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Autore: darkronin    09/11/2012    2 recensioni
“Voi non siete l'unico popolo. Né siete l'unica minaccia. Il mondo si sta riempiendo di esseri fuori dal comune che non possiamo controllare”
La Terra e i suoi abitanti sono davvero al sicuro, ora che la minaccia dei Chitauri è stata debellata, o quella che si è abbattuta su New York era solo l'avanguardia di una guerra più complessa e articolata?
- - - - Crossover Avengers-X-men col Marvelverse più in generale (come dovrebbe essere in realtà)
- - - Personaggi principali aggiuntivi: Wolverine, Deadpool, Gambit, Rogue, Nightcrawler, Spiderman – nella seconda parte anche Antman, Wasp, i Fantastici4.
- - Limitate apparizioni di personaggi già noti: Thor, Loki, Odino, Hulk, Jane Foster, Erik Selvig, i senatori Stern, Kelly e Boyton.
- Altri, per ora secondari ma non meno importanti ai fini della trama: Sinistro, Emma Frost, Jean Gray, Ciclope, Xavier, Mystica, Magneto, Morph, Donna Ragno, DareDevil, Angelo, Tempesta, Kitty Pride, Colosso, Psylocke, Fantomex, Visione, Daisy, DumDumDugan, Contessa Allegra Valentina di Fontaine, Norman Osborne, Hela e Sigyn
+Riferimenti a Civil War, Dark Reign
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'ira degli eroi'
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9. Catene






Fury gliel'aveva promesso: una volta messe le mani sul Tesseract sarà libero di andare. E lui non se l'era fatto ripetere due volte e aveva spezzato le catene alla prima occasione. D'altronde era stato reclutato solo per quello, per la sua conoscenza dei raggi gamma. Certo. In caso di emergenza, sarebbe stato libero di valutare se tornare all'azione o meno. Era a conoscenza di molte persone eccezionali, più di lui che sapeva solo arrabbiarsi o spaventarsi e diventare verde; lui che si nascondeva al mondo. Per paura o per pudore. Lui, semplicemente, voleva la tranquillità, essere lasciato in pace.

E così, scroccato uno strappo ad Iron Man, appena gli era stato possibile aveva preso il primo volo last minute all'aeroporto d'arrivo, destinazione “la prima a caso”, e si era dileguato nei meandri degli scali aeroportuali. Vedova gli aveva fornito un passaporto falso a cui bastava aggiungere una foto qualunque, fatta al momento alla prima macchinetta automatica, e il gioco era fatto.
Ed ora eccolo che riusciva ad arrancare, su una camionetta scassata dei primi anni 80, fino a un villaggio divorato dalla giungla cambogiana. Era il posto più isolato che fosse riuscito a trovare così su due piedi.
Una volta a destinazione aveva agguantato, per pochi soldi, una grammatica e un dizionario. Avrebbe imparato la lingua, come già aveva fatto altre volte, e vi avrebbe piantato le radici, cercando di far pace col senso di colpa. Ormai voleva bene alla squadra come a dei fratelli. Anche perché si litigava e ci si proteggeva le spalle a vicenda nello stesso modo: era stata un'esperienza breve ma intensa. Però, lui aveva dato. E Stark era stato chiaro. Chi avesse voluto continuare con la storia dei Vendicatori, sarebbe stato il benvenuto a casa sua. Ma Stark intendeva la sua casa al mare. E mare voleva dire confusione e stanchezza data dal vociare imperterrito dei bagnanti e della salsedine onnipresente. No, cedeva volentieri. Lui non voleva nemmeno essere coinvolto una prima volta. Figurarsi se andava a cacciarsi nei guai di sua spontanea volontà. Natasha sapeva comunque come rintracciarlo. Ma sapeva anche che, se non fosse stato strettamente necessario, era meglio non coinvolgerlo.
Lui voleva solo poter studiare e dimenticare tutto ciò che era stato.
Per quanto a malincuore, quindi, in quel modo dava il suo addio ai Vendicatori

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La luce del primissimo pomeriggio filtrava delicata dalle tende d'organza bianca tirate sulla finestra donando un soffice bagliore alle superfici su cui si posava. Il silenzio e la calma regnavano sovrani nonostante la confusione di bagagli e vestiti buttati a casaccio in giro per la stanza.
La radio sveglia cominciò a suonare sommessamente, programmata, nonostante tutto.
Sorrise riconoscendo al volo il disco che era stato dimenticato nello stereo mesi prima: Stark avrebbe di certo approvato. Trash era il loro disco, ogni singola canzone sembrava scritta da o per loro, due rifiuti della società che dormivano su un letto fatto di spilli, sempre vigili, anche nel sonno, con la pistola stretta in mano sotto il cuscino. Ma la prima canzone in assoluto, Poison, gli ricordava la sua compagna.

