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Autore: Rosie Bongiovi    11/11/2012    4 recensioni
"Ci insegnano a scrivere una lettera da quando siamo alle scuole elementari.
Ci dicono “Qui va la data, lì l'emittente, là il destinatario”. I maestri più puntigliosi insistono su altre cose, come il contenuto. “Lì i saluti, poi il testo e ciò che volete raccontare, alla fine un semplice 'Arrivederci' o 'A risentirci'!”. Per me, invece, scrivere una lettera è sempre stato un modo come un altro per sfogarmi".
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una musica deliziosa, nell'aria, quella mattina. Il ragazzo moro faceva fatica a riconoscerla, ma sapeva di averla già sentita da qualche parte, in un'altra occasione. La seguì, ma non per sapere da dove venisse: essa, infatti, proveniva da una tavola calda che, dal punto di vista dell'arredamento, ricordava molto una stanza contenuta in una graziosa casa delle bambole, nella quale Richie avrebbe dovuto recarsi in ogni caso, per incontrare il suo migliore amico, Jon.

“E' piuttosto urgente” gli aveva comunicato, intorno alle sette e mezza del mattino. Con la bocca impastata dal sonno, gli aveva chiesto il motivo. “Al Presley vedrai. Alle 8, mi raccomando”. E aveva riattaccato, lasciandolo in balia della sua curiosità. Con stanchezza si era alzato dal caldo e soffice materasso, infilandosi la camicia blu notte, i jeans e aggiustandosi la stoffa alle caviglie, per poi mettersi un paio di semplici stivaletti neri che, a detta del bassista della band di cui faceva parte come chitarrista, erano all'ultimo grido. Ancora non sapeva per quale motivo si fosse fidato, dato che avevano suscitato una risata sguaiata dei suoi genitori, ma almeno erano comodi.

Ora era lì, dopo aver varcato la soglia del locale. Vide immediatamente Jon, il ragazzo dai capelli biondi costantemente ribelli, sia per scelta personale, sia perché erano così al naturale. I suoi occhi azzurri stavano fissando il caffè sul bancone, nel quale il ragazzo stava girando distrattamente un cucchiaino d'argento.

“Bongiovi, buongiorno” lo salutò Richie, sedendosi accanto a lui e aspettando una sua reazione.

“Sambora, buongiorno a te”. Rispose con un tono di voce stanco. Non lo si poteva biasimare: da quanto tempo era sveglio a causa di quel fatto urgente?

“Non hai nulla da dirmi? Se la risposta fosse negativa, potrei innervosirmi un po', visto e considerato che è domenica e mi hai costretto a venir qui”. Il biondo sospirò, appoggiò il cucchiaino sul piattino sul quale c'era la tazza e rivolse lo sguardo verso l'amico.

“Non ho chiuso occhio, stanotte”.

“L'avevo intuito. Insomma, guardati”. Alluse alle occhiaie che raggiungevano gli zigomi e al fatto che facesse palesemente fatica a tenere gli occhi aperti. “Che hai combinato?”. Ci mise qualche secondo per dargli una risposta.

“Ho.. Pensato”. Per Richie, quella risposta fu esilarante, tanto che scoppiò a ridere come se Jon fosse appena ruzzolato a terra.

“Accidenti!” esclamò, battendo le mani e richiamando involontariamente l'attenzione di tutti i presenti. “Per una volta che pensi, finisci per non dormire. Questa sì che è sfortuna!”. Qualsiasi cosa fosse accaduta al biondo, il moro era appena riuscito a strappargli una risata e ciò lo fece sentire soddisfatto di se stesso: era una buona spalla su cui piangere e, questa, ne era una conferma.

“E dai, è una cosa seria” replicò l'interlocutore, passandosi una mano tra i capelli e sbuffando.

“E dimmela!”.

“Credo che sia arrivato il momento di.. Di cambiare qualcosa, nella mia vita”. Sembrò tentennare e, Richie ci avrebbe giurato, Jon stava sudando freddo.

“Non dirmi che passerai dal fare il cantante al gestire un ristorante” ipotizzò il chitarrista, con un velo di serietà.

