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Autore: Kanda_90    12/11/2012    2 recensioni
Il mondo di D.Gray-man...la sua storia...i suoi personaggi...
Ma come si sarebbero svolti gli avvenimenti, come sarebbero cambiati gli equilibri tra i membri dell'Ordine, se fin dall'inizio ci fosse stata un'esorcista in più?
Tutto ha inizio in una calda e limpida mattina, alla alba. Una ragazza e il suo cavallo nero si concedono una lunga cavalcata...
Sostano sulle rive di un piccolo specchio d'acqua....
Lei non ricorda il suo passato...non pensa al suo futuro...ma sta per fare un incontro che le cambierà drasticamente la vita.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi finalmente con l'ottavo capitolo di questo mio immane ed autolesionista lavoro! Come tirarsi la zappa sui piedi...comunque, ormai siamo quasi nel vivo del racconto. Le presentazioni caratteriali generali dei miei due protagonisti, soprattutto per quanto riguarda Kris, sono abbastanza complete da permettermi di passare, finalmente, all'azione anche con lei, nei prossimi capitoli.
Questo è un capitolo parecchio psicologico che, forse, ad alcuni risulterà "noioso", ma spero comunque vorrete leggerlo fino in fondo e recensire...
Parlo sempre troppo, come al solito....dopo i consueti ringraziamenti a tutti coloro che mi seguono e che soprattutto mi recensiscono, concludo con un....Buona lettura!!!!!!!

Hikari

8th Night: In Missione

Passeggiando lungo uno degli ampi camminamenti esterni, guardavo l’alba inondare della sua luce rosata gli alberi, giù in basso, ed i grigi muri che mi circondavano. Massaggiandomi le braccia doloranti, mi appoggiai ad uno dei grandi pilastri e lasciai che il tenue calore del sole nascente mi confortasse.
Mi trovavo nel bel mezzo di alcuni tra i peggiori giorni della mia vita. Da quando ero giunta all’Ordine, il mio sonno era decisamente peggiorato, come se quel luogo, da solo, fosse stato in grado di riportare a galla tutti gli incubi che per quei lunghi anni erano rimasti sopiti nel mio inconscio. Tuttavia, non ero più così sicura della natura onirica di quelle immagini, cosa che, naturalmente, non faceva che accrescere la mia ansia. Più che sogni, parevano visioni, come se la mia stessa mente stesse cercando di mettermi in guardia...da cosa, però, non ne avevo la minima idea. L’unico elemento certo era che, quanto più quelle immagini affollavano le mie tormentate notti, tanto più io perdevo preziose ore di sonno.
A peggiorare ulteriormente la situazione pensavano i tremendi dolori muscolari, ormai miei fidi compagni in quei primi giorni della mia nuova vita. Ginnastica, corsa, arti marziali, spada...cominciavo a perdere il conto delle quantità e del tipo di allenamenti cui ogni giorno venivo sottoposta. Nonostante la mia forza e resistenza fisica superassero la media femminile, un ritmo del genere avrebbe distrutto chiunque!
Mi sedetti sulla balaustra, appoggiando la mia povera e provata schiena al pilastro. Il sole, nel frattempo, si stava levando alto ed il suo calore si faceva sempre più intenso. Ancora qualche minuto e avrei dovuto abbandonare quella pace.
Sospirai sconsolata.
Niente andava nel verso giusto. Da diversi giorni mi sottoponevo senza posa ad estenuanti sedute di allenamento e meditazione, tuttavia, malgrado i notevoli progressi, non avevo ancora raggiunto il risultato più importante e fondamentale.
Già.
Ancora non riuscivo ad evocare l’Innocence.
Dopo la mia prima, drammatica evocazione, Apocalypse era rimasta muta. Nonostante cercassi con tutte le mie forze di ritrovare in lei quel potere così distruttivo, che mi aveva permesso di vendicare mio padre, la spada non mi rispondeva, restava scintillante ed immobile tra le mie mani.
Forse il problema era proprio lì.
