità celeste di abbreviare quella corsa per farci arrivare prima alla porta e poterci finalmente liberare dei vestiti; ricordavo praticamente tutto, perfino il sospiro che uscì fuori dalla bocca di entrambi, nello stesso istante in cui le porte della cabina di aprirono e il solito ding ci dava il benvenuto; ricordavo anche la fretta di ritrovare la chiave giusta da inserire nella toppa, mentre cercavamo ancora disperatamente il contatto con l'altro, in un dolce intreccio di lingua, labbra, sapori, odori e voglie incontrollabili, ancora non soddisfatte. Ma mancava poco, davvero molto poco.
La cosa che, essenzialmente, ricordai più di tutte, però, fu quello che successe dopo aver finalmente aperto la porta: fui io il primo a riscuotermi e ad avvertire anche lui, che era di spalle, con un mezzo urlo di sorpresa, mentre gli occhi vagavano per il salotto, stranamente illuminato, e si fermavano su quella figura sconosciuta, che, dal centro della stanza, nell'appartamento di Blaine, ci osservava esterrefatta. E alla fine, fu proprio Blaine a parlare, dopo essersi ripreso dallo shock, interpretando il pensiero di entrambi
"E tu chi cazzo sei
?"
  
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