“No, no. Certo che no. Il gruppo non lo abbandono”. Gruppo formato da, ormai, 5 anni buoni.

“E allora di che si tratta? Mi stai mettendo più curiosità di quanto pensassi”. All'ennesima richiesta, nonostante si stesse divertendo a mantenere quell'atmosfera di suspense e mistero, il cantante decise di risolvere i dubbi dell'interlocutore castano. Dopo aver bevuto un lungo sorso di caffè, fece scivolare una mano nella tasca destra della giacca, estraendovi una scatoletta nera, sulla quale c'era una piccola scritta dorata ripetuta su tutti i lati.

“Ecco.. Io..”.

“Jon, va bene che sei il mio migliore amico e che abbiamo legato molto, ma io non so se sono pronto a fare un passo simile..”.

“Richie!”. Il moro ricevette, giustamente, un pugno sulla spalla, nemmeno tanto scherzoso. “E' per Dorothea!” chiarì l'altro, aprendo il piccolo contenitore e rivelando un anello d'oro giallo. Saltava subito all'occhio la pietra, di un azzurro particolarmente intenso. “Ormai stiamo insieme da.. Da non so quanto tempo e io..”.
“Non devi giustificarti con me, amico” lo avvertì Richie, sorridendo e abbracciandolo. “Congratulazioni! Quando pensi di dirglielo?”.

“Sei davvero felice per me?” domandò, arcuando un sopracciglio e sciogliendo la stretta. Sembrava sinceramente stupito.

“Ma certo che lo sono” ribadì, annuendo con convinzione.

“Tu, Richard Stephen Sambora? La stessa persona che ha giurato solennemente di non volersi mai rinchiudere.. Com'è che l'avevi definito, il matrimonio? Nella gabbia per eccellenza?”.

“Bingo” confermò, quasi contento che l'amico si fosse ricordato le sue parole. “Ma solo perché non mi sposerò io, non significa che non debba condividere le tue decisioni. Se per te è importante, allora non posso far altro che sostenerti in questo percorso”. Le rosee labbra del biondo si incresparono in un sorriso pacifico. D'altronde dava molto peso ai pareri del suo braccio destro: una smorfia da parte di Richie probabilmente lo avrebbe spinto a ripensare al matrimonio e a tutto quel che avrebbe comportato. “Allora, a quando le nozze?”.

“Pensavo.. Che so, verso la fine di aprile”.

“Solo due mesi? Jon, ti ricordo che è di una donna che stiamo parlando.. Le donne devono avvisare l'amica del cuore, poi le damigelle, poi i parenti, poi le ex compagne di classe che non hanno mai sopportato, ma che vogliono rendere partecipi tanto per dimostrare loro che sono migliori, che hanno fatto carriera eccetera eccetera eccetera..”. Ecco, se c'era una materia in cui Richie era ferrato, era proprio quella inerente le donne. Se per il filosofo Talete l'archè, il principio di tutte le cose, era l'acqua e per Anassimene l'aria, per Richie l'archè era proprio l'universo femminile.

“Sarà una cerimonia intima, con pochi invitati ed un ricevimento modesto”. Il chitarrista ridacchiò.

“Voglio proprio vedere cosa ne pensa la sposa”.

“Non voglio che la stampa ci dia guai. Anche lei proporrà una cosa simile, ne sono più che sicuro”.

“Come pensi di chiederglielo?”. Jon esitò, come un alunno impreparato ad una domanda del professore. “Oh, non dirmi che non ci hai ancora pensato. Hai passato tutta la notte sveglio a fare cosa?”.

“Andremo al suo ristorante preferito e..”.

“Dov'è stato il vostro primo appuntamento?”. La risposta arrivò immediata, contrariamente alla precedente.

“Pista da pattinaggio, quella vicino al liceo”. Richie allargò le braccia e sorrise, come a dire 'Problema risolto, ecco dove la dovrai portare'. “Ma dai, non posso.. Non posso chiederglielo così, davanti a tutti”.