Quando l’avevo evocata, la prima volta, ero consumata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta verso quei mostri che mi avevano distrutto la vita e ucciso tutti coloro che mi erano cari. In altre parole, avevo avuto un bisogno disperato del suo potere.
Ora, invece, non ne sentivo per nulla la necessità.
Non avevo mai avuto la minima intenzione di abbandonare la mia vita, né volevo trascorrere la mia intera esistenza chiusa lì dentro, al servizio di un Dio che non aveva mai mostrato interesse nei miei confronti, lasciandomi sola a crogiolarmi nelle mie sofferenze. Non avevo chiesto io di diventare un’Esorcista e, malgrado avessi ormai preso coscienza che ciò fosse inevitabile, questo non significava che la situazione mi piacesse. Tutt’altro.
Odiavo l’Innocence e desideravo ogni minuto della mia vita, da che mi aveva trovata, che sparisse, si volatilizzasse e mi lasciasse in pace.
E probabilmente lei lo sapeva, ragion per cui mi era impossibile evocarla.
Tutto ciò era particolarmente frustrante.
Il calore del sole stava cominciando a diventare fastidioso, così mi alzai e di diressi verso la piacevole ombra dei corridoi. Il mio senso dell’orientamento, in quei giorni, era decisamente migliorato ed ero riuscita a memorizzare quasi tutti i percorsi principali, nonostante mi capitasse ancora spesso, soprattutto dopo gli estenuanti esercizi fisici, di bussare alla porta sbagliata. Fortunatamente quasi tutte le camere erano per lo più vuote, quindi riuscii ad evitare le figuracce peggiori, nonostante due giorni prima mi fosse accidentalmente capitato di bussare alla porta di un Lavi assonnato, che esibiva degli imbarazzanti boxer rosa con disegnati dei panda. Ripensare alla scena mi fece quasi scoppiare a ridere, malgrado non fosse mia abitudine.
Passai dalla camera per infilarmi una camicia, dopodiché scesi per la colazione.
A quell’ora del mattino, la mensa non era mai particolarmente affollata e mi permetteva di consumare la mia brioche in tutta tranquillità, senza dover per forza colloquiare con qualcuno. Era il momento in cui riannodavo le ingarbugliate fila della mia bizzarra psiche.
Quella notte, un “sogno” in particolare mi aveva tenuta sveglia, ragion per cui quella mattina ero molto più spossata del solito.
Non ricordavo con precisione la scena, inoltre, i collegamenti logici e temporali tra le immagini erano molto confusi.
Correvo ansiosa in quello che pareva un grande prato d’erba alta, l’Innocence sguainata al mio fianco, ma di cui non riuscivo con certezza a distinguere l’aspetto, eccezion fatta per le fiamme verdi-azzurre che emanava. In fondo al mio campo visivo c’era quello che identificai come un Akuma, nonostante fosse molto più grosso e totalmente diverso rispetto a quelli che avevo incontrato al villaggio...
Ripensare a quel mostro in particolare, fece crescere in me un’ondata di innato terrore, che non seppi spiegarmi.
A quel punto del sogno, tutto era diventato confuso. Ricordavo di aver gridato qualcosa, forse di aver visto qualcuno a terra, tra l’erba alta...mi pareva di aver colpito quel mostro con l’Innocence, ma non ne ero troppo sicura.
Poi l’Akuma si era volto nella mia direzione e, con una forza sovrumana, mi aveva colpita in pieno petto.
A quel punto mi ero svegliata, sudata e respirando a fatica, mentre un dolore lancinante mi percorreva tutto il corpo, come se quel colpo devastante fosse stato reale, un dolore che ancora ora lasciava sentire la sua debole eco, nonostante fossero passate diverse ore.
Quelle immagini mi avevano parecchio destabilizzata.
Avevo avuto davvero paura di quel mostro, credevo seriamente di essere morta sotto la sua ira.
Erano sensazioni talmente vivide e reali da bruciarmi ancora dentro al solo pensiero. Un semplice sogno non era in grado di procurare simili reazioni. Oppure si?
Mi sforzai di convincermene, o non sarei riuscita a levarmi di dosso la strisciante sensazione di disagio e di...mancanza, che quei sogni mi lasciavano ogni volta.
