Trecentoottantuno
I Should Have Known
Avrei
dovuto saperlo
Мне
жаль, мой
Капитан
Mne žal’, moy Kapitan
Mi
dispiace, mio Capitano
I
should have known that it would end this way
I
should have known there was no other way
Didn't
hear your warning
Damn,
my heart gone there
Lay
your hands in mine
Heal
me one last time
Though
I cannot forgive you yet
No,
I cannot forgive you yet
To
leave my heart in debt
Avrei dovuto saperlo che sarebbe
finita in questo modo
Avrei dovuto saperlo che non c'era
nessun altro modo
Non ho sentito il tuo avvertimento
Dannazione, il mio cuore è andato via con te
Posa le tue mani sulle mie
Guariscimi un'ultima volta
Anche se non posso ancora
perdonarti
No, non posso ancora perdonarti
Per aver lasciato il mio cuore in debito
(I
Should Have Known, Foo Fighters)
Krasnojarsk, notte del 26 Luglio 1834
Forradalom, 11 Perspektíva Szabadság
Camera di Feri e Jànos Desztor
-Io non vorrei partire, sai... Cioè, mi fa piacere rivedere papà, ovviamente...
Ma tu...
Mi mancherai davvero troppo, mio Capitano- sussurrò la biondina sul collo di Feri,
stringendosi ancora più forte al suo petto.
Il quindicenne ungherese
sospirò, respirando profondamente il profumo di neve della pelle candida e dei
biondi capelli della ragazzina.
-Giurami che non è l’ultima volta che mi guardi
così... Giuramelo, Lys.
Giurami che tornerai da Liverpool ancora con questo
sorriso per me-
Natal’ja lo guardò
intensamente negli occhi, fino ad avere i brividi per quel nero limpidissimo e
sanguinante di malinconia.
Non avrebbe mai potuto tradirlo.
Non avrebbe mai potuto spezzargli il cuore.
Non lei.
-Lo giuro sulla nostra Rivoluzione-
Feri le baciò la fronte
più e più volte, intrecciando le dita ai suoi capelli d'oro.
-Morirei, senza di te,
Lys. Lo sai che morirei-
-E se muori come fai a
sposarmi?- gli bisbigliò lei, impertinente, e il Capitano sorrise.
-Appunto...-
-Tanto non esiste, al
mondo, un altro come te. Un altro così
paranoico, intendo...-
Feri soffocò una risata
nel cuscino e dall'altro capo della stanza arrivò un grugnito.
-Volete dormire o no?! Promessi sposi dei miei stivali...-
-Scusaci, Jàn. È che
domani la mia Alja parte, sai...-
- Non è mica solo tua!-
- Beh, quasi tutta, dai-
-Mmh... Intanto non l'hai ancora sposata!-
-È solo questione di tempo, fratellino. Il 1837
è vicino... E nel 1837 andremo a dormire
e a non dormire da un'altra parte, io e Lys-
Jànos alzò la testa e
cercò lo sguardo celeste-argenteo di Natal'ja.
-Guarda che lui fa sul
serio, Lys... Lo sai che fa sul serio, no? Lo
sai che è vero, che ti vuole sposare? Anche tu vuoi?-
Alja gli rivolse un
sorriso radioso, annuendo, e Jàn si tranquillizzò un po'.
-Speriamo bene, allora. Di
te mi fido, Lys... Non lo farai mai mai
soffrire, tu. Ti prego, non farlo.
Lo sai bene che lui... Lo sai che senza di te non ce la fa-
-Lo sa, Jàn, lo sa.
Anch'io mi fido della mia piccola Lys... Il
mio piccolo angelo-
Natal'ja non aveva dubbi,
non aveva paura.
Aveva solo nove anni, ma
era cresciuta presto.
Aveva dovuto.
Era amore, ne era sicura.
Lei Feri ce l'aveva nel
cuore...
Con i suoi occhi neri neri e la sua luce.
Con le sue cicatrici guarite a metà e le sue mille
ribellioni.
E poi, come si faceva a
non amare Feri?
Forse non era il ragazzo
più onesto del mondo, ma sincero sì, sempre.
E non nascondeva mai
niente, non negava mai nessun sorriso.
Non a lei.
Gliel'aveva detto subito,
ch'era innamorato, appena aveva potuto.
Gliel'aveva detto con gli
occhi accesi di speranza, mordendosi le labbra per la nervosa agitazione che
quella dichiarazione gli provocava.
Non aveva mai dato nulla
per scontato, Feri.
Lei avrebbe potuto anche
dire di no.
Ne aveva tutto il diritto.
Però, effettivamente, se
lei avesse detto di no sarebbe stato un bel problema.
