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Autore: smile_book    11/11/2012    3 recensioni
"E' brutto quando ti dicono che non sai quanto loro soffrono, vero?
E' brutto sentirsi dire che non sai quanto stanno male, che non sai come piangono ogni sera, vero?
E tu vorresti urlare, gridare, aprire la bocca e lasciar uscire tutte quelle parole che ti assillano giorno e notte. Vorresti gridargli che invece lo sai, sai tutto quello che stanno passando, che lo sai anche meglio forse. Che sono solo degli stupidi, perché se soffrissero davvero saprebbero riconoscere una persona che soffre come loro. "
Non so cosa dire. Solo spero che qualcuno la apprezzi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Abbastanza




E' brutto quando ti dicono che non sai quanto loro soffrono, vero?
E' brutto sentirsi dire che non sai quanto stanno male, che non sai come piangono ogni sera, vero?
E tu vorresti urlare, gridare, aprire la bocca e lasciar uscire tutte quelle parole che ti assillano giorno e notte. Vorresti gridargli che invece lo sai, sai tutto quello che stanno passando, che lo sai anche meglio forse. Che sono solo degli stupidi, perché se soffrissero davvero saprebbero riconoscere una persona che soffre come loro.
Ma non lo fai. Perché poi scoppieresti a piangere, e non vuoi. Perché poi saresti costretto a parlare, a dire a tutti come ti senti davvero. Perché se lo facessi forse non scoppieresti a piangere, e invece dovresti. Perché se lo facessi ti giudicherebbero tutti, ti chiederebbero di raccontargli tutti i tuoi motivi più profondi e segreti, ma a te mancherebbero le parole. E faresti la figura di quella che non soffre per davvero.
Questo era quello che io chiamavo 'incubo', e che doveva restare tale. Nessuno avrebbe dovuto sapere nulla, tranne lei. Con 'lei' intendo l'unica ragazza a cui l'ho detto, l'unica ragazza che conosco.
Adesso però, non è più la sola. Non è più l'unica. E ho paura. Quando lo dissi a lei, non avevo fatto io il primo passo e, cosa più importante, gliel'avevo detto di mia spontanea volontà. E adesso cosa mi è rimasto...? Nulla. Non è servito a nulla stringermi addosso i miei amati braccialetti, impedire alla gente di avvicinarsi ai miei polsi, non è servito a nulla mordermi la lingua per non gridare di dolore ogni volta che qualcuno mi afferrava il polso stringendo la presa e provocandomi un dolore lancinante ai polsi. Ogni volta che io e il mio fratellino litighiamo finisce che iniziamo ad usare le mani, e in questi giorni il destino sembra avercela con me, perché, in un modo o nell'altro, finisce che lui mi stringe le mani intorno ai polsi, al polso. E a me fa male, molto male, ma sto zitta, perché so che sarebbe peggio se parlassi.
Ma adesso non importa più. Perché tutto questo non è servito a nulla. A casa continuerò a fare così, ma... a scuola, quando esco, so già che sarà tutto diverso, ma io non voglio. Non mi piacciono i cambiamenti, non mi sono mai piaciuti, e tantomeno mi piace questo. Avevo previsto la possibilità che qualcuno se ne accorgesse, ma nella mia mente era tutto più.. facile. Sì, facile. Mi immaginavo che questo qualcuno si sarebbe limitato ad abbracciarmi, magari avremmo pianto entrambi, magari no. Pensavo che dopo lo shock iniziale sarebbe andato tutto bene, pensavo che avrebbe provato ad aiutarmi o forse si sarebbe limitato a farmi promettere di non farlo mai più.
Sarebbe stato troppo facile, vero?
Mi aspettavo comprensione, aiuto forse. Avevo calcolato la possibilità che mi avrebbero presa in giro o che mi avrebbero dato della pazza, ma... ma non ci avevo mai creduto veramente. Pensavo che tanto non sarebbe mai successo, nessuno l'avrebbe mai scoperto, e che se fosse successo mi avrebbero capita.
Ma invece è successo, e tutto troppo in fretta. E' stato tutto così veloce che non ho nemmeno avuto il tempo di pensare ad una scusa decente che giustificasse... tutto.
 
