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Autore: Severa Crouch    09/11/2012    2 recensioni
Alcune storie non sono fatte per durare in eterno, restano sospese nell'aria, aggrappate al tempo e nutrite dai ricordi. Rabastan ne stava diventando consapevole nella cella di Azkaban, mentre i Dissennatori lo tormentavano con ricordi che erano come sale sulle ferite di un animo devastato.
Era bastato un incontro di sguardi tra loro due, perché tutto avesse inizio; in una fredda notte di fine anni Settanta, quando Bellatrix era ancora sconvolta per la morte di Regulus Black e Villa Malfoy si preparava ad accogliere l'iniziazione di un nuovo soldato.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Cose preziose



A Marti Lestrange, Serpeverde come me, perché una minaccia va sempre mantenuta.

 

Alcune storie non sono fatte per durare in eterno, restano sospese nell'aria, aggrappate al tempo e nutrite dai ricordi. Rabastan ne stava diventando consapevole nella cella di Azkaban, mentre i Dissennatori lo tormentavano con ricordi che erano come sale sulle ferite di un animo devastato.

Era bastato un incontro di sguardi tra loro due, perché tutto avesse inizio; in una fredda notte di fine anni Settanta, quando Bellatrix era ancora sconvolta per la morte di Regulus Black e Villa Malfoy si preparava ad accogliere l'iniziazione di un nuovo soldato.

Antonin aveva convinto sua sorella ad unirsi all'Oscuro Signore, le aveva parlato della Causa, della corruzione al Ministero e aveva scorto in lei quel lampo di sottile malvagità che poteva renderla una fedele alleata. Antonin offriva la sorella come prova della sua devozione al Signore Oscuro, mettendo l'intera famiglia dei Dolohov al servizio della Causa.

Martha era una giovane strega, poco più che ventenne, dai lunghi capelli castani rischiarati da pallidi riflessi dorati, che risaltavano alla luce delle candele di Villa Malfoy. Avvinghiata in un elegante veste in broccato di seta nera, Martha era una tentazione difficile da non cogliere in un circolo formato prettamente da uomini.

Involontariamente, fu Bellatrix Lestrange a far sì che i riflettori della curiosità la illuminassero, quando, con voce alta e sprezzante, disse al marito: “Non durerà più di due settimane.”

Rabastan vide Martha voltarsi e alzare un sopracciglio in segno di sufficienza nei confronti di Bellatrix: era pazza, o incosciente, aveva pensato in quel momento.

Antonin aveva portato via la sorella e la teneva sotto la sua ala di protezione, perché da nuova arrivata non alterasse gli equilibri consolidati di quel circolo, in cui l'ambizione era spesso il pretesto di lotte interne, alimentate da vanità e sete di potere.

Nel momento in cui l'Oscuro Signore le impresse il Marchio Nero sul braccio, Rabastan sentì un fremito attraversargli l'animo, affascinato dai rivoli neri sul braccio immacolato, che formavano il simbolo dell'appartenenza alla cerchia degli eletti.

Martha resisteva, mostrando stoica indifferenza al dolore, mentre la maledizione le penetrava attraverso la pelle. Quando abbassò la manica, e si voltò in direzione di Rabastan, i loro sguardi si incontrarono. Rabastan non seppe dire cosa lo catturò di quello sguardo, forse le iridi marrone chiaro, simile al colore delle nocciole, forse il portamento altero ed elegante, forse quella strana luce nello sguardo di Martha, fatta di ambizione e speranza, di determinazione e forza, che gli rendeva impossibile non pensare a lei come alla donna che avrebbe potuto essere la sua compagna. In quel momento, Rabastan comprese perfettamente le parole di Rodolphus, quando tentò di spiegargli la natura del legame tra lui e Bellatrix Lestrange: al di là del bene e del male, del tempo e dello spazio, con la consistenza dell'assoluto e dell'eterno.