“Prima di tutto, non è che devi spogliarti in mezzo alla folla, devi semplicemente fare una proposta di matrimonio. E, in secondo luogo, potreste entrare di nascosto quando la pista è chiusa”. Il biondo scosse la testa.

“Ci arresterebbero, Richie. No, non mi va di.. Di fare queste cose”.

“Fidati di me, una volta tanto! Bongiovi, si presuppone che questo debba essere il tuo primo ed ultimo matrimonio. Vogliamo fare le cose per bene, sì o no?”.

“Sì” si arrese Jon, sospirando profondamente.

“E allora prendi delle rose, prepara un cestino da picnic e dei pattini. Andate alla pista, falle la proposta e vivete felici e contenti. Non è una visione magnifica?”. Per un soggetto esterno, le cose potevano sembrare assurde: com'era possibile che il leader di una famosissima rock band degli anni ottanta fosse così insicuro quando si parlava di Dorothea, fidanzata storica e persona più importante che possedesse? Un paradosso, no? Ma per Richie questo non costituiva nessuna novità o colpo di scena. Jon Bon Jovi era il personaggio che si esibiva di fronte a 80.000 fans, mentre invece John Francis Bongiovi junior era il timido ragazzino del New Jersey con una folta chioma che i suoi professori avevano sempre odiato dal profondo del loro cuore.

“Prepara i soldi per la cauzione”. Finì il suo caffè e lasciò una banconota sul bancone.

“Andrà tutto bene. Fidati di Richard Stephen Sambora!” gli urlò quando il biondo, ormai, era uscito dal locale.

 

 

“Richie io.. Io sto andando in panico”.

“Andrà tutto bene, Jon. Fidati di Richard Stephen Sambora!”.

“L'ultima volta che lo hai detto è stato due mesi fa. Ti ricordi com'è finita? Hanno arrestato me e Dorothea e siamo finiti in prigione per una notte. Tu e le tue stupide idee” replicò, aggiustandosi il papillon e guardandosi allo specchio: i capelli erano in uno stato pietoso e non aveva ancora deciso se, per la cerimonia, avrebbe dovuto sistemarli meglio in una coda o lasciarli così, in balia di eventuali fenomeni atmosferici. Doveva decretare le loro sorti entro un'ora.

“Però Dorothea ti ha detto di sì e le hai fatto un bellissimo effetto con quella proposta. E ora stai fermo, che quel papillon è osceno e ci serve una cravatta”.

“Qualcuno ha bisogno di aiuto?”. Varcò la soglia David, uno dei più cari amici dello sposo e anche tastierista di questa fantomatica band della quale tutti e tre facevano parte, con una cravatta per mano.

“Passami quella blu, che fa pendant con gli occhi”.

“Stai scherzando, vero?” domandò Jon, arcuando ambedue le sopracciglia.

“Io non scherzo mai! E ora togliti quell'affare schifoso dal collo, che sembri un cameriere”.

“Come sta procedendo qui?”. Ed ora, dopo che Tico, il batterista dalla voce cavernosa ed i capelli neri, e Alec, bassista/consigliere di stivaletti, avevano varcato la soglia, il gruppo era ufficialmente al completo.

“Procede che Jon sta sudando e siamo al terzo giro di deodorante, il papillon finirà giù dalla finestra, i capelli stanno per prendere vita e io mi sento sempre più motivato a non sposarmi nemmeno se me lo chiedesse una fotomodella in persona”.

“Isteria portami via” confermò Alec, annuendo divertito. Jon, a giudicare dalla sua smorfia, non gradì particolarmente il commento. Ma che potevano farci quei quattro scapestrati che si ritrovava come compagni di avventure? Mai e poi mai avrebbero potuto lasciarsi sfuggire l'opportunità di stuzzicarlo in una situazione così delicata.

“Ecco fatto. Cravatta sistemata. Che dite, possiamo consegnarlo alla signorina Hurley, quasi signora Bongiovi?”. I tre lo scrutarono, passandosi una mano sul mento, con fare pensieroso, tanto per mettere il cantante in soggezione. La cosa funzionò.

