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Autore: K i m b e r l y    27/05/2007    10 recensioni
A 19 anni tutti hanno dei bisogni speciali. E Bill Bailey lo sa bene.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TITOLO: Special Needs
FANDOM: Guns N' Roses
PAIRING: SLASH Bill Bailey/Jeff Isbell, i futuri Axl Rose e Izzy Stradlin' XD
RATING: PG13
DISCLAIMER: Bill non è mio (Magari lo fosse **), Jeff nemmeno (Non si può volere tutto XD), la canzone è Special Needs dei Placebo, quindi neanche questa è mia.
RIASSUNTO: A 19 anni tutti hanno dei bisogni speciali. E Bill Bailey lo sa bene.

Just 19 and sucker's dream
I guess I thought you had the flavour
Just 19 and dreams obscene
With six months off for bad behaviour

Bill Bailey era steso sul letto, completamente vestito, intento a contemplare una macchia particolarmente grande impregnata sul soffitto cupo e umido della sua stanza spoglia.
Se lo doveva immaginare, a nessuno importava di lui. Lui era il niente, un'emerita merda, una fottuta nullità, solo come un cane, e pieno fino alle punte dei capelli di una rabbia incontrollabile, pronta a sfociare alla prima mossa sbagliata. Proprio come quella macchiolina di stupida umidità appiccicata al soffitto grigio e scrostato. Non bastava quel figlio di troia di suo padre che lo menava tutte le sere per quei troppi bicchieri di liquore scadente che gli bruciavano il fegato e l'anima, anche Jeff doveva scivolare fuori dalla sua vita come se non gli importasse niente di lui, William Bailey, piccolo stronzetto rosso nato in un buco di periferia dell'Indiana, essere insegnificante, nullità. Fanculo Isbell, non ho bisogno di un fottuto ragazzino per vivere! Quello a cui non fregava un cazzo di Bill, il suo fottuto migliore amico. Quello che lo illudeva facendo sembrare che gliene fregasse qualcosa, quello con cui stava bene. Ma quello che spariva proprio quando Bill ne aveva bisogno. Fottutamente bisogno. E Bill era solo. Era rimasto completamente solo. E più ci pensava, più si rendeva conto che lui aveva bisogno di uno come Jeff Isbell per andare avanti, per condurre quella vita di merda che gli era stata riservata. I suoi occhi scuri, la bocca sottile e leggermente assimmetrica. Quel ciuffo che gli ricadeva scomposto sugli occhi, le mani segnate da ore e ore passate cercando di strimpellare qualcosa con la vecchia e malconcia Gibson di suo padre. Lui aveva bisogno di tutto quello. Non poteva mandare a puttane l'unico che lo aveva accettato, colui che lo capiva con il solo bisogno di uno sguardo, con cui aveva condiviso un amicizia fuori dal normale, l'unico presente nella sua vita. Doveva perlomeno scusarsi. La mattina, dato che il giorno prima non era venuto a scuola, gli aveva rifilato un trattamento di merda, gli aveva urlato addosso cose che nemmeno gli passavano per la testa e lui, Jeff, non capiva la reazione a dir poco eccessiva dell'amico e si era girato sui tacchi ed era scivolato via, borbottando qualcosa di incomprensibile, lasciando Bill impalato davanti all'entrata del casermone adibito al ruolo di scuola. Fanculo Isbell. Indifferente e senza alcuna emozione. Fredda e liscia crudeltà. Ma non poteva andarsene completamente. Bill aveva bisogno di lui.