Un problema per il suo cuore.
Se lei avesse detto di no,
Feri l'avrebbe guardata smarrito, deluso e terribilmente triste, e poi avrebbe
abbassato lo sguardo.
Non era mai stato tanto
bravo a nascondere i suoi sentimenti, lui.
E non aveva neanche voglia
di impararlo.
Feri Desztor aveva tanti
progetti, e sposare Natal'ja Zirovskaja era il primo.
Se poi non fosse stato
possibile...
Beh, qual era il secondo?
Spodestare i Romanov e gli Asburgo.
Giusto un pochino più
difficile.
Però almeno si sarebbe distratto.
Così, cosa gli costava
rischiare?
L'orgoglio gliel'avevano già calpestato gli
Zaristi, quindi...
Ma lei aveva detto di sì.
Sì, да, tak, igen.
La sua bellissima e coraggiosissima Lys.
Era pazzo di quella
ragazzina, Feri.
La adorava con tutto se
stesso, ce l'aveva anche sotto la pelle, il sorriso di Lys.
Lei aveva detto di sì e
lui l'aveva abbracciata forte.
Poi l’aveva portata in
camera sua, e sotto il ritratto di Pugačëv le aveva dato il suo primo
bacio.
Il primo bacio di entrambi, a dir la verità.
Di Lys perché aveva nove anni
e di Feri, che ne aveva quindici, perché era stato tre anni in galera.
E poi non sarebbe stata la stessa cosa se non fosse
stato proprio il loro bacio, il primo.
Emel'jan Pugačëv era il più
grande eroe di tutta la Russia, l'eroe dei Rivoluzionari Russi, il loro eroe.
Feri aveva giurato a
Natal'ja che sarebbe diventato come lui.
Lei non aveva dubbi.
Poi, nel 1837 si sarebbero
sposati.
Lys avrebbe avuto dodici
anni e lui diciotto.
Sarebbe stato troppo bello, quel giorno.
Erano così innamorati,
davvero tantissimo.
Quella notte Lys l'aveva passata
tra le braccia del suo Capitano, perché il giorno dopo sarebbe dovuta partire.
Andava a Liverpool da suo
padre, e ci sarebbe rimasta fino all'inizio del 1835.
Già le veniva da piangere,
se pensava a quando avrebbe salutato Feri.
Avrebbe sentito un sottile
gelo al cuore, uno strappo e un nodo il gola, non sarebbe riuscita a trattenere
le lacrime, e l'avrebbe abbracciato singhiozzando, già malata di nostalgia.
Avrebbe voluto ritornare
ancora prima di partire, perché salutare il suo Feri le avrebbe fatto davvero
troppo male.
Poi, però, si sarebbe
arresa, avrebbe lasciato la sua mano e con il cuore un poco infranto sarebbe
salita sulla nave per l'Inghilterra, quella
maledetta nave.
Era così diversa da Krasnojarsk,
Liverpool!
E così lontana, troppo.
Faceva freddo anche lì, ma
non come a casa.
Lì c'era quasi sempre la
pioggia, non le bufere di neve.
E poi il mare, il mare...
Il mare c'era anche lì.
Ma il Mare del Nord, non
il Mar Glaciale Artico.
E non era ghiacciato come
a Krasnojarsk, il mare di Liverpool.
La mattina, poi, c'era il
sole, quel sole che lei conosceva così poco, e le faceva un po' paura, a volte,
anche se lo trovava bellissimo.
Le faceva un po' paura
perché, insomma, lei al sole non ci era abituata.
L'aveva visto così poche
volte, e sempre per così poco tempo!
Ed era un sole diverso,
pallido, lontano.
A volte, se anche c'era,
non se ne accorgeva, perché era così flebile che si confondeva con l'aria, con
l'aria gelida della sua città, una vera città siberiana, con l'inverno tutto
l'anno e il freddo che scorreva nel sangue.
Lei non avrebbe potuto amarla di più, la sua
Krasnojarsk.
A suo padre, Harold
Morrison, che aveva ventitré anni ed era nato a Liverpool, voleva bene, e
Harold ne voleva a lei.
Però, se qualche volta fosse venuto lui in Russia,
e non sempre il contrario...
Così avrebbe potuto
presentargli Feri, e lui gli avrebbe chiesto la sua mano.
Intanto l'aveva chiesta a
Niko, suo cugino, che aveva lasciato decidere a lei, perché doveva saperlo lei,
doveva dirlo lei, se lo voleva o no per marito, quell’Ungherese, il ribelle magyar della porta accanto.
