Vi voglio bene, a chiunque legga e in maniera particolare a chi recensisce, ho imparato a conoscervi e apprezzo moltissimo ogni vostra osservazione o critica.
Qualsiasi cosa vi venga in mente alla fine di questo capitolo sappiate che vi voglio molto molto bene!
Buona Lettura
A
[Orlando]
Quando esco, li trovo sdraiati sul letto, Simone ha la testa sul ventre della madre mentre legge un libro per entrambi e lei gli accarezza i capelli, mi fermo a guardarli per un po’, è un’immagine che mi scalda il cuore talmente tanto che prendo il telefono e gli faccio una foto che poi mando a Ghiro, il pazzo vive a Milano da quando hanno aperto anche lì una sede del Ris, da qualche anno ormai. Scrivo solo:
Lui è mio figlio, lei è sua madre. Non mi
chiamare che tanto non ti rispondo.
I nostri rapporti sono sempre rimasti stretti, anche se lui non ha mai approvato la mia decisione di tornare con Lucia, tantomeno quella di sposarla, si rifiutò di farmi da testimone, io ho sempre capito le sue motivazioni e non ho insistito.
I rapporti tra lui e Lucia s’ibernarono
completamente, ma questo è facilmente intuibile.
Quando mi squilla il telefono, i due si accorgono di me, e
mi sorridono entrambi, hanno lo stesso sorriso.
Allora la musa è lei! Molto piacere a entrambi, da parte
mia.
La mail di Ghiro è abbastanza chiara, so che me lo troverò a Roma a breve.
Mentre sto per avvicinarmi ai due, il mio telefono squilla,
è Ghiro lo so.
- Ti avevo detto che non ti avrei risposto.
Adesso i due mi guardano curiosi, anche se il mio sorriso li
rassicura.
- Sì, ma lei è Virginia Del Gado?
Ghiro ovviamente ignora qualsiasi cosa e io dica, e va per la sua direzione.
- Come lo sai? - gli chiedo curioso, otterrò una risposta?
- Che tu sei un coglione io lo sostengo da anni, ma a questi
livelli non immaginavo.
- Grazie del complimento. Come lo sai?
Gli chiedo di nuovo, voltandomi poi verso Virginia e Simone,
che mi fissano senza capire.
- Il mio migliore amico ti conosce.
- Mi autografa i cataloghi di Victoria Secret’s? Li ho tutti
i suoi!
- No! – Rispondo immediatamente, per poi guardare Virginia.
– Hai fatto la modella per Victoria Secret’s?
Lei arrossisce e Simone annuisce.
- Daniele vuole un tuo autografo sui suoi cataloghi.
Simone e Virginia si sorridono, e poi lei voltandosi verso
di me.
- Ha un posto in prima fila per la prima dello spettacolo, e
per la mia prossima sfilata.
Dice lei, il che manda in un brodo di giuggiole il mio
migliore amico, che urla come un cretino.
- Sei un’idiota.
- Mai quanto te.
Mi dice prima di riattaccare, e ormai sono assolutamente certo di trovarmelo a Roma domani.
Daniele non mi ha mai perdonato di essermi fatto scappare la mia musa, qualsiasi cosa io dicessi in merito, per lui non valeva nemmeno la pena di essere ascoltata. Il suo ragionamento era semplice, quasi banale, sei lei ti ha fatto stare bene, perché non sei rimasto con lei, invece di tornare da chi ti ha calpestato in tutti i modi umanamenti possibili?! Non gli ho mai dato una risposta abbastanza convincente.
Dopo questo simpatico scambio di battute, ci
siamo fatti portare la colazione in camera, poi Simone ed io abbiamo
accompagnato Virginia in teatro, dove erano arrivate le sue guardie del corpo,
tre baldi e affascinanti giovani.
Quando
Virginia torna sul palco dopo essersi cambiata (la sua mise per le
prove è composta da due pezzi di stoffa minuscoli, e per avere
quasi quarant'anni ha un fisico invidiabile), i tre
baldi giovani rischiano che io tiri fuori
la pistola e che Simone usi il suo casco in maneria impropria. La mia
musa ci saluta con la mano, indicandoci la porta e noi ce ne andiamo sbuffando.
- Devo passare in ufficio, per comunicare che mi prendo la
giornata libera. Ti va di venire con me?
Lui annuisce e poi mi chiede. – Sei un carabiniere, giusto?
Esattamente che carabiniere sei?
- Lavoro al Ris, Reparto Investigazioni Scientifiche,
diciamo che sono uno scienziato, specializzato nella scienza della verità,
teoria della menzogna, psicologia criminale.
- Caspita. Sembra figo.
- Tu sai già cosa farai da grande?
