Libri > Twilight
Ricorda la storia  |       
Autore: CarlieS    08/11/2012    4 recensioni
“Dunque tu sei Bella giusto? Quella graziosa bambolina che all’età di sei anni vagava nuda per il mio giardino?”
La sua voce è strascicata e dolce come il miele, il tono leggermente rauco e divertito. Mi ricompongo e mi abbasso all’altezza dell’auto, aprendo la portiera.
“Fottiti”, ringhio di rimando e l’auto si riempie della sua risata gioviale mentre chiudo lo sportello con un nuovo ringhio.
“Sì, sei sempre la stessa”, riparte con una sgommata sull’asfalto e l’auto ritorna a fare le fusa, tranquilla.
Mi lancia un’occhiata.
“A sei anni ti mandavo a fanculo?”, chiedo incuriosita e scateno una nuova risata da parte sua.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie '|| T&M'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

E be' eccomi di nuovo qui. Con una nuova storia che.. non ha NULLA a che vedere con l'altra, cambiato proprio genere. Non so spiegarmi questo tipo di imbarazzo che mi sento addosso.. per aver abbandonato RTI. Sappiate solo che la sto riscrivendo, una cosa che a molti di voi farà piacere e di sicuro anche a me. Nulla ecco. Dunque, questa storia, come ho detto è diversa. La sto scrivendo per quelle persone che seguono storie tristi, drammatiche, un po' forti  e misteriose ( su cui bisogna concentrarsi quindi eheh ) e sì insomma.. vi è un po' di ironia, di pazzia e un pizzico di normalità. A quelle persone a cui piace staccare e leggere qualcosa di leggero. E basta non ho altro da dire. Mi pare. Solo.. leggete e fatemi sapere come la pensate, ci tengo. Grazie a tutte/i!!

Alt Alt. Scherzetto. Prima di leggere il capito vi pubblico il prologo completo!

Mi chiamo Isabella Swan.
Sì, lo so, molte cominciano così quanto vogliono raccontare di se stesse e della loro triste storia – di solito una drammatica storia d’amore o il preannunciarsi di una meravigliosa storia d’amore piena di colpi di scena che includono la morte e la resurrezione del povero Cristo di cui si sono innamorate – ma la mia non è una storia triste. E’ una storia normale.
Oddio.. non che ci sia del normale nel mio amico Jacob – è così scemo, e gay soprattutto, che di normale in lui non c’è proprio nulla – e del mio povero pick up così vecchio che neppure un ladro si prenderebbe la briga di portarmelo via, ma questi sono solo particolari.
E tu potresti dirmi: particolari di sto cavolo ( per non dire un’altra cosa ), hai un amico gay e hai pure il coraggio di lamentarti? Ma sai quali sono le gioie di avere un amico gay?
Se le so? Ma mi prendi per scema?
Con gli amici gay puoi fare TUTTO: puoi parlare di sesso senza che questi ti prendano per pervertita o per ragazza facile, puoi abbracciarli e sbaciucchiarteli senza che qualcuno pensi male e soprattutto puoi condividere i momenti più tristi della tua vita senza preoccuparti di rompergli le scatole, perché fai loro un favore dal distoglierli dai loro problemi del come mai il biondino al supermercato non l’hanno neanche notato o del perché non sono riusciti a trovare ancora la loro anima gemella. Sì insomma, sono meglio di una migliore amica. Ed è questo che Jacob fa – oltre a coprirmi assieme al padre nel fare i giri in moto ovvio.
Sì lo so. Sono sembrata molto simpatica e sarcastica ma suvvia, è solo una presentazione di me. Sapete benissimo anche voi che le persone non sono mai come le pensate.
Prendiamo Edward ad esempio. Ecco, lui è una di quelle persone. Lo conosco dalla nascita eppure non so quasi nulla di lui. Vi pare normale? Di lui mi sono fatta parecchie idee ( tutte errate secondo me ) ma mai dire mai. Perché improvvisamente mi son messa a parlare di lui? Ci arrivate vero? Vero? Bene. E allora leggete.