Perché, al risveglio, avevo sempre la sensazione di aver perso irrimediabilmente qualcosa?
“Sei parecchio pensierosa stamattina.”
Alzai gli occhi verso la mia nuova interlocutrice, che mi distolse, fortunatamente, dai miei angosciosi pensieri.
Linalee si era appena seduta di fronte a me, una tazza fumante di tè tra le mani. Tra tutti coloro che avevo incontrato da che ero giunta all’Ordine, lei era quella la cui compagnia mi metteva meno a disagio. Non ero più abituata a stare in mezzo alla gente e non ero mai stata un tipo loquace, così, la maggior parte della volte, preferivo fosse la solitudine a farmi da compagna. La sorella del Supervisore, però, era sempre stata molto gentile con me e parlare con lei, risultava molto più semplice che rivolgersi ad altri.
“Si, parecchio.”
Riabbassai gli occhi sul cappuccino. Jerry era riuscito a creare un piccolo cuore con il cacao e la schiuma, quasi mi dispiaceva intingere il cucchiaino in quella deliziosa opera d’arte.
“Hai di nuovo dormito poco.”
Non era una domanda, si vedeva lontano chilometri quanto i miei occhi fossero stanchi e gonfi per la mancanza di sonno.
“Già, di nuovo quei dannati incubi...”
“Forse ti andrebbe di parlarne?”
Mi andava? Non ne avevo idea.
Confidarmi con qualcuno non era esattamente una passeggiata per la sottoscritta, tuttavia sfogarmi, forse, mi avrebbe aiutata, se non a schiarirmi le idee, almeno a sentirmi lievemente più sollevata.
“Non saprei da dove cominciare.”
Era vero. Quei sogni mi avevano accompagnata per tutta la vita di cui avevo memoria e, ormai, ero abbastanza sicura del fatto che fossero legati a qualche doloroso trauma subito nei primi anni di vita, di cui non conservavo ricordo alcuno. Cosa potevo aver provato di così terribile da farmi perdere ogni memoria?
Proprio per questo, probabilmente era meglio non mi facessi troppe domande. La perdita di memoria, per quanto ne sapevo, poteva anche essere infinitamente migliore rispetto alla verità.
“Caspita, sempre di poche parole voi spadaccini!”
Ridacchiò divertita.
Effettivamente non potevo certo ammettere di aver dato un tono incalzante alla conversazione.
Poi mi balzò alla mente la fine della sua esclamazione.
“Voglio sperare tu non mi stia paragonando a quel decerebrato orientale col codino...”
“Avete già litigato?!” chiese, tra lo sconsolato ed il rassegnato.
“Lui ha litigato con me.”
Ripensare al mio unico e breve incontro con quel tipo mi fece venire una gran voglia di rompere qualcosa...la sua testa, per esempio.
“Non hai avuto molta fortuna. Incontrare il primo giorno l’Esorcista col peggior carattere dell’Ordine, non è proprio un buon inizio.”
Sembrava quasi imbarazzata, il che mi fece pensare che, avvenimenti del genere, si ripetessero spesso. Quel tipo era davvero degno del mio odio incondizionato.
“Non lo sopporto. Dovessi svolgere la mia prima missione con quello, darei le dimissioni.”
Linalee parve rattristarsi lievemente.
“Non credo sarebbe possibile...”
Già...
Come se non lo sapessi. Mettendo piede lì dentro, avevo rinunciato per sempre alla possibilità di scelta sulla mia stessa vita. Non avrei mai potuto lasciare l’Ordine, o almeno, non da viva...
“No, infatti...”
“Sai...non sembri contenta di stare qui, e posso capirti, ma continuare a combattere questa situazione non ti aiuterà a viverla meglio.”
“Dovrei rassegnarmi?”
“Non sto dicendo questo, ma dovresti accettarti per ciò che sei.”

Non capivo e dovette leggerlo nel mio sguardo.
“L’Innocence non sceglie i suoi compatibili a caso. Tu sei nata, che ti piaccia o no, per questo ed è una situazione che non potrai mai cambiare.”
