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Autore: Francy_92    12/11/2012    17 recensioni
Gaia e Andrea sono compagni di scuola ma in classi diverse. Entrambi devono iniziare il quinto. Lei linguistico, lui scientifico. Prima che finisse l'anno prima, è stato annunciato un progetto scolastico che prevede un soggiorno di tre settimane in Inghilterra. Lui, rubacuori e bello, è conosciuto da tutti; lei, riservata e con un peso sul cuore, non conosce praticamente nessuno. Sin dal viaggio di andata cominciano a litigare, fin quando... qualcosa cambierà gli eventi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ''A true love story never ends''
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Salve a tutti ^_^
Sorpresaaaa!! xD Ho pubblicato un giorno prima :D
Questo è un capitolo un pò uhm... divertente! Si, decisamente divertente :P
Vi lascio alla lettura!


Let's blame it on September
 

Capitolo 8

"Se fosse successo prima..."

 
«Hai detto che posso dormire con te, giusto?»
«Quando avrei detto una cosa del genere?»
«Oggi quando mi sono avvicinato così…» dice e si avvicina velocemente a me «… e ho fatto così» aggiunge baciandomi il collo. «E poi così» aggiunge ancora arrivando alle mie labbra. Comincia a baciarmi delicatamente, ma quando gli circondo il viso con le mani cambia atteggiamento. Mi prende in braccio e mi fa stendere sul letto.
“Lui” è sopra di me e non so che cosa succederà tra qualche minuto. Qualcuno lo fermi!!
No, no… non fermarti” mormora la mia vocina interiore.
«E tu vorresti dormire con me?» chiedo a corto di ossigeno quando si ferma per guardarmi.
«Si» mormora lui con voce rauca.
«Hai intenzione di fare così per tutta la notte?»
«Ovvio che si» risponde riprendendo a baciarmi. Le mie mani sono ancora sul suo volto, ma adesso vorrei spostarle, ma non so dove metterle. Per mia sfortuna è anche a petto nudo. Non posso metterle sulla sua schiena.
Oh si che puoi!” esclama ancora quella bastarda.
Ok, proviamo, tanto che può succedere?!
Delicatamente le mie mani si spostano dal suo volto alle sue spalle e adesso va un po’ meglio. Il mio corpo sembra ancora più esposto a lui, adesso. Per fortuna indosso ancora la maglia.
Il bacio continua e cerco di ignorare lo strano calore che ho al basso ventre. Che cos’è?! Mi sembra di prendere fuoco.
Credo che anche Andrea abbia qualche problemino di autocontrollo, perché tra noi c’è qualcosa che… che… oh dio, che imbarazzo!
«Fermati» dico spingendolo via.
«Che c’è?» chiede leccandosi le labbra.
«Niente, ma non mi sento a mio agio»
Proprio mentre pronuncio queste parole, Andrea prima guarda le sue parti basse e poi ritorna a guardare me. Ha capito perché mi sento a disagio. «Perdonami, ma… beh, mi sembra inevitabile»
Mi porto le mani davanti il volto cercando di non morire dall’imbarazzo.
Non diciamo niente per un po’ di tempo, finché lui non se ne esce con «Vado a fare la doccia»
Lo guardo mettersi la maglia, prendere le sue cose ed uscire dalla camera.
Forse si è offeso, forse è imbarazzato anche lui, anche se, dopo l’ultima sua affermazione, mi sembra alquanto improbabile.
Mi siedo sul bovindo della finestra e guardo fuori. Sta cadendo una leggera pioggerellina e quest’atmosfera mi ricorda la chiamata che ho rifiutato qualche ora fa.
Andrea è stato carino a distrarmi, non facendomi pensare a mio padre, ma adesso è inevitabile e mi sento così a disagio in questa situazione. Ho rifiutato la chiamata e un po’ sono rimasta delusa dal fatto che lui non abbia più richiamato. Un po’ ci speravo, tanto che, per quasi tutto il pomeriggio, ho creato nella mia mente una specie di copione su come rispondere alla telefonata inaspettata del padre “scomparso” da undici anni.
Ho pensato a mille discorsi da fargli, ma tutti iniziavano sempre con due parole: ti odio.
Sembrerà esagerato odiare il proprio padre, ma per me è così e non è per niente esagerato.
«Ehi…»
Mi volto di scatto; Andrea è seduto sul suo letto, indossa una la t-shirt grigia e un paio di pantaloni, ed è intento a fissarmi.
