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Autore: darkmage1975    27/05/2007    3 recensioni
Vivi una vita normale, ma solo quando la perdi ti accorgi che era un sogno. E che non torna più.
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi ero svegliato bene. Non dico felice, è una parola che mi ha abbandonato da un po'. Ma ero tranquillo, ecco. Il solito pugno nello stomaco che mi colpisce cinque secondi dopo essermi svegliato, quando esco dal mondo dei sogni ed entro in questo ricordandomi ciò che non è più. Ma questa volta un pugno leggero, quasi il buffetto di un amico, quasi necessario per ricordarti che sei al mondo e che devi andare avanti. Alzato da letto mi ero fatto la barba, avevo fatto colazione, mi ero lavato i denti: quasi tutto come allora. Una buona giornata insomma dalle premesse.

Poi mi ero infilato il cappotto ed ero uscito. Le chiavi dell'auto in una mano, il portafoglio nell'altra, che mi infilo in tasca mentre scendo con l'ascensore. Fuori il tempo era cupo e minacciava di peggiorare, ma cosa non rischia di farlo oggi? Entrato in auto ho guidato per un paio di chilometri senza incontrare traffico, poi avvicinandomi alla città la velocità è diminuita, ho scalato le marce, fino a fermarmi, come sempre. In ufficio ho lavorato: niente di più niente di meno. Senza troppi stimoli, ma, diciamolo, non c'erano nemmeno prima. Senza scambiare molte parole con i colleghi: ormai credo ci abbiano rinunciato. Una giornata normale insomma, normale per questo periodo, di quelle migliori, anzi, di questo periodo: la testa sufficientemente impegnata ma non troppo per deprimermi e convincermi che anche questo è uno sforzo troppo grande da affrontare.

Poi a pranzo sono uscito. Il tempo era migliorato ed era uscito un pallido sole, chi l'avrebbe detto? La cosa mi aveva infuso una stilla di ottimismo che mi sentivo di cavalcare. Al bar in strada avevo acquistato un panino e una bottiglia d'acqua naturale. Per un attimo avevo pensato di comprare anche un gelato, ma mi sembrava una gratifica eccessiva per il mio stato d'animo. Seduto su di una panchina nel parco di fianco all'ufficio guardavo il cielo che si andava rischiarando sempre più e aprivo idealmente il mio corpo per far entrare il tepore di quel momento. L'ammetto, per un attimo forse ho anche sorriso.

Poi ho abbassato il viso e guardato davanti a me, e l'ho vista, e tutto è crollato. Sarà stata a meno di una decina di metri. Era stupenda, come la ricordavo, no era ancora più bella! Quei suoi capelli biondi che iniziavano a farsi lunghi, quegli occhi azzurri come il cielo che stavo osservando un attimo fa. E quella pelle candida! Era un sogno, era il mio sogno, un tempo. Ricordo la prima volta che l'avevo vista: mi aveva fissato con i suoi occhi candidi, puntati dritti nei miei, senza volgere il viso di un centimetro, aveva retto il mio sguardo e mi aveva obbligato a distoglierlo. Poi mi aveva stretto la mano e io non l'avevo lasciata più. Poi erano trascorsi due anni, solo due anni, e tutto si era sgretolato. Ma io l'amavo ancora, l'amavo di più, l'avrei sempre amata perchè altro non avrei saputo fare. In quel momento lui, che le stava a fianco, si era accorto della mia presenza. Ci siamo puntati come due gatti pronti ad azzuffarsi. Ma non è successo nulla. Io ho già lottato, ed ho perso. Ho perso tutto. Si, la vedo ancora ogni tanto ma non è più la stessa cosa. Non lo sarà mai più.

Era ora di tornare in ufficio. Mi alzai e mi incamminai. Lui aveva già girato la carrozzina allontanando da me il mio angelo, che forse non avrebbe mai imparato a chiamarmi papà.

  
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