“E a te sta bene?”

Non potevo credere che lei volesse consapevolmente vivere in quel modo. Era un’esistenza da incubo....non era vivere!
“No. Io detesto l’Innocence, mi ha portato via la mia vita, le persone che amavo, ogni cosa...”
“Ma allora..”

Mi fermò con un gesto della mano.
“Però, mi ha dato la possibilità di conoscere persone meravigliose, che altrimenti non avrei mai potuto incontrare, di vivere emozioni forti assieme a loro, di gioia come di dolore, di condividere con esse ogni momento della mia vita. Se non fossi diventata un’Esorcista, avrei perso tutto questo.”
“Ti ha tolto tutto. Come puoi anche solo pensare di ringraziarla?”
“Non la ringrazio affatto, tutt’altro, ma sono costretta ad ammettere che la sua presenza non ha portato solo dolore nella mia vita.”
Continuò. “Dalle una possibilità, Kris. Nessuno ti chiede di amarla, ad oggi, non ho mai incontrato nessun Esorcista che non odiasse, anche solo un minimo, la propria Innocence, ma ognuno di noi ha trovato un compromesso. “
Pensare di venire a patti con lei, fece montare in me una rabbia ed un’irritazione così forti, che dovetti trattenermi dal tirare un pugno sul tavolo, per sfogarmi. Giungere a compromessi con qualcosa che mi aveva rovinato irrimediabilmente l’esistenza...la sola idea era disgustosa.
“Io non ho alcuna ragione per giungere ad un compromesso con l’Innocence. Al momento, nemmeno riesco ad evocarla, non ti sembra una prova sufficiente del fatto che entrambe non vogliamo avere nulla a che fare l’una con l’altra?”
Linalee parve davvero sorpresa dalla mie parole.
“Come...non riesci a evocarla?”
“No.”
Parlare con lei aveva portato a galla tutto l’astio e la frustrazione accumulati in quei primi durissimi giorni. Non ne potevo più, ore ed ore stressanti e faticose non avevano ancora portato a nulla.
“Probabilmente è tutto un malinteso. Quella volta l’avrò evocata solo per pura fortuna.”
“L’Innocence non si evoca “per pura fortuna”, una persona non compatibile non potrebbe mai estrarre il suo potere.”
“Se anche tu avessi ragione, io non ho più motivo d’evocarla ormai. Quella volta...ero disperata, avevo bisogno del suo potere...ora non più. Probabilmente anche lei l’ha capito e si è rassegnata.”

Maledissi il destino, che aveva fatto si che quella mattina Linalee fosse già in piedi di buon ora. Ecco uno dei motivi per cui preferivo stare per conto mio: niente domande e niente conversazioni personali.
Detestavo scavare nel profondo di me stessa, preferivo lasciare che i problemi decantassero, ignorati, in attesa che, in qualche modo, trovassero una via per essere risolti. Scappavo dal mio stesso Io, e la cosa non mi aveva mai dato nessun fastidio.
“Credi di non averne più bisogno. Uno dei motivi per cui odio l’Innocence è che non posso fare a meno della sua presenza. E’ una parte di noi.”
Era il discorso più assurdo che avessi mai intrattenuto, eppure, nella sua delirante stranezza, aveva terribilmente senso. Nonostante l’odiassi, non riuscivo più ad immaginare la mia vita senza Apocalypse, l’aveva stravolta a tal punto da divenirne parte integrante.
“E’ così frustrante.”
“Decisamente,”
mi disse aprendosi in un sorriso e alleggerendo l’atmosfera della conversazione che, nel frattempo, si era fatta parecchio pesante, “tanto vale provare ad andarci d’accordo no?”
Già, in fondo tanto, cosa sarebbe cambiato?
Parlare con Linalee mi aveva, in un certo senso, aperto gli occhi. Fino a quel momento, non avevo fatto altro che chiudermi nel mio rassicurante guscio, sperando che la questione, una volta ignorata a sufficienza, si sarebbe volatilizzato di propria volontà. Ovviamente era solamente una vana speranza, non avevo fatto altro che rimandare, giorno dopo giorno, ora dopo ora, il momento in cui la mia vita sarebbe cambiata definitivamente.
