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Autore: HippyQueen    11/11/2012    2 recensioni
"Le lezioni passano come il fuoco passa sulla pelle dei dannati: i professori mi squadrano, decidono che sono una buona a nulla che verrà bocciata e non considerata dal resto del mondo per tutta la vita e mi lasciano in disparte libera di maledirli per i loro pregiudizi."
"Forse è per questo che io e Alicia stiamo assieme e siamo innamorate; nessuna delle due ha mai avuto il coraggio di amare una persona che non potesse capire cosa significa non avere nessuno a disposizione."
"Voglio piangere e buttarmi giù da sola, senza che nessuno mi aiuti. Non ho bisogno di nessuno. Sono una vincitrice."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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All’ora di pranzo restiamo chiuse nel cubicolo. Cerchiamo di non fare rumore, i nostri baci sono diventati più caldi, più appassionati, cerco sempre di dimostrarle che non ha vissuto invano. Le nostre lacrime si fondono, o meglio, le sue bagnano il mio viso, ormai umido e arrossato. Non riesco a piangere, non ci riesco più. Sento crescere in me della rabbia, la mia solita rabbia verso il genere di cose che non so gestire. Che non posso gestire. Questa è una di quelle, questa malattia è impossibile da gestire.
-          Voglio aiutarti. – le dico. – Farò tutti gli esami possibili per farti guarire. Tu non mi lascerai qui, Sally. Non te lo permetterò.
Lei non risponde. Si accomoda, acciambellandosi attorno a me. Passo le mani sul suo seno, accarezzandolo dolcemente. Desidero che lei mi ricordi per sempre. Voglio farla mia. È più forte di me.
Sento le voci irritanti delle ragazzine nei bagni. Chiacchierano e ridono, alcune di loro sussurrano cose più interessanti, lo so per esperienza, ma oggi non le ascolto. Oggi il loro ciarlare mi passa sulla pelle, scivola via senza lasciare traccia.
Tutto il mio mondo, ora, è Sally. Alicia non attraversa la mia mente per un secondo. Non riesco a pensare a lei, quando la malattia di Sally è così potente ed io, man mano che me ne rendo conto, stringo più forte a me questo corpo fragile e bisognoso di cure.
La scuola, il diploma, nulla ha più senso. Il corpo di Sally è l’unica cosa che le mie mani toccano e desiderano. Ma non succede, non succede nulla tra noi. Non andiamo oltre il bacio. Toccarla in quel modo sarebbe come privarla della sua innocenza, di tutto ciò che la rende così pura. Non oserei mai privarla di questo, sporcandola con la mia volgarità, il mio passato, la mia vita. Forse non dovrei neanche permetterle di baciarmi, infettandole così le labbra perfette.
Una volta, a dieci anni, dissi di non avere paura della morte. Fu la prima volta in cui tentai di scappare di casa della tutrice, tornando però prima di notte. Lei urlò, denigrandomi ed incitandomi ad andarmene:
-          Vattene, Scarlett, avanti! Scappa, corri, non troverai mai di meglio! Sai benissimo che questa è l’ultima opportunità rimasta, per te! Perditi nella notte, qualcuno ti prenderà, ti ucciderà!
La mia anima di bambina vissuta non poteva ferirsi per comuni insulti a cui ero abituata. Perciò mi girai per fronteggiarla e, sulla soglia di casa, sputai:
-          Non ho paura di morire, io.
Ma ora, in questo cubicolo, sento i brividi solo a pensarci, alla morte. Non posso credere che potrebbe succedere. Cerco di convincermi che non succederà. Che Sally guarirà. Deve essere così, non lascerò che mi abbandoni in questo modo.
Suona la campanella della penultima ora. Le lancio un’occhiata:
-          È l’ora di teatro, la tua preferita. Andiamo? – provo a sorridere. Lei apprezza il mio sforzo e mi batte, illuminando l’intera città.
Attraversiamo lo spazio che ci separa dal teatro correndo sotto la pioggia e tenendoci per mano. Quando raggiungiamo l’auditorium, la lezione deve ancora iniziare. Ci accomodiamo sulle poltroncine rosse, chiacchierando con gli altri ragazzi. Nessuno parla con me; seguo semplicemente le conversazioni, molte delle quali è Sally ad animare. Parlano di musical a Broadway che non ho mai visto – a quanto pare c’è un’interessante versione di West Side Story questa settimana, e Mamma mia! La prossima – libri che non leggerò mai e film in cui non mi piacerebbe recitare. Rimango colpita dalla serietà con cui questi ragazzi trattano le loro indoli, la loro creatività.
-          Noi facciamo arte, dopotutto, - sta dicendo una ragazza, è bionda. La fisso per un po’ prima di ricordarmi il suo nome, Ashley. – anche se i miei genitori pensano che non andrò mai da nessuna parte, almeno potrò dire di aver dormito sulle panchine del parco facendo quello che davvero ho sempre sognato di fare.
Tutti si ritrovano d’accordo con lei. Qualche ragazzo racconta di suo padre, così orgoglioso, che voleva vincesse una borsa di studio per il football; una ragazza, invece, avrebbe rifiutato un college in Canada per presentarsi ad un’audizione per Wicked.
Durante l’intera conversazione, Sally stringe la mia mano.
Quando il professore entra, eseguiamo degli esercizi in cui notiamo i comportamenti degli altri. Il linguaggio del corpo ci viene spiegato, le tattiche della persuasione. Vengo coinvolta subito. L’insegnante mi chiede di dimostrare con lui quanto sia influente la ripetizione delle cose tre volte. Mentre svolgo l’esercizio, convincendo una ragazza di essere in una stanza grande e verde, la mia mente macina e lavora.
Sally guarirà, Alicia capirà, io sarò felice.
Alicia capirà, io sarò felice, Sally guarirà.
Io sarò felice, Sally guarirà, Alicia capirà.
Mi arriva un messaggio che spio mentre l’insegnante è distratto; è di Alicia: Ti vengo a prendere fra poco, tu devi sapere. Devi assolutamente sapere. 
  
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