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Autore: Il Saggio Trentstiel    12/11/2012    4 recensioni
Sette giorni di puro spirito Gwent, sette canzoni, sette prompt.
Rating e avvisi varieranno di storia in storia, ma saranno sempre segnalati e non oltrepasseranno mai il rating arancione.
>>Primo giorno - 12 novembre - Mattino invernale ("The first time ever I saw your face")
>>Secondo giorno - 13 novembre - Negozio di musica ("The sound of silence")
>>Terzo giorno - 14 novembre - Studenti in autobus al ritorno da scuola ("When you say nothing at all")
>>Quarto giorno - 15 novembre - Lezioni di cucina ("Ice cream cakes")
>>Quinto giorno - 16 novembre - Studenti in una scuola privata ("Pretty girls")
>>Sesto giorno - 17 novembre - Visione di un film vietato ai minori ("Last resort")
Settimo giorno - 18 novembre - Horror
'Cos everybody loves Gwent!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gwen, Trent | Coppie: Trent/Gwen
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Fandom: A Tutto Reality/Total Drama
Autore: Il Saggio Trent
Titolo: The first time ever I saw your face
Prompt: Mattino invernale (scelto da Greenade)
Beta Reader: ///
Personaggi: Gwen, Duncan, Trent
Tipo di coppia: Het
Coppie: Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Genere: Angst, Song-Fic, Triste
Rating: Verde
Avvertimenti: ///
Conteggio parole: 1920
Note: AU

 















Gwen odiava la monotonia.
Intendiamoci, apprezzava la tranquillità, ma solo quando questa veniva talvolta affiancata da qualche evento degno di nota.
Forse era per questo che era stata con Duncan, che riusciva ogni giorno a spezzare le soffocanti catene della noia e della quotidianità.
Forse era per questo che lui, stupendola, l'aveva lasciata qualche giorno prima.
Forse era per questo che Gwen odiava l'inverno.
Vivendo in Canada, “inverno” voleva dire due cose, principalmente.
Freddo e neve.
Tanta, troppa neve.
Milioni di fiocchi di un bianco quasi accecante che per giorni e giorni cadevano da un cielo quasi altrettanto candido.
Il paesaggio si uniformava, divenendo un tutt'uno con il cielo e i fiocchi che imperterriti discendevano pigramente fino a ricoprire ogni cosa.
Monotono.
Gwen odiava il bianco.

 

 

 

 