Rabastan rimase accanto ad Antonin; doveva parlarle, doveva conoscerla ed esserle presentato: un fratello orgoglioso era la strada migliore per arrivare a lei.

“Non hai frignato, brava,” le disse Antonin compiaciuto e sarcastico.

Martha alzò il sopracciglio, con sufficienza, come aveva fatto poco prima con Bellatrix, e Rabastan capì che il sarcasmo doveva essere di casa dai Dolohov. La studiava interessato, come un predatore analizza la preda; voleva saperne di più di lei, ma c'erano dei passi da seguire, per non mancare di rispetto ad Antonin, ovviamente.

“E tu saresti?” gli domandò Martha, con la stessa aria di sufficienza, diretta e altezzosa: non aveva mancato di notare l'interesse di Rabastan.

“Lestrange. Rabastan Lestrange,” rispose, consapevole che qualsiasi formula di cortesia avrebbe dato l'idea di essersi trasformato in un patetico zerbino.

“Martha Dolohov,” ribatté lei con un ghigno sicuro di sé, prima che Antonin le dicesse di andare a casa.

Martha era affascinante e misteriosa, impalpabile come l'aria, capace di togliere il respiro con il solo ondeggiare dei capelli. Martha era libera e sicura di sé, irriverente e noncurante delle convenzioni sociali: era uno di quegli spiriti ribelli che Rabastan sognava di domare.

 

A casa Dolohov, Antonin si lasciò sfuggire un “Hai incantato il giovane Lestrange.”

Martha non dava peso alle uscite del fratello, ma questa frase suscitò la sua attenzione: nulla nel contegno di quel Lestrange sembrava trasmettere incanto. Non le erano sfuggiti gli sguardi, ma erano in molti in quella stanza a studiarla, e lui era pur sempre il cognato di quell'acida di una Black: diffidenza era ciò che aveva letto nel suo sguardo, non certo attrazione.

“Stai attenta, Martha, i Lestrange sono nobili e potenti come i Dolohov, ma hanno il cuore nero come la notte,” le disse, fissandola negli occhi, come se quell'avvertimento fosse di vitale importanza per lei, come se Antonin sentisse il dovere di metterla in guardia da un pericolo reale ed imminente.

“Mi sottovaluti di nuovo, fratello,” rispose Martha, con l'incoscienza dei ventenni, di chi si affaccia alla vita sicuro che essa sia piena di possibilità e tempo.

 

Martha aveva incontrato Rabastan in una piovosa giornata invernale, quando dalla Manica arrivava un vento umido che minacciava sventure imminenti, sopra un cielo antracite e carico di nubi.

La sua prima Caccia al Babbano, un'iniziazione, un esame in cui lei non intendeva sfigurare. Avanti, Bellatrix e Rodolphus Lestrange davano prova di quanto potessero essere vere le parole di Antonin, perché il loro animo era nero e la crudeltà senza fondo.

Vennero scagliate Maledizioni contro Babbani inerti, le porte delle loro dimore furono sventrate, le case incendiate: riempirono di sangue e cenere l'aria di Dover.

Rabastan osservò Martha, pensando che le uniche note che il suo naso dovesse sentire erano quelle profumate dei fiori, o quelle forti di un uomo che sapesse amarla. Martha non sfigurava, manteneva un'eleganza naturale anche nell'atto di lanciare una Maledizione, c'era una profonda vena d'odio e oscurità in lei; Rabastan lo notò chiaramente quando le vide scagliare una Cruciatus sopra un Sanguesporco. Martha era oscura, come le tenebre in cui viveva Rabastan, ed era difficile per lui non essere attratto da un buio così simile al suo, che a lungo aveva ricercato nel mondo.