“Oh, avanti! Sono pronto o no? I capelli? Cosa devo fare ai capelli? La camicia non sta bene, vero? Dio.. La crema idratante per le mani! Mia madre me l'aveva lasciata lì e forse, forse”.

“Jon”. Richie lo fermò, mettendogli le mani sulle spalle e tentando disperatamente di non scoppiare a ridergli in faccia – compito particolarmente arduo, dato che non lo aveva mai visto così terrorizzato -. “Stai bene, questo smoking era il più costoso del negozio e lo ha approvato addirittura tua nonna. Quindi direi che puoi stare tranquillo. Ora devi soltanto raggiungere Dorothea alla Graceland chapel et voilà! Vuoi prendere Dorothea come tua legittima sposa, amandola, onorandola eccetera? Sì? Okay, perfetto! Bacio, riso, brindisi e viaggio di nozze!”. Detta così, la cerimonia sembrava la cosa più semplice e sbrigativa di tutto l'universo. Jon annuì, meno agitato di prima, ma sicuramente più confuso.

“Andrà tutto bene. La tua amata non scapperà con il testimone o in groppa ad un cavallo” lo rassicurò Dave, facendogli l'occhiolino.

“Noi, per sicurezza, abbiamo sbarrato tutte le uscite” aggiunse Tico, riuscendo a smorzare la rimanente ansia che soggiornava tra i pensieri di Jon. In realtà, tutti sapevano che quelle nozze si sarebbero concluse nel migliore dei modi, a parte lo sposo.

“A costo di sembrare ripetitivo.. Bongiovi, andrà tutto bene. Fidati di Richar” ma il biondo non gli fece concludere la frase.

“Non ti azzardare!” esclamò, con espressione arcigna. “Porti sfortuna!”. Richie ghignò e i cinque lasciarono la stanza.

 

: - Meno male che il ricevimento doveva essere modesto – pensò il ragazzo moro, guardandosi attorno: il ristorante era stato interamente prenotato per l'occasione ed una grande sala dalle pareti rosse e dorate era occupata da familiari e amici degli sposi, ai quali era stato chiesto espressamente di non avvisare nessuno del luogo nel quale si sarebbe svolto il matrimonio.

David era seduto dietro ad un pianoforte a coda e stava improvvisando una canzone, mentre la sua attenzione era catturata dall'enorme torta nuziale a qualche metro da lui. Tico parlava con Alec, mentre teneva un calice di vino rosso nella mano sinistra. Richie aveva un braccio appoggiato lungo lo schienale della sedia, ricoperta da un'inguardabile, a parer suo, stoffa a motivi floreali. Si stava annoiando, e sorseggiare del delizioso spumante gli sembrava il modo più interessante e costruttivo per trascorrere il tempo. Chissà per quanto tempo ancora avrebbe dovuto guardare Jon ballare, abbracciato a Dorothea, vestita da un incantevole abito bianco.. Un momento, a che stava pensando? Che il vestito della nuova signora Bongiovi fosse incantevole? Doveva uscire e subito, prima di trasformarsi in uno stilista o qualcosa del genere. Badò a non farsi beccare dal suo migliore amico e sgusciò fuori, dalla porta di servizio: sarebbe tornato, sì, ma quell'atmosfera così sdolcinata cominciava a diventare nauseante.

Realizzò di trovarsi in un giardino ben curato. Pensò che, se avesse preso un righello, si sarebbe reso conto che ogni filo d'erba era identico a tutti gli altri. Non sapeva se la cosa fosse inquietante o semplicemente terrificante. Raggiunse un dondolo di legno e, solo dopo essersi seduto, notò di non essere solo: su una poltroncina di un verde leggermente più scuro del tavolino di fianco al quale essa si trovava, c'era una ragazza dai lunghi capelli fluenti neri. Stava scrivendo. Dato che la sua quiete era stata interrotta dall'arrivo del giovane, ella alzò gli occhi verdi dal taccuino sul quale stava appuntandosi chissà cosa, concentrata.