«Ehi» rispondo sorridendo appena.
«Stai bene?» chiede.
«Si, grazie» rispondo alzandomi e prendendo l'occorrente per la doccia.
Oltre ad aver passato tutta la mattinata a visitare le università e a fare shopping a Oxford, abbiamo anche trascorso il tardo pomeriggio in centro, qui in città. Andrea non ha smesso di scherzare un attimo e mi ha fatto ridere molto. Non credevo fosse un ragazzo spiritoso, ma invece lo è e, su questo, sono contenta di essermi ricreduta. Abbiamo avvisato Paul e Michelle che avremmo cenato fuori, perché lui mi ha portato in un piccolo ristorante per festeggiare il mio compleanno.
«Anche se in ritardo» ha detto «Voglio fare questo per te»
Ho cercato di dissuaderlo, ma non c’è stato verso.
Abbiamo passato una serata molto piacevole e questo mi fa pensare che ci potrebbero essere dei buoni presupposti una volta tornatati a casa. È molto probabile che, una volta tornati, le cose saranno migliori e diverse. Magari nascerà davvero qualcosa tra noi due.
Forse…
«Ehm… senti, io avrei una cosa per te»
Mi volto a guardarlo e alzo un sopracciglio «E' un regalo per il tuo compleanno»
«Ah»  
Mi guarda ancora e poi si volta verso la sua valigia dalla quale estrae una piccola scatola rossa. «Perché lo hai fatto?»
«Perché mi andava; e poi così quel posto non ti ricorderà solo dolore»
Lo guardo incuriosita. «Dai aprila» dice lui sorridendo.
La apro e resto piacevolmente sorpresa La scatola contiene una piccolo ciondolo in argento. Davanti c’è l’incisione di Stonehenge mentre sul retro un orologio. Quando lo apro vedo, da un lato, una bussola con l’ago puntato verso Nord e dall’altro una piccola miniatura di Stonehenge.
Lo adoro. È bellissimo.
«Grazie» dico avvicinandomi per abbracciarlo.
«Spero che adesso quel posto ti ricorderà anche di me»
«Soprattutto te» dico guardandolo negli occhi. Lui mi bacia e io ricambio dolcemente. «Mi piace molto, grazie»
«E’ stato un piacere» risponde lui baciandomi un’ultima volta.
Lo stringo forte e dopo averlo lasciato andare, rimetto il  ciondolo nella sua scatola, appoggiandolo sul comodino. Adesso mi ci vuole una bella doccia calda.
Avrei voluto chiedergli il motivo di quel regalo. Lui ha detto che spera che Stonehenge mi ricorderà anche di lui e non più solo di mio padre e in parte sarà così. Ricorderò quel giorno per sempre per tutto quello che è successo in quel posto ma avrei anche voluto che quel luogo fosse soltanto mio e di mio padre; nonostante tutto però sono contenta che di Stonehenge faccia parte anche Andrea. Spero solo di non pentirmene.
Adesso che sono dentro la doccia, sotto l’acqua calda, vorrei solo rilassarmi, ma mi sembra di sentire ancora il corpo di Andrea sopra il mio e il mio basso ventre prendere fuoco in una miriade di piccole piacevoli scintille. Non posso voler fare l’amore con lui. Non mi è mai successa una cosa del genere e non voglio che succeda con lui.
Alzo un sopracciglio, meno male che non può vedermi nessuno perché si, forse un po’ voglio che succeda con lui. Ma la domanda è: mi sento pronta a perdere la verginità? Con lui, poi?
 
«Scusa per prima» mormoro.
«Non preoccuparti» risponde lui sorridendomi dal suo letto.
Mi volto verso il soffitto e lo fisso come se potessi guardare solo lì. Credo sia venuto il momento di togliersi questo macigno dalle spalle. Le uniche persone che sono a conoscenza di questa cosa, oltre ai genitori di mio padre, sono mia madre e Serena. Ricordo il sollievo che ho provato nel raccontarlo a lei; so che anche stavolta sarà così, perché mi sembra di avere un peso costante sulle spalle. So che è davvero così, ed è per questo che ho bisogno di parlarne con gente che tiene davvero a me e che non andrà a sputtanarmi in giro.
Avevo sempre pensato che Andrea non avrebbe mai dovuto sapere di questo fattaccio della mia vita, ma adesso sembra che il nostro rapporto stia andando meglio di quanto potessi mai aspettarmi. Decido di buttarmi, perché voglio fidarmi di lui.