"Tu sei pazza" "Tu sei malata". Sono state queste le parole che ho sentito, e che avrei preferito non veder mai uscire dalla tua bocca. Potevo anche provare a passarci sopra se si fosse trattato di qualcun altro, ma non di te. No, non ci riesco. Ho la tua espressione stampata in faccia, i tuoi occhi, la tua bocca che si muove per dire quelle parole, la tua voce che tremava all'inizio, ma poi è diventata fin troppo sicura.
Non te lo saresti mai aspettata da me, lo so. Nessuno se lo aspetterebbe da me. Perché io sono quella "ricca", sono quella con due genitori che vanno d'accordo, sono quella che tira su il morale agli altri, sono quella su cui si fa affidamento. E nessuno mai si è disturbato di chiedere come stavo io.
Non è mai stato tutto così perfetto.
Non vi passa nemmeno per l'anticamera del cervello che io possa stare male. Non me la prendo nemmeno troppo. Devo essere una brava attrice, nonostante mi abbiate sempre detto tutti che non so mentire. Direi che vi sbagliate.
Ma la cosa peggiore che mi hai fatto non è stato darmi della pazza, della malata, della ragazza con problemi, no. Quelle sono cose che fanno male sì, ma sono nulla paragonate a quello che è venuto dopo.
 
Hai la vaga idea di come si possa sentire una ragazza che si fa del male, una "malata", "con problemi" come dici tu?
Forse ce l'hai, ma non si direbbe.
So bene di non essere l'unica a soffrire, so bene che molti dei miei problemi sono comuni tra le adolescenti, so già tutto. Ma tu hai dovuto ricordarmelo. Forse non te ne sei accorta, ma io ero più che sotto shock. Non riuscivo a pensare a nulla. Nemmeno a come aggirare tutte le tue domande. Ci siamo chiuse in bagno, questo è l'unico merito che ti posso attribuire. Non sarei mai riuscita a dire nulla davanti alle tue sorelle. Chissà cosa avrebbero pensato se avessero sentito... non voglio nemmeno immaginarlo.
Mi basta quello che hai detto tu.
Quando mi hai chiesto i miei motivi è stato strano. Mi sentivo falsa mentre te li dicevo. Sentivo che non ti stavo dicendo tutto, che tutto il dolore che provavo non ti arrivava, ma non è colpa mia. Io ho un problema: non so parlare. Non con la voce almeno. Se te l'avessi scritto forse avresti capito meglio, sarebbe stato più facile, almeno per me.
Ma non cambia che tu mi avresti detto le stesse identiche cose.
Lo so che anche tu soffri, sai? So che non è la scelta migliore la mia, so che ci sono persone che stanno molto peggio di me, e che non fanno nulla. So che ci sono ragazze e ragazzi con motivi ben peggiori dei miei, che sentendomi si metterebbero a ridere. Anche per questo non volevo dirtelo, perché so che persino i miei motivi non sono abbastanza.
Ma, sai, sentirselo dire è tutta un'altra cosa.
Sentirsi elencare i motivi di un'altra persona, essere costretti ad ascoltare e ad ammettere che molti di quei motivi sembrano migliori dei tuoi.
Non ti accorgi che per me ogni cosa che fai tu è perfetta, mentre quello che faccio io non è mai abbastanza?
Non ti accorgi che per me tutti gli altri, tutti sono perfetti, rispetto a me? Nessuno escluso, sono tutti migliori di me.
E sai cos'è la cosa peggiore, sentirsi dire che persino i motivi, le ragioni che mi spingono a tagliarmi non vanno bene. Non sono abbastanza nemmeno loro. Dovrei smetterla perché non soffro abbastanza. Questo è quello che mi fai pensare.
Ma sai cosa? Forse hai ragione, forse non sono abbastanza nemmeno per questo, per nulla. Però c'è ancora una parte di me che mi suggerisce che non è colpa mia, che sei tu ad aver guardato solo il sangue, solo i tagli, solo il rosso, senza guardare dentro tutto ciò. Non hai guardato i miei occhi, non hai guardato dentro, non hai scavato all'interno dei tagli, non ci hai letto il mio dolore, le mie paure, e questa è la cosa peggiore. Sapere che ai tuoi occhi sono solo un'idiota che si taglia per motivi stupidi, che non soffre abbastanza per poter dire di tagliarsi, che non è "degna", in un certo senso, nemmeno di tagliarsi.
 