L'allerta meteo proseguirà per tutta la settimana. Consigliamo di limitare gli spostamenti e...
Gwen cambiò stazione radio.
Erano ormai due lunghe settimane che quella dannata allerta meteo la costringeva in casa o, comunque, a uscire con scarsa frequenza.
Neve, gelo, strade bloccate... Un quadretto affatto piacevole!
Entrò in cucina e scostò appena la tenda della finestra: fuori tutto era di un uniforme colore bianco.
-Magnifico...- commentò a denti stretti, voltandosi poi con un sospiro e controllando l'acqua nel bollitore.
Calda al punto giusto, ottimo.
Aprì uno stipo e prese un piccolo involto da cui proveniva un profumo penetrante: con cautela versò l'acqua bollente in una tazza e vi immerse la bustina di tè, sedendosi poi con aria affranta.
Niente novità, niente uscite, niente Duncan.
Perfino la soddisfazione di urlare un liberatorio “Vaffanculo” al mondo intero le era stata negata da un insidioso mal di gola.
Abbassò le palpebre e si abbandonò sullo schienale della sedia, beandosi del forte aroma di zenzero e cannella proveniente dalla sua tazza.
Un tè caldo, un buon libro e un po' di sano gothic metal: la sua ennesima, noiosa giornata sarebbe proseguita così, senza picchi di eccitazione.
La musica alla radio la costrinse subito dopo a sgranare gli occhi e a raddrizzarsi.
The first time... Ever I saw your face...
Battiti accelerati.
Respiro affannoso.
Paura.
Dolore.
I thought the sun... Rose in your eyes...
Sole?
Non se ne vedeva da giorni, eppure Gwen ne serbava un forte ricordo.
Non era alto nel cielo, non feriva gli occhi.
Emanava comunque calore.
And the moon and the stars... Were the gifts you gave...
Luna e stelle.
Luce e bellezza.
Ciò di cui aveva bisogno.
Ciò che non aveva capito.
To the dark... And the endless skies...
Oscurità e mistero.
I suoi occhi.
Luce e cieli infiniti.
Gli occhi di lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gwen odiava la monotonia.
Arrivava al punto di recarsi ogni giorno in un bar diverso pur di non vedere le stesse persone, le stesse facce; pur di non diventare una persona abitudinaria.
Da quel mattino, però, tornò ogni giorno in quella piccola, anonima caffetteria.
-Un caffè.- aveva chiesto con voce stanca.
La levataccia all'alba, la corsa per non perdere l'autobus e le lezioni apparentemente infinite l'avevano trasformata in un essere insofferente a qualunque cosa.
In primis, le chiacchiere.
-A giudicare dalla tua espressione, avresti bisogno di un'intera caffettiera!- esclamò qualcuno con voce divertita.
Gwen alzò lo sguardo, pronta a riversare la sua frustrazione sull'insolente barista, ma il fiume di improperi che stava per fuoriuscire dalla sua bocca si arrestò.
La ragazza boccheggiò davanti alla persona che si era trovata davanti.
Dei capelli neri come la notte incorniciavano un volto su cui spiccavano due...
No, chiamarli occhi sarebbe stato riduttivo.
Due stelle, ecco.
Non le piacevano quelle metafore pseudo-romantiche da due soldi, ma c'era in quegli occhi una luce che non le aveva permesso di fare altrimenti.
Rimase in silenzio mentre il ragazzo preparava il suo caffè e le posava la tazzina fumante davanti, sorridendo affabilmente.
-Non ti ho mai vista qui.- affermò con una punta di esitazione.
Ancora una volta Gwen non rispose: attese che il giovane venisse nuovamente assorbito dal lavoro, terminò il caffè e posò i soldi sul tavolo.
Subito dopo uscì dal bar.
No, non è corretto.
Fuggì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The first time... Ever I kissed your mouth...
Gwen si sfiorò le labbra con un dito.
Duncan.
Lui la baciava con passione travolgente.
Lui le mozzava il fiato.
Lui odorava di fumo e dopobarba.
Trent.
Che sapore avevano le sue labbra?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sapeva cosa l'avesse spinta a tornare lì.
Il caffè non era dei migliori e il bar era sempre chiassoso e affollato.
Gwen entrò e si sedette davanti al bancone.
Il ragazzo del giorno prima le dedicò un sorriso smagliante a cui lei riuscì a replicare.
No, Gwen sapeva benissimo perché era tornata lì.
-Un caffè anche oggi?-
Annuì appena, incapace di parlare.
Qualche istante dopo, caffè e barista erano di fronte a lei.
Sorseggiò lentamente la bevanda, rifiutandosi di incrociare quelle stel... Quegli occhi che, lo sentiva, la stavano osservando.
-Studentessa, vero?-
Abbassò di scatto la tazzina e, di nuovo, annuì senza una parola: il ragazzo fece un sorriso astuto.
-Lo immaginavo! Borsa a tracolla, espressione stanca, bloc-notes sottobraccio...-
-Trent! Potresti sostituirmi un istante?-
Il giovane si voltò verso il collega.
-Arrivo subito!-
Strizzò l'occhio a Gwen e si allontanò.
