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Autore: Vegeta_Sutcliffe    10/11/2012    2 recensioni
“Avevo dieci anni e una tremenda paura nel domani. Cell era fortissimo e all’apparenza invincibile. Ero giovane e inesperto e Goku mi costrinse a battermi con lui. Ci vollero la morte e la sofferenza dei miei amici per vincere Cell. Era un prezzo altissimo da pagare, ma io non me ne resi conto, se non a posteriori. Vegeta mi odiava, gli altri mi temevano, la mamma era incinta e psicologicamente distrutta. Goku aveva deciso di rimanere morto, nascondendosi dietro l’ammirevole proposito di salvare l’incolumità della terra, allontanando la sua esistenza sfortunata.”
La fanfiction partecipa al Contest “Fratelli, sorelle ed altre adorabili sciagure” di Jackson Mozart Lecter
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gohan, Goten
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nome autore (quello che si desidera sul banner eventuale): Vegeta_Sutcliffe

Titolo della storia: Di affetto e di fratelli.

Personaggi Scelti:Gohan-Goten.

Rating:Giallo.

Genere: triste

Note dell' autore:  La fanfiction partecipa al Contest “Fratelli, sorelle ed altre adorabili sciagure” di Jackson Mozart Lecter

Buona lettura! :3

Rodeva come acido cloridrico l’evidenza, ovvia ma sempre negata, di essere considerato nessuno.
Prudeva, a contatto con la pelle chiara, quella menzognera e ipocrita tuta arancione, che si era convinto a indossare per rispetto e debito: che si trattasse di un broncio puerile o di una lite adolescenziale, mai era mancata nella sua vita la stoica figura di quella madre tanto devota, quanto scioccamente fiduciosa e innamorata. Odiava quegli abiti dal colore arancio, ma Chichi era più forte e importante di qualunque altro sentimento di stizza che avrebbe potuto provare.
Penosa la sua situazione, così penosa da inibire addirittura le parole di possibile conforto di Trunks.
Penosa la sua situazione, così penosa da esortare Vegeta stesso ad avvicinarsi in un gesto caritatevole così impacciato e estraneo.
Era come al solito appoggiato al muro e teneva le braccia conserte; l’orgoglio e la fredda compostezza di un reale erano cuciti sulla sua persona da sempre e per sempre. Aveva come al solito quell’espressione di muta rabbia e quella corazza di indifferenza e distacco dal mondo, ma aveva osato avvicinarsi a lui, tenendo in ogni caso una ragionevole distanza di sicurezza.
Quante pacche sulla spalla gli aveva dato Goku? Quanti sorrisi gli aveva rivolto? E quante volte era rimasto a giocare e scherzare con lui?
Tante, ma egli era davvero ben disposto a certe cose. Si sentiva felice, quando Goku passava del tempo con lui, e si sentiva fortunato, quando ricordava di sapere che Trunks non aveva la sua stessa possibilità.
Vegeta non era uomo di emozioni e piccoli gesti, ma in una maniera del tutto contorta cercava di improvvisarsi tale in qualche sporadica occasione, non lasciandosi irretire nell’umiliazione dello scherzo e della risata ingiustificata, perché aveva capito che suo figlio aveva bisogno che lui, certe volte, fosse meno principe dei Saiyan e più padre.
Vegeta non poteva vantare il senso dell’umorismo e l’allegria di Goku, ma Vegeta non si permetteva di arrogarsi la fama di un’incredibile bontà e ineffabile altruismo, per poi vantarsi, giocoso, di essere un uomo pusillanime e inadeguato per il ruolo che aveva accettato di ricoprire.
Goku era responsabile! Aveva scelto di restare morto, per permettere agli uomini di vivere, regalandogli una vita senza di lui.
Goku era generoso! Aveva scelto di insegnare a combattere a un bambino, ma, per farlo, aveva lasciato solo, di nuovo, suo figlio.
Vegeta c’era! Con qualsiasi atteggiamento di sdegno e superiorità, ma c’era sempre o, perlomeno, c’era più di quanto non ci fosse Goku e non faceva pesare le sue assenze.
Non era perfetto e non era un padre esemplare, ma si poteva permettere di considerarsi tale.
“Vado a sgranchirmi le gambe.”
Tra le parole non dette del suo migliore amico e l’occhiata di pietosa e introversa comprensione del principe, si alzò dalla panchina e camminò con i suoi pensieri e le sue delusioni verso la dignità di una rabbia offesa, sfogata in solitudine.
Stanco di reggersi in piedi, si accostò al muro, nascondendovi la fronte; sospirò e colpì la superficie con le sue nocche. Era stato un pugno violento, un pugno irrazionale che aveva impreziosito il cemento di piccole e varie crepe.
Goku, suo padre. La persona che non avrebbe mai voluto emulare, mai voluto ammirare, se non per l’invidiabile forza.
Ritrasse la mano e la portò nuovamente a impattare il muro. La pressione delle sue dita stava scavando sulla parete un notevole foro e le unghia conficcate nel palmo esortavano il sangue a stillare copioso e riversarsi sul pavimento in marmo.
In quello stadio l’aveva visto per la prima volta. Un fugace momento prima dell’apocalisse.
In quello stadio l’aveva visto per l’ultima volta. Un breve attimo, prima di un interminabile sensazione d’abbandono.