Decisi che era ora di provare ancora una volta, e questa sarebbe stata l’ultima.
Mi alzai e, con passo deciso, uscii dalla mensa, diretta ai locali d’allenamento, prima che potessi pentirmi della decisione presa, con Linalee che mi caracollava dietro, interdetta.
“E ora dove stai andando così di fretta?”
“Da Komui. Tutte le mattine mi fa provare l’evocazione.”

Sorrise, comprendendo la mia determinazione, ma leggevo chiaramente la velata sfumatura di tristezza nella sue pupille. Se fossi riuscita nell’intento, sarei diventata un’Esorcista a tutti gli effetti, il che significava che anche per me sarebbero cominciate le missioni, con tutto l’inferno ad esse correlato.
Ogni passo aumentava in me la terribile tensione per ciò che mi attendeva, minando la mia convinzione. Ero davvero così sicura di volermi gettare a capofitto in quel destino, segnato in me da sempre, ma sempre ignorato? Cosa avrei trovato sul mio cammino, una volta imboccata quella strada? Il mio istinto mi urlava chiaramente che non sarebbe stato niente di buono...
“Dovresti respirare, sai?” Mi fece notare Linalee.
Ero così totalmente immersa nei miei pensieri, che avevo scordato anche quella semplice e fondamentale funzione vitale. Tutto questo mi stava letteralmente uccidendo.
Dovevo distrarre la mente, portare i miei pensieri su qualcos’altro...ma cosa?
“Ma dimmi...com’è che hai avuto la “fortuna” di incontrare...ecco...”
Quella ragazza mi leggeva nel pensiero.
“Il demente col codino?”
“Si...lui.”
“Stavo cercando la strada per la mensa e, girando un angolo gli sono andata addosso.”
“Addosso?”
“Senti, non è un mio problema se quello si pianta dietro agli angoli dei corridoi. Aveva pure il coraggio di squadrarmi...idiota...”
“Ah, beh...vedi, lui guarda male chiunque...”
continuò, con un’aria oscillante tra il rassegnato e l’imbarazzato.
“Un vero idiota. Vuoi discutere? Benissimo! Come minimo, almeno, presentati, razza di maleducato! Davvero, non capisco come certa gente possa...”
Mi bloccai, piuttosto a disagio per quello sfogo improvviso, mentre la mia compagna sorrideva divertita.
“Scusa lo sfogo...”
“No, non è per quello. Sai, lo detesti a tal punto che potresti quasi andarci d’accordo.”
“Spero vivamente tu stia scherzando.”
La fulminai, con uno sguardo così gelido che la passò da parte a parte. L’unico modo in cui mi sarei potuta avvicinare a quel tizio, sarebbe stato solamente per riempirlo di botte.
“Certo.” Ribattè Linalee, stranita dai miei occhi minacciosi.
“Bene.” Dissi, chiudendo la questione, anche se fui quasi sicura di averle sentito bisbigliare qualcosa come “sono identici...”, con un tono di voce inquietato.
Tutto quel chiacchierare ci aveva portate rapidamente alla zona deputata agli allenamenti. Varie sale si aprivano lungo i corridoi, alcune più grandi di altre, in cui Esorcisti e numerosi Finder stavano dedicandosi ai loro esercizi fisici, ma la stanza che mi interessava si trovava in fondo al corridoio, quella in cui mi recavo ormai ogni mattina. Era uno dei pochi percorsi che ero riuscita ad imparare a memoria.
La porta era aperta, segno che il mio carnefice era già arrivato.
Entrai.
Come tutti i locali d’allenamento, la stanza era piuttosto spoglia, fatta eccezione per qualche attrezzo ginnico, sparso sulle pareti, ed i consueti candelieri in ferro battuto. Un aspetto di certo non molto accogliente.
Ripetendo un copione recitato, ormai, ogni mattina, Komui se ne stava comodamente seduto su uno dei materassini della stanza, con le consuete pantofole ed una tazza di caffè fumante in mano, mentre Reever, in piedi di fronte a lui, cartelletta alla mano, gli sbraitava contro. Quell’uomo doveva davvero avere una pazienza infinita. Fossi stata io al suo posto, la cartelletta sarebbe già andata velocemente a finire contro la testa del Supervisore.