Come seguendo un copione prestabilito, la ragazza lasciò qualche moneta sul bancone e, di nuovo, fuggì.
Un pensiero però le agitava la mente.
Trent.
Davvero un bel nome.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I felt the earth... Move in my hand...
Perché non si alzava e spegneva quella maledetta radio?
Non poteva? Non voleva?
Cosa la spingeva a lasciare che quelle parole si marchiassero a fuoco nel suo cervello?
Cosa la spingeva a farsi del male gratuitamente?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mercoledì Gwen non aveva lezione.
Eppure si ritrovò seduta in quel piccolo, caotico bar, desiderosa di bersi un bel caffè caldo e di perdersi nella contemplazione degli occhi di Trent.
Si sentiva persa, spaesata, pervasa dai sensi di colpa.
La sera prima era uscita con Duncan, e le cose non sembravano andare bene.
Era colpa sua, che in quei giorni era stata distratta, concentrata su un'altra persona?
Si sentiva sporca, colpevole, indegna.
L'opposto della neve che, quel mattino, aveva cominciato ad ammantare con delicatezza la città.
Rabbrividì quando la porta della caffetteria si aprì, lasciando entrare una folata di vento gelido.
Lanciò un'occhiataccia all'uomo che stava attardandosi sulla soglia, incurante del disagio che stava arrecandole, ma si voltò subito non appena percepì la presenza di Trent.
Non lo aveva sentito avvicinarsi, non lo aveva visto con la coda dell'occhio.
Lui era lì, e lei l'aveva capito.
La tazzina piena di caffè faceva già bella mostra di sé sul bancone, accompagnata dal sorriso luminoso di Trent.
Quel sorriso che gli faceva rilucere gli occhi come se davvero si trattasse di due stelle.
Gwen gli sorrise prima ancora che cominciasse a parlare.
-Il solito caffè, giusto?-
Il solito.
Quanto detestava quelle parole... Eppure pronunciate da lui erano perfette.
Trent la osservò in silenzio mentre sorseggiava il suo caffè: un vago rossore le tingeva le gote, e Gwen come sempre trovava estremamente difficile incrociare lo sguardo del ragazzo.
-Senti...- esordì lui esitante dopo qualche altro istante di silenzio -... Mi chiedevo... Qual è il tuo nome?-
La giovane finse di non averlo sentito.
Posò la tazzina sul piattino e finse di cercare qualcosa nella borsa: non smise finché Trent, con un sospiro quasi inudibile, si fu allontanato.
Solamente quando lo udì parlare con altri clienti si levò in piedi, depositò i soldi davanti a lei e...
Incrociò il suo sguardo.
Sarebbe rimasta così per ore, per giorni.
Senso di colpa. Paura. Rimorso.
Mosse appena le labbra a sillabare una brevissima parola.
“Gwen”.
Il sorriso di Trent le scaldò il cuore.
Si allontanò con serenità.
Quel giorno Gwen non fuggì dal bar.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Like the trembling heart... Of a captive bird...
Stava tremando, e non per il freddo.
Senso di colpa. Paura. Rimorso.
Rimpianto.
Musica, parole e stelle luminose si rincorrevano nella sua mente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Quindi studi arte?-
Dopo una settimana, dopo un numero imprecisato di caffè e reciproci sorrisi, Gwen aveva ceduto.
Aveva dato ascolto a quella parte di lei perennemente soffocata.
Quella parte che le faceva sognare gli occhi verdi e il sorriso dolce di Trent.
Si erano scambiati i numeri di telefono.
Erano usciti una sera, come amici.
Amici.
Amici.
Gwen non credeva a quella parola associata a loro due.
Scherzavano, raccontavano di loro e delle loro vite, passeggiavano per le vie della città.
I sogni di Trent non erano poi così dissimili dai suoi.
Voleva una vita che si rinnovasse ogni giorno, voleva seguire le sue aspirazioni.
Voleva lei.
Glielo aveva confessato, infine.
-Dalla prima volta che ho visto il tuo volto.- aveva aggiunto, riuscendo a sostenere il suo sguardo.
Gwen aveva abbassato timidamente gli occhi.
Era così strano, così diverso dallo stare con Duncan.
Il punk era sempre gentile con lei, ma sembravano più due amici di vecchia data che condividevano la passione per la musica metal e i film horror.
E il letto.
Qualche istante dopo, Trent l'aveva baciata.
Dolcemente, senza foga, come se temesse di spaventarla.
Gwen si era lasciata trascinare, assaporando ogni singolo istante di quel bacio dal sapore tutto nuovo.
Un sapore a cui non sapeva dare un nome.
Senso di colpa. Paura. Rimorso.
Si era allontanata bruscamente da Trent ed era indietreggiata.
Poté leggere lo stupore in quegli occhi belli come stelle.
Poté leggervi la paura.
La stessa paura che la invadeva e rischiava di distruggerla.
-Ho un ragazzo...- aveva sussurrato.
Si era voltata e, dopo aver letto la delusione nei suoi occhi, era fuggita.
Per l'ennesima volta.
Per l'ultima volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

