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Autore: three little things    09/11/2012    0 recensioni
Chiunque pensi che gli abitanti di Londra siano gentili, amorosi e che i vicini ai piani di sopra siano delle adorabili vecchiette che ti portano i muffin...
Beh, quella gente si sbaglia di grosso, e non sa quanto!
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“Baby, baby, baby oooooh, like baby, baby, baby noooooooo, like baby, baby, baby, ooooh” la voce impertinente del ragazzo al piano di sopra continuava a cantare senza sosta.
Era ormai la seconda notte che ci svegliavamo alle tre e mezza del mattino per il continuo cantare di questo benedetto uomo al piano di sopra.
Mi alzai di scatto dal letto, armata di scopettone leopardato.
Uscii dalla mia camera, trovando le mie coinquiline nel mio stesso stato, le occhiaie era profonde dopo la meravigliosa giornata al mare.
Con furia uscimmo fuori dal nostro appartamento, salendo con passo pesante le scale.
Il portoncino di legno massello dell’appartamento era davanti ai nostri occhi, ci avvicinammo impetuose e iniziamo a bussare con molta forza sull’entrata.
Poco tempo dopo il leggero movimento della serratura ci fece fermare e indietreggiare.
Il ragazzo dalla chioma folta con il ciuffo biondo si presentò assonnato alla porta con un sorriso d’ebete e innocentemente chiese:"Vas happenin?"
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie ad ogni persona che aprirà anche solo questa pagina, che leggerà solo i primi tre righi e a chi la leggerà tutta.

Prologo

“Un sogno nel cassetto” 



 

Tutti noi abbiamo un sogno nel cassetto.
Quell’immaginario mondo creato dalla nostra fantasia,
dove tutto quello che vogliamo si realizza
e dove ci rifuggiamo quando
vogliamo sfuggire alla realtà che ci circonda.

Persi nel contemplare quel sogno speriamo
che si realizzi ma nel frattempo
 lo rinchiudiamo in un cassetto di mogano;
 credendo così che nessuno lo possa
sfiorare, rovinare o semplicemente toccare.
 Poi nel nostro silenzio aspettiamo che magicamente
Quel cassetto senza chiave si apra e
 che lasci volare via quei sogni su cui tanto
 abbiamo contato e sperato,
sperando che arrivino a destinazione e si realizzano;
 quei sogni deposti con le ali.
Ma in realtà quei sogni rinchiusi
 in un cassetto senza aria; sono morti,
sepolti, uccisi da noi stessi
perché andando avanti
con il tempo, li abbiamo
dimenticati, uccisi, scordati,
senza dare più loro tanta importanza.
E poi, in un battito di ali,
si diventa adulti e man mano che cresciamo
di quei sogni tanto agognati
 si perde il ricordo,
si dimenticata la magia…
Quei pensieri creati si  lasciano morire dentro
Ed è in quel momento
che non crediamo più nelle favole,
nel principe azzurro che viene
a salvare la principessa
 e delle strega cattiva che viene uccisa.
Non si crede più nel mondo che da piccoli
ci ha accompagnato nel percorso delle nostre vite e
non si crede più in quel magico
personaggio che ci chiedeva di restare bambini,
almeno lui un sogno ce l’aveva e ci ha avvertiti.
Per questo è meglio portare quei sogni nelle tasche,
lasciarli liberi di respirare e di accompagnarci dovunque.
Perché quando metti le mani in quei buchi li senti vivere e respirare,
li senti vicini a te e ci puoi giocare con le mani, e modellarli con le dite.
Perché alla fine per far in modo che quel sogno diventi realtà
Non devi mai perdere la speranza.
(Cit. BY ME) 

 

 
 
 
 
