TITOLO: Special Needs
FANDOM: Guns N' Roses
PAIRING: SLASH Bill Bailey/Jeff Isbell, i futuri Axl Rose e Izzy
Stradlin' XD
RATING: PG13
DISCLAIMER: Bill non è mio (Magari lo fosse **), Jeff
nemmeno (Non si può volere tutto XD), la canzone
è Special Needs dei Placebo, quindi neanche questa
è mia.
RIASSUNTO: A 19 anni tutti hanno dei bisogni speciali. E Bill Bailey lo
sa bene.
Just 19 and sucker's
dream I guess I thought you
had the flavour Just 19 and dreams
obscene With six months off for
bad behaviour
Bill Bailey era steso sul letto, completamente vestito, intento a
contemplare una macchia particolarmente grande impregnata sul soffitto
cupo e umido della sua stanza spoglia.
Se lo doveva immaginare, a nessuno importava di lui. Lui era il niente,
un'emerita merda, una fottuta nullità, solo come un cane, e
pieno fino alle punte dei capelli di una rabbia incontrollabile, pronta
a sfociare alla prima mossa sbagliata. Proprio come quella macchiolina
di stupida umidità appiccicata al soffitto grigio e
scrostato. Non bastava quel figlio di troia di suo padre che lo menava
tutte le sere per quei troppi bicchieri di liquore scadente che gli
bruciavano il fegato e l'anima, anche Jeff doveva scivolare fuori dalla
sua vita come se non gli importasse niente di lui, William Bailey,
piccolo stronzetto rosso nato in un buco di periferia dell'Indiana,
essere insegnificante, nullità. Fanculo Isbell, non ho
bisogno di un fottuto ragazzino per vivere! Quello a cui non fregava un
cazzo di Bill, il suo fottuto migliore amico. Quello che lo illudeva
facendo sembrare che gliene fregasse qualcosa, quello con cui stava
bene. Ma quello che spariva proprio quando Bill ne aveva bisogno.
Fottutamente bisogno. E Bill era solo. Era rimasto completamente solo.
E più ci pensava, più si rendeva conto che lui
aveva bisogno di uno come Jeff Isbell per andare avanti, per condurre
quella vita di merda che gli era stata riservata. I suoi occhi scuri,
la bocca sottile e leggermente assimmetrica. Quel ciuffo che gli
ricadeva scomposto sugli occhi, le mani segnate da ore e ore passate
cercando di strimpellare qualcosa con la vecchia e malconcia Gibson di
suo padre. Lui aveva bisogno di tutto quello. Non poteva mandare a
puttane l'unico che lo aveva accettato, colui che lo capiva con il solo
bisogno di uno sguardo, con cui aveva condiviso un amicizia fuori dal
normale, l'unico presente nella sua vita. Doveva perlomeno scusarsi. La
mattina, dato che il giorno prima non era venuto a scuola, gli aveva
rifilato un trattamento di merda, gli aveva urlato addosso cose che
nemmeno gli passavano per la testa e lui, Jeff, non capiva la reazione
a dir poco eccessiva dell'amico e si era girato sui tacchi ed era
scivolato via, borbottando qualcosa di incomprensibile, lasciando Bill
impalato davanti all'entrata del casermone adibito al ruolo di scuola.
Fanculo Isbell. Indifferente e senza alcuna emozione. Fredda e liscia
crudeltà. Ma non poteva andarsene completamente. Bill aveva
bisogno di lui.
Remember me when you're
the one who's silver screened Remember me when you're
the one you always dreamed Remember me when
whenever noses strart to bleed Remember me, special
needs
Senza rendersene conto era già balzato giù dal
letto, aveva afferrato il giubbotto di pelle sdrucito ed aveva sbattuto
la porta malconcia della sua stanza con impeto, prima di fiondarsi
verso la porta d'entrata di quel buco sudicio chiamato casa.
"William, dove cazzo credi di andare?"