Era un bravo cugino,
Nikolaj, e Alja aveva paura, certe volte, di volergli bene quasi più che a suo
padre, di essergli così irrimediabilmente affezionata che le sembrava perfino
un po' poco, il titolo di “cugino”.
In fondo con Kolja ci era cresciuta,
lei.
Le sue prime parole le
aveva dette in polacco, e la sua prima parola era stata il suo nome.
Nikolaj.
Niko sarebbe andato con
lei a Liverpool.
Feri non poteva.
O forse non voleva.
Non voleva lasciare Forradalom.
E quanto lo capiva...
Le sarebbe mancato da
morire.
Da morire.
Era stata sempre sincera.
Sempre.
Ma non sapeva...
Ancora niente.
Non sarebbe partita.
Se l'avesse saputo.
Non l'avrebbe lasciato.
Mai.
Non aveva fatto niente per non innamorarsi di Gee.
Non aveva fatto violenza
su se stessa.
Non si era negata l'amore.
Non se ne era neanche accorta,
all'inizio.
Non si era accorta che stava infrangendo tutte le
promesse.
Era una bambina.
Con Gee era una bambina.
Era così felice...
Si era innamorata.
Non era riuscita a
impedirlo.
Non era riuscita a fermarsi.
-Tutto quello che ho fatto
per te...-
-Мне
жаль-
Mne žal’.
Mi dispiace.
-Amore mio...-
-Мне
жаль, мой Капитан-
Mne žal’, moy Kapitan.
Mi dispiace, mio Capitano.
Tutt'al più
Mi accoglierai
Con la freddezza che
Non hai avuto mai
E forse fingerai
Di non sapere il nome mio
Magari parlerai
Dandomi del lei
Oppure
Tutt'al più
Mi chiederai
Quanti ragazzi ho avuto
Dimenticando te
Eppure tu sai bene
Che una ragazza come me
Non scherza con l'amore
Non ha scherzato mai
(Tutt’al più, Patty Pravo)
Magadan (Kolyma), Estremo Nord-Est Siberiano
Accampamento di Irek Il'ič
Stepašin
21 Luglio 1843
-E invece è
tornata con quel bastardo nel cuore. Che le bruciava dentro più di una
cicatrice.
Così andò
avanti quel 1835. Lei col suo nuovo grande amore, io a piangere sui suoi мне
жаль-
Taglienti,
le parole di Feri.
Un rancore
di ghiaccio nella voce.
Respiri
spezzati dai battiti del cuore.
Feroce, il
suo sguardo.
Col fuoco
negli occhi, ricordava la ragazza che aveva condannato il loro sogno ad
infrangersi.
Quella
ragazza troppo bella di cui era ancora troppo innamorato.
La sua Natal’ja, solo lei.
Irek lo
ascoltava con sincera comprensione, ma Feri lo sapeva, che lui non poteva capire.
Non avrebbe
avuto la fede al dito, altrimenti.
Non avrebbe
avuto tre figli e quel sorriso.
Beato lui.
Per questo,
forse, riuscì a dire solo la cosa sbagliata.
-È a lei
che avresti dovuto sparare. Non a me-
A quelle
parole, Feri scattò in piedi come una furia.
Afferrò
Irek per il collo, e strinse fino a fargli mancare il fiato.
-L’ho già fatto... Ma non volevo... Io non volevo! Maledetto bastardo...
Tu non devi
parlare così di lei... Mai!-
Accorsero
due dei migliori generali di Stepašin, Iraklij Iosifovič Pavlov e Grigorij
Michailovič Sibirjak, in difesa del loro capo, ma inaspettatamente Feri
lasciò subito il collo del Siberiano...per tirargli un pugno in pieno viso, con
gli occhi che gli fiammeggiavano dalla rabbia.
Pavlov e
Sibirjak non morivano dalla voglia di avvicinarsi a quel pazzo ungherese, ma
erano i soldati più valorosi dell’esercito, e non potevano tirarsi indietro.
Provarono a
fermarlo tenendolo per le spalle, ma il Capitano era come indemoniato, e se li
scrollò di dosso scaraventandoli nella neve con un colpo di spalla.
Non era il
tipo da lasciarsi sottomettere facilmente, Feri.
Anche ad
Omsk si era ribellato fino all’ultimo.
Era
impossibile avere la meglio, con le catene ai polsi e un fucile puntato alla
tempia, ma lui se n’era fregato.
Prima di mettergli i piedi in testa dovevano
spezzare i suoi, di piedi.
Irek
Il’ič Stepašin non era un suo nemico.
Non più.
Ma non
aveva ancora imparato a misurare le parole.
Non aveva ancora imparato che sulla sua Natal’ja, la
sua imperdonabile, meravigliosa Natal’ja, non poteva e non doveva dire niente.