«Avevo sette anni» dico e faccio un profondo respiro. Ricordare quell’episodio, anzi, quegli episodi, non mi piace per niente.
«Tuo padre?» chiede lui. Io annuisco e asciugo una lacrima; lui se ne accorge, scende dal suo letto e si mette sotto le mie coperte. Mi volto verso di lui e lo abbraccio, scoppiando a piangere.
«Shh…» mormora lui accarezzandomi la schiena. «Ci sono io, non preoccuparti»
Un altro singhiozzo esce dalla mia gola e le lacrime non accennano a fermarsi. «Shh… non sei costretta a raccontarmi quello che è successo»
Lo stringo più forte e affondo il viso nell’incavo del suo collo. Sento le sue mani sulla mia guancia e sui miei capelli, comincia ad accarezzarli; le sue carezze mi fanno rilassare. «Sei una ragazza stupenda, Bianchina; scusa se ti ho reso la vita impossibile durante questi anni; ma… ho… ho cercato di ignorarti perché era più semplice che venire da te e dichiararmi. Sapevo come la pensavi su di me, e non c’ho mai provato, ma ho sempre avuto un debole per te…»
Mi addormento con il suono delle sue parole nelle orecchie.
Ha un debole per me. Chi ha un debole per me?!
«Bianchina?»
«Hmm…» Cos’è questo odore? È forte e mi fa spalancare gli occhi. «Caffè?»
«Ma buongiorno anche a te» esclama tutto contento.
«Ciao» rispondo sorridendo. Mi volto per guardare l’ora sul cellulare e mi rendo conto che non sono nemmeno le nove. «Come mai sei sveglio a quest’ora? Tu non sei quello che dorme sempre?» rido e mi nascondo di nuovo sotto le coperte, ma lui è così gentile da prendermi di peso e portarmi fuori dalla camera. «Andrea! Che stai facendo?! Ci saranno gli altri di là? Mettimi giù. Subito!!»
«Non c’è nessuno! Sono usciti per la partita di calcio del bambino, Michelle ha lasciato un biglietto con scritto che torneranno stasera. Abbiamo la casa libera» dice mentre sono ancora fra le sue braccia.
«Fantastico» borbotto mentre, molto poco delicatamente, Andrea mi mette giù.
«Non sei contenta?»
«Ma certo… un’intera giornata con Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare» dico prendendolo in giro, mentre mi volto verso il ripiano dei biscotti. Che bello, posso mangiare quanto voglio. Sorrido e apro l’anta
«Scusa, come mi hai chiamato?»
«Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare» ripeto piegando la testa a destra e a sinistra.
«E perché mi avresti chiamato così?»
«Perché la prima sera che hai dormito qui ti sei spogliato davanti a me senza avvisare»
«Te lo ricordi ancora?»
«Beh certo!»
«Deve esserti piaciuto lo spettacolo, allora» dice sorridendomi malizioso, mentre si avvicina a me.
«Mi ha disgustata a dire il vero» rispondo mordendo il mio biscotto al cioccolato.
«Se vuoi lo ripeto, così vediamo se ti disgusta ancora» dice schiacciandomi contro il bancone della cucina. Provo ad allontanarlo, ma lui mi ha praticamente intrappolata. Si toglie la maglietta e comincia a baciarmi il collo. «Ti disgusta questo?» Oh, ha un tatuaggio. Una croce sul lato destro del petto e una frase sul braccio destro. Può sembrare così sexy soltanto guardando un tatuaggio?! Oh mio dio!
Cerco di riprendermi, forse è meglio.
Schiarisco la voce e nego con la testa.
«Bene… e questo qui?» chiede mordicchiandomi la mascella.
«No» ansimo.
«Perfetto» mormora al mio orecchio. Dopo avermi fatto posare il biscotto prende la mia mana e la posa sul suo petto.
«E questo?»
Ecco, adesso comincio ad imbarazzarmi. «No» mormoro sottovoce. Sento il mio cuore accelerare i battiti.
«E se facessi così?» chiede afferrando i lembi del mio pigiama e cominciando a sfilarmelo. «Odio questo pigiama»
Mi lascio sfuggire una risata e lo guardo, mentre il mio cuore va al galoppo. Ok, tra poco collasso.
Sono praticamente mezza nuda davanti a lui. Riprende a baciarmi il collo ma, questa volta, comincia a scendere verso il reggiseno; è un bene che non lo tolga la notte per dormire. Il problema di prendersi una cotta bestiale per il nemico giurato del liceo, è che se mai si dovesse arrivare ad essere  mezzi nudi e soli, senza qualcuno che interrompa quel momento eccitante, è la vergogna di ansimare appena lui ti tocchi.