Sua madre era apparsa dalla porta della cucina, un lurido grembiule
stretto in vita, i tratti appesantiti dagli anni, un mestolo in una
mano e una sigaretta già fumata per metà
nell'altra.
"Esco"
Veloce, secco ed indolore.
"Tu non vai da nessuna parte! Tuo padre te lo proibisce, ritorna in
quella tua fottuta stanza e rimanici"
"Non prendo ordini da nessuno, tantomeno da uno che si sbatte quella
cagna di mia madre ogni santo giorno"
"Brutto stronzetto, io mi faccio il culo per mandare avanti questa vita
del cazzo e ci sei tu, lurido pezzo di merda, a cui non è
mai fregato un cazzo di tutto questo! Diciannove anni fa mi sei
spuntato tra capo e collo e tuo padre, quel brutto figlio di troia,
dopo avermi sbattuta se ne è andato lasciandoci trenta
dollari in tasca! Lurido stronzo! Mi hai rovinato la vita!"
Non fece in tempo a finire il discorso che Bill si era fiondato fuori
da quella topaia, aveva sceso le scale velocemente e aveva oltrepassato
il portone, lasciandosi dietro il cemento marcio e consunto
dell'abitazione e le urla laceranti della madre. Ormai inutili, senza
senso, strazianti verità lasciate da parte. Fatte marcire
con consapevolezza.
Remember me when you
clinch your movie deal
Si era precipitato in strada, nel leggero vento della sera che apriva
le porte alla primavera ancora assonnata. Si era stretto nel giubbotto
nero da quattro soldi ed aveva cominciato a camminare di buon passo
verso casa di Jeff. Fanculo Isbell, non mi perderai così
facilmente. Aveva voglia, o era solo un abituale bisogno, di una
sigaretta, ma con quei pochi spiccioli non sarebbe riuscito a comprare
nemmeno il filtro. Fanculo questa vita. Avrebbe voluto essere con
Isbell, magari in camera sua, avvolti da una nube di fumo, sigaretta in
bocca, con una Gibson in mano alla ricerca di quegli accordi perfetti
che uscivano magici da sotto le dita di Jimmy Page, o delle note
superbe che emettevano le corde vocali di Robert Plant, cercando di far
uscire perfette quelle canzoni ascoltate miliardi di volte dai cd dei
Led Zeppelin di Jeff, ridendo, provando e sognando un futuro migliore.
E invece no, doveva avere le palle, mettere da parte quella sua fottuta
superbia e ammettere di non essere perfetto, di aver sbagliato, di
essere un comune mortale.
Think of me stuck in my
chair that has four wheels
In meno di dieci minuti si ritrovò al cancello del palazzo
dove viveva Jeff Isbell. Doveva suonare, doveva avere coraggio, doveva
avere le palle. Con l'indice aveva premuto il tasto arrugginito che
recava la scritta "Isbell" in caratteri aguzzi e aspettava che qualcuno
gli rispondesse.
Sperava con tutto il cuore che fosse lui a rispondere.
"Chi è?" Una voce metallica risuonò
dall'apparecchio.
Merda, suo padre.
"Sono Bill Bailey signore, c'è Jeff?"
"Chi? Bailey? Mio figlio e i suoi amichetti del cazzo. Arriva"
Non aveva fatto in tempo a ringraziare che il padre di Isbell aveva
chiuso la comunicazione con un brusco gesto.
Cazzo Isbell, muoviti a scendere.
Remember me through
flash photography and screens
D'un tratto la porta malcocia dell'alto edificio si aprì e
ne uscì una figura in pantaloni di pelle neri, una maglietta
a maniche corte immancabilmente con il logo dei Led Zeppelin e un
apparentemente pesante giubbotto di pelle ormai non più
così bianco. Occhi scuri, capelli sugli occhi, bocca
sottile, irregolare. Jeff. Jeff Isbell davanti a lui.