Lo vedo riflettere mentre siamo arrivati alla macchina.
- Non ci ho mai pensato per bene, ho tempo, però ho adorato
viaggiare, vedere il mondo, amo meno il mondo dello spettacolo, mi sono innamorato dell’Africa, non credo che neanche mamma sappia quanto; non ci
siamo stati per molto tempo, ma ne rimasi affascinato. Vorrei tornarci una volta
maggiorenne.
Io lo fisso una volta che siamo fermi al semaforo.
- Va bene, vorrei fare il medico, o comunque lavorare
nell’ambito sanitario per poi andare in Africa, la mamma non lo sa, le
prenderebbe un colpo, è un po’ iperprotettiva.
Mi ha appena detto qualcosa che non ha confessato nemmeno a
sua madre, ed io mi sento al settimo cielo, stiamo costruendo un rapporto,
mettendo dei mattoni importanti e questo è quanto di meglio io mi potessi
augurare.
- Orlando?! È verde.
Mi dice per richiamarmi sulla Terra, scuoto la testa per
togliermi quel sorriso ebete e riparto.
- Può sembrarti strano, ma conosco un medico legale che è
fuori da ogni grazia di Dio.
- Un medico legale divertente?
- Un medico legale sopra le righe. Oggi ti presento un
pazzo.
Gli dico annuendo convinto e dandogli una pacca sulla
spalla. Non posso voltarmi a guardarlo, ma con la coda dell’occhio mi sembra
che stia sorridendo.
Quando arriviamo al Ris, sembra molto colpito dall’imponente
struttura e da tutte quelle persone in divisa.
-
Mamma una volta ha fatto un tour in America, siamo stati a Norfolk, Key
West e anche Cape Canaveral, questo è sicuramente meno
imponente, considerando che avevo sette anni
e tutto mi sembrava enorme allora, ma fa comunque la sua porca figura.
- Hai vissuto in tutto il mondo ma parli perfettamente l’italiano.
- L’italiano è sempre stato la lingua tra me e la mamma, per
il resto conosco bene inglese e francese, quando le impari da piccolo non sono
poi così difficili. Io penso in inglese la maggior parte delle volte.
Mentre parcheggio la macchina, mi sembra piuttosto
concentrato, al mio sguardo incuriosito lui abbassa la testa, come Virginia,
per poi rialzarla più sicuro di sé.
- Mi trovo a mio agio a parlare con te, e non mi capita
spesso.
Rimango imbambolato come un coglione, confermando la sua
teoria che suo padre sia un idiota.
- Sono molto contento di averti incontrato.
Mi avvicino a lui, per fissarlo negli occhi.
- Averti trovato è la cosa più bella che mi sia successa
negli ultimi quindici anni.
Lo vedo deglutire a fatica e lo abbraccio perché sono fatto
così, sentire che anche lui ricambia quella stretta, è il mio secondo momento
più bello, ma questo non glielo dirò adesso.
Imparo a conoscere l’odore di mio figlio, sa di giovane
uomo, e sento il suo corpo muscoloso contro il mio, e mi manca da morire l’idea
di non poterlo aver stretto bambino, ma concentrarmi su quello che ho perso, è
la cosa peggiore che possa fare per noi due.
Quando entriamo nel laboratorio, lui rimane molto colpito
dalle varie apparecchiature, e sembra anche essere colpito da tutti i miei
colleghi in camicie da laboratorio, quando lo vedo farsi serio improvvisamente.
- Tu lavori con tua moglie, giusto? Anche lei è un
carabiniere?
- Lei è il mio capo tecnicamente.
Lo vedo fare una faccia molto buffa, e poi torna di nuovo
serio.
- Sa perfettamente chi sei.
- Vuole farmi un test del DNA?
Mi chiede come se quello fosse il motivo per cui l’ho
portato nel laboratorio, allora sorrido e decido di dirgli la verità.
-
Te l’ha già fatto ieri, ha preso la bottiglietta dalla
quale hai bevuto in ospedale. Il mio DNA è in archivio, essendo
io del personale diciamo. Non sono d'accordo con questa sua
iniziativa, ma ne sono stato informato solo a case fatte.
-
Bene, non dirlo alla mamma potrebbe non prenderla bene. Malgrado i miei
sforzi e il mio quasi metro e ottanta, sono il suo pulcino e nessuno
tocca il pulcino senza il suo consenso. Tua moglie, quindi mi odia e
basta?
- Non ti odia assolutamente, e credimi, non si permetterà di
dirti niente. Se preferisci aspettarmi nella sala d’aspetto, vado da lei da
solo.
Lo vedo rifletterci un po’ su, poi scuote la testa.
- Se non ti dispiace, verrei con te, è una parte della tua
vita, dei tuoi ultimi quindici anni e vorrei conoscerla.
