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Autore: JustAWallflower    08/11/2012    4 recensioni
Ci guardiamo senza trovare il coraggio di parlare.
E’ il gioco del silenzio.
Una sola parola e tutto andrà a farsi fottere.
Rimaniamo lì impalati, uno di fronte all’altro.
Io non oso aprir bocca, perché so che inizierei ad urlare.
E’ Niall a cedere per primo.
-Dio mio Hope, che cazzo hai fatto?- mi chiede.
E’ scioccato, ha la bocca spalancata e nei suoi occhi color tempesta vedo una fievole luce di emozione, forse la prima da quasi due anni.
Ma davvero non se n’è accorto per tutto questo tempo?
Davvero non ha notato che stavo crollando pezzo per pezzo?
Davvero non è riuscito a captare i segnali che il mio stesso corpo mandava ogni singolo giorno?
No, non ci credo. Lui mi conosce troppo bene.
E questo mi fa arrabbiare ancora di più.
Abbasso la manica fin quasi alla punta delle dita, come se così facendo io possa cancellare quei tre segni sul mio braccio.
Trapasso i suoi occhi con i miei.
-Credo che la domanda giusta sia: che cazzo mi hai fatto tu.-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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It should be forever...



 

3.
 

Cammino a passo svelto verso la fermata. Il pullman è già arrivato e mi sta aspettando.
Salgo e sento lo sguardo di tutti puntato addosso.
Mi scannerizzano.
Mi giudicano.
Mi criticano.
Tutti quanti.
Abbasso la testa e faccio finta di niente.
Cammino per lo stretto corridoio, dopodiché mi fermo e alzo lo sguardo alla ricerca di un posto vuoto. Subito un ragazzo dietro di me mi fa:
-Ehi tu, stai bloccando il passaggio.-
Leggo tra le righe e intuisco immediatamente la sua insinuazione. Mentre mi affretto a prendere posto dietro una vecchietta addormentata, sento
degli aghi incandescenti raschiarmi la gola.
Vorrei dire qualcosa, ma non ci riesco.
Rimango invisibile, fino a quando il pullman parte e mi rendo conto che manca una persona.
Come se mi avesse letto nel pensiero, l’autista si ferma e fa salire i soliti ritardatari.
Anche…
-Ah Hope, sei qui, credevo non fossi venuta!- mi saluta la mia amica Cassie, nel suo modo per dire ‘buongiorno’, prima di lasciarsi cadere mollemente
sul sedile accanto al mio.
L’amicizia tra me e Cassie è…particolare. O almeno, se la vostra considerazione di amicizia è raccontarsi ogni segreto e fare pigiama party sfrenati a
colpi di cuscino e pittandosi le unghie a vicenda, penso che dovrete fare un passo indietro.
Ci tengo a lei, mi preoccupo delle sue situazioni sentimentali che cambiano ogni settimana e ascolto i suoi problemi.
Ma se si tratta di me…preferisco non aprirmi, grazie.
Per me va bene così, io non voglio una consulente.
Infondo, detto fra noi, le interesserebbe davvero ciò che ho da dire?
-‘Giorno.- le dico semplicemente. Non le presto molte attenzioni, perché sono troppo distratta da una persona.
Niall Horan.
Uno dei ragazzi più carini della scuola.
La persona più dolce su questo pianeta.
Un angelo le cui iridi sono state colorate dall’azzurro più limpido.
Si, lui, Niall Horan.
Il mio ex migliore amico.
 
 
-Questa sera faremo un patto.- mi disse un Niall Horan di appena sette anni.
Io, con un gelato alla vaniglia in mano, appoggiai la schiena al tronco del grande albero nel suo giardino.
-Che tipo di patto?- gli chiesi io e, dato che non la smetteva di fissare il mio gelato con sguardo avido, gli consentii un piccolo morso.
-Una promessa d’amicizia!- esclamò poi lui, con gli angoli della bocca sporchi –da oggi in poi noi promettiamo che niente e nessuno ci dividerà. Saremo amici per sempre!-
Io aggrottai le sopracciglia.
-Come mai lo vuoi fare?-
Niall fece spallucce –Oggi mio fratello ha litigato con il suo migliore amico e ha detto che non gli parlerà mai più. Io non voglio che succeda questo
tra me e te, quindi se noi due facciamo una promessa dovremmo mantenerla per forza e saremo legati per sempre.- mi guardò con sfida, come a dire:
“prova a dire che il mio ragionamento non ha senso”.