Arrivarono gli Auror del Ministero, il divertimento finì, iniziò la fuga. Martha sembrava smarrita, perché Antonin era distante da lei, impegnato a scagliare fatture contro Paciock e Kingsley per aprire la via di fuga agli altri. Fu così che Rabastan prese per mano quella che era solo una ragazza e la portò con sé, lontano dall'orrore della guerra, dal clangore degli scontri, lontano dall'odore di sangue e di morte che riempiva l'aria.

Si Materializzarono in una vecchia dimora dei Lestrange, una casetta persa in una foresta, che usavano come appoggio nelle lunghe battute di caccia; nei periodi in cui lui e Rodolphus recuperavano l'usanza di famiglia di passare una settimana nei boschi ad allenarsi, lontano dagli agi e le comodità, a contatto con le asprezze della Natura, costretti ad ingegnarsi per sopravvivere. Era anche questa l'Oscurità dei Lestrange, una corsa contro i propri limiti, una gara con sé stessi per superarsi, il destino di chi non è mai soddisfatto.

In quella casupola di legno, abbandonata da tempo, sepolta nei boschi sperduti della Scozia e protetta da incantesimi oscuri e antichi, Rabastan si trovò da solo con Martha: era preoccupata per il fratello.

“Antonin è forte e in gamba, stai tranquilla,” le aveva detto, come unica frase consolatoria.

“Sarà preoccupato per me,” ribatté lei, che non voleva apparire come una sciocca ragazzina piagnucolona; sapeva che Antonin era in gamba e sentiva che a quest'ora era già a casa, al sicuro, o nascosto da qualche parte, come lei.

“Non ne ha motivo, ci sono io con te,” si lasciò sfuggire Rabastan, mostrando più di quanto volesse. Continuò illustrando la casa, piccola, ma confortevole: lei era la prima persona non appartenente alla famiglia Lestrange che metteva piede in quel posto, e non ci sarebbe stata una seconda volta.

Martha si era ripulita dall'acqua e la cenere che le si erano attaccate addosso, quando Rabastan le passò il suo maglione di Quidditch: la veste da strega che aveva indosso era troppo leggera per le temperature delle notti scozzesi.

“Dovremo accontentarci,” disse Rabastan, lanciandole il maglione.

Martha lo afferrò al volo e, infilandoselo, gli lanciò un sorriso ironico.

“Non sono Narcissa Malfoy.”

“Lo vedo,” rispose, mentre la osservava sedersi per terra, insieme a lui, vicino al camino.

Si sedettero sul vecchio tappeto, con le spalle appoggiate al sofa, perché in quel posto spartano Rabastan aveva voglia di natura e Martha sembrava intenderlo alla perfezione.

Parlarono, illuminati dal fuoco del camino, che proiettava una tenue luce ambrata nella stanza. Parlarono tanto che Rabastan impresse i toni nocciola delle iridi di Martha sul fondo della sua memoria.

Rabastan raccontò le sue imprese di Quidditch; Martha le ricordava vagamente, dati i sette anni di differenza che c'erano tra i due, ma ricordava benissimo la chioma nera e fluente di Rabastan, che ondeggiava scompigliata dal vento durante le partite, così come ricordava l'aria distrutta e soddisfatta che aveva, insieme agli altri compagni di squadra, quando si accasciava mollemente sui migliori divani della sala comune. Rabastan sorrideva, rivivendo quei momenti, e la luce di quel sorriso faceva dimenticare a Martha l'oscurità dei Lestrange.

Adesso, erano Martha e Rabastan, soli, in uno sperduto bosco scozzese, e parlavano di Quidditch, ridevano, si conoscevano, come due giovani qualsiasi.

Martha osservava Rabastan con sguardo curioso e attento, partecipava ai racconti di lui e sembrava esserne divertita. Gli scherzi ai Grifondoro l'appassionavano particolarmente. Martha era voltata verso Rabastan, con un gomito che le reggeva la testa, mentre sorrideva, immaginando le scene che lui raccontava. Martha rideva e la sua risata rischiarava l'aria e quando una ciocca dai riflessi biondi le cadde sul volto, Rabastan non seppe trattenersi dal portargliela dietro l'orecchio.