- Sei molto più maturo della tua età.
Gli dico indicandogli l’ufficio di Lucia, noto subito che è
libera e che si è accorta della nostra presenza.
Le presentazioni ufficiali tra Lucia e Simone vanno
particolarmente bene, lei sembra molto colpita dal ragazzo, e lui sembra
assorbire come una spugna tutto quello che succede, quando poco dopo aver
ottenuto alcuni giorni di ferie (salvo novità sul caso degli aggressori di
Virginia) ci congediamo, Simone mi aspetta fuori.
- È avido di conoscerti, e ti assomiglia moltissimo. Avete
gli stessi occhi illuminati, dalla voglia di sapere.
- Più lo conosco, più mi piace, sono davvero orgoglioso di
esserne il padre, anche se non ho fatto niente, al momento, la persona che è, è
tutto merito di Virginia.
- Per una madre sola ha fatto davvero un ottimo lavoro.
- Lo penso anch’io. – quando ormai sono alla porta –
chiamami se ci sono novità.
- Certamente. Ah, ho parlato con l’avvocato e gli ho chiesto
di cominciare ad avviare le pratiche. – si ferma un momento, ma ormai la
conosco bene e so che ha ancora qualcosa da dire. – Ci ho pensato parecchio
anch’io ieri sera, credo sia la scelta più giusta per entrambi. Siamo ottimi
amici, quello che ci ha unito non esiste più, il sentimento si è affievolito,
quello che ho scelto di non darti, ci ha inevitabilmente allontanato. Nonostante
tutto però sono contenta che non abbiamo avuto figli, non mi sono mai sentita
in grado di fare la madre, l’idea di avere la responsibilità della vita di
qualcun altro mi terrorizza tutt’oggi.
Ora però ti chiedo, tu puoi perdonarmi per tutto quello che
ti ho tolto?
Mi allontano dalla porta per tornare di fronte a lei e
abbracciarla.
- Tu non mi hai tolto niente, abbiamo scelto insieme. Certi
errori si fanno in due, e siamo arrivati a questo punto insieme.
Quando si scosta dal mio abbraccio, ha gli occhi lucidi ma
un sorriso sereno sul viso. Le bacio la fronte per tornare da Simone.
- Mi ha chiamato la mamma, dice che nel pomeriggio farà la
prova in costume, quindi bisogna prendere il corpetto in banca, e se i vostri
sospetti sono fondati e il corpetto centra, preferirei essere in teatro quando
la mamma proverà.
- Sono d’accordo con te, avvisa tua madre che in banca ci
vai tu. Ti accompagno io.
Annuisce con un enorme sorriso sul viso e usciamo dal
laboratorio, alle porte incontriamo Bart che quando ci vede si avvicina a noi
per ricchi convenovoli, quando mi chiede chi è Simone, ho qualche momento di
esitazione, temendo che a lui possa dar fastidio che io lo definisca mio figlio,
esito un po’ di più, e ci pensa proprio Simone a risolvere la questione.
- Sono suo figlio, - dice indicandomi – Simone Del Gado,
molto piacere. – alla faccia sconvolta di Bart lui con un sorriso splendido,
molto di Virginia, gli dice solo. – è una storia lunga.
Ci congediamo da Bart mentre io più felice che
quell’adolescente di mio figlio mi fiondo in macchina.
In banca non ci fanno problemi, con la consapevolezza di
avere in macchina una fortuna, mi dirigo al teatro. Le prove procedono senza
alcun intoppo, ed io vedo ballare Virginia dopo quindici anni ed è sempre
bellissima, la sua tecnica è migliorata sicuramente ed è cresciuta anche la
determinazione, la grazia e l’armonia che mostra invece sono sempre le stesse,
e poi con quel corpetto sembra proprio una stella.
[Simone]
Ho visto mia madre ballare milioni di volte, ed è sempre
bravissima ai miei occhi è sempre la più bella e la più brava. La donna che ho
visto però stasera nelle prove sembra un’altra, la vedo fissare Orlando mentre
si muove e sembra quasi che si muova per lui. Scoprire anche lui imbambolato
a guardarla non mi stupisce più di tanto, quello che non mi aspettavo era di
vederlo così rapito. Ho visto troppi uomini sbavare dietro a mia madre,
specialmente quando è su di un palcoscenico e si muove come solo lei sa fare,
ma questi due sono diversi.
Non sono in un teatro, in mezzo a tantissime altre persone,
no loro due sono in un universo dove ci sono solo loro. Questa visione mi
spiazza, perché non sono sinceramente mai stato abituato a vedere mia madre
presa da un tale trasporto per un uomo.