Your cruel device
Your blood, like ice
One look could kill
My pain, your thrill
[Il tuo stratagemma crudele/ il tuo sangue, come ghiaccio/ un'occhiata può uccidere/ mio il dolore, tuo il brivido]

E Budapest. Ciò che per lui, ora, voleva dire sofferenza, indecisione e dolore per lei era stato forse il momento più entusiasmante di tutta la sua già movimentata vita. Dopo l'attacco dei Chitauri, ovviamente.

I want to love you but I better not touch
I want to hold you but my senses tell me to stop
I want to kiss you but I want it too much
I want to taste you but your lips are venomous poison
You're poison running through my veins
You're poison, I don't want to break these chains
[voglio amarti ma è meglio se non ti tocco/ voglio abbracciarti ma i miei sensi dicono di fermarmi/ voglio baciarti ma lo desidero troppo/ voglio assaggiarti ma le tue labbra sono un veleno tossico/ Tu sei veleno che scorre nelle mie vene/ tu sei veleno/ e io non voglio spezzare queste catene]

Quante occasioni aveva avuto per portare a termine la sua missione? Quante volte gli avevano rinfacciato quello che non aveva fatto? Di come si fosse legato a lei a doppio filo senza possibilità di scampo? Lei era la sua nota rossa. Una delle tante.
E rischiava di renderle il favore, anche se sembrava essersi arrangiata, a cacciarsi nei guai. Stirò un sorriso. Era la fidata spia di Fury, tanto da meritare il livello 10, il grado più alto, all'interno dello S.H.I.E.L.D. Mentre lui non era che un cane rognoso sulla lista nera dell'organizzazione a causa della sua natura ribelle e anti-autoritaria, nonostante fosse il pupillo del Generale.
La loro amicizia non le faceva certo bene e da un lato avrebbe desiderato separarsi per sempre da lei ma dall'altro, il proprio egoismo aveva la meglio, incatenandolo in una situazione senza uscita.
“Forse dovremmo mettere un po' d'ordine...” commentò con voce sonnacchiosa, riprendendo una vecchia battuta, senza neanche guardarsi attorno, ripensando alle curve di lei, fasciate dalla tuta di pelle nera e kevlar.
Al suo fianco, lei mugugnò infastidita e si girò sul fianco, verso di lui, tirandosi appresso le lenzuola “Siamo in vacanza, Clint!”
Dopo aver impacchettato gli Asgardiani e aver fatto un minimo di rifornimento alimentare, si erano cacciati diritti nuovamente a letto, un letto vero, comodo e caldo, per il resto della giornata, nel tentativo di recuperare le energie. Ma ora, almeno lui, aveva una fame da lupi. Da quant'è che non mangiava? Il kebab non contava molto, visto che era piombato nel vuoto del suo stomaco, tamponando solo momentaneamente la voragine.
“Non vuol dire che dobbiamo vivere nel casino” commentò lui, dandole le spalle. In quel momento, l'ultima cosa che voleva era trovarsi a fissare le sue labbra.
Sbuffando, lei si volse supina, una mano a coprirsi gli occhi che si infilava nell'attaccatura dei capelli sulla fronte “Che un commento simile arrivi da un uomo è tutto dire, Clint... pensa a dormire, ne abbiamo bisogno. Almeno... io non ho dormito molto negli ultimi tempi. Su, dormi...è presto!” replicò alla solita battuta del collega
“E' quasi mezzogiorno” precisò lui fissando il soffitto
Lei ringhiò e si raggomitolò di nuovo, stavolta dandogli le spalle “Fa come vuoi... io dormo!”
“Sei acida!” commentò il cecchino.
Rapida come un colibrì, lei gli rotolò addosso, intrappolandolo sul materasso col suo corpo. “Posso mostrarmi per quello che sono o devo fingere anche con te?” disse con occhi da cerbiatta. Il lenzuolo annodato sul busto le scivolò di dosso, trascinandosi dietro la spallina della sottoveste di seta avorio, scoprendole il seno sodo e pieno. Lei sembrò non farci caso, perfettamente a suo agio in ogni situazione. Da parte sua, lui, non distolse lo sguardo da quello della rossa nemmeno per un istante. Ma la sua visione perimetrale gli consentiva comunque di avere una percezione totale. E gratificante.