Remember me when you're the one who's silver screened
Remember me when you're the one you always dreamed
Remember me when whenever noses strart to bleed
Remember me, special needs

Senza rendersene conto era già balzato giù dal letto, aveva afferrato il giubbotto di pelle sdrucito ed aveva sbattuto la porta malconcia della sua stanza con impeto, prima di fiondarsi verso la porta d'entrata di quel buco sudicio chiamato casa.
"William, dove cazzo credi di andare?"
Sua madre era apparsa dalla porta della cucina, un lurido grembiule stretto in vita, i tratti appesantiti dagli anni, un mestolo in una mano e una sigaretta già fumata per metà nell'altra.
"Esco"
Veloce, secco ed indolore.
"Tu non vai da nessuna parte! Tuo padre te lo proibisce, ritorna in quella tua fottuta stanza e rimanici"
"Non prendo ordini da nessuno, tantomeno da uno che si sbatte quella cagna di mia madre ogni santo giorno"
"Brutto stronzetto, io mi faccio il culo per mandare avanti questa vita del cazzo e ci sei tu, lurido pezzo di merda, a cui non è mai fregato un cazzo di tutto questo! Diciannove anni fa mi sei spuntato tra capo e collo e tuo padre, quel brutto figlio di troia, dopo avermi sbattuta se ne è andato lasciandoci trenta dollari in tasca! Lurido stronzo! Mi hai rovinato la vita!"
Non fece in tempo a finire il discorso che Bill si era fiondato fuori da quella topaia, aveva sceso le scale velocemente e aveva oltrepassato il portone, lasciandosi dietro il cemento marcio e consunto dell'abitazione e le urla laceranti della madre. Ormai inutili, senza senso, strazianti verità lasciate da parte. Fatte marcire con consapevolezza.

Remember me when you clinch your movie deal

Si era precipitato in strada, nel leggero vento della sera che apriva le porte alla primavera ancora assonnata. Si era stretto nel giubbotto nero da quattro soldi ed aveva cominciato a camminare di buon passo verso casa di Jeff. Fanculo Isbell, non mi perderai così facilmente. Aveva voglia, o era solo un abituale bisogno, di una sigaretta, ma con quei pochi spiccioli non sarebbe riuscito a comprare nemmeno il filtro. Fanculo questa vita. Avrebbe voluto essere con Isbell, magari in camera sua, avvolti da una nube di fumo, sigaretta in bocca, con una Gibson in mano alla ricerca di quegli accordi perfetti che uscivano magici da sotto le dita di Jimmy Page, o delle note superbe che emettevano le corde vocali di Robert Plant, cercando di far uscire perfette quelle canzoni ascoltate miliardi di volte dai cd dei Led Zeppelin di Jeff, ridendo, provando e sognando un futuro migliore. E invece no, doveva avere le palle, mettere da parte quella sua fottuta superbia e ammettere di non essere perfetto, di aver sbagliato, di essere un comune mortale.

Think of me stuck in my chair that has four wheels

In meno di dieci minuti si ritrovò al cancello del palazzo dove viveva Jeff Isbell. Doveva suonare, doveva avere coraggio, doveva avere le palle. Con l'indice aveva premuto il tasto arrugginito che recava la scritta "Isbell" in caratteri aguzzi e aspettava che qualcuno gli rispondesse.
Sperava con tutto il cuore che fosse lui a rispondere.
"Chi è?" Una voce metallica risuonò dall'apparecchio.
Merda, suo padre.
"Sono Bill Bailey signore, c'è Jeff?"
"Chi? Bailey? Mio figlio e i suoi amichetti del cazzo. Arriva"
Non aveva fatto in tempo a ringraziare che il padre di Isbell aveva chiuso la comunicazione con un brusco gesto.
Cazzo Isbell, muoviti a scendere.