È una cosa vergognosa ma anche terribilmente eccitante.
Le mie mani arpionano i suoi capelli e li tirano. Preso da una passione improvvisa, Andrea mi afferra per il sedere e mi fa stendere sul bancone. Comincia a baciarmi la pancia e, lentamente, sale su di me. «Non credevo che mi saresti interessato così tanto» dice accarezzandomi la coscia.
Sorrido e catturo le sue labbra con le mie.
«E io non credevo di poter smettere di odiarti» mormoro tirandogli i capelli.
«Sempre molto simpatica»
Riprendo a baciarlo e a toccargli la schiena, mentre il suo corpo sale e scende dal mio, aumentando la nostra eccitazione. Oh dio mio!
«Ti voglio» mormora contro le mie labbra.
Anch'io, per la miseria, ANCH'IO!!
Cerco di alzarmi, senza lasciarlo. Credo che abbia capito che non voglio fare l’amore sul marmo della cucina. Mi prende di nuovo in braccio e, continuando a baciarci, ritorniamo in camera. Mi fa cadere sul letto, mentre si toglie i pantaloni il mio cuore sta per fermarsi del tutto. Può andare davvero così veloce un cuore?! Accidenti, fa quasi male.
«Sei sicura?»
«Perché me lo chiedi?»
Non gli ho mai detto di non avere esperienza. «Perché ti vedo parecchio agitata»
«No,  sto bene» rispondo sorridendo; «Ma vedi… per me, uhm…»
«Tranquilla» dice lui capendo, spero, quello che vorrei dirgli. 
Sorrido e mi alzo, ma lui ritorna su di me, quindi, sono costretta a stendermi di nuovo sul letto. «Togliamo questi pantaloni orrendi?»
Annuisco e lui ride, mentre mi sfila il pigiama. Mentre lo fa, mi bacia la coscia e devo fare appello a tutta la mia forza di volontà per non contorcermi dal piacere, perché è quasi ridicolo che io provi questa sensazione soltanto grazie alle sue labbra.
«Mi sento come un ragazzino alle prime armi» mormora guardandomi dal basso.
Tu ti senti così? E io che dovrei dire?
Gli sorrido e lui ritorna su di me, cominciando a baciarmi. «Mi confondi; tutto quello che avevo prima mi sembra talmente insignificante. Voglio stare con te…»
Lo guardo negli occhi e faccio un respiro profondo «Perché vuoi stare con me?» chiedo sorprendendomi che la mia voce non sia tanto roca.
«Perché sei speciale e sai di casa»
Alzo un sopracciglio e sorrido. Anche lui lo fa. «I miei genitori non… non mi hanno insegnato a dare valore alle cose veramente importanti come la casa o l’amore delle persone che tengono veramente a noi; per loro esistono soltanto il lavoro e i viaggi in giro per il mondo. Tu… tu mi fai sentire a casa. Quando torniamo qui, mi piace, perché ci sei tu, perché so che ci sarai sempre e che non te ne andrai lasciando soltanto un biglietto»
Questo ragazzo che credevo tutto muscoli e niente cervello, stava dimostrando, non solo di avere un cervello, ma di avere anche un cuore. Accidenti…
«Potrei esserci sempre se tu me lo permettessi» dico guardandolo negli occhi e accarezzandogli la guancia.
«Te lo permetto» mormora riprendendo a baciarmi.
Che situazione strana: stavamo per rotolarci sotto le coperte, tutti nudi, e alla fine lui ha fatto la confessione del secolo. Sapevo che i suoi genitori erano architetti, ma non che  viaggiassero così tanto e che lasciassero Andrea da solo.
Mentre continua a baciarmi, sentiamo bussare qualcuno alla porta. Andrea alza la testa e mi guarda «Chi è?»
«Come faccio a saperlo?» rispondo ridendo.
«Potrebbero essere loro?»
«E secondo te bussano?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Giusto. Beh, riprendiamo» Si butta di nuovo sulle mie labbra ma, chi ha bussato prima alla porta adesso lo sta facendo alla finestra della nostra camera.
«Ehi! Amico, siamo noi» dicono Luigi ed Elena.
«Oh merda!!» esclama Andrea alzandosi velocemente dal letto e indossando i pantaloni. «La maglietta… la maglietta. Dov’è la maglietta?!»