Ok, mi è sempre stato chiaro che per mamma, mio padre è
sempre stato un uomo importante, solo che vederli così presi l’uno dall’altra è
tutta un’altra storia. Comincio a intravedere cosa possono aver condiviso
quando io sono stato concepito.
Quando torniamo in albergo, preferiamo cenare in camera,
Orlando decide di restare con noi ancora ed io sono contento, è un uomo per
bene. Molto simpatico, travolgente con la sua onestà e poi mi piace vedere mia
madre quando c’è anche lui.
È più rilassata, è come se avesse la consapevolezza di
potersi riposare, che c’è qualcuno accanto a noi, e non qualcuno di qualsiasi, quel
qualcuno che lei ha sempre voluto, checché lei ne dica so che lei ha sempre
voluto e cercato lui, negli uomini che ha incontrato.
[Virginia]
Quando Simone si ritira nella zona letto in un orario che mi
sembra un po’ insolito, soprattutto perché non sembra contento di lasciarmi
sola con Orlando, lo seguo in camera per accertarmi che stia bene, e lui mi
guarda negli occhi.
- Credo che voi abbiate bisogno di stare un po’ da soli, ma
mi raccomando, fai la brava.
Mi dice posandomi un bacio sulla fronte, si mette le cuffie
del suo ipod e si butta a letto.
Quando torno da Orlando, sono ancora interdetta.
- Si sente male?
Sorrido nel trovarlo preoccupato per Simone, non sono
abituata a condividere i pensieri che mi dà con qualcuno. Mi siedo accanto a
lui e accarezzo il suo volto.
- Sta benissimo, si è messo a letto con il suo fedele ipod.
Dice che dobbiamo stare un po’ da soli.
Lo vedo strabuzzare gli occhi.
- Ma dobbiamo fare i bravi, - sorride malizioso, e quel
sorriso è da stupro – Tecnicamente ha detto che IO devo fare la brava.
Lo vedo scoprirsi il collo, in effetti non capivo perché
avesse indossato una sciarpa per tutto il giorno, ed ecco un succhiotto che non
mi sono resa conto di avegli lasciato sul collo.
- Ops! – dico portandomi una mano sulle labbra come una
bambina monella, cosa che lo scatena.
Mi prende il viso tra le mani e mi sfiora a pochi centimetri
dalle labbra.
- Vuoi uccidermi?
Dice prima di calare sulle mie labbra e farmi impazzire
completamente, mentre sento che sto gradualmente perdendo il sennò, com’è possibile che
quest’uomo abbia su di me tutto quest’ascendente?! Non capisco più niente, come
la sera prima mi metto cavalcioni sulle sue gambe, lo sento ridere tra le mie
labbra e mi stacco da lui.
- Perché credi ci abbia lasciato del tempo per stare da
soli?
Mi chiede mentre mi accarezza il viso, chiudo gli occhi
abbandonandomi al suo tocco, mentre penso al perché di una tale concessione da
parte di Simone.
- Avete parlato di me, quando siete stati in giro oggi?
Lui sembra rifletterci.
- No, direi non in maniera così influente.
- Di cosa avete parlato, allora?
- Di me, del mio lavoro, dei suoi sogni e progetti futuri,
quando ha incontrato mia moglie, l’ha spremuta per bene d’informazioni…
- Avete visto tua moglie?
- Mia moglie, che si chiama Lucia per la cronaca, così
giusto per smettere di chiamarla ‘mia moglie’, è il mio superiore, quindi i
gorni di permesso li devo chiedere a lei. Siamo passati al Ris e lui mi ha
detto che voleva incontrarla, mi è sembrato molto maturo, per questo mi sono
permesso di non chiamarti per chiedere il permesso. Mi dispiace.
Mi dice prendendomi la mano, effettivamente non mi da fastidio,
sono solo stupita di vedere quanto Simone sia curioso di conoscere suo padre.
- Non mi da fastidio, - gli dico accarezzandogli il viso –
mi fa piacere sapere che Simone voglia conoscerti, e viverti e sapere di te,
dopotutto non ho fatto un brutto lavoro, allora.
- Stai scherzando? Hai fatto un lavoro meraviglioso, Simone
è un ragazzo splendido, intelligente, pieno di sogni, e desideri. Conosce tre
lingue, ha girato mezzo mondo. Che cosa potevi fare di più?
- Con i figli sembra di non fare mai abbastanza.
–dico scrollando le spalle.
Quando la sua mano mi spinge verso di lui, afferrò il suo
viso come lui prima ha fatto con me e mi prendo le sue labbra, le mordo e le
lecco senza pudore, avida di un contatto anelato per quindici anni.