That was there... At my command, my love...
Il tè era ormai divenuto un intruglio freddo e imbevibile.
Gwen non se ne curò.
Qualche lacrima sfuggì dai suoi occhi, ma lei se li asciugò quasi con rabbia.
Senso di colpa. Paura. Rimorso.
Non per Duncan, stavolta.
Per quel ragazzo dagli occhi come stelle e dal sorriso gentile.
Rimase seduta, immobile e silenziosa, finché lo squillo del cellulare la costrinse ad alzarsi.
Non voleva parlare con nessuno.
E se fosse stato Trent?
A quel pensiero il suo cuore ebbe un sussulto.
Come una furia afferrò il telefono e, senza neanche controllare il mittente della chiamata, rispose.
-Pronto?-
Non riuscì a non dare un tono speranzoso alla sua voce.
Era vagamente patetico, ma non gliene importò.
-Gwen... Sono io...-
Quella voce...
Riconoscibile, ascoltata mille volte, familiare.
Deludente.
-Duncan...-
All'altro capo del telefono il ragazzo riprese subito a parlare.
-Senti, io... Sono stato uno stupido... Non riesco a smettere di pensarti...-
All'udire quelle parole Gwen non poté più trattenere le lacrime.
Silenziosamente esse presero a scorrere sul suo volto pallido, leggere come piume e pesanti come macigni.
-Mi manchi da impazzire...-
Perché, perché sentiva la voce di Trent che le sussurrava quelle frasi?
Fu colta dal desiderio di interrompere la chiamata e spegnere il cellulare.
Non lo fece.
-Mi manchi anche tu...- esalò in risposta.
Parlava con Duncan, ma il suo sussurro strozzato era rivolto a qualcun altro.
Un ragazzo dagli occhi come stelle e dal sorriso gentile.
-Passo a casa tua fra poco, va bene?-
Gwen assentì, poi interruppe la conversazione prima che Duncan potesse dire altro.
Si appoggiò al tavolo e fissò il pavimento.
Stupida. Debole. Paurosa.
Le lacrime proseguivano la loro inarrestabile discesa lungo il suo volto, scavando nel contempo solchi profondi nel suo cuore.
La musica continuava a pugnalarla.
La neve ancora cadeva dal cielo.
Ormai lo aveva capito: non avrebbe più rivisto quegli occhi luminosi e quel sorriso dolce.
Gwen odiava l'inverno.














Buongiorno e buon angst a tutti :D
Sì,
forse questa storia non è la maniera migliore per cominciare la Gwent Week, ma chi sono io per rifiutare le botte di ispirazione improvvise? u.u
La canzone, come immagino si sia capito, è la meravigliosa "The first time ever I saw your face" di Roberta Flack, un piccolo capolavoro che ha compiuto quarantatré anni: oh, mica pizza e fichi!
Ciò detto... Credo che farò meglio ad andare a scrivere la seconda OS per questa settimana "^^
Enjoy it :D

   
 
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