La pelle di Martha era liscia, morbida e perfetta; quel gesto di premura si trasformò in una carezza che la lasciò senza parole. La mano calda di Rabastan sul suo viso, gli occhi neri che la guardavano rapiti, i ciuffi di capelli che gli cadevano disordinatamente ai lati del volto, quel cenno di barba sul viso nobile, tutto in lui contribuiva a lasciarla senza parole. Aveva avuto altri amanti, Martha, innumerevoli spasimanti e nessuno, fino a quel momento, era riuscito a farla tacere, a sospendere, nell'aria illuminata dal camino, ogni pensiero, lasciandola persa nella perfezione di quell'oscurità.

Rabastan la guardava, il maglione verde le ravvivava il colorito, i lunghi capelli castani le fluivano lungo le spalle, la bocca era incurvata in un sorriso e sulle guance compariva un lieve rossore, forse causato dalla sua carezza. Martha era misteriosa e inafferrabile come un Boccino, ma Rabastan era un Cercatore, ed il Boccino era l'unica palla che attirava la sua attenzione.

La carezza scese lungo il viso, sul collo, verso la nuca, mentre lui si avvicinava, cercando le sue labbra.

Rabastan premette le sue labbra contro quelle morbide di Martha, mentre la mano sulla nuca di lei agevolava i movimenti. Le labbra di Rabastan sapevano della Cioccorana che si erano divisi nel corso della loro chiacchierata, erano morbide e avide, desiderose di riempirsi delle sue.

Si desideravano dal primo sguardo, dopo che Lord Voldemort le aveva impresso il Marchio Nero e lei aveva incontrato gli occhi scuri di lui: era stato un incontro casuale, eppure il Caso determinava il corso della vita di tutti, al punto da far chiedere a Martha se più che il Caso non fosse il Fato ad aver operato quell'incontro di anime.

Martha aveva studiato Rabastan nel corso delle riunioni, nelle poche missioni, nei rapporti che lui faceva all'Oscuro Signore. Aveva imparato a conoscerlo, le sue orecchie si erano riempite del timbro basso, leggermente roco, e del delicato accento francese che ne musicava la cadenza. Martha era affascinata dall'oscurità di Lestrange, presente in ogni sua caratteristica.

Adesso, lui cercava le labbra e Martha voleva inebriarsi di lui, infrangere ogni distanza che la separava dalla sua anima, fondersi e perdersi in quel buio così rassicurante, lontano dalla luce che illuminava le brutture del mondo.

Rabastan sembrò leggerle la mente, in breve le si avvicinò, colmando ogni distanza da osservare in società, avvicinandosi a lei tanto da percepire le note di muschio bianco e gelsomino, che caratterizzavano il suo bagnoschiuma, e si univano all'odore di chiuso e umidità che impregnava il vecchio maglione di Quidditch. Martha gli mise le braccia al collo, accarezzandogli la nuca e quei capelli neri che continuavano a turbarla, anche a distanza di anni.

Rabastan la strinse per i fianchi, attirandola a sé, mentre le sue mani percorrevano la schiena perfetta di Martha.

Si desideravano, profondamente, intensamente, oltre le regole e le convenzioni. Il resto del mondo non esisteva, oltre quella porta di legno c'erano solo boschi, e freddo, e morte, mentre in quella casa di legno, il fuoco del camino illuminava e riscaldava due corpi che cercavano di perdersi e confondersi.

Rabastan le sfilò il maglione verde ed entrambi sorridevano: si spogliarono velocemente, come chi ha paura che un momento tanto bello possa consumarsi e finire in fretta, come se l'attimo potesse passare e non tornare più. Un brivido scosse Rabastan nel vedere il corpo di Martha, il Marchio Nero sul braccio sinistro di entrambi evidenziava l'appartenenza comune all'Oscurità, così come la luce negli occhi segnava l'inizio di un cammino simbiotico.