- Ho capito. – dice allontanandosi da me. – Oggi in teatro, durante la tua prova, tu hai ballato per me, ti ho vista, ti ho sentita, probabilmente ti ho fissato come un imbecille, deve avermi sgamato.
Ci rifletto un attimo anch'io.
- Io per la prima volta ho ballato solo per TE. Simone mi vede sul palco da sempre, ed io ballo per ME, questo può dirtelo chiunque, ma oggi, con te, io ho ballato per te. Chi mi conosce come Simo coglie la differenza.
Poi se tu sembravi un cretino, sarà certamente per quello.
Mi getta sul divano, sovrastandomi senza però pesarmi
addosso, comincia a farmi il solletico, mentre io non riesco a trattenermi dal
ridere.
- Sei veramente poco carina con me, anche piuttosto ingrata
direi.
Siccome al solletico posso resistere poco, con un movimento
veloce comincio a baciarlo, distraendolo dai suoi intenti di vendetta, con più
dolci pensieri.
Quando cerco di spingerlo più addosso a me, si allontana
dalle mie labbra.
- Non sai quanto voglio fare l’amore con te, ma dobbiamo
fare i bravi, non voglio tradire la sua fiducia.
Probabilmente assumo una strana espressione perché lui si
china e direttamente nel mio orecchio sussurra.
- Voglio sentirti gridare il mio nome, mentre ti vedo perderti
sotto il mio tocco.
Spalanco gli occhi e nel basso ventre sento crescere un
desiderio irrefrenabile, ma voglio urlare il suo nome mentre mi fa impazzire di
piacere, quindi il divano di una suite non è il posto più adatto.
- Voglio gridare il tuo nome e voglio che tu gridi il mio.
Dico per poi afferare il suo viso e baciarlo con passione,
quando lo allontano, sembra più confuso di me.
- Detto ciò voglio aspettare.
Lo vedo sorridere, per posarmi un bacio sul naso, si siede
sul divano e mi trascina accanto a lui.
- Sei un diavolo tentatore, ma aspettarti vale la pena.
Dice stringendomi in un abbraccio. Ci sdraiamo, in mano il
mio tablet, lui copre entrambi con una coperta, e continuo a raccontargli
episodi dell’infanzia di Simone.
[Simone]
Quando apro gli occhi e vedo che mia madre non è nel suo
letto accanto a me, mi girano le palle, ma è possibile che si comportino in
questo modo due persone adulte, e teoricamente consapovoli?! Mia madre va per i
quarant’anni e mio padre (cavolo mio padre) ne ha tipo quarantacinque, è
possibile che non sappiano contenersi? Che ne so, che lui se lo tenga nei
pantaloni, no?!
Prima di fare una strage vado in bagno per lavarmi la
faccia.
Quando entro nel salottino non sono del tutto calmo ancora,
ma resto interdetto.
Stanno dormendo sul divano, stretti l’uno all’altra, il
tablet, poggiato per terra in standby (quindi credo che sia caduto), coperti da
una piccola coperta. Il modo in cui la mamma è poggiata sul suo petto, è…
strano… non l’ho mai vista così abbandonata, così rilassata, così serena. La
mia mamma è sempre stata sul chi vive, anche quando dorme, non so bene come
spiegarlo, ma è sempre pronta a scattare, dorme con un occhio solo dice lei,
mentre adesso, se la dorme alla grande.
Orlando, mio padre, è difficile proprio abituarsi a una cosa
del genere, le ha passato un braccio dietro la schiena e la tiene stretta a se,
per evitarle di cadere, credo. La cosa strana, è che sembra felice anche lui,
molto sereno, voglio dire, ha i capelli di mamma in bocca, la sua testa sullo
sterno, in un divano troppo piccolo per due persone, come si può sorridere se
si dorme all’inferno?!
Costato con piacere che sono entrambi vestiti, e non sembra
essere successo chissachè stanotte, quindi decido di tornare in camera per
ordinare la colazione e lasciarli riposare ancora un po’.
Prima però devo fare una cosa, non riesco proprio a
trattenermi, tiro fuori la mia reflex dallo zaino e scatto qualche foto,
nonostante tutto, sono davvero bellissimi. Poi sono i miei genitori, sono
vicini e davvero molto carini. Faccio loro più di una foto, perché se c’è
qualcosa di positivo nell’essere cresciuto nell’ambiente dello spettacolo, è
che ho imparato prestissimo a scattare fotografie, ho incontrato tanti di quei
fotografi di moda, che ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa.
Dopo aver saziato la mia vena artistica, decido di pensare a
sfamare anche il mio stomaco.
[Orlando]
Mandorle e Vaniglia.
Caffè.
Un forte calore al petto.
Apro gli occhi a fatica e mi rendo conto che non sono solo.