Che immagine debole di sé stava offrendo, senza curarsi dell’amor proprio? Tremante e nervoso, stava invitando i passanti a godere di un tragico momento di sconforto, conosciuto nel suo dolore; ma aveva sperato di non dover essere nuovamente costretto a mostrarsi forte, quando veniva colpito da un colpo così letale che non sarebbero bastati tutti gli allenamenti del mondo per pararlo e contrattaccarlo.
“Tutto apposto?”
No, no, no! Niente era apposto. Stava graffiando un muro e stava maledicendo l’uomo che gli aveva dato la vita, ma non l’aveva vissuta con lui.
Niente era apposto. Aveva sedici anni e non voleva avere problemi che non riguardassero le ragazze e le loro magliette troppo scollate.
Niente era apposto. Suo fratello lo conosceva da una vita e l’avrebbe dovuto capire, perché quella domanda sciocca?
“Si, tranquillo.”
L’orgoglio non era prerogativa solo del principe, era anzi un paradigma che declinava ogni esponente della razza saiyan.
Inspirò una generosa boccata d’aria e si girò sorridente verso Gohan.
Lo raggiunse e appoggiò una mano sulla sua spalla. “Andiamo?”
Menare le mani contro un patetico terrestre e debole, giusto in quel momento, non era la soluzione migliore per sfogarsi, ma, pur di non vedere quegli occhi neri regalargli supporto e pur di non sentire quelle labbra intonare una canto di false giustificazioni al comportamento di Goku, avrebbe ammesso la superiorità in quanto a forza di Mr. Satan.
Si incamminò senza aspettare riposta e lo superò. Camminava, senza realmente allontanarsi da ciò che voleva fuggire.
“Avevo quattro anni, Goku era morto per la prima volta e io, dopo essere svenuto, mi ritrovai in un deserto da solo con Junior. Era la prima volta che lo vedevo, il suo aspetto mi intimoriva, la solitudine mi divorava. La notte, quando c’era freddo e buio e io ero solo, chiamavo papà. Pregavo papà di venire a prendermi, di riportarmi da mamma.”
Si arrestò e si mise in ascolto di quelle parole nuove dal significato vecchio.
“Avevo dieci anni e una tremenda paura nel domani. Cell era fortissimo e all’apparenza invincibile. Ero giovane e inesperto e Goku mi costrinse a battermi con lui. Ci vollero la morte e la sofferenza dei miei amici per vincere Cell. Era un prezzo altissimo da pagare, ma io non me ne resi conto, se non a posteriori. Vegeta mi odiava, gli altri mi temevano, la mamma era incinta e psicologicamente distrutta. Goku aveva deciso di rimanere morto, nascondendosi dietro l’ammirevole proposito di salvare l’incolumità della terra, allontanando la sua esistenza sfortunata.”
Parlando Gohan tremava. Tremava tutta quell’ansia e quella preoccupazione di cui Goku gli aveva fatto dono sgradito e che mai aveva potuto urlare, essendo l’uomo di casa.
“Perché non avete cercato di fermarlo?”
“Goku c’è nei momenti più irrilevanti, ma quando si ha bisogno di lui, latita. La sua natura gli impone di essere più saiyan che padre e lui è troppo debole per non assecondarla. E’ duro da accettare, è duro anche solo pensarci, ma non credi sia meglio che una persona così non influenzi la nostra vita?”
“Forse hai ragione.” Gli rispose un sorriso tirato, al limite del grottesco.
Nel bene e nel male Goku avrebbe dipinto la loro vita con le sue nefaste pennellate di padre inadempiente e egoista. Cosa sarebbe germogliato dal raccolto di tanta carestia di affetto?
“Goten, io sono padre. Amo mia moglie e amo mia figlia e mai le abbandonerei, dovessero promettermi la cosa che più desidero. Sono Gohan, non Goku. So quel che è giusto e quel che è sbagliato, perché penso e perché do’ valore agli affetti. Ho analizzato e valutato ogni singola azione di Goku e ho imparato da solo a discernere il meglio dal peggio.”
“Come fai a convivere con l’idea che a tuo padre non importa nulla di te? Che ti abbandona per un bambino appena conosciuto, che nasconde l’ombra del suo egoismo, dietro la luce di una bontà esagerata e fallace?”
Sciorinò collerico, usando un tono di voce minaccioso e alto. Tutto quello che suo fratello maggiore gli stava dicendo esulava dalla comprensione che si rifiutava d’avere.
“Non ne vale la pena. Non vale la pena avvelenarsi l’esistenza per Goku. Lui è così. Va e viene. Non è giustificabile, ma lo vogliamo bene e lo perdoniamo. Un giorno tornerà, ma poi, come ha fatto oggi, ci lascerà. E in quel momento devi sapere che non sei mai solo. Devi sapere che l’esempio di Goku può essere oscurato dal mio affetto, dall’amicizia di Trunks e dalla tua forza.”
Strizzò gli occhi per non lasciarsi sottomettere da quelle gocce bagnate che inesorabilmente premevano le sue palpebre per scorrere sul suo giovane e maturo viso.
Che umiliazione sarebbe stata farsi vedere in lacrime da Gohan, che spreco sarebbe stato piangere per chi non aveva mai pianto per lui.
Due braccia lo colsero impreparato e lo spinsero verso il baluardo di consolazione e amore che era suo fratello.
“In certi momenti devi sapere che non sei un saiyan, che non sei il figlio di Goku. Sei solo mio fratello e io non ti abbandonerò mai.”
“Grazie Gohan.”