Mezzogiorno e dieci.
Mancano solo cinque minuti  continuavo a ripetermi.
Fissavo l’orologio sopra la lavagna, come a minacciarlo di morte se non fosse arrivato velocemente all’orario prestabilito per l’uscita scolastica.
L’oggetto tondo continuava a muovere impertinentemente le sue lancette e il rumore così delicato sembrava un rimbombo fortissimo all’interno della piccola aula.
Il rumore dei tacchi della professoressa risuonavano nella stanza, quel ticchettio fastidioso risuonava come vetro rotto, la mia soglia della pazienza purtroppo era arrivata al limite e, se non fosse stata per la mia buona educazione, sarei andata lì, avrei preso le sue scarpe e gliele avrei spaccate in testa.
Forse è meglio distogliere i miei pensieri omicidi su quelle scarpe e prestare attenzionedissi tra me e me.
Alzai lo sguardo e notai tutte le mie compagne di classe, nella mia stessa condizione.
Camilla si arrotolava i capelli e li lasciava cadere con fare annoiato, Livia scarabocchiava sul banco, Lucia guardava fuori dalla finestra,  Giulia messaggiava sotto il banco, Ilenia sbadigliava, Maria cantava a bassa voce, Ilaria tamburellava con le dita sulla superficie in legno, Lara si stava addormentando.
In pratica tutte facevamo altro che ascoltare la professoressa che ripetutamente andava avanti indietro davanti alla cattedra continuando a spiegare la lezione, accumulando come sempre tutti i concetti, che non era riuscita a spiegare in un’ora, negli ultimi cinque minuti.
Aprii il quaderno e sulla prima pagina vuota che trovai scrissi le poche parole che mi distinguevano:
 “Che carote!!” e passai il mio quaderno alla mia compagna di banco, Sara.
Lei, diede una rapida occhiata alla professoressa che continuava a parlare andando avanti indietro, poi prese la matita e sotto la mia scritta rispose.
Mi ripassò il quaderno, “A chi lo dici, santo cucchiaio di Liam Payne!” io sorrisi.
L’avevo contagiata bene.
Alzai il volto, lei mi fissava e io le sorrisi come sempre.
Chiusi il quaderno infilandolo dello zaino, mi appoggiai esausta allo schienale della sedia e guardai senza accorgermene l’orologio.
Segnava mezzogiorno e quattordici minuti.
I miei occhi si illuminarono, mi girai e vidi tutte le mie compagne di classe pronte con lo zaino, sembravano dei corridori pronti a scattare, bastava solo un fischio per farle partire a razzo e catapultarsi fuori dall’aula.
La Giuliani si girò fissando l’orologio, ci guardò e proprio un attimo prima che la lancetta scoccasse, prese le sue cose e uscì dalla porta dicendo solo un “Arrivederci ragazze”.
Noi ci alzammo e mentre lei era già fuori dalla porta, le mie “amiche” le riservarono dei gesti poco simpatici; io e Sara dal canto nostro prendemmo gli zaini e finimmo di prepararli, controllando che non ci fossimo dimenticate nulla.
Ci avvicinammo alla porta e proprio quando il rumore assordante della campanella, ancora di salvezza, si espanse nel nostro istituto/ex convento/manicomio e in quello accanto, noi salutammo le ragazze con un “Ciao belle” e ci avventammo sulla porta, uscendo.
Infatti, eravamo una classe di tredici ragazze che formavano il primo liceo classico* dell’istituto Alessandro Armandi (nome puramente inventato) di un piccolo paese nel Lazio, in provincia di Latina.
 Comunque, ci catapultammo giù per le scale alte quasi cinquanta centimetri e in pietra massiccia, senza farci male fortunatamente e dopo poco ci ritrovammo fuori da quel carcere.
Il leggero venticello di Maggio mi solleticava le braccia nude, la maglietta a mezze maniche di cotone mi provocava leggeri brividi.
Sembrava un sogno poter respirare un po’ di aria pulita senza una zaffata di fumo che ti invadeva il naso; chiusi gli occhi per un secondo per sentire quella bellissima sensazione sulla pelle, li riaprii poco dopo e vidi Roberta che agitava una mano da lontano, ci avvicinammo, la salutai e poco dopo mi diressi finalmente verso il bar del centro di questo piccolo paesino, che era un ago nel pagliaio.
Camminai lungo la strada che si era riempita di alunni che sembravano andassero all’assalto delle macchine, chi si salutava con la mano da lontano, chi urlava per la strada e poi i motorini di quei bambocci che si credevano fighi per una sgommata.
Scossi la testa, rassegnata per quella storia che si ripeteva ogni singolo giorno e cercando di reprimere il mio istinto omicida verso quei ragazzi, se così si possono chiamare.
“Magagnoli” mi girai sentendomi chiamare per cognome e naturalmente vidi Klaudia che mi salutava.
Si avvicinò come al solito, stranamente vestita di viola e mi diede una pacca sulla spalla.
“Bella Giò” disse.
“Bella Kla’” e le sorrisi.
“Klaudia come mai sei vestita di viola, il giorno delle beliebers non era verso settembre?” le chiesi, anche se non mi piacevano le canzoni di Justin Bieber, lei mi aveva fatto una testa tanta su questo personaggio e mancava poco che sapessi quante volte andava in bagno al giorno e pensare che non ero una sua fan.
“Mah … così in onore di Justin” disse lei con la sua solita mania da fan.
“Mm felice te” dissi stufata da quel tizio “Quanti anni sono ormai che ci vai dietro, ancora non ti stanchi!” dissi contando gli anni che erano passati con le dita sbattendole sul mento.
“Sono sei fierissimi anni, poi scusami parli proprio tu fissata con quei cinque!” disse.
“No, ma che dici … Oh my gosh! Kevin!”  risposi urlando l’ultima parte e indicando un piccione mentre la gente mi fissava.
Devo dire la verità questo lo avevo fatto di proposito, in realtà non ero così matta o così fan bambina da utilizzare quel linguaggio o dire quelle cose sempre.
Certo molto spesso lo facevo per davvero ma quando capitava con Klaudia era perché la volevo far arrabbiare.
