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Autore: fortiX    10/11/2012    7 recensioni
Bassai dai é il nome di un kata del karate shotokan. Il termine vuol dire entrare nella fortezza. E cosa sono Sephiroth e Cloud se non due fortezze mai violate? Cloud sta aprendo la sua verso una nuova vita e si accorgerà presto che, nonstante le numerose sconfitte, il suo nemico mortale non é mai stato veramente conquistato. I segreti e le paure verranno mai svelati? Cloud avrà questo coraggio?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cloud Strife, Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sono sbigottito. Non credo ad una sola singola parola uscita dalla mia bocca. Eppure quel libro non può essere altro. La sua firma… L’avevo vista centinaia di volte. Perfetta, elegante, precisa. Né una sbavatura, né una lettera fuori posto, il tutto scritto con una maestria sublime, come era solito ad usare con la spada. Una firma di quel genere, però, era facilmente contraffabile. Faccio un passo avanti, incerto. Studio meglio quella scrittura nero pece, massaggiandomi il mento. Ne seguo con lo sguardo ogni curva, ogni avvallamento, ogni punto, ogni riga. Pare autentica, ma io non sono un dattilografo: posso sbagliarmi. Per un attimo penso che sia tutto uno scherzo di Reeve e del suo staff.
“Sei sicuro?”, chiedo alla fine.
L’uomo mi guida con lo sguardo verso un gazebo dove stanno alcuni uomini che trafficano su un tavolo pieno di scartoffie. Una persona di queste accoglie il suo sguardo, dice qualcosa a quello di fianco e si avvia verso di noi.
“Cloud, questo è il professor Goro Farey, un ex-crittografo della ShinRa. Ora, lavora per noi in qualità di esperto di documenti, ormai, storici.”
Questo Goro ci raggiunge e subito noto come le enormi lenti sul suo naso adunco lo facciano assomigliare a quel pazzo del Dottor Hojo, ma con un’occhiata più attenta mi accorgo che, dietro la spessa montatura, si nascondono due occhietti vispi e intelligenti. Anche il suo aspetto fisico è molto più rilassato e aperto rispetto allo scienziato.
“Cloud Strife! Che onore conoscervi!”
Accenno un sorriso di cortesia, anche se la mia mente è tutta proiettata sul libricino davanti a me. Reeve, capendo i miei pensieri, chiede al professore riguardo la presunta firma di Sephiroth. Una parte di me prega di essermi sbagliato; anche se una minima parte di me spera nell’autenticità del documento. Se mi avessero sventolato in faccia il diario del mio idolo quando ero un ragazzino, avrei dato il mio rene destro pur di leggerne anche solo una pagina.
“Quando lavoravo per la ShinRa, la guerra richiedeva metodi esatti nel riconoscere al volo i falsi documenti redatti dal nemico e impedire che girassero tra gli ufficiali. Prevenire le false informazioni era vitale. E Sephiroth era un problema. La sua scrittura era facilmente contraffabile a causa della sua paranoica ossessione per la precisione.”
“Volete dire che studiaste la sua scrittura per riconoscerla dai falsi?”, sovvengo io
“Sì. Non è stato un lavoro facile, ma riuscii ad individuare una peculiarità unica nella sua firma.”
Sto pendendo letteralmente dalle sue labbra.
“Quale peculiarità?”
Goro si avvicina e inizia a scorrere il dito sull’inchiostro impresso sulla pagina. Noto che i polpastrelli seguono delle impercettibili ombrature che contornano le lettere.
“Sephiroth era mancino. E ogni mancino si porta dietro l’inchiostro quando scrive. Lui non era diverso da questo punto di vista.”
Il crittografo inizia a sfogliare le pagine del diario. Faccio una fatica terribile per non leggere ciò che c’é scritto. Non voglio sapere null’altro di lui. Basta! Ma la curiosità é molto più forte del mio desiderio di fuga. Per questo motivo riesco a notare gli aloni grigiastri dell’inchiostro. E’ scritto molto fitto e, in alcune pagine, delle parole o intere frasi svettano in modo molto particolare. Forse in quei frangenti ci metteva molta più foga del normale.