“Ehm...Caposezione, è qui...” Johnny, il piccoletto che mi aveva accompagnata alla scientifica diversi giorni prima, tentò di richiamare l’attenzione del suo superiore, ma con scarsi risultati. Tra le mani teneva Apocalypse, alta quasi quanto lui stesso...mi venne quasi da sorridere della scena, malgrado la tensione.
Komui alzò gli occhi dal suo prezioso caffè, degnandosi di accorgersi della mia presenza.
“Oh, eccoti qua.” Cinguettò allegro.
Che diamine avesse quell’uomo, per essere sempre così di buon umore, non sarei mai riuscita a capirlo.
“Comincio?” gli chiesi, parecchio scocciata dalla sua allegria, a mio parere totalmente fuori luogo.
Senza schiodare le terga dal comodo materasso su cui era seduto, annuì lievemente col capo, sorseggiando nuovamente caffè dalla sua tazza rosa. Come facesse un elemento del genere ad essere a capo di un’organizzazione di quella portata, era davvero un mistero.
Estrassi Apocalypse dal fodero che Johnny teneva tra le mani, impugnandola fermamente, la lama splendente davanti ai miei occhi. Ogni volta che la osservavo, mi rendevo conto di quanto, effettivamente, fosse un’arma dalla fattura superba. Pareva di vedermi riflessa nel ghiaccio.
“A noi due.” Sussurrai, rivolta più a me stessa che all’essere inanimato che impugnavo.
Iniziai un lungo dialogo silenzioso, di odio, bisogno, dolore ed una quantità indefinita di altre emozioni, tutte impegnate a vorticarmi nella mente, al solo scopo di confonderla ancor di più. Ero venuta lì solamente per lei, quella mattina, armata di tutta la mia convinzione, ma l’Innocence continuava a rifiutarsi di collaborare.
I minuti passavano...
Nello sforzo di concentrare ogni più piccola particella del mio corpo in quella lama, i muscoli cominciarono ad irrigidirsi per la tensione ed iniziai a sudare. Quella era la parte più faticosa tra tutti gli allenamenti cui mi stavano sottoponendo in quei giorni. La più faticosa e la più frustrante.
Sospirai, con stizza.
Dovevo evocarla. Dovevo...ma volevo?
Ogni volta ritornavo sempre allo stesso punto.
Avevo paura dell’Innocence, non tanto dell’elemento in sé, temevo profondamente il modo in cui avrebbe sconvolto la mia vita. Dalla morte di mio padre, avevo perso ogni certezza, non facevo che rimuginare su me stessa ed il mio passato, evitando accuratamente di pensare al futuro. Quel potere, così devastante, ed il ricordo della sua presenza che mi pervadeva, non facevano che gettare altra carne al fuoco, angosciandomi sempre più.
Non ero certa di voler rivivere quella sensazione...eppure, a quanto sembrava, non avevo molte possibilità di scelta.
Ripensai alla mia famiglia.
Cosa mi avrebbe detto mio padre, se fosse stato ancora in vita? Probabilmente mi avrebbe chiesto di seguire la mia strada, di guardare avanti e vivere il presente, senza pensare a ciò che avrei potuto perdere, ma solo a ciò che avrei potuto acquisire...
Già, ma cosa ci stavo guadagnando io in tutta quella situazione?
Ero stata sradicata dalla mia vita e dalla mia casa, scaricata in un luogo di cui non conoscevo nulla, in mezzo a gente estranea...eppure, vivere lì si era rivelato meno terribile del previsto. Coloro che avevo incontrato, eccetto “certa gente”, si erano dimostrati cordiali, alcuni persino simpatici...a loro avrei voluto dare una possibilità?
Mi tornò alla mente il terribile Akuma che mi aveva “uccisa” quella notte.
Anche loro, dopotutto, sarebbero potuti sparire, da un momento all’altro...come mio padre, come Seishin...