«In cucina» rispondo io coprendomi con il piumone. Dopo il discorso romantico che ha fatto poco prima adesso, con il suo comportamento, sta precipitando molto in basso.
«Non ti vesti?» mi chiede posando la maglietta del mio pigiama sulla mia valigia.
«No. Se dovessero chiedere di me dì che sto male»
«Cos’hai?» chiede ancora.
«Niente. Vai ad aprire, altrimenti penseranno chissà cosa»
«Mi dispiace» mormora avvicinandosi a me.
Vorrebbe baciarmi, ma nascondo il volto nel cuscino, impedendogli di farlo.
«Vai» dico e mi volto, dandogli le spalle.
Questa giornata era iniziata magnificamente e adesso chissà come andrà a finire.
Oltre alla voce di Luigi ne sento anche due femminili. Devono essere Alessia ed Elena.
Forse è meglio se mi alzo e mi vesto. Indosso un paio di pantaloncini e una maglia grigia e lego i capelli.
Quando esco dalla stanza, provo a non arrossire visto che, fino a qualche minuto prima, io e Andrea eravamo in atteggiamenti molto intimi proprio dove sono sedute adesso Alessia ed Elena.
«Ciao Gaia»
«Ciao» rispondo sorridendo appena.
«Come stai?» mi chiede Andrea dal divano.
«Bene» rispondo e mi volto per rimettere i biscotti al loro posto.
«Allora ragazzi. Che ne dite se andiamo a mangiare fuori?»
«Sono soltanto le dieci. Pensi sempre al cibo?» gli chiede Andrea.
«Io mi riferivo a più tardi. Adesso possiamo andare a fare shopping o non lo so… camminare nel parco. Qualsiasi cosa. Che ne dite?»
«Io ci sto!» esclama Alessia.
«Ma la tua compagna?» le chiedo.
«E’ a casa con la febbre»
«Ah, ecco»
«Tu vuoi venire Gaia?» mi chiede Elena.
Non ho ancora inquadrato per bene questa ragazza. A volte mi da l’impressione di essere innocua ma in altre situazione come adesso, mi sembra un serpente a sonagli. Calma e nascosta prima e letale il momento dopo. È capace di buttarti giù in un secondo. Non credo sia una persona molto leale.
«Certo che viene» interviene Andrea avvicinandosi a me.
«Ehm.. a dire il vero non mi sento tanto bene; quindi se vuoi, vai pure» dico guardando Andrea.
«No, non ti lascio qui da sola»
«Non preoccuparti. Non sono una bambina. So cavarmela anche senza di te»
«Se la metti così, allora…»
Annuisco e mi volto verso le ragazze. Alessia è un po’ dispiaciuta. Ha capito che è successo qualcosa tra di noi e che stiamo litigando; Elena ha un enorme ghigno sulle labbra e se qualcuno non me la toglie di mezzo, probabilmente la picchio.
«Allora, andiamo!» esclama Luigi, forse avvertendo l’elettricità nell’aria.
«Mi cambio subito» dice Andrea e si allontana.
«Mi dispiace» mormora Alessia accarezzandomi il braccio.
«Non preoccuparti. Divertitevi» dico e le vedo allontanarsi verso la porta.
Quando Andrea esce dalla camera non mi guarda, non mi saluta; prende le chiavi e va via.
È ritornato a fare lo stronzo!
Sbuffo e vado a recuperare il pc in camera mia. Metto “Hall of fame” e cerco gli ingredienti per fare una torta. Spero che gli inglesi abbiano farina, amido e roba simile. La canzone mi ricorda i momenti che ho passato con Andrea; proprio in quel momento però qualcuno apre la porta e la richiude alle sue spalle.
«Gaia?»
Mi sporgo per guardare e vedo Andrea dentro la stanza. «Cosa ci fai qui?» chiedo.
«Mi sono reso conto di non voler andare con loro» dice e si avvicina a me, circondando il mio viso con le mani. Mi bacia e mi fa appoggiare di nuovo al bancone. «Scusami…»
«Non hai nulla di cui scusarti» dico allontanandomi da lui.
«Gaia, ti prego. Ho bisogno di…» si ferma e mi guarda.
«Di cosa? Di qualcuno che cada tra le tue braccia e che venga a letto con te?»
«Come puoi pensare che voglia solo portarti a letto?»
«Lo penso perché un minuto prima mi stavi spogliando con tanta dolcezza e il minuto dopo sei praticamente scappato via. Ti sei vergognato. Non vuoi che i tuoi amici lo sappiano»
«No, non è vero!»