No! Basta, Cloud! Smettila di continuare ad affondare nel passato! Ho sofferto e perso troppo per colpa di un solo uomo. La mia vita, per cui così tanti si sono sacrificati, devo viverla fino in fondo! Devo smetterla di farmi condizionare ancora da lui come se fosse ancora tra noi. Sephiroth è morto, Cloud. E non ha più nulla da spartire con questo mondo. Sta bruciando all’Inferno e IO ce l’ho mandato. Finché continuerò a ritornare da lui, le sue pene non saranno mai abbastanza. Mi ritiro da quella tentazione suadente, testardamente, ripensando ad Aerith e al suo sacrificio per assicurarci una vita migliore. Lei è morta per permettere a noi di vivere oltre la follia di quell’assassino. Non permetterò che l’ennesima testimonianza del suo passaggio su questo Pianeta mi distragga.
Ma una parte di me è attirata verso quel libricino sgualcito. Sono combattuto tra le due metà del mio essere. Mi sento sfaldare, aprire in due, come se la mia metà contaminata dal mako avesse un disperato bisogno di agganciarsi a quei residui di quel passato iniettato nelle vene. Sospiro, cercando di ritrovare ordine nella mia testa. Il mio combattimento interiore sembra, però, essere colto dagli interlocutori, i quali mi guardano incuriositi.
“Tutto bene, Cloud?”, mi chiede un apprensivo Reeve.
“Sì. Ma credo che sia per me il momento di andare.”
Faccio per avviarmi verso la Fenrir, quando l’uomo mi chiama.
“Aspetta!”
Mi fermo all’improvviso e stringo i pugni. Sento Reeve che mi si avvicina alle spalle. Mi irrigidisco, cercando di resistere alla tentazione di scappare. Percepisco quel dannato affare pericolosamente vicino a me. So che non riuscirò a dire di no. La mia curiosità mi ucciderebbe ogni giorno e ogni notte. Penso a Tifa e alla vita che stiamo solo ora costruendo insieme. Quel libricino potrebbe rovinare tutto, me lo sento nelle viscere. Tutto quello che LUI ha toccato andrà distrutto. E inevitabilmente anche questo. LUI non mi può più dare niente, se non dolore e miseria. Era un uomo vuoto, cosa può credere di darmi che io non abbia già capito da solo? Eppure è proprio questo ad incuriosirmi. Spesso Zack parlava di lui come una persona virtuosa e quand’ero ragazzino lo vedevo tale. Forse in quel diario c’è la spiegazione della sua follia.
“Volevo chiederti se potresti farlo recapitare ad un mio collega a Modeoheim. Lui è uno studioso e i segreti dei SOLDIER sono il suo pallino.”
Mi irrigidisco. Questo vuol dire che me lo dovrò tenere in casa per almeno un mese. In questo periodo ci sono abbondanti nevicate da quelle parti e le città a nord della Citta Dimenticata sono praticamente inaccessibili. Dipendono solo da Icicle per andare avanti. Prendo fiato e cerco una via d’uscita.
“Perché non usi la posta elettronica?”
Reeve mi guarda come se avessi bestemmiato.
“Cloud, sai cosa succederebbe se Rufus ShinRa venisse a sapere di questo diario?”
Me lo sventola davanti e sento il cuore battere all’impazzata. Maledizione, perché mi vado sempre ad impelagare? Reeve me lo porge e percepisco una paura tremenda attanagliarmi le viscere. Tutto quello che ho toccato di suo a contatto con me non ha ma destato dei begli effetti. Esito.
“Avanti, Cloud, è solo un libro!”, sbuffa l’uomo roteando gli occhi.
Mi prende la mano e me lo sbatte sul palmo. Un brivido gelido lungo la spina dorsale mi immobilizza e, d’istinto, chiudo gli occhi, pronto a sentire la sua voce o la sua spada conficcata da qualche parte. Mi fischiano le orecchie e, forse, percepisco la voce di Jenova, ma mi accorgo che sono solo gli stridii metallici di uno scavatore atto a togliere metri di ciarpame da terra. Nulla. Nessuna stilettata di dolore, nessuna voce inquietante… Incredulo, apro gli occhi e guardo la copertina nera del diario. E’ sulla mia mano e ne percepisco la pelle rovinata e ruvida. Accarezzo il frontespizio con l’altra palma, togliendo un po’ di polvere. Poggio il pollice sul fianco aperto del libro e distinguo la ruvidezza della carta ingiallita dal tempo. E’ dura e i suoi lati sono più taglienti del normale, ma non pericolosi. Apro la copertina e leggo quel nome.
Chi sei in realtà?