 

Uan

 “tichitititichitititichitititichititi”
So immediatamente che sarà una di quelle giornate. Non lo dico tanto per dire, eh. Quando la sveglia suona prima ( circa due minuti prima, e, so cosa state pensando, e sì, me ne accorgo ) di solito mi accadono tutte le cose impossibili e inimmaginabili.
Come quella volta che mio padre mi sorprese sulla mia moto rossa, al largo di La Push e mi vietò di vedere Jacob per almeno un mese. O come quell’altra quando mia madre “per sbaglio” prese la mia auto per andare al supermercato e la sfregiò col muro dell’edificio parcheggiandola.
Spengo l’arnese infernale e mi preparo mentalmente – e fisicamente – a quella giornata, come si suol dire, di merda.
In queste giornate tipo, ad esempio, mi porto sempre un’impermeabile con me: non sia mai infatti che la nuvoletta classica di Forks scarichi la propria ira sulla sottoscritta.
Con me mi porto anche un cambio – completo di scarpe – e un biglietto per l’autobus e al massimo un paio di dollari per il taxi. Il taxi. Quello che non prendo da una vita praticamente. Andando a scuola a Port Angeles ( i miei genitori sono molto trasgressivi e a suo tempo decisero di mandarmi lì a scuola ) ho sempre il pensiero fisso del taxi nella mente.
Angela, una mia cara amica, dice che passerò la mia vita con un taxi.
Ci farò figli, col taxi.
Ricordo che all’età di cinque anni mi regalarono la mitica Barbie tassista, completa di cicca in bocca, la adoravo e lì m’è venuta la fissa. Il pick up poi non è nel pieno dei suoi anni ruggenti quindi devo sempre stare allerta. Lascio i capelli sciolti sulla schiena e scendo le scale, piano, per paura di incappare in qualche scalino. Non è vecchissima casa mia ma comincia a sentire l’età avanzare pure lei e i mitici scricchiolii si sentono eccome. Prima di entrare in cucina mi controllo allo specchio dell’ingresso: non mi considero bellissima ma non sono neanche da buttar via, ecco. Che poi, diciamocelo, di belle naturali ce ne sono gran poche dato che il trucco il giorno d’oggi fa miracoli; non amo truccarmi ma sono fermamente convinta che un velo di matita e una passata di mascara ogni giorno non guasti, mi sentirei nuda ad uscire di casa senza. Mi sistemo con cura la felpa sui jeans ed entro nella luminosa cucina dove mamma sta preparando la colazione. La cucina è il luogo che in assoluto preferisco di tutta quanta la casa. Quando i miei genitori la comprarono mia madre decise di dipingere gli armadietti giallo canarino di questa stanza per portarvi un po’ di luce che qui a Forks purtroppo, scarseggia. La saluto con un sorriso e mi siedo a tavola versando il latte caldo nella tazza.
“Papà?”
“E’ al lavoro”, bofonchia Renèe sgranocchiando un biscotto al miele. Nonostante i diciotto anni di matrimonio non ha ancora fatto l’abitudine agli orari di poliziotto di Charlie. Lo vorrebbe al suo fianco, il mattino, poter leggere il giornale con lui e dare il buongiorno alla loro unica figlia. Si è capito che mi rapporto molto con mia madre?
E’ la mia migliore amica.
Forse l’essere così giovane aiuta ad entrambe a capirci di più, a relazionarci, ed è la cosa che più amo del nostro rapporto.