«Invece si, maledizione! Altrimenti saresti rimasto con me»
«Sono qui adesso; e poi volevo restare con te. Sei stata tu a dirmi che te la saresti cavata ugualmente. Cosa vuoi adesso?»
«Certo che te l’ho detto. Andrea, se tu vuoi stare veramente con me, ho bisogno di sapere che lo fai solo perché tieni a me sul serio e non perché hai solo voglia di farti una bella scopata. Non sarei dovuta arrivare a questo punto. Non mi sarei dovuta esporre così tanto» dico ritornando alla mia torta.
«Voglio sul serio stare con te. Te l’ho detto!»
«Dimostramelo allora» rispondo guardandolo.
«Domani lo dirò ai miei amici»
Alzo un sopracciglio per la facilità con cui l’ha detto  e mi volto di nuovo verso il bancone.
«Dico sul serio. Fidati»
Fidarmi… bella parola! Tutti facciamo presto a dire “fidati di me” e poi è ancora più facile tradire e andarsene, lasciandosi dietro una voragine.
«Non posso ancora fidarmi di te. Vedrò domani»
Mi guarda accigliato, ma è più rilassato rispetto a prima. «Ok» dice, infine, e mi accarezza la guancia.
«Che cosa… ehm… che cosa stavi facendo?»
«Stavo cercando di fare una torta, ma mancano degli ingredienti»
«Ti va se usciamo a comprarli?»
Lo guardo e annuisco. «Certo. Vado a cambiarmi»
Ritorno velocemente in camera e indosso un paio di jeans e una maglietta qualsiasi. Prendo la giacca, la borsa ed esco. «Pronta»
«Sei carina vestita così»
«Grazie» dico e metto la giacca.
Usciamo di casa, chiudendo a chiave, e ci dirigiamo verso la fermata dell’autobus. Restiamo in silenzio per quasi tutto il tragitto e anche quando saliamo sul bus non parliamo.
Il supermercato vicino a casa per fortuna è aperto e, quando entriamo, Andrea dice «Perché non riusciamo a superare quello che è successo?»
«Che vuoi dire?» chiedo guardando tra gli scaffali.
«Quando litighiamo dopo non riusciamo più a comunicare. Non parliamo più»
«Scusa, non pensavo ci tenessi così tanto. Pensavo non te ne importasse più nulla»
«Mi importa invece. Mi dispiace per quello che è successo prima, non mi vergogno di stare con te»
«E allora perché sei scappato?»
«Perché voglio che questo rimanga ancora per un po’ tra di noi»
Lo guardo e forse potrebbe anche avere ragione. Chissà cosa gli direbbero i suoi amici dopo averglielo detto.
«Hai ragione» mormoro e mi volto a guardarlo.
«Quindi adesso stiamo insieme»
«E’ così?» chiedo avvicinandomi.
«Si» risponde sorridendomi. Si avvicina a me e mi circonda le spalle con un braccio. «E allora, cosa prendiamo per questa torta?»
«Pesche, sciroppo, farina e non lo so… facciamo un giro»
«Bene, allora andiamo» dice prendendomi per mano e cominciando a camminare per il supermercato. Passiamo mezz’ora a comprare solo alcune cose; per tutto il tempo non facciamo altro che scherzare e prenderci in giro nel reparto della frutta. Ovviamente, ha fatto apprezzamenti poco carini su un particolare frutto, apprezzamenti che hanno incuriosito la sicurezza del supermercato, tanto da invitarlo ad allontanarsi dal reparto perché infastidiva le altre signore.
Mi allontano scoppiando a ridere, mentre lui cerca di non fare lo stesso davanti alle autorità.
Davvero un bello spettacolo.
«Vuoi davvero farlo?» chiede all’improvviso, mentre usciamo dal supermercato.
Io mi fermo in mezzo alla strada e lo guardo stranita. «Scusami?»
«Gaia, stavi per fare sesso con me e so che potrebbe essere la tua prima volta» 
«Sarebbe stato solo quello per te?» chiedo un po’ delusa.
«Certo che no; è stata la prima parola che mi è venuta in mente»
«Andrea…» lo rimprovero.
Lui ride e mi stringe ancora «Scusami, davvero. Non intendevo dire quello»
«Va bene, ti credo» rispondo stringendomi a lui.
«Grazie»
«E comunque si, saresti il primo»
«Ne sei sicura?»