Le mani corsero lungo i corpi, accarezzandosi, prendendo confidenza con un corpo nuovo, che presto sarebbe diventato parte del proprio, perché in quelle carezze, in quei baci, c'era solo la voglia di essere una cosa sola.

La mattina dopo si svegliarono, illuminati dalla pallida luce di un sole nascosto tra le nubi. Sembrava regnare la pace fuori da quella porta. Rabastan accarezzava la schiena nuda di Martha, mentre lei protestava pigramente di voler ancora dormire. Lui la cinse tra le braccia e le diede lievi baci sul collo, mentre un dito percorreva il profilo del suo viso. Martha rinunciò a dormire ancora, si voltò verso Rabastan e lui tornò a baciarla, affondando il naso nell'incavo del collo e inebriandosi del profumo di lei appena sveglia. Fecero l'amore di nuovo, quella mattina, e così innumerevoli altre volte quando tornarono nel mondo reale.

Ogni volta che era possibile, dopo essere tornati vivi da una missione, dopo aver visto la morte, si rifugiavano nella vita che era loro soltanto.

 

 

Sono dettagli, talvolta abbagli

a volte tagli sopra i polsi affermano che sono sbagli,

passi falsi fatti in luoghi silenziosi, sono

le nostre anime unite come in simbiosi.

Occhi chiusi, scegli la giusta direzione,

qualcosa sopravvive anche se a rischio di estinzione.

 

 

Antonin disapprovava questa unione, anche se in società si diceva che la sorella avesse conquistato un ottimo partito. Antonin conosceva l'oscurità di Lestrange e sapeva che Martha avrebbe rischiato di smarrirsi, di perdersi in quel buio, perché lei avrebbe messo al primo posto lui, sempre, mentre la fedeltà di Lestrange all'Oscuro Signore non garantiva lo stesso.

Nel frattempo, Martha e Rabastan vivevano un sogno, una passione bruciante che rischiava di consumarli, che li portava a cercarsi, a perdersi l'uno nell'altro, senza poter fare diversamente, ammaliati da quella forza che li attraeva e li estraniava dall'orrore che vivevano.

La guerra finì per trapelare nella loro vita quotidiana come un fumo sottile, in grado di inquinare l'aria da respirare e intossicare le menti.

Durante una delle innumerevoli missioni, insieme ad Evan Rosier, Bellatrix, Rodolphus e Rabastan, Martha imparò che cosa volesse dire la guerra, quella vera, che ti porta a vedere la morte anche dalla tua parte, quella che ti fa rischiare la vita per ciò in cui credi, per difendere le persone che ami ed il mondo a cui appartieni.

Antonin aveva visto gli Auror arrivare, si erano Materializzati uno dopo l'altro ed erano più numerosi del previsto, ma questa volta Martha non volle scappare, questa volta non sarebbe andata da nessuna parte, così fece cadere nel vuoto le urla disperate di suo fratello, che le gridarono di mettersi in salvo.

Accanto, Rabastan le lanciò uno sguardo di intesa: finché sarebbero stati insieme, tutto sarebbe andato bene. Martha lo sapeva, sentiva che il suo posto era lì, su quel terreno polveroso, a combattere accanto all'uomo che amava.

Il vento le sferzava i capelli e gli incantesimi si scontravano con le maledizioni, colorando il cielo di lampi di luce rossa, verde, di altri colori. L'adrenalina aumentava i riflessi e la sensazione di farcela era inebriante, così Martha riuscì a deviare uno Schiantesimo diretto verso Rabastan: lottavano spalla contro spalla.

Fu quando Rabastan le chiese di andare via, di mettersi in salvo, che Martha capì che la situazione si stava facendo più grave del previsto, scosse la testa in segno di negazione: “Per sempre insieme, ricordi?”