Your mouth, so hot
Your web, I'm caught
Your skin, so wet
Black lace on sweat
[La tua bocca, così calda/ la tua rete, sono imprigionato/ la tua pelle, così umida/ pizzo (ma anche laccio, vedremo più avanti perché è utile il doppio significato) nero sul sudore]

“Se la scelta è tra queste due...la tua vera natura di spietata assassina e l'abile mentitrice...” disse muovendo appena il collo sotto le sue dita per prestarsi meglio alla presa: tra i due, era lei l'esperta nel corpo a corpo. E quello era stato il motivo per cui era riuscita a riportarlo tra i sani di mente dopo che Loki l'aveva soggiogato: inutile cercare di scappare “Allora preferirei fingessi come fai normalmente: così avrei l'idea di una morte dolce. Ma se mi lasci in vita puoi continuare a essere sgarbata quanto ti pare” sorrise lui di rimando “Dipende da te. Quale metà di verità vuoi mostrarmi? L'assassina o la zitella acida?” Per tutta risposta lei gli diede uno schiaffetto offeso sul torace “Cambio la domanda...come vuoi mentirmi? Facendo la carina o risparmiandomi?” Le dita di lei allentarono appena la presa e lui ne approfittò. Con un colpo di reni si liberò di lei, ribaltando le posizioni “Ma tu non dovevi dormire?”
“Mah...sembra che qualcuno non voglia permettermelo perché si annoia...”
“Nat...” sospirò lui chinandosi nell'incavo del suo collo “Non voglio dormire! E' stato orrendo: fare cose che fino a un secondo prima credevi sbagliate, non avere nessuno con cui parlare realmente di quello che accadeva perché eri sdoppiato e comunque cosciente, non dormire mai, odiare i propri amici. Gli unici che si hanno, per inciso...” disse carezzandole una guancia col pollice “Ho paura che se resto da solo potrei non riconoscermi più. Ho paura di chiudere gli occhi e di trovarmi di nuovo in quell'incubo. Stanotte, forse, ero troppo stanco anche per avere gli incubi...ma ora...tutto ciò ha solo riportato a galla...” scosse la testa, vinto dal dolore. Il retaggio del suo passato e i ricordi più recenti. Anche quelli che riguardavano la donna sotto di sé. Nel bene e nel male.

I hear you calling and it's needles and pins
I want to hurt you just to hear you screaming my name
[Sento che mi chiami ed è come aghi e spilli/ voglio ferirti solo per sentirti gridare il mio nome]


“Ancora?” L'agente Romanoff lasciò cadere la testa all'indietro, il dolore per il compagno le incrinava la voce e sembrava averla sopraffatta, abbattendo il muro di imperturbabilità per lasciarle elaborare un'altra strategia “Se hai avuto il sonno agitato, nonostante non sembrasse, vuol dire che non hai praticamente dormito. E già eri in avanzo da...quanto tempo?” domandò tornando a guardarlo negli occhi “Clint, sei distrutto: è per quello che sogni ancora il tuo passato. E tutta questa storia ci ha messo il carico da novanta. Siamo feriti: dormire non può farci che bene...” disse scostandogli una ciocca di capelli. “Io non me ne vado”

Don't want to touch you but you're under my skin
I want to kiss you but your lips are venomous poison
[Non voglio toccarti ma sei sotto la mia pelle/ Voglio baciarti ma le tue labbra sono un veleno tossico]