«Si, ne sono sicura» rispondo sorridendo.
Se ci penso mi sento strana perché fino alla scorsa settimana non avrei mai immaginato che io e lui potessimo arrivare a parlare di questo. Certo, le cose cambiano, le persone anche; sono contenta di aver scoperto questo lato di Andrea. Non è soltanto il cretino e superficiale ragazzo che ho conosciuto in questi anni: è molto di più. È dolce, premuroso e molto altruista. Sono qualità della sua personalità che, per un motivo o per l’altro, non vuole che si notino. È un vero peccato.
«Non hai parlato con quel tipo in questi giorni, vero?» chiede mentre mi siedo sul sedile dell’autobus.
«Chi? Max? Perché avrei dovuto parlare con lui?»
«Non lo so, magari vi siete scambiati i numeri di cellulare»
«No, niente del genere. Non lo sento e non lo vedo da quella sera»
«Bene» risponde prendendo la mia mano.
«Posso farti una domanda?» chiedo guardando le nostre dita intrecciate.
«Certo, chiedi pure» risponde lui sicuro.
«Suona veramente assurdo, ma sei geloso, per caso?»
«Ti sembro il tipo che si ingelosisce?»
«Dovresti sapere che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda»
«Grande saputella» dice e si avvicina per baciarmi.
«Dovremmo smettere di dare spettacolo» mormoro guardando davanti a me. Dei ragazzi ci stanno guardando troppo entusiasti di vedere quello che facciamo.
«Perché?» chiede Andrea.
«Ci stanno guardando»
Lui si volta e gli lancia una brutta occhiata, poi ritorna a guardare me e mi mette un braccio sulle spalle. Oh mio dio, Andrea Ferrari che marca il territorio. Roba da non crederci!!
«Ora non più» mormora e mi guarda sorridente.
Sorrido anch' io e provo a non pensare che, questo ragazzo, sarà la mia meravigliosa rovina.
 
Riuscire a cucinare qualcosa di non tanto complicato si è rivelata un’impresa immane quando si ha come “aiutante cuoco” un bambino di diciannove anni. Invece di aiutarmi Andrea non ha fatto altro che baciarmi il collo distraendomi dalla torta; me l’ha fatta quasi bruciare perché mi ha distratta troppo. Diciamo che siamo quasi finiti, di nuovo, sul bancone della cucina.
Dopo un’ora e mezzo riesco a preparare l’impasto, a metterla nella teglia e a infornarla. Direi che, nonostante sia un po’ bruciata sui bordi, e non per colpa mia, è venuta fuori una bella torta. Per riuscire a preparare il pranzo, gli ho detto di starsene sul divano: in silenzio e soprattutto con le mani a posto. Per fortuna ha messo solo un di musica dal mio pc e si è perso nel suo gioco preferito su internet, così io, adesso, sto finendo di cucinare in tutta tranquillità mentre “Save the last dance” di Michael Bublé riempie la cucina.
Mi è sempre piaciuto ascoltare musica mentre cucino. Mi concentra e, soprattutto adesso, la concentrazione mi serve per non notare la presenza di Andrea nella stessa stanza.
La canticchio e, senza neanche rendermene conto, mi metto a fare quei quattro passi che ho imparato dal video della canzone.
«Ti muovi parecchio bene» mormora Andrea al mio orecchio, mentre le sue mani sono sui miei fianchi. Oddio, mi sono messa a ballare davanti a lui.
«Ehm… non è niente di che»
«Mi piace come ti muovi» mormora e io mi maledico di nuovo.
«Ok, cambiamo canzone»
«No, mi piace questa. Ti va di ballare con me»
«Smettila» dico ridendo.
«Dai…»
«Lasciami» Cerco di trattenere le risate, ma non mi riesce molto, quindi rido, lo bacio e lo spingo lontano, mentre riprendo a cucinare.
«Sei cattiva»
«Tu mi provochi»
«E dove sarebbe il problema?» chiede ingenuamente.
«Riprendo a cucinare, che è meglio» rispondo voltandomi.
Lo sento ridere, ma lascio correre. Non mi sembra il caso di metterci a discutere sulle nostre esperienze.
«Ho finito» dico prendendo i piatti dalla credenza e riempiendoli. Li porto a tavola ma lui è ancora lì che gioca. «Andrea?» lo chiamo.
«Si, arrivo. Sto per finire il livello»
Alzo le sopracciglia e prendo forchette, coltelli, bicchieri e acqua.