“Ascoltami, Evan è morto, si mette male: vai a casa, mettiti in salvo, ti raggiungo appena posso,” le aveva urlato con la forza della disperazione, perché sette anni in più sui campi di battaglia gli avevano dato un certo intuito.

“No, Rab, non me ne vado se non vieni con me,” aveva detto, quasi come una supplica, prima che un raggio verde, proveniente dalla bacchetta di Frank Paciock, la colpisse alla schiena.

Martha rimase così, immobile, con una richiesta rimasta sulle labbra, lasciando Rabastan precipitare negli abissi strazianti della perdita.

Rodolphus lo fermò prima che potesse fare qualche follia, prima che lanciasse sé stesso contro gli Auror, in una lotta impari e suicida. Si Materializzarono via, lontano da quel posto su cui aleggiava la bandiera della morte, persino Bellatrix Lestrange era a corto di parole, e Antonin Dolohov era una maschera di dolore, mentre abbracciava il corpo senza vita della sorella.

Quella notte, Rabastan Lestrange pianse per la prima volta in vita sua e promise a Martha che avrebbe vendicato la sua morte: Frank Paciock sarebbe stato il primo della lista, ma la morte non sarebbe stata una punizione sufficiente a ciò che aveva fatto.

Rabastan strinse la bacchetta tra le mani, promettendole che si sarebbero rivisti presto, che doveva aspettare un altro po' e lui l'avrebbe raggiunta. Percorrevano lo stesso sentiero oscuro, Martha era andata più in là, solo un po' più in là.


Nel buio tu cammini con me,
tu sei il motivo per cui sopravvivo perché
mi hai dato un obiettivo finché
lacrime rosse non cadranno sull'asfalto.
Vedrò il tuo volto, saprò perché mi hai scelto.
Nel buio tu cammini con me,
tu sei il motivo per cui sopravvivo perché
mi hai dato un obiettivo finché
le mie battaglie non saranno concluse.
Ogni tuo sguardo, ogni frase: cose preziose.

 



N.d.A.: La canzone che accompagna la storia è Cose Preziose di Kaos One, una delle pietre miliari dell'HipHop italiano. http://www.youtube.com/watch?v=uFWcNetyWDQ Verrebbe da dire “altro che quelli che ci sono oggi,” ma queste polemiche tra la Vecchia e la Nuova scuola hanno stancato abbastanza, senza contare che mi fanno sentire vecchia.
La canzone, in realtà, è dedicata alla musica, però io ho vergognosamente piegato le parole ai miei scopi e l'ho usata per descrivere il rapporto tra Martha e Rabastan.

Martha Dolohov è un OC, non esiste nella saga e mi dispiaceva lasciare Rabastan solo soletto, visto che Rita Skeeter, con cui lo accoppio spesso e volentieri, pensa alla carriera e la povera Marlene è morta. A pensarci, è abbastanza sfigato con le donne, pur essendo un uomo estremamente affascinante, per non dire un figo da paura e, credetemi, parlando di un Lestrange, paura è la parola adatta.

Penso che i riferimenti temporali ci sono, siamo nella prima guerra magica, fine anni 70, Regulus è appena morto, quindi la storia è a cavallo tra il 1979 e il 1980. u.u

Nel mio universo personale, Rodolphus e Bellatrix hanno fatto Hogwarts insieme, quindi sono entrambi del 1951, quindi attualmente hanno 28-29 anni, mentre Rabastan è un anno più piccolo di Rodolphus, quindi ha 27-28 anni, ne consegue che Martha, di sette anni più giovane, ha 20-21 anni.

Non ricordo esattamente quando è morto Rosier, io l'ho collocato in questo periodo temporale perché appunto è prima della caduta di Voldemort, anche se in Come un satellite, l'ho fatto morire nell'estate del 1981... ma va beh, dove il Lexicon tace, Fanwriter provvede. u.u

Spero che vi piaccia e che piaccia a Marti. <3

Un bacio

Sev :-)

   
 
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