Forse il punto era proprio quello.
Perso ciò che avevo di importante, non avevo più nulla da proteggere.Ttuttavia, le persone che stavo incontrando, un giorno, forse, sarebbero potute diventare una parte importante della mia vita...come potevo saperlo? Escludere a priori quell’eventualità, sarebbe stato stupido.
Decisi che avrei protetto quella possibilità.
Unito al perenne desiderio di vendetta contro quei mostri, cercai in me la volontà di difendere quell’occasione. Si, perché altro non era che quello. Non ero incline a concedere la mia fiducia a chiunque e, al momento, non potevo certo dire di avere delle amicizie, tuttavia, con molto tempo, forse avrei potuto nuovamente fidarmi di qualcuno, persone per cui sarebbe valsa la pena rischiare...anche se non avrebbero mai potuto sostituire ciò che avevo perso.
Nel mio cuore ormai c’era una ferita impossibile da rimarginare.
Guardai nuovamente la lama di fronte a me, con sguardo risoluto, consapevole delle decisioni che avevo silenziosamente preso.
Sarei diventata un’Esorcista, avrei distrutto quei dannati Akuma, vedendo in ognuno di loro il mostro che aveva distrutto la mia vita...e così facendo avrei anche protetto quel misero barlume di speranza che, con tutta sé stessa, una piccola, microscopica ed ignorata parte di me cercava di creare.
Certo, non era granché come convinzione, ma sperai che a quel dannato cubetto inopportuno bastasse.
Inspirai profondamente.
“Evocazione.”
Dapprima non sentii nulla e fui certa di aver fallito per l’ennesima volta, poi, quando stavo per gettare quell’arnese il più lontano possibile, avvertii una presenza, debole, che cercava timidamente di farsi strada. Era la stessa sensazione che avevo provato la prima volta che avevo incontrato l’Innocence ed il Generale, giorni addietro, in riva al lago sulla collina...
Il mio istinto tentò immediatamente di ostacolarla, ma poi mi costrinsi ad assecondare quel potere, lasciando che si facesse strada nel mio essere, cercando di comprenderne la vera essenza.
Una volta che le ebbi dischiuso la porta, l’Innocence mi pervase completamente, con una forza che mi colse totalmente di sorpresa e che a stento riuscii a controllare. Mai le avrei permesso di prendere il sopravvento.
Cercando di richiamare alla mente i brevi consigli del Supervisore, chiusi gli occhi, cercando di regolarizzare il mio respiro ed incanalare quell’energia.
“Ce l’ha fatta.”
Riaprii gli occhi al suono della voce di Linalee, rimasta ad assistere, e per la prima volta vidi la mia arma attivata. Era splendida, lo ammisi.
La gemma incastonata in fondo all’impugnatura, brillava come un piccolo sole e le teste equine finemente lavorate esibivano una folta e fluida criniera fiammeggiante. La lama, senza perdere la sua glaciale trasparenza, era totalmente avvolta da lingue di fuoco del colore del mare, illuminando di uno strano e sinistro chiarore verde-azzurro lo spazio della piccola sala.
In quel momento, i fotogrammi che mi avevano tormentato quella notte, riaffiorarono nella mia mente. Quel bagliore azzurrino...quelle fiamme...ero più che certa di averle brandite allo stesso modo nel sogno. Molto strano...ma probabilmente mi stavo lasciando suggestionare.
Tornai a concentrarmi sull’evocazione e richiamai l’Innocence, che subito abbandono la lama, riportando nella stanza la sola debole luce dei candelieri in ferro.
Avevo il fiato corto e le ginocchia non ne volevano sapere di smettere di tremare, ma in generale, pensavo mi sarei sentita molto peggio. Rinfoderai la spada nel fodero che Johnny mi porse e mi volsi verso Komui, sempre fastidiosamente sorridente.
“Bene, bene. Mi sembra che tu stia reagendo bene. Niente mancamenti, senso di nausea, stanchezza improvvisa?”
“No, sto bene.”
Tagliai corto.
“Me l’aspettavo...” Aggiunse, con un’espressione persino troppo seria per i suoi standard.