Ieri sera dobbiamo esserci addormentati mentre guardavamo le
foto, stringo ancora Virginia per evitarle di cadere.
Cavolo, Simone mi uccide!
Mentre cerco il modo di alzarmi da questo giaciglio che, non
vorrei davvero dover abbandonare così presto, mi sorprende una voce.
- Non svegliarla.
Metto a fuoco Simone, seduto sulla poltrona che si beve un
cappuccino mentre si mangia un tramezzino con il tonno (in quanto a gusti alimentari siamo
perfettamente compatibili).
- Non l’ho mai vista dormire così profondamente.
Mi dice ancora, mentre io comincio ad accarezzarle i
capelli, un po’ per togliermeli dal viso, e un po’ perché non ne posso fare a
meno.
Quando sento che sta cominciando a svegliarsi, guardo
Simone, che sembra molto, contento di assistere a questa scena. Ci osserva
incuriosito, ed io lo lascio guardare, non sento di volergli nascondere nulla.
- Mhhhh… buongiorno.
Dice Virginia allungandosi fino a posarmi un bacio sulla
guancia e Simone si trattiene dal ridere.
- Buongiorno a te. – le dico posandole un bacio sulla
fronte, anche se pensavo che l’idea di avere pubblico m’influenzasse di più. –
Simone, - dico indicando la poltrona alle sue spalle. – Ha fatto arrivare la
colazione.
- Buongiorno tesoro. – dice voltandosi verso di lui – caffè
caffè.
Aggiunge allungando le mani verso di lui.
- Niente caffè, stasera vai in scena.
Lei ributta la testa sul mio petto, facendo un broncio
davvero adorabile.
Quando riusciamo ad alzarci e a fare colazione, chi più chi
meno, visto che quando Virginia deve andare in scena segue una dieta tutta sua,
non capisco se per necessità o per scaramanzia, stiamo discutendo sul da farsi,
quando mi squilla il telefono, dopo aver visto chi è, rispondo mettendo
in vivavoce.
- Dove cazzo sei? Sono andata a casa tua e ho beccato la
bionda che mi ha mandato a quel paese, l’ho pure svegliata, mi ha detto pure
tipo adesso sarai contento.
Virginia e Simone trattengono a stento le risate, il che
significa che il Ghiro è sempre il solito burlone.
- Sei in vivavoce, non sono a casa mia. Momentaneamente sono
in albergo con Virginia e Simone.
- Ah!! Simone, ci avrei scommesso. Grande Virginia! – dice lui
imbarazzando me e Virginia, mentre Simone si tiene la pancia con le mani.
- Ghiro! Sei a Roma, quindi?
- Che intuito, fai il carabieniere?
- Ti prego, arriva al punto.
- Il punto è che sono stato invitato a una prima stasera.
Poi vorrei conoscere mio nipote, e la famosa musa.
Mi accendo come un albero di Natale, ma perché cavolo il mio
migliore deve mettermi in imbarazzo in questo modo?! Noto Virginia più rossa di
me, e mentre tento di elaborare una risposta mio figlio prende in mano la
situazione, prende il telefono, toglie il vivavoce e parla con Ghiro nell’altra
stanza.
Quando mi siedo di nuovo accanto a Virginia, lei mi guarda
con gli occhi lucidi.
- Tu gli avevi parlato di me?
Le accarezzo il viso e annuisco, la vedo sporgersi verso di
me e chiudo gli occhi. Le nostre labbra si trovano di nuovo, le metto una mano
dietro al collo per sentirla più vicina.
- O mio Dio!! Vi prego.
Il ritorno di Simone ci fa separare, diventiamo rossi come
due adolescenti, mentre nostro figlio ci sgrida sui comportamenti da tenere in
pubblico, ma soprattutto davanti a lui.
Ci dice di aver preso appuntamento con Ghiro, dobbiamo vederci in centro dalle parti del teatro.
Quando arriviamo all’appuntamento Ghiro, mi abbraccia forte,
è felice per me, riesco a percepirlo, sa quanto mi è mancato avere un figlio ed
è davvero felice che io abbia ritrovato Simone; e se lo conosco bene, è anche
contento che io abbia ritrovato Virginia e avviato le pratiche della
separazione.
Virginia e Simone, sono molto contenti di conoscere qualcuno
così vicino a me, Simone poi sembra davvero affascinato da questo pirata
informatico attempato, per un momento mi sento anche geloso, di quanto Ghiro
sia riuscito ad affascinare così velocemente mio figlio ma Virginia nota il mio
turbamento, e mi stringe la mano per tranquillizarmi, incredibilmente la cosa
le riesce benissimo.
Ghiro è intenzionato a fermarsi per alcuni giorni, dovendo
incontrare il generale Bianco per concordare una serie di corsi di
aggiornamento da portare in tutte le sedi Ris d’Italia sul settore informatico.