Bill non sapeva cosa dire, era riuscito ad arrivare fin sotto casa sua
ma le parole gli erano morte in gola. Non sapeva da dove iniziare, cosa
dire, come scusarsi. Jeff era suo, lui ne aveva bisogno per andare
avanti. Ed ora era impalato come un coglione davanti al cancello,
mentre Isbell si chiudeva il portone alle spalle e si girava per
guardarlo nelle iridi verdi piene di timore e tristezza.
"Jeff, io.."
Jeff continuò a guardarlo con quegli occhi profondi. Dentro
di lui era stupito: era la prima volta che Bill decideva di soppiantare
la sua superbia del cazzo e riusciva a capire di aver in qualche modo
sbagliato. Lo capiva senza bisogno di parole, solo il fatto che il
rosso si fosse presentato alla porta di casa con quello sguardo
affranto e pieno di rammarico diceva tutto. E Jeff ci aveva pensato.
Non voleva perderlo. Lui aveva bisogno di Billy, e lo avrebbe perdonato
comunque, anche senza quel gesto. Perchè lui non poteva fare
a meno di quegli occhi verdi, quei capelli lisci color del fuoco, quei
lineamenti ancora acerbi ma bellissimi.
Remember me, special
needs
Jeff piegò la testa di lato e guardò ancora il
visino triste di Bill, mentre un leggero sorriso si imprimeva sulle sue
labbra sottili.
"Shh.. Non ce n'è bisogno".
Bill lo guardò negli occhi scuri con le labbra leggermente
aperte, incredulo davanti la reazione del moro.
"Un cazzo, Isbell. Io ti ho trattato di merda, penso sempre e solo a me
stesso, come minimo dovresti urlarmi addosso. E invece tu sei
così.. Ogni giorno sei costretto a sopportare la mia
superbia, il mio voler sempre avere ragione. E non è una
bella cosa. Ti meriti di più Jeff, ti meriti qualcuno che ti
tratti meglio, qualcuno che ti dia le giuste attenzioni, qualcuno che
ti rispetti.. Mi dispiace, davvero."
La testa di Bill era scivolata verso il basso, i capelli lisci in
avanti, mentre una lacrima solitaria scendeva bollente sulla guancia,
solleticava la mascella e spiccava il salto per atterrare sul cemento
sotto i suoi piedi.
Jeff lo guardò intenerito.
"Bill.. Io non voglio nessun'altro. Io voglio te. Sei l'unico con cui
posso sentirmi me stesso, l'unico con cui sto bene. Quando a casa va
tutto male, mio padre si incazza per niente, la scuola è una
merda e sembra che tutti siano contro di me, ci sei tu che mi tiri su.
So di avere qualcuno al mio fianco e questo mi fa stare bene. Tu mi fai
stare bene."
Detto questo, Jeff prese dolcemente il mento di Bill e gli fece alzare
la testa, guardandolo in quelle iridi smeraldine piene di speranza.
"D-Davvero Jeff?"
All'improvviso una goccia d'acqua cadde sulla guancia di Bill ed
entrambi alzarono la testa verso il cielo, dal quale era iniziata una
leggera pioggia, annunciata da il rombo soffuso dei tuoni e dal cielo
ormai imbrunito dalla notte e dai nuvoloni scuri che comprivano le
stelle.
Jeff abbassò la testa e si ritrovò a fissare
rapito gli occhi intensi di Bill Bailey, mentre le gocce si facevano
più frequenti e bagnavano le loro facce, la mano di Jeff
sotto il mento di Bill, i loro corpi vicini, e l'odore di pioggia si
insinuava nelle loro narici.
Avvicinò il viso a quello di Bill, fino a che c'era
un solo misero centimetro a dividerli.
Bill aveva le iridi verdi spalancate, le labbra rosse, carnose e
bagnate dalla pioggia leggermente socchiuse e sentiva, malgrado l'aria
che spirava, il respiro caldo di Jeff a poca distanza dal suo.
Jeff socchiuse gli occhi e caldo pronunciò le parole che
Bill avrebbe voluto da sempre sentire.