Lui si sottrasse dal suo tocco, come se la sua mano fosse di fuoco. Tacque un momento focalizzato su di lei nonostante tutto “Ma io poi sarei tutto rintronato: non riuscirei a centrare nemmeno l'uovo nel piatto...un paio d'ore mi bastano” il tono era fermo ma nella sua affermazione c'era il velo di una supplica.
“Allora alzati tu, prepara il pranzo e fammi dormire un altro po'. Sono una donna e ho bisogno di più tempo per recuperare le energie”
Clint soffocò una risata -quando mai aveva usato il suo essere donna come scusa per scansare non fare questo o quello?- ma si alzò lo stesso, mettendosi alla ricerca di qualcosa di integro da mettersi. Che non fossero abiti riciclati di qualcun altro e due taglie più grandi. Forse era il caso di comprarsi roba nuova: non potevano continuare a girare mezzi nudi per casa perché avevano le divise distrutte. Che poi, seminudo ci girava solo lui, visto che quello era l'appartamento di Natasha e traboccava vestiti di ogni tipo “Sei solo pigra” la pungolò
“Clint, ti prego... mi basta fare da balia a Stark... non ti ci mettere pure tu...”
Barton tacque per qualche istante, apparentemente preso solo dall'osservare attentamente il proprio corpo, proprio come faceva ogni giorno con le sue armi. In realtà valutava quel commento casuale sul magnate per cui lei aveva lavorato diverso tempo addietro. “Mi hai lasciato il segno...” borbottò girandosi verso di lei e mostrandogli il segno a doppia mezzaluna che aveva lasciato impresso sul suo avambraccio durante il loro recente corpo a corpo sull'Helicarrier.
“Che?” bofonchiò assonnata quella di rimando.
“Il morso, Nat, guarda! Ti sei attaccata con forza”
“Capirai... segno più segno meno, sei pieno di cicatrici...toh...” disse porgendogli il braccio “Se ti fa star meglio, pareggia i conti ma lasciami dormire...”
“Nat...” sospirò lui prendendole la mano e accomodandosi accanto a lei. Avvicinò la bocca al suo polso ma, anziché i denti, vi fece scorrere le labbra e solo per un momento: quel tanto che bastava a ricordarle che gli esseri umani non erano fatti solo per ferirsi a vicenda “Mi vai a comprare qualcosa di decente?” domandò alzandosi in piedi. Si cacciò i pantaloni neri che lei gli aveva ripescato da chissà dove e che gli stavano un po' strettini. L'alternativa erano quelli logori del giorno prima.
Ancora scossa da quello strano contatto, non previsto né in se stesso né nell'intensità né nella brevità, la spia si illuminò “Shopping?”
“Tu non ne hai bisogno!” protestò lui mentre si cacciava addosso anche le maglie stinte che lei gli aveva procurato.
“Perché? Guarda che ho altra roba per te... basta chiedere...credevo ti piacesse giocare al piccolo naufrago fuggiasco. Ho capito, ho capito, mi alzo!” disse vedendo l'occhiataccia che lui le riservò
“E' da ieri che me lo domando: da quando le tue coperture prevedono di diventare un uomo? Non saresti nemmeno credibile, sei troppo minuta e hai troppe curve: difficile da camuffare una struttura simile...”