Forse tu non lo vedi, ma per me i tuoi occhi, gli occhi di tutti, sono i miei nemici, sono le cose che più mi spaventano.
So che secondo te tu mi stai aiutando, ma ti sbagli.
So che credi di non avermi giudicata, ma ti sbagli, anche qui.
So che pensi di aver sofferto e di soffrire più di me, di avere motivi migliori dei miei, ma non ne sono convinta.
Non so se mi stai ancora pensando, non so se ne hai fatto parola con qualcuno, ma spero di no. Già così non so come farò.
Lo so che sbaglio, ma è il mio sfogo. Non è la stessa cosa di piangere, come dici tu. Non è difficile iniziare, come credi, e non è facile smettere, al contrario di quello che dici.
E adesso tu mi hai tolto tutto. Mi hai tolto la mia valvola di sfogo, non posso più usare quella lama per sfogare la mia rabbia, le mie insicurezze e paure, non posso più sfogare i miei sentimenti e tracciarne i contorni sulla mia pelle, perché tu controllerai. E ho paura. Paura di te. Sembra strano, lo so, ma è così. Ho una paura incredibile, di quello che succederà, di cosa dirai. Non voglio nemmeno guardarti in faccia, perché so che annegherei in quei pozzi scuri e sarebbe impossibile uscirne fuori senza un profondo senso di colpa.
 
Perché adesso? Perché li hai visti? Perché i bracciali mi sono saliti su mentre piegavo il polso?
Perché non sono rimasta zitta? Avrei dovuto evitare di rispondere, restare in silenzio, ma come potevo farlo? Tu avevi visto tutto. TUTTO.
Hai mai pensato a cosa fare? Ti sei fermata un attimo a riflettere prima di parlare e giudicare? No, non l'hai fatto. E non te ne faccio nemmeno una colpa perché in fondo so fin troppo bene che non vuoi farmi del male, ma l'hai già fatto, capisci?
Il tuo non è stato un aiuto, sai perché? Perché non avevi immaginato che io sapessi già tutto, e che sentirmi dire che tu soffri di più, che tu avresti più motivi, che tu potresti, che saresti "giustificata". Ma non posso mica pretendere che tu veda, non posso mica chiederti di guardare. Sarebbe come chiedere ad un cieco di tornare a vedere. E' impossibile. Ad ogni motivo che ti dicevo, tu ne avevi uno migliore. E sai cosa? Io non ti ho nemmeno detto tutto, perché in quel momento mi sono mancate le parole, i pensieri, i motivi, mi è mancato il mondo, mi sono sentita morire. La paura mi ha artigliato lo stomaco, ho mangiato tantissimi cereali fino a stare male perché cercavo in tutti i modi di posticipare il momento della verità. Sai quanto volevo piangere, a non è uscita una sola lacrima. Erano tutte dentro, io piangevo dentro, perché aveva vinto la paura sul dolore.
Perché avevo paura di sentirmi in colpa, ed è successo. Avevo paura di sentirmi devastata, ed è successo. Avevo paura di perdere tutto, ed è successo. Perché tu mi hai preso tutto ciò che avevo, tutto ciò che ho detto, adesso ce l'hai tu, e non è nemmeno quello che avrei voluto darti. Non è giusto, è l'unica cosa a cui riesco a pensare.
Hai ragione a dire che non dovrei, hai ragione a dire che sbaglio, credi che non lo sappia già? Credi che non mi senta sbagliata anche per questo? Credi che io non pianga?
Avrei voluto avere la voce per urlare, gli occhi per lacrimare, la mani per reagire, la testa per pensare e sapere cosa dire.
Ma non avevo nulla di tutto ciò.
Adesso non ho nulla, ho solo una fottuta paura che mi fa tremare, anche più del solito. Ho le lacrime che premono continuamente. Ho il problema che adesso tu mi controllerai e io non voglio. Ho solo il problema di dove marchiare la mia pelle, di dove segnare i miei sentimenti, la paura, la rabbia, la frustrazione, l'insicurezza. Dove li metterò adesso?
Mi hai tolto tutto, anche se per il mio bene. Mi stai facendo vivere il mio incubo peggiore, anche se sei convinta di starmi aiutando.
Mi hai tolto il mio mondo.
 
Sarebbe stato molto meglio se tu non li avessi visti. Non sarebbe dovuto succedere, non adesso non così. Perché li hai visti? Perché ho piegato il polso? Perché i bracciali sono scivolati via, lasciando la pelle scoperta? Perché non ti ho fatto capire come si deve i motivi per cui soffro? Perché?




*Angolo autrice*

Sta volta non ho molto da dire.
Solo che in questo caso preferirei quasi che evitaste di recensire e la metteste direttamente tra le preferite/seguite/ricorate.
Se vi è piaciuta ovviamente. 
E' molto importante per me, quindi spero che vi abbia... coninvolto, ecco.
Be', che altro dire?
Grazie di aver letto.
smile_book
  
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