Remember me through flash photography and screens

D'un tratto la porta malcocia dell'alto edificio si aprì e ne uscì una figura in pantaloni di pelle neri, una maglietta a maniche corte immancabilmente con il logo dei Led Zeppelin e un apparentemente pesante giubbotto di pelle ormai non più così bianco. Occhi scuri, capelli sugli occhi, bocca sottile, irregolare. Jeff. Jeff Isbell davanti a lui.
Bill non sapeva cosa dire, era riuscito ad arrivare fin sotto casa sua ma le parole gli erano morte in gola. Non sapeva da dove iniziare, cosa dire, come scusarsi. Jeff era suo, lui ne aveva bisogno per andare avanti. Ed ora era impalato come un coglione davanti al cancello, mentre Isbell si chiudeva il portone alle spalle e si girava per guardarlo nelle iridi verdi piene di timore e tristezza.
"Jeff, io.."
Jeff continuò a guardarlo con quegli occhi profondi. Dentro di lui era stupito: era la prima volta che Bill decideva di soppiantare la sua superbia del cazzo e riusciva a capire di aver in qualche modo sbagliato. Lo capiva senza bisogno di parole, solo il fatto che il rosso si fosse presentato alla porta di casa con quello sguardo affranto e pieno di rammarico diceva tutto. E Jeff ci aveva pensato. Non voleva perderlo. Lui aveva bisogno di Billy, e lo avrebbe perdonato comunque, anche senza quel gesto. Perchè lui non poteva fare a meno di quegli occhi verdi, quei capelli lisci color del fuoco, quei lineamenti ancora acerbi ma bellissimi.

Remember me, special needs

Jeff piegò la testa di lato e guardò ancora il visino triste di Bill, mentre un leggero sorriso si imprimeva sulle sue labbra sottili.
"Shh.. Non ce n'è bisogno".
Bill lo guardò negli occhi scuri con le labbra leggermente aperte, incredulo davanti la reazione del moro.
"Un cazzo, Isbell. Io ti ho trattato di merda, penso sempre e solo a me stesso, come minimo dovresti urlarmi addosso. E invece tu sei così.. Ogni giorno sei costretto a sopportare la mia superbia, il mio voler sempre avere ragione. E non è una bella cosa. Ti meriti di più Jeff, ti meriti qualcuno che ti tratti meglio, qualcuno che ti dia le giuste attenzioni, qualcuno che ti rispetti.. Mi dispiace, davvero."
La testa di Bill era scivolata verso il basso, i capelli lisci in avanti, mentre una lacrima solitaria scendeva bollente sulla guancia, solleticava la mascella e spiccava il salto per atterrare sul cemento sotto i suoi piedi.
Jeff lo guardò intenerito.
"Bill.. Io non voglio nessun'altro. Io voglio te. Sei l'unico con cui posso sentirmi me stesso, l'unico con cui sto bene. Quando a casa va tutto male, mio padre si incazza per niente, la scuola è una merda e sembra che tutti siano contro di me, ci sei tu che mi tiri su. So di avere qualcuno al mio fianco e questo mi fa stare bene. Tu mi fai stare bene."
Detto questo, Jeff prese dolcemente il mento di Bill e gli fece alzare la testa, guardandolo in quelle iridi smeraldine piene di speranza.
"D-Davvero Jeff?"
All'improvviso una goccia d'acqua cadde sulla guancia di Bill ed entrambi alzarono la testa verso il cielo, dal quale era iniziata una leggera pioggia, annunciata da il rombo soffuso dei tuoni e dal cielo ormai imbrunito dalla notte e dai nuvoloni scuri che comprivano le stelle.
Jeff abbassò la testa e si ritrovò a fissare rapito gli occhi intensi di Bill Bailey, mentre le gocce si facevano più frequenti e bagnavano le loro facce, la mano di Jeff sotto il mento di Bill, i loro corpi vicini, e l'odore di pioggia si insinuava nelle loro narici.
Avvicinò il viso a quello di Bill, fino a che c'era un solo misero centimetro a dividerli.
Bill aveva le iridi verdi spalancate, le labbra rosse, carnose e bagnate dalla pioggia leggermente socchiuse e sentiva, malgrado l'aria che spirava, il respiro caldo di Jeff a poca distanza dal suo.
Jeff socchiuse gli occhi e caldo pronunciò le parole che Bill avrebbe voluto da sempre sentire.

"Billy, io ho bisogno di te" 
  
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