Lo guardai sovrappensiero, sminuzzando la punta del cono, dopodiché gli feci un enorme sorriso.
-Va bene, James.-
Al sentire il suo secondo nome, Niall fece una smorfia. Odiava il nome James, era così comune e noioso.
-Non chiamarmi così!-
Io gli feci una linguaccia. –James James James Jaaaames!-
-Ah si, mi vuoi sfidare eh?- disse lui con sguardo omicida e mi si scagliò addosso.
-No il solletico no ti preeegoo!- iniziai a ridere in modo isterico.
-Chiedi pietà e ti lascio andare!-
-No!-
-Su dillo!-
-Mai!- dissi, con le lacrime agli occhi, e gli spiaccicai il gelato in faccia.
Quel gesto fece allontanare Niall che, sempre ridendo, tentò di leccarsi con la lingua la punta del naso sporco di crema.
-Bleah che schifo, smettila!- lo rimbeccai.
Lui fece di nuovo spallucce –Mmh, buono.-
-Fai schifo.- commentai io.
-E pensa che dovrai sopportarmi per tutta la vita.- replicò Niall ridendo.
 
 
Quel flashback si insinua nella mia mente circa per un secondo. In quel momento, i nostri sguardi si incrociano: chiaro e scuro, notte e giorno.
Niall fa finta di niente e mi supera, andando a sedersi nei sedili in fondo, insieme ai suoi nuovi amici.
Me l’aspettavo, ma questo non impedisce agli aghi di farmi così tanto male da non riuscire più a respirare.
E’ più di un anno che va avanti così. Io e Niall ormai siamo dei veri e propri estranei.
Dicono che è normale, succede a quest’età. Io ho solo quindici anni, lui sedici: non è una cosa grave, fa parte della crescita. Dicono.
Io non ci credo a queste stronzate. Non è una cosa normale. Se davvero tieni ad una persona non la lasci andare così facilmente, faresti di tutto per farlo restare al tuo fianco.
Ma forse questo riguarda le vere amicizie.
Forse Niall non mi era poi così affezionato.
Dopotutto, non sono così importante.
Sessantasettevirgolaquindici.
 
 
 
4.
 
 
La campanella trilla allegramente la fine della quarta ora. Io ho un’ora buca, posso andare in biblioteca a ripassare oppure guardare gli allenamenti
della squadra di pallavolo sugli spalti di una palestra puzzolente. Ovviamente scelgo la biblioteca.
Trovo Cassie seduta nell’angolo più lontano dall’entrata con altre tre compagne di classe: Scarlett, Agata e Felicia.
Mi fa cenno di sedermi con loro e io non me lo faccio ripetere due volte.
Iniziamo a ripassare chimica, materia incomprensibile per me, fino a quando Scarlett non emette un guaito eccitato.
Alziamo tutte lo sguardo. –Che c’è?- chiede Cassie.
Ma non c’è bisogno che Scarlett risponda, perché la risposta è davanti a noi.
Qualche metro più avanti, stravaccati sul lungo divano di pelle marrone, ci sono un gruppo di ragazzi. Avranno qualche anno più di noi, la maggior
parte non so neanche come si chiamino.
Riconosco solo David O’Brien, il bullo della scuola, e il suo branc…la sua banda di amici.
E Niall.
E’ seduto vicino a David e sembrano andare molto d’accordo.
-Ma quello è David O’Brien? Non me lo ricordavo così carino!- sussurra all’improvviso Felicia.
-Ma chi, David FacciadaPorco?- chiede di rimando Cassie.
-Si, proprio lui.-
-Noo, non ci credo! Impossibile, non può essere.- sentenzia Agata.
-E’ lui, te lo dico io.- ribatte risoluta Felicia –E’ dimagrito tantissimo in una sola estate.- osserva poi.
Loro continuano a discutere della nuova forma smagliante di David, io però mi sono persa.
Sto guardando, anzi no, incenerendo con lo sguardo una rossa che si è appena seduta sulle gambe di Niall.
E lui non sembra molto contrariato.
Io, invece, sono irritata. Parecchio.
Non riesco ad accettare questo suo comportamento da superiore, non riesco ad accettare la nuova compagnia con cui va in giro e soprattutto non riesco
ad accettare che non mi parli più.
Mentre tengo lo sguardo basso, lancio uno sguardo rapido alla ragazza.
E’ bella, è alla moda, è magra.
Già, questo è quello che conta di più. Non importa se sei un teppista che si prende gioco degli altri, o una troia senza cervello che la da al primo che
trova, l’importante è il suo peso.
Uno stupido e ridicolo numero, a cui però sembrano dare parecchia importanza.
Sessantasettevirgolaquindici.
Forse è proprio per questo che Niall non mi parla più.
Io non sono come quella ragazza.
Non mi avvicino neanche lontanamente a lei.
Se fossi più sicura di me, più schietta, più menefreghista dei giudizi degli altri…
…Più magra…
Sospiro malinconica e mi rimetto sui libri.
I “se” non hanno mai risolto niente. 

  
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