«Buon pranzo Andrea! Buon pranzo Gaia» mormoro imitando la sua voce.
Lui mi guarda e scoppia a ridere. «Hai appena imitato la mia voce?»
«L’ho fatto?» chiedo ridendo.
«Sei brava ad imitare» dice.
«Immagino…» mormoro ridendo.
Riusciamo a mangiare senza prenderci in giro o tirarci addosso nulla, fin quando non arriviamo alla mia torta «Sei proprio una pessima cuoca» dice Andrea masticando.
«Certo, infatti quei due piatti di pasta erano disgustosi»
«Tanto» risponde ridendo.
«Beh, e comunque sei stato tu a farmi bruciare i bordi della torta. Mi hai distratta»
«Allora se è per questo che si sono bruciati ti perdono e ti do un’altra possibilità. Mi farai un’altra torta?»
«Ci penserò» dico e mi alzo per sparecchiare e lavare i piatti.
«Posso proporti una cosa?» chiede porgendomi i piatti.
«Cosa?»
«Ti va di riposarci insieme a letto?»
Lo guardo e sorrido «Volentieri» rispondo e lo schizzo con l’acqua. «Aiutami a lavare i piatti, và»
Mi spinge e si mette ad asciugare i piatti che gli porgo. «Dimmi una cosa» dice.
«Cosa?»
«Per caso conosco qualche tuo ex?»
Mi scappa una risata «Scusami?»
«I tuoi ex» dice guardandomi.
«Non ho degli ex» dico ridendo.
«Significa che non hai mai avuto un ragazzo?» chiede.
«E’ inutile che lo nego, tanto lo capiresti, quindi no, non ho mai avuto un ragazzo»
«Hm… bene»
Annuisco e rimetto l’acqua nel frigo. «Ok, finito» dico e metto le mani sui fianchi.
«Bene, vieni qui!» esclama e mi carica sulla spalla. Lancio un grido e mi aggrappo ai suoi fianchi.
«Mettimi giù» grido.
«Come desideri» dice e mi lascia cadere sul letto, mentre lui si sistema accanto a me.
«E dimmi… io conosco qualche tua ex?» chiedo cercando di non guardarlo.
«Una si, la conosci»
«Elena, vero?»
«Si, lei»
«Vuoi spiegarmi perché l’hai trattata male ieri?»
«Si è comportata male» dice e mi prende la mano.
«Quando? Sei stato tutto il tempo con me e non mi sembra che si sia comportata male; se è per quella cosa della coppia perfetta… stava scherzando, credo»
«No, non è per questo. Non scherzava. Però ha parlato al vento»
«E cosa avrebbe detto?»
«Vuole ritornare con me»
«Ah…» Bella questa. Tre giorni prima mi dice che Andrea tiene a me e poi ci riprova con lui.
«Ma a me non interessa. Non più» dice alzandomi il volto affinché io lo guardi. Sorrido e lo bacio.
Non voglio perderlo.
Gli butto le braccia al collo e lo stringo forte. «Vedo che ne sei contenta» dice accarezzandomi la schiena.
«Si» ammetto un po’ in imbarazzo.
«Non devi preoccuparti. Ho chiuso con Elena»
Annuisco e mi stendo, di nuovo, accanto a lui.
«Perché ci siamo odiati così tanto in questi anni?» chiedo guardando le nostre dita intrecciate.
«Ehm… non ti viene in mente proprio niente?» chiede guardandomi.
«No»
«Te l’ho detto stanotte»
«Quando?» chiedo alzandomi sul gomito.
«Prima che ti addormentassi»
«Ah, e che cosa avresti detto?»
«Eh.. che avrei detto… niente che non ci siamo mai… mai capiti, ecco!»
«Hm, si forse è vero»
«Già» mormora e appoggia la testa sulla mia. «Se fosse successo prima…»
«Probabilmente questi quattro anni di odio ci servivano per… per arrivare a questo»
«Si, hai ragione»
Quattro anni ad odiarlo e in una settimana mi sono invaghita di lui. Cose strane e pazze della vita!

 

 

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Bien, bien!
Che ve ne pare del capitolo che avete appena finito di leggere?
E' stato divertente?! xD O frustrante perchè non è successo quello che tutti si aspettavano che succedesse?! xD
Ahahah, sono perfida, lo so. xD
Detto questo, mi vado a nascondere :P
Alla prossima settimana :*
Vi adoro!!
Francy

PS: Vi lascio una bella fotina dei nostri piccioncini *_*

 

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