Salve mondo!
Probabilmente dopo questa fan fiction, mi sono chiamata addosso tutte le maledizioni e tutti gli insulti possibili e immaginabili delle fan di Goku, ma va bene lo stesso.
Ho sempre ragionato e riflettuto su questo  momento particolare della vita di Goten e ho provato a immaginare Goku svestito della sua fama, di andare oltre le apparenze e i luoghi comuni.
Ecco, probabilmente Vegeta poco c'entra, ma mi sono accorta che non riesco a scrivere niente se non c'è almeno un minimo accenno a lui. Che ci posso fare, se mi sono innamorata di uno che non esiste? D: O non esiste, o mi snobba o è 30 più grande, in amore io non facico mai le scelte più opportune, ma non stavamo disquisendo con ciò.
Spero che non abbia fatto poi così schifo, che anche chi non è d'accordo col mio pensiero, vada oltre queste divergenzi e giudichi la fan fiction e l'autrice, molto sensibile in questo preciso momento (volevo essere maschio...T_T). Autrice che ride sola, che ha sbalzi d'umore davvero raccapriccianti, ma non fatevi intimorire. xD
Commenti, critiche e dibattiti costruttivi sono sempre ben accetti, quindi non esitate a commentare, se vi va, se vi fa piacere, se ne volete fare uno a me. xD
Grazie in anticipo a tutti quelli che la leggeranno! <3
  
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