“Ecco questo dico” disse lei con aria risoluta.
Parlando non c’eravamo accorte di essere arrivate al punto nel quale ci saremmo dovute salutare.
“Va beh, ciao Giò’” disse la Belieber dandomi un bacio sulla guancia.
“Bella Kla’” risposi ricambiando il bacio sulla sua guancia.
La ragazza dai capelli castano-dorati si diresse a sinistra mentre io attraversai andando verso il solito piazzale vicino al bar; la fontana che si estendeva al centro era come sempre sporca di rifiuti che galleggiavano sull’acqua.
Il semicerchio era caratterizzato da una seduta in muratura che seguiva tutta la semicirconferenza, gli alberi erano presenti tra gli stracci di cemento e davanti c’erano le fermate dell’autobus. Dall’altro lato della strada c’era un parcheggio dei motorini disposti in fila e delle panchine sull’altra semicirconferenza e sugli scalini della grande rotonda.
Mi guardai intorno in cerca delle due mie pazze amiche; cercavo con lo sguardo tra la gente ma sembrava che loro non ci fossero, guardai l’orario dal cellulare.
Era mezzogiorno e diciassette, minuto in più minuto in meno.
Di solito loro arrivavano sempre per prime! Guardai dall’altra parte del piazzale e vidi delle treccine tra la folla, un sorriso mi spuntò leggero sulle labbra.
“Ciao Ariel!” dissi abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia fresca.
“Ciao Giorgia” mi disse ricambiando l’abbraccio di slancio.
Il sole cocente sbatteva sui nostri visi e nessuna delle due amava questo contatto.
“Che ne dici se ci spostiamo all’ombra?” chiese la ragazza.
“Concordo” risposi.
Con gli zaini pesanti, i libri in mano e il caldo soffocante ci dirigemmo verso una parte della lunga seduta; appena arrivammo nella zona ombrata buttammo le cartelle sulla costruzione in marmo e ci sedemmo, troppo stanche per parlare.
“Ma che fino ha fatto Claudia?” chiesi con un punto interrogativo stampato sul viso, dopo alcuni minuti.
“Sinceramente non lo so” disse Ariel guardandomi con i suoi bellissimi occhi scuri “E poi dite che sono io sempre in ritardo!” disse un po’ offesa.
“Ma tu sei sempre in ritardo!” dissi seguita da un’altra voce.
Girai il viso e la mingherlina figura di Claudia si reggeva in tutta la sua delicata bellezza, aveva un sorriso a trecentosessanta gradi e io non riuscivo a capire il perché.
“Alla buon’ora” disse la ragazza al mio fianco, fissandola con aria abbastanza arrabbiata.
Nonostante la risposta poco delicata di Ariel, Claudia non si toglieva quel sorriso splendente dal viso.
“Claudia, scusa, mi spieghi cosa hai da ridere?” chiesi con qualche perplessità.
La ragazza appena nominata si girò verso di noi, i suoi occhi brillavano di un luccichio scintillante e il suo sorriso ammaliava, sembrava che oggi sprizzasse gioia da tutti i pori.
“Mi spieghi, o meglio ci spieghi, cosa succede?” chiesi con tono interrogativo alla ragazza.
“Beh, c’è una notizia!” disse Claudia.
“Che cosa?  Hai preso dieci al compito di greco …” iniziò la risposta Ariel.
“O che ne so … Louis è venuto in Italia per dire che ama Ariel” continuai io.
“O ancora Harry ti ha seguito su twitter..” disse Ariel.
“… O magari la gente ha smesso di prendere in giro cinque ragazzi che nemmeno conoscono” finii io con un sorriso amaro sulle labbra.
“No, no, no e ancora no” disse risoluta “ Zayn Malik si è lasciato, finalmente aggiungerei, con Pierre Edwards” disse lei aumentando il sorriso.
Non riuscivo a credere che veramente Zayn e Pierre si fossero lasciati, mi dispiaceva alla fine per loro ma non li avevo mai visti bene insieme.
Ariel spalancò gli occhi e iniziammo così a ridere e a scherzare come nostro solito.
In quel lasso di tempo in cui ci ritrovavamo, restavamo lì a parlare dei nostri idoli.
A parlare di loro, raccontare i nostri sogni, immaginarci chissà quale futuro e quanto lontano, regalarci sogni ed immagini e alla fine sperare.
Si, sperare che un giorno ci saremmo trovate sotto un loro palco a cantare con loro quelle canzoni che troppe volte ci avevano fatto emozionare.
La speranza era l’unica cosa che mandava avanti il nostro sogno, questo sogno che durava ormai da molto tempo e per noi era normale restare qui a parlare di loro che non sapevano neanche della nostra esistenza, ma a noi alla fine non importava, l’unica cosa che ci importava veramente era ascoltare la loro musica e questo ci rallegrava ogni giorno.
E forse tra quella seduta in muratura, tra quelle chiacchiere, tra quei pensieri rimaneva solo un sogno.
Un sogno che forse sarebbe rimasto solo nei nostri cuori e non si sarebbe mai realizzato ma almeno c’era stato; un giorno avremmo potuto dire di aver avuto un sogno e che anche se non era diventato realtà abbiamo avuto la possibilità di immaginare, di avere qualcosa a cui pensare la sera e infine di cantare durante il giorno.
Perché con loro due io mi sentivo finalmente a casa, con due amiche su cui contare, a cui parlare e con cui dividere i miei pensieri senza essere giudicata, e, se alla fine questo sogno non si realizzerà, per me non ci sarà nessun problema perché alla fine io ho guadagnato tanto da questi cinque ragazzi, ho guadagnato due amiche uniche e speciali, delle persone fidate e delle meravigliose creature.
Quindi anche se questo rimarrà un semplice sogno nel cassetto, almeno avrò visto un lato bello e nelle speranze morte due raggi di luce che mi illuminavano la strada.
Mentre riflettevo su questi argomenti, ritornai in me appena in tempo per sentire la domanda che Ariel ci aveva posto.
“Che ne dite ragazze, domani a casa mia?” chiese.
Noi ci guardammo e con un sorriso gridammo un sonoro “Sì” buttandoci su di lei e abbracciandola.
 