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Torno a casa a pomeriggio inoltrato. Parcheggio la Fenrir nel garage e tendo l'orecchio, prima di scendere dal sellino. Dal vociare intenso al piano di sopra, capisco che il bar è parecchio affollato. Bene, Tifa sarà occupata con i clienti per le prossime ore. Conoscendola mi avrà sentito arrivare. L’interrogatorio è solo rimandato. Peggio di una spia industriale, mi inerpico su per le scale che conducono in casa. Non so perché lo stia facendo, ma inconsciamente non voglia farmi scoprire con quella dannata cosa nella borsa. Passo davanti alla camera dei bambini. Mi affaccio un momento e noto con piacere che è vuota. Sicuramente sono con Tifa al bar. La fortuna mi arride. Finalmente, raggiungo il mio ufficio. Serro la porta, poggio la tracolla sul tavolo e tiro fuori il diario. Rimango imbambolato a guardarlo, in piedi in mezzo alla stanza, quando mi accorgo di quanto mi senta idiota a postporre la mia famiglia ad un oggetto appartenuto alla persona che odio più nell’intero universo. Reeve non me l’ha lasciato affinché io lo legga, ma che lo consegni. Sbuffo e lo sbatto nel cassetto delle consegne; dove decido che rimarrà per un mese.

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E’ l’una di notte e non riesco a dormire. Ripenso di continuo al ritrovamento di oggi, sbattuto nella mia scrivania e rimasto un segreto per Tifa. Già, perché nonostante le 36 (e non scherzo) domande fatte oggi pomeriggio, sono riuscito a mantenerlo tale. Non so ancora come ho fatto ad inventarmi una bugia di sana pianta e renderla credibile…
Mi volto verso di lei. E’ così bella quando dorme. Il mio angelo. Mi sento uno schifo a mentirle così, ma non voglio assolutamente farle venire a conoscenza che in casa nostra c’è un oggetto appartenuto a Sephiroth. Lui ha ucciso suo padre e lo odia quasi quanto me. Tifa, a differenza mia, non ha potuto sfogare la sua rabbia su di lui. Inoltre, anche Barrett mi ucciderebbe per aver esposto i bambini a questo rischio. Tutti questi pensieri mi stanno facendo scoppiare la testa. Mi alzo. Le doghe del letto gemono qualche decibel di troppo e mi blocco. Lentamente mi volto verso Tifa. Ha mugugnato e si è girata dall’altra parte. Tiro un sospiro di sollievo. Non avevo voglia di spiegarle dove stessi andando.
A passo felpato, raggiungo il mio ufficio e chiudo la porta. Mi getto sulla sedia e mi massaggio la faccia.
Ma che sto facendo? Apro il cassetto e trovo il diario ad aspettarmi. Esito.
Che sto facendo? Lo afferro e lo butto sulla scrivania.
Che diamine sto facendo?
Spalanco la prima pagina e inizio a leggere.
Ecco l’ho fatto.