“Oggi cosa fai?”, mi porge un biscotto che accetto di buon grado e lo inzuppo nel latte.
Mastico lentamente e deglutisco, “Penso che rimarrò a casa, Angela è a casa con l’influenza”.
La solita Angela. Le avevo detto chiaro e tondo. Ma ha voluto fare la furba ed uscire di notte assieme a Ben, il suo ragazzo, per ammirare l’alba sul mare visto che tutti e due abitano a Port Angeles. Cioè.. quando si è insieme a una persona c’è l’imbarazzo della scelta di cose da fare ( accantonate subito il doppio senso! ).. ma l’alba? Col freddo? Brrr, io sto così bene sotto le mie copertine morbide e calde..
“Bella? Mi hai sentito?”, bevo il latte a piccoli sorsi e faccio una smorfia a mia madre, deglutisco.
“Scusa mamma, ero persa nei miei pensieri”
Mi alzo e risciacquo il cucchiaio e la tazza – cosa che mia madre mi ha fatto abituare fin da quando avevo sei anni – e la saluto con un bacio.
“Oggi viene Beth comunque, sai.. per il corso di ricamo”
Mi volto all’istante. Dovete sapere una cosa di mia madre. E’ la donna più insicura e pazza che conosca a questo mondo. Ora si è data al ricamo. Il mese scorso frequentava un corso per creare vasi di terracotta, il mese prima si era data alla cucina – ricevendo anche ottimi risultati – ma la sua insicurezza la porta sempre a cambiare continuamente le scelte che si pone nella vita e alla fine è tutto un gran casino. Sua compagna di avventure è la nostra più cara vicina, Elizabeth detta Beth, amica di mia madre fin dai tempi dell’asilo. Il marito, Edward, lavora presso la banca della cittadina di Forks e possiede uno studio legale a Port Angeles. Hanno un figlio, Edward Junior ( che io preferisco chiamare Edward ) un anno più grande della sottoscritta.
Ricordo che da piccola i nostri genitori ci spronavano a giocare assieme convinti che potesse nascere qualcosa. La cosa continuò fino a quando entrambi non compimmo sette, otto anni e decidemmo di proseguire verso strade diverse. Sembra stia parlando di due adulti ma non è così. Edward a quell’età era intelligente, se ben ricordo. Poi si sa, gli uomini più crescono – stavo per dire maturano, ma il bello è che proprio non lo fanno – più diventano rincoglioniti, pardon.
Della sua vita attuale sono al corrente solo che è all’ultimo anno di liceo e che è un pezzo di manzo pazzesco. Io l’ho visto.
Avete presente quel video di quella stupida canzone dove la tipa canta guardando quella specie di Dio in terra che falcia l’erba? Ecco, stessa identica scena.
Solo che Edward, per nostra fortuna, non è gay.
Infilo la giacca e prendo le chiavi dell’auto dai ganci accanto alla porta.
“Ah, Bella?”
Mi volto, irritata. Sono in ritardo, vorrei urlarle, ma la prenderebbe male come al solito.
“Dimmi”
Si appoggia allo stipite della porta della cucina, ago e filo in una mano e soldi nell’altra.
“Prendi il taxi, stasera ho l’ultima lezione di ricamo, pensavo che potevi fermarti a Port Angeles da Angela - così da passarle i compiti - , magari ceni da lei e poi potrei venirti a prendere, che dici?”
La mia testa si è fermata a taxi. Anche mia madre l’ha notato.
Mi fiondo al telefono di casa e chiamo il taxi.
Il taxi che sposerò.
 