Angolo delle carote:
Ciao lettori e lettrici che vi siete imbattuti in questa storia.
Innanzitutto la storia comprende tre ragazze, ossia io e le mie amiche.
Quindi i nomi non i cognomi sono veri.
È la nostra prima storia e speriamo che vi piaccia, l’idea è spuntata per caso senza nessun filo logico ma ben presto abbiamo costruito una trama che io mi appresto a scrivere.
Quindi l’account è mio, in un certo senzo.
Allora dopo avervi annoiato con queste chiacchiere ci voliamo presentare e lo faremo in modo che due presentano l’altra.
Claudia: una ragazza solare, intelligente e simpatica. Riesce a farti ridere soltanto guardandola e intenerirti con la sua dolcezza. Ti cattura con il suo sorriso e ti incanta con lo sguardo. È una ragazza mora, con gli occhi meravigliosi scuri, una bocca dolcissima, un naso perfetto, un corpo da foto modella e un'altezza media anche se per noi è un scricciolo. Ama incondizionatamente le canzoni dei One direction ed è una dolcissima ragazza che però è meglio non far arrabbiare!! Come si dice.. uomo avvertito mezzo salvato??
Ariel: è una ragazza dolce, sensibile, bella e simpatica. Con i suoi scuri ti riesce ad incantare, con il suo sorriso splendente di riesce a far cambiare la giornata e con la sua dolce voce ti rassicura.  Di media altezza, con i capelli scuri rilegati in dolci treccine, la pelle di quel colore così scuro da farti innamorare, degli occhi stupendi, le labbra carnose, una bellissima ragazza!! Solamente anche lei ha un problema il ritardo e anche dopo varie sgridate lo rinnova sempre!!!
Giorgia (io): una bellissima ragazza dai capelli ricci. La bellezza del suo animo traspare dai suoi bellissimi occhi chiari; è una ragazza solare, che con la sua dolciosità (termine inventato da loro ù.ù) illumina in nostri giorni ed è un'amica come poche. Ultima cosa è passionale!
Bene ci siamo presentate, speriamo che la nostra storia vi piaccia.. so che il prologo non è niente di che ma aspettate il prossimo capitolo per favore.
Grazie anche se avete solo letto questa storia
Un bacione
Three little things.

 
 
  
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