One look could kill

La rossa si accigliò e spense la radio “Meno male che non hai parlato di forza fisica. Ti avrei cambiato i connotati” lo informò avviandosi verso l'armadio.
“Ho solo detto che hai il culo grosso e non ti offendi...sarai strana...”
“Mio caro, per contro hai anche ammesso che ho la vita sottile e abbastanza seno da non essere presa per un travestito” disse sorridendogli con cattiveria
“Se non è roba tua, dunque...?” domandò l'arciere infilandosi gli anfibi mentre lei indossava la sua maxi maglia, la fermava in vita con una cintura e ne tirava fuori i capelli con un gesto fluido.
“Credi di essere il primo a cui offro ospitalità?”
“E fai dormire tutti nel tuo letto?” replicò lui alzando un sopracciglio
“A parte che con te è diverso, lo sai, ma...cos'è questa gelosia, Clint?” domandò incrociando le braccia sotto il seno
“Nulla Nat, nulla...” rispose abbassando lo sguardo. Idiota! Si era tradito come uno stupido e a lei nulla passava inosservato.
“No.” disse, infatti, lei, irremovibile “Ora ti spieghi. Cosa c'è che non va?” Voleva sentirselo dire. Perché il quadro, fin troppo chiaro, che il suo astuto cervellino aveva completato non le piaceva per niente. Ed era la prima volta, forse, che Clint si comportava in modo così strano, nonostante fosse bravo a mascherarsi.
Lui la fissò intensamente con i suoi occhi freddi. Sapeva che era inutile procrastinare il momento. Con lei non funzionava così “Abbiamo sempre fatto così, dormire assieme come fanno i bambini, hai ragione... è che, vedi...” disse prendendole la mano, cercando le parole giuste “Diciamo che quello che hai detto a Rogers mi ha... destabilizzato”
“E perché? Tu lo sai che sono nata negli anni 30...” disse confusa, cercando nei suoi occhi una risposta
“Lo sapevo ma ho sempre fatto finta di non pensarci... E mi sento uno stupido..” ma lei non capiva, o fingeva di non capire, dove volesse andare a parare “Nat... potrei essere tuo nipote, giusto?”
“Sì” rispose lei in un'alzata di spalle
“Appunto...” commentò lui, cupo, lasciandola andare.
La rossa abbassò lo sguardo sul proprio corpo “Sto invecchiando?” domandò con un misto di speranza e angoscia
“No...proprio il contrario. Tu rimani giovane e bella... ma dentro sei comunque una donna che ha visto il mondo... ti comporti con me come si fa con un cane o un bambino piccolo...” disse allontanandosi di un passo “Non provi il minimo imbarazzo perché tanto...” lasciò cadere la frase. “Tanto nemmeno io dovrei...con un'ottantenne, no? Non so... è da quando mi sono risvegliato in infermeria con te che...”
“Sarà stata la botta in testa che hai preso” lo anticipò lei, afferrando in pieno quello che il compagno le stava dicendo, nel tentativo di non riportare a galla le parole velenose che le aveva sputato Loki. “E' solo che siamo compagni di squadra e non ho mai visto nessuno sotto quel punto di vista, a parte...beh... lo sai...”
Certo che lo sapeva: suo marito, Alexei Shostakov, il Guardiano Rosso, la risposta sovietica a Capitan America. La cui presunta morte aveva così addolorato la donna da fornirle il suo nome di battaglia.
“E' come se io stessa fossi un uomo. Se avessi saputo... beh...” continuò lei che, istintivamente, si era portata una mano al collo, quasi a coprire la poca pelle esposta. O a cacciare il ricordo della morte che proprio il marito le aveva fatto vedere così da vicino. L'amore è per i bambini. Era normale che la pensasse così dopo quello che aveva vissuto. “Normalmente ne avrei approfittato... ma tu non te lo meriti proprio..”
“Non mi pare che a Budapest tu ti sia fatta di questi scrupoli...”
Lei si accigliò “A Budapest eravamo solo colleghi, non ancora amici.” sbuffò amareggiata “Ora capisco cosa ricordi tu, di Budapest”
“Nat” sospirò lui stirando un sorriso “Non preoccuparti... capisco cosa intendi: vedi il tuo corpo e quello degli altri solo come un'arma o come un pezzo di carne semovente, come quello di un animale...” Lei annuì: la descrizione calzava alla perfezione “Non sei la prima né l'ultima... ma in questo caso... la colpa è mia...”
Lo sguardo di lei, a quella specie di dichiarazione, si indurì “Non abbiamo tempo per queste cose. Siamo comunque in missione.”
“Mi pareva di aver capito che eravamo in vacanza, fino a cinque minuti fa” replicò lui divertito, già dimentico della propria posizione
Lei raddrizzò prontamente il colpo “Nella fase di riposo ma sempre in missione.” Resasi conto di esser stata troppo dura, si affrettò a riparare “Sistemiamo questa faccenda” disse passandogli la mano tra i capelli corti a spazzola, alludendo agli incubi che perseguitavano il compagno “Poi ne riparleremo...”
Lui la studiò, mille domande che si accalcavano dietro la lingua “D'accordo” acconsentì alla fine, tacendo i suoi dubbi. La tirò a sé e la baciò sul capo, tra le onde rosse prima di avviarsi alla porta per affrontare un paio d'ore di shopping compulsivo.

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Ed eccoci di nuovo qui.
Giuro, questa è l'ultima volta che vedete Banner! Io non lo voglio tra i piedi, mi dispiace per i fan del Gigante di Giada.
Da adesso in poi si comincia seriamente a parlare di fic, avendo sbolognato gli Asgardiani (che tornano nel prossimo capitolo) e Banner e avendo introdotto (o lasciato a intendere) buona parte della ciurmaglia. Che cmq, causa Stark (sempre lui) è in costante crescita...è compulsivo!

A presto!!!

PS: il brano che fa da sveglia è, ovviamente, Poison, primo brano dell'album Trash di Alice Cooper. Clint sostiene che potrebbero averlo scritto lui perchè gli altri brani sono:
Spark in the dark: due amanti che non hanno bisogno di null'altro se non di loro stessi
House of Fire: la robustezza di un amore
Why trust you: è la perfetta descriozione di Natasha: la perfetta mentitrice
Only my Heart Talkin': il loro rapporto estremamente sincero e complicato
Bed of Nails: si presta bene a essere girato come la descrizione delle notti di tensioni, più che di fuoco, dei due
This maniac's in love with you: non ha bisogno di spiegazioni
Trash: quello che pensa lui di lei com'è di giorno e di notte (anche se non combinano nulla)
Hell is living without you: come l'amante riconosce sempre la donna amata anche in mezzo alla folla e di come sia una pena starle lontana
I'm your Gun: ancora il riferimento all'atto sessuale. Nel nostro caso, direi che è scontato il riferimento alle battaglie: lei ordina e lui scatta.
   
 
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