Il pomeriggio trascorso con Angela è stato pieno di sorprese.
Prima di tutto ho capito che quei due si amano sul serio. Dovete sapere che all’inizio della loro relazione ( due mesi fa mi pare ), nessuno credeva nell’amore di Ben verso Angela. Ben è sempre stato uno di quei soliti ragazzi pieni di se, tronfio e spavaldo. Angela è esattamente il contrario.
Si sono conosciuti alla festa di Jessica, la sua migliore amica che abita a Forks, poco lontano da me e, nonostante frequentano la stessa scuola da anni, l’uno non sapeva dell’esistenza dell’altro e viceversa. E’ stato come un colpo di fulmine. Anzi, anche di più.
Ma, come dicevo, nessuno credeva nell’amore tra i due – sì, anche io – e in molte – sì ancora io – spronammo Angi a lasciarlo perdere, niente da fare.
Da oggi mi ricredo: quei due si amano sul serio. Insomma.. Ben è entrato nel club di lettura solo per lei. Parliamo di Benjamin Cheney, eh, mica di un pinco pallino qualunque.
“Allora ci vediamo lunedì”, ha poca voce Angela, ma cerca di parlare ugualmente. Ha deciso di rimanere a casa per il resto della settimana per evitare un peggioramento.
Le sorrido e la attiro a me per abbracciarla: nonostante la sua migliore amica sia un’altra per me lei conta molto. E’ veramente una ragazza dolcissima e determinata, non mi sorprenderebbe se in un futuro lontano si candidasse come presidente d’America.
“Ti passo i compiti via mail, d’accordo?”
Annuisce e mi sculaccia il sedere, “Vai, che tua madre ti aspetta”
Alzo un sopracciglio alla donna sexy e le dico con voce strascicata, “Ciao bella topa”, mi congedo soffiandole un bacio e chiudendomi la porta alle spalle.
Scendo gli scalini di casa e percorro il vialetto stringendomi nel mio giaccone. Siamo a fine novembre e il mio corpo fa presto a diventare un ghiacciolo.
Angela abita nella zona residenziale di Port Angeles, poco fuori il centro, dove le strade sono illuminate da lampioni giallo limone e bianco. Affondo le mani nelle tasche e aspetto tremando mia madre alla fine del vialetto. In questo momento desidero solo trovarmi in cucina a casa mia, davanti a una bella tazza di te’ fumante e al giornale locale.
La cena è stata deliziosa: la madre di Angela è una cuoca fantastica e ci ha preparato un’ottima zuppa di patate o come la chiama lei, la crema Parmentier accompagnata con crostini caldi e dal bordo marrone. Meravigliosa.
Il vibrare prepotente del telefono mi risveglia dal torpore e con mani tremanti lo prendo dalla tasca dei jeans.
<
Pronto?>
<
Tesoro sono la mamma>, attende qualche momento poi comincia a parlare a raffica com’è abituata a fare <si è inceppata la macchina tornando a casa, mi sta portando a casa Beth>, si interrompe.
Merda, a sua figlia c’ha pensato?
<
Mamma, io sono da Angela, dovevi venirmi a prendere!>, esclamo incredula. E’ difficile abituarsi alla Renèe svampita.
<
Oh mio Dio tesoro, me n’ero completamente dimenticata!>, visto?, <La macchina di Beth è piena!>, la sua voce è calma e modulata non agitata come dovrebbe essere. A volte la prenderei a padellate sulla testa, mi chiedo seriamente come possa essere arrivata ai diciassette anni della mia vita.
Charlie. Meno male c’è e c’è sempre stato lui.
<
Aspetta, chiedo a Beth!>, copre la linea con la mano e per almeno cinque minuti mi arrivano suoni ovattati e voci confuse.
<
Ascolta, Junior è in città, va bene se viene a prenderti a casa di Angela?>
Eh? Junior chi?
Mia madre sembra avermi letta nel pensiero, <
Edward, il figlio di Beth, dammi l’indirizzo, viene a prenderti>
<
Mamma ascolta, non c’è problema, prendo un..>
<
NON AZZARDARTI A DIRE TAXI, ISABELLA!>
Sorrido e da brava figlia le do l’indirizzo, mi saluta con un sonoro bacio e riattacca.
Che sbadata mia madre. Charlie deve averla aiutata molto per crescermi, mi rendo conto che non sono stata una passeggiata nella vita dei miei soprattutto perché sono arrivata molto presto, quando mia madre aveva diciotto anni e mio padre venticinque.
Due fari bianchi spuntano alla mia destra dopo cinque minuti accecandomi completamente. Sono un pesce, mi sento un pesce.
Sbatto le palpebre un paio di volte e finalmente riesco a vedere l’auto argentata che si staglia di fronte a me lucida e incredibilmente pulita.
Il finestrino del passeggero si abbassa lentamente e le luci di benvenuto si accendono all’interno della Volvo, illuminando il guidatore.
“Dunque tu sei Bella giusto? Quella graziosa bambolina che all’età di sei anni vagava nuda per il mio giardino?*

*Tratto da "Il diario di Bridget Jones"
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: CarlieS