“Anche tu sei scappato dal ricevimento?” gli chiese, sorridendo. La sua carnagione era molto chiara e Richie credette di stare parlando con la personificazione della luna.

“Che cosa significa anche tu? Credevo che le ragazze andassero pazze per queste cose”. Scrollò le spalle e chiuse il piccolo diario dalle pagine ingiallite.

“Ho assistito a così tante cerimonie che ormai sono stufa di vedere sempre le stesse cose” rispose, semplicemente. Non si era ancora scomposta, pareva una statua. Per Richie questa era una novità: possibile che non sapesse che stava parlando con il Re dello Swing? Tutte le ragazze iniziavano a dare in escandescenze, di fronte a lui.. Ma se lei era lì, tra gli invitati di Jon o di Dorothea, voleva dire che era abituata a quel genere di incontri.

“Fammi indovinare: eri un'inguaribile romantica, ma ora per queste cose provi ribrezzo?”.

“No”. Scosse la testa. “Non provo ribrezzo. Aspetto che possa esserci io al posto delle ragazze che se ne stanno lì, sull'altare, in attesa di poter dire sì, lo voglio”.

: - Ci risiamo: sempre la solita solfa -.

“Io non credo nel matrimonio” commentò Richie, giocando con la cravatta che portava al collo. Probabilmente era tutta in disordine, ma non aveva voglia di sistemarla. Luna ridacchiò.

“Non è mica una religione” lo corresse, e continuò. “Un giorno troverai la per”.

“La persona giusta. Sì, lo conosco questo modo di dire. Trovo che sia sciocco..”.

“Io no. E, ti dirò, c'è un metodo per scoprire chi è quella persona”. Aveva abbassato la voce, Luna, come se stesse per rivelargli un segreto che solo pochi eletti avevano avuto l'onore di conoscere. “Scopri dove abita e tieni sulla scrivania un foglio con il suo indirizzo. Se entro una settimana senti il bisogno di scriverle una lettera, allora è lei quella giusta”. Prese la pochette nera che aveva appoggiato sul tavolo e si alzò, sistemandosi l'abito celeste che aveva indosso. Anche Richie lasciò il dondolo, come un gesto involontario.

“Voglio fare una prova” disse, tutto d'un fiato, come se avesse paura che la ragazza potesse scomparire nel nulla, senza dargli il tempo di fermarla.

“Non devi chiedere a me il permesso” gli rispose, sorridendo pacificamente. Richie fece di no con la testa.

“Intendo: voglio fare una prova, con te. Vediamo se hai ragione.. Mi piacciono le scommesse”. Luna aprì la borsetta, rimuovendo un gancetto argentato. Cercò tra i vari foglietti e, infine, gliene porse uno.

“Ecco qui il mio indirizzo. Voglio essere aggiornata.. Vediamo se sarò in grado di liberarti da quella bella dose di cinismo che possiedi” concluse, con tono sarcastico. Richie lesse le parole sul biglietto.

“Grazie, Clarice”. La giovane gli rispose con un sorriso di sfida e si allontanò.

 

Nota dell'autrice:

Eccoci qui al primo capitolo. La ragazza della lettera è ovviamente quella che Richie vede come la personificazione della Luna, ovvero Clarice. Dato che il Sambora di questa storia sarà molto più cocciuto e ostinato delle precedenti (e in alcuni tratti molto freddo e 'cinico', come lo ha descritto la nostra protagonista, ma non voglio dare anticipazioni!), non lasciatevi incantare dal lato romantico che mostrerà prossimamente.. Creare suspense is the way.

 

Non mi resta che ringraziare le persone che hanno recensito il prologo:

_ValeTrilli

_Angel BJ

_Airborne

_ _lullaby (ti rivogliamo in questa sezioneeeeee)

 

che hanno inserito la storia tra le seguite:

_Airborne

_Angel BJ

_DadaOttantotto

_Fra_Rose

_I want a yellow submarine

_ValeTrilli (arrivano le recensioni, giuro!)

 

e tra le preferite:

_Angel BJ

_barbara83

_I want a yellow submarine

 

Ci leggiamo domenica prossima!

 

Rosie

  
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