Il Ghiro è diventato un ottimo insegnante, con il tempo ha imparato a
condividere le sue conoscenze, avendo sempre e comunque una certa predilezione
per quei soggetti naturalmente portati.
Quando Virginia e Simone si allontanano in teatro,
accompagnati dai famosi baldi giovani, Ghiro mi fissa con un enorme sorriso sul
volto.
- Ti ci voleva ritrovare Lei per riuscire ad ammettere che
non eri più felice?
- Non ho ritrovato solo lei.
- Non prendermi in giro, per favore. Se avessi voluto
costruire un rapporto con Simone e basta, non avresti detto a Lucia di volere la
separazione.
Abbasso la testa sconfitto, ingannare il Ghiro non è
possibile, e poi non ho nemmeno voluto provarci davvero.
- La desidero come la desideravo quindici anni fa, mi basta
un tocco della sua mano per non capire più niente. Mi ha guardato e mi ha detto
‘Non sembri felice.’ Scardinando i dieci anni di cazzate che mi sono
raccontato.
- Che sia benedetta questa donna.
Dice portando in alto il bicchiere di succo di frutta.
- Oggi come allora.
Aggiungo alzando il mio bicchiere facendolo toccare con il
suo.
Scoppiamo a ridere, per saldare il conto e raggiungere il
teatro.
Gli artisti sono in fermento, Simone ci porta in prima
galleria, dicendo che gli artisti colti dalla febbre della prima diventano dei
pazzi adulatori di dei antichi ed è meglio stargli lontano. Non riesco a
smettere di sorridere nel ritrovare mio figlio così sorridente e sereno, credo
che il Ghiro fosse necessario per rasserenarlo ulteriormente. Simo ci indica un
posto, e poi m’invita a sedermi accanto a lui. Ghiro sorride e mi da una spinta
per sbrigarmi.
- Adesso capirai perché la chamano il ghiacciolo, se non
fosse mia madre, se non la conoscessi bene, se non sapessi tutto quello che so
di lei, giuro che mi farei anch’io impressionare dal suo attegiamento.
Dice Simone serio mentre ha il viso brillantemente
illuminato da un sorriso.
Quando Virginia entra in scena, per le ultime prove, dal suo
viso non traspare alcuna emozione, la maggior parte dei suoi colleghi è in
fermento, lei invece, altera, passa tra di loro senza degnarli di uno sguardo,
sembra completamente distaccata da tutto quello che le succede intorno.
Mi fa strano vederla così distante, conosco i suoi occhi ed
è sempre stata così passionale e partecipe che non immaginavo potesse
raggiungere un tale livello di distacco. Quando inizia a ballare, le cose
cambiano, ecco di nuovo la sua passonialità, la sua grinta e il suo amore per
quello che sta facendo.
- La mamma non è fredda, non è nemmeno così altera, ma prima
di uno spettacolo, lei deve estraniarsi da tutti; in questo spettacolo la sua
partecipazione è marginale, ha curato le coreografie, è una delle produttrici,
e se non ci fosse stato quel corpetto, probabilmente non avrebbe nemmeno fatto
quell’assolo, ma tu devi immaginartela così, anche quando la sua partecipazione
in scena è maggiore, e il suo partner vuole riprovare qualche passo, lei si
estranea da tutto e tutti.
Lo guardo affascinato, non tanto perché parla di Virginia,
ma per la passione che ci mette in questo discorso.
- Roberto è stato uno dei partner della mamma per moltissimo
tempo, vederli ballare era uno spettacolo, ecco a vederli in scena ho spesso
dubitato che lui fosse mio padre, o che presto o tardi mi sarebbe arrivato un
fratellino…
Devo fare una faccia davvero strana perché Simone aggiunge
subito:
- Non fraintendermi, sono contentissimo che tu sia mio
padre, ma quando quei due ballavano insieme erano un’anima sola; eppure la
mamma nemmeno con lui non si è mai lasciata andare prima di uno spettacolo, mai
mai mai. Eccolo, guarda.
M’indica un uomo che si sta avvicinando a Virginia con una
rosa bianca in mano, lei accetta la rosa e i due si scambiano un bacio sulla
guancia, quando lui fa per abbracciarla lei si scosta e torna dietro le quinte.
- Non la sì può toccare prima di uno spettacolo. – ci spiega
Simone – Lei e Roberto sono stati partner per dieci anni, e quello è il massimo del calore
pre-spettacolo della mia mamma.
Quando la musica si ferma, il regista chiama una pausa, vedo
Simone sporgersi alla balaustra.