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12 settembre XXXX

Piove. L’acqua lambisce i vetri dell’enorme porta –finestra che dà sul balcone dell’attico. Mi sento come un pesce in un acquario. Guardo il mondo da dietro una lastra di ialino vetro e quello che vedo è solo un agglomerato di luci e ombre. Soprattutto ombre. Già, perché la mia vita è una sola unica, triste, gigantesca ombra. Vivo all’oscuro da me stesso, il quale non è altro che un artifizio della ShinRa. Hanno preso la mia anima e l’hanno plasmata come volevano. Straziandola e lacerandola in mille modi. Solo una piccolissima parte non è stata intaccata ed è quella che non mi fa crollare nel baratro della pazzia. Ho poco più di 20’anni e sono già stanco di vivere. I ragazzi alla mia età si godono i piccoli piaceri della vita, assaporandoli fino all’ultimo attimo. Io non ho mai avuto questo privilegio. Li vedo questi giovani: si divertono tra loro, ridono, giocano e scherzano. Trovano l’amore… Un sentimento che desidero dal più profondo del mio cuore. Ma non l’amore sporco e sfuggevole dettato dall’istinto; cerco quello vero, quello per una madre per il figlio, quello per un marito e una moglie. Io non sono sicuro di averlo mai provato. Anzi, ne sono certo. Nemmeno quello più normale e naturale che lega un figlio ad un padre.
Odio da morire questo appellativo, come odio la persona a cui è collegata. La mia mano trema di rabbia anche in questo momento. Sto stringendo la penna più del dovuto e la sento gemere sotto la mia presa. Ora, mi sono calmato. C’è così tanta rabbia nel mio cuore che ucciderebbe il mondo se solo decidessi di lasciarla andare. Grazie al cielo, sono addestrato a non perdere mai la calma, il che alla mia età è davvero curioso. Mi sovviene ora che io non sono mai la persona che ci si aspetta che io sia. Ecco un esempio lampante: dicono che io sia un soldato votato alla guerra e che non lascia mai il suo posto, ma non sanno che io adoro leggere e che il mio libro preferito è ‘Christmas Carol’. Già. Amo le favole; mi fanno ricordare i momenti passati con il professore. Lui sì che mi trattava come un bambino dell’età quale ero. Mi faceva sentire quel calore che non ho mai trovato da nessuna parte e che disperatamente sto cercando ora nel mondo. Ma so già che la mia ricerca non avrà un buon fine. La ShinRa ha fatto in modo di tarparmi le ali prima ancora che nascessi. Attorno alla mia figura sono nate una miriade di leggende. E alcune non so nemmeno come possano essere nate. E’ davvero demotivante. Per questo motivo ho il terrore del mondo esterno.
 E’ possibile che una persona debba avere paura di se stesso? Paura delle sue stesse leggende?
Io non sono affatto la persona forte e coraggiosa che credono. Io sono solo un bambino che sta cercando un punto di riferimento in questo luogo di matti. Una luce brillante nel buio più denso. Non ho nulla a cui agganciarmi, a parte la guerra e la morte, le uniche compagne a cui io sia riuscito a trovare un senso. L’unica cosa certa nella mia vita è la strada che ALTRI hanno scelto per me. Sono solo una particella in un universo in continuo cambiamento.
A volte mi sembra d’impazzire, quindi mi rifugio qui. La città di Midgar mi ha donato questo attico per i miei servigi “ai salvatori dell’umanità” per aver permesso loro di portare la tecnologia mako ovunque. Che ironia! Mi premiano per aver ucciso persone innocenti, persone che volevano una vita tranquilla nella loro terra. Le sogno spesso quelle facce e ogni volta una morsa di nausea mi artiglia lo stomaco. Non ho mai fatto un sonno tranquillo da quando ho memoria. Quand’ero piccolo passavo intere notti in bianco per i dolori. A volte era per gli esperimenti; altre volte per la crescita troppo veloce. Poi è arrivata la guerra e da lì non credo di aver mai fatto più di tre ore di sonno a notte. Non riesco a capire come il mio cervello non si sia ancora trasformato in una poltiglia rossastra.
Mi guardo intorno per calmare la mia mente. Questo “acquario” è l’unico posto in cui io possa essere me stesso. La pioggia ha aumentato l’intensità, a giudicare dai torrenti che scendono lungo la porta-finestra. Osservo quel quieto scorrere e mi sento rasserenato.
La grande sala principale è praticamente vuota, fatta eccezione per il divanetto di pelle nera al centro di essa e su dove sono io ora, il tavolino di vetro e gli scaffali con la mia biblioteca personale. Vado molto fiero di quei libri. Adoro collezionare opere dell’uomo, mi fa capire quanto io mi sia perso votando la mia vita alla guerra e quanto ho portato via al mondo io stesso. Gli iniziai a collezionare a 13 anni, di nascosto dai miei tutori. Ora sono più di 150. E li ho letti tutti.
 Nonostante i colori caldi delle pareti, questa casa è così fredda e triste senza altri mobili, ma non saprei come renderla altrimenti, perché probabilmente anch’io mi sento così. O forse è un fatto logistico, poiché tutte le volte che metto il piede qui dentro sento la mia mente svuotarsi piano piano. I miei pensieri riempiono gli spazi vuoti e trovano libero sfogo attraverso questo inchiostro. Credo mi faccia bene sfogare le mie riflessioni. Mi sento molto più leggero. Il diario è una bella invenzione per coloro che non hanno amici con cui parlare…


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Sento gli occhi lucidi e un profondo senso di colpa, mentre leggo quelle righe così piene di tristezza e solitudine. Sephiroth era un uomo molto più profondo di quanto credessi. Sono tentato di andare avanti, ma sento dei passi in corridoio. Chiudo il libro e lo nascondo più in profondità che posso nei recessi del cassetto.

Rieccomi con un nuovo capitolo! Molto più lungo di quello precedente come è giusto che sia. Ero tentata di dividerlo in due, ma mi sono messa nei vostri panni e credo che sarei impazzita nell’attesa di leggere nella testa del bel platinato J(anche perché si sapeva che Cloud l’avrebbe letto, altrimenti la fic non avrebbe senso d’essere, no?)
Quindi eccovelo qua sul piatto d’argento, il vostro Sephy!
Ringrazio Manila, mia grande sostenitrice e manager d’immagine (ahahaha), e la tifax, altra intrepida a darmi la carica per continuare con la sua recensione breve ma energizzante.
Grazie ai lettori che leggono zitti zitti, spero che questo capitolo vi convinca.
Alla prossima!
Besos
   
 
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