Mi rabbuiai lievemente.
Certo, che stupida. Era ovvio che mi sentissi bene...non mi aveva uccisa una caduta di quattro metri da un ramo, all’età di undici anni, figurarsi un’evocazione. La prima cosa che Komui aveva voluto esaminare, al mio arrivo, era stato quello strano simbolo sul petto che mi portavo appresso sin da che ricordassi. Ciò che più mi aveva inquietata, era stata la tristezza che aveva invaso i suoi occhi nel vederlo, come se si trattasse di un presagio infausto...o peggio.
Mi aveva preoccupata molto l’evasività della risposta, nel momento in cui gli avevo chiesto spiegazioni al riguardo. Non dovevo preoccuparmi, tanto era un’abilità che avevano anche altri, come Kanda, e non avrebbe certo interferito con il mio futuro come Esorcista...come se avessi creduto ad una sola parola. Inoltre, per l’ennesima volta, non avevo avuto la prontezza di chiedere chi diamine fosse questa Kanda, che già il Generale aveva nominato al villaggio, mettendola in relazione proprio con la sottoscritta. Se anche lei possedeva queste inquietanti capacità, perché non permettermi d’incontrarla? Forse mi avrebbe aiutato a convivere meglio con questa follia innaturale. Pensavo sarebbe stata un’idea logica, ma a quanto pare lo credevo solamente io.
Naturalmente, solo il Generale e il Supervisore erano a conoscenza del fardello che mi portavo dietro. Serbavo già troppi segreti per essere solo all’inizio della mia strada all’Ordine.
“Bene, Kris.” Riprese Komui, tornando al suo solito tono gioviale. “La giornata di domani te la lasciamo di riposo, ma dopo pranzo passa nel mio ufficio, così posso darti l’equipaggiamento per la tua prima missione.”
Rimasi basita. Ero appena riuscita ad evocare l’Innocence e già mi mandava in missione?! Sperai non intendesse mandarmi allo sbando e al massacro da sola. Non sentivo il bisogno di compagnia, ma, almeno nel mio primo incarico, avrei preferito lavorare con un Esorcista più esperto. Forse mi avrebbero assegnato al Generale Nyne per una sorta di apprendistato...lo speravo, ero già sufficientemente nervosa.
“E quando dovrei partire?”
“Dopodomani, possibilmente all’alba. Il viaggio fino ad Alessandria è lungo.”

Alessandria?! Sperai non si riferisse alla città sul delta del Nilo di cui avevo sentito parlare dai mercanti arabi delle fiere...
“Insieme al fascicolo riassuntivo ti fornirò anche di una splendida guida alle meraviglie dell’Egitto. Ah, che invidia, vorrei poterci andare io!”
“Non cerchi di sfuggire di nuovo al suo lavoro!” sbraitò il povero Reever.
Dunque era proprio quella...fino in Egitto. Il solo pensiero del caldo soffocante che avrei trovato, mi fece sentire male.
“Fratello, non credi sia un po’ imprudente lasciarle portare a termine la sua prima missione da sola?” Chiese, rivolta al fratello, che nel frattempo sorseggiava beato il suo caffè.
“Uh? Non va da sola, Linalee.” Poi aggiunse, rivolto ad una confusa e frastornata sottoscritta. “Ti riunirai ad un altro Esorcista ed a un Finder autoctono, che vi farà da guida, in un punto concordato. Domani ti darò tutte le indicazioni, ora vai pure a rilassarti.”
Detto ciò, uscì dalla stanza, seguito dai suoi collaboratori, lasciandomi in un vortice di domande che avrebbe fatto impallidire il più accanito degli uragani. Linalee, accortasi della mia espressione interrogativa, si avvicinò per rassicurarmi.
“Non sarà poi così male, vedrai. Ti va una tazza di tè?”
Decisamente. Rilassarmi era proprio ciò di cui avevo il più disperato bisogno.

Se siete arrivati fino in fondo, vi voglio già bene XD
Non esitate a lanciare uova marce, pomodori e quant'altro vi capiterà a tiro.
Alla prossima!!!
   
 
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