Non poteva
e non doveva permettersi di giudicare.
Non ne aveva il diritto.
Gli aveva
chiesto di raccontare la sua storia, cosa c’era dietro ai suoi ardenti sogni di
Rivoluzione.
Feri
l’aveva fatto, perché non aveva niente da nascondere.
Non era certo un motivo di disonore, amare così
tanto, amare da impazzire.
Era la sua
storia, quindi doveva parlare lui.
Irek cosa pretendeva di aggiungere, cosa voleva
insinuare?
Lui non
aveva sbagliato.
Non aveva previsto, era diverso.
Non per
troppa sicurezza, non per presunzione.
Solo per troppo amore.
Natal’ja
era l’unica di cui si fidava.
Natal’ja
era l’unica che...
Natal’ja era l’unica in tutto.
Natal’ja
era l’unica per lui.
Natal’ja, la dea dei suoi deliri.
-Però dopo
passa. Dovrebbe passare. A te non è
passata, Feri? Perché?-
-A me non passa niente. Ero sicuro che l’avrei amata per
sempre, dieci anni fa, quando le ho chiesto di sposarmi. Perché adesso dovrei aver cambiato idea?-
-Succede, a
volte-
-Ma non a me! Mio Dio... Non riesco neanche a pensarci! Se non la
amassi... Io chi diavolo sarei?-
-Non lo so.
Questo non lo so. Forse non saresti qui... E
io non lo so, se sarebbe meglio.
Ma allora,
perché non te la prendi con la forza? Puoi farlo, la forza non ti manca.
Sarebbe
quasi un tuo diritto-
Negli occhi
d’ossidiana di Feri corse un lampo di fuoco vivo, una luce squarciante e
incandescente, e Irek temette che quella volta l’avrebbe strangolato davvero.
-Perché io la rispetto, anche se lei non ha
rispettato me. Era sincera, all’inizio. Lo
so.
Poi... Lui... Ed io... Basta-
Non sapere se sono impazzito di più in prigione o
per lei...
Non sapere se morirò per la Rivoluzione o per
lei...
Non sapere se perderò prima la mia vita o lei...
È questo che fa sanguinare.
Se solo potessi tornare a Budapest...
Prima o poi!
I couldn't grow just living in the shadow
Where do you go when no one's following
you?
You
ran away, ran away it was right on cue
Said
I go on and on and on and on and on and on with it
Rosemary,
you're part of me
You
know you are, you are, you are
Truth ain't gonna change the way you lie
Youth
ain't change the way you die
This was no ordinary life
The
ones I love
I've grown
Io non potevo crescere vivendo solo
nell’ombra
Dove vai quando nessuno ti segue?
Tu sei scappata al momento giusto
Hai detto che devo andare avanti
Rosemary, sei parte di me
Lo sai che lo sei, lo sei, lo sei
La verità non cambia il modo in cui
menti
La giovinezza non cambia il modo di
morire
Questa non era una vita ordinaria
Tu sei l’unica che amo
Sono cresciuto
(Dear Rosemary, Foo Fighters)
Note
Да (russo), tak (polacco e ucraino), igen
(ungherese): Sì.
I Should Have Known - Avrei dovuto saperlo, Foo
Fighters.
L’ultima
notte di Lys e Feri prima che lei partisse per Liverpool, il 26 Luglio 1834.
Il primo bacio, che Lys ha dato a Feri.
Le promesse
in cui entrambi hanno creduto davvero, ma poi lei le ha infrante tutte, e gli
ha spezzato il cuore.
Lo stesso
giorno di quattro anni dopo, il 26 Luglio 1838, Lys è stata picchiata a sangue
dai ragazzi di Shtorm, e Feri è rimasto a guardare.
Lei aveva
giurato sulla loro Rivoluzione, e poi l’hanno persa, la Rivoluzione.
Perché Feri ha perso lei.
Irek non ha
ancora capito che quando parla con Feri deve mordersi la lingua almeno la metà
delle volte, ma le prossime volte glielo suggerirà il dolore al collo ;)
Abbiamo
conosciuto anche i due migliori generali di Stepašin, Iraklij e Grigorij, che
però non sono riusciti a fermare il Capitano, perché con Feri essere i soldati
più valorosi dell’esercito conta poco, l’amore e il dolore che ha dentro quel ragazzo gli fanno fare cose impensabili.
La luce di
Feri non la può spegnere, Natal’ja, ma ferirla e farla sanguinare sì.
Feri si
rialza, ma non la dimentica.
Feri le
sorride, ma non la perdona.
Feri vince per lei, sempre.
A presto
;)
Marty