- Roberto, Roberto. – dice agitando una mano e invitandolo a
salire. L’uomo lo saluta con la mano e con un grande sorriso sulle labbra. Ecco
un uomo che è stato accanto a mio figlio in tutti questi anni.
- Simo. – dice avvicinandosi a lui e abbracciandolo forte. –
Come stai? Cavolo, se sei cresciuto, tua madre ti sta innaffiando? Devi mettere
ancora qualche muscolo secondo me.
- Nahh, sai che non fa per me. Che cosa ci fai qui?
Gli chiede Simone sciogliendo l’abbraccio.
- Mi sono mai perso una prima della tua mamma?! - gli
risponde retoricamente lui, vedo Simone sorridere, evidentemente quell’uomo è
nella loro vita da molto tempo.
- Che zotico che sono, non vi ho presentati.
Dice Simone guardando prima Roberto e poi me e Daniele.
- Lui è Roberto Astri, - dice voltandosi verso di noi –
Roberto, loro sono Daniele Ghirelli e Orlando Serra, mio padre.
Ci stavamo dando la mano quando Simone ha finito la sua presentazione,
abbiamo sussultato entrambi in quel momento. Io non mi aspettavo che Simone
potesse presentermi come suo padre, Roberto per la shockante rivelazione.
- Rob chiudi la bocca che entrano le mosche. Credevi che mi
avesse portato la cicogna? – lo stuzzicò bonariamente Simone, mentre lo sguardo
dell’uomo s’induriva notevolmente.
- Certo che no, ma ti conosco da quando hai tre anni e fino
a poco tempo fa non sapevi nemmeno come si chiamasse quest'uomo. Che cosa ci fa qui,
adesso?
L’astio della sua voce, era pari alla durezza del suo
sguardo.
- Rob conosci la storia, quel tono non ti si addice, la
mamma non approverebbe, sinceramente da fastidio anche a me. È mio padre, ed è
qui. C’è poco da dire.
Roberto sembrò piuttosto infastidito dal modo in cui Simone
gli aveva risposto, mentre alle mie spalle sentivo Ghiro ghignare.
- Impara a portare maggior rispetto, ragazzino, non sono un
tuo amichetto.
- Simone ha semplicemente esposto la sua posizione, se vuole
parlare con me, possiamo uscire?
Dico intervenendo nel discorso, quando quell’uomo ha
risposto a Simone in quel modo, ho visto rosso.
- Devo andare. – dice dandoci le spalle – Arrivederci.
- Mi dispiace, forse avrei dovuto lasciare le presentazioni
alla mamma, lei Roberto lo gestisce meglio.
Dice Simone grattandosi la testa, gli do una pacca sulla
spalla.
- Non ti preoccupare, non devo essere la persona più amata
da chi vi vuole bene.
- Roberto è solo geloso, sono anni che ci prova con la
mamma, ma la relazione non è mai stata una cosa seria. Lui le ha anche chiesto
di sposarlo, voleva adottarmi, ma mamma ha sempre detto di no. – mentre dice questo,
si volta a guardarmi, capisco quello che non vuole dire a voce. Ovvero perché
Virginia ha sempre detto di no a quell’uomo. – è sempre stato geloso di un
fantasma, oggi non deve aver preso bene che tu sia reale e per di più nella
nostra vita.
- Tu come stai? – gli chiedo vedendolo un po’ esitante.
- Io… - mi guarda negli occhi – io sto benissimo.
Non mi sono mai sentito meglio, e lo stringo in un
abbraccio, quando ci separiamo, scoppiamo a ridere entrambi perché Ghiro ha
tirato fuori un fazzoletto e si asciuga le lacrime, mentre si soffia il naso, è
uno spettacolo orrendo. Una ragazzina di fronte a Titanic.
Quando mi squilla il telefono, cerco di recuperare un po’ di
contegno, soprattutto perché noto che è Lucia.
- Pronto.
- Ciao, come stai?
- Bene, tu?
- Meglio, molto meglio di quanto pensassi, hai trovato il
tuo amico?
- Sì, sì mi ha trovato. Volevi qualcosa?
- Ho delle novità sul caso di Virginia, sei sempre con lei,
vero?
In quel momento mi guardo intorno, perché se Lucia mi ha
chiamato ci sono novità ed io sento una strana sensazione di pericolo
all’altezza dello stomaco.
- Sì, siamo tutti in teatro.
- Ho ricontrollato tutti i campioni che abbiamo prelevato,
non ho riscontri sulle impronte, ma tutti gli oggetti dai criminali avevano
residui di polvere da sparo.
- Davvero?
- Sì, crediamo quindi che le persone che sono entrate in
teatro siano armate, o comunque che abbiano sparato poco prima di fare irruzione.
- Questa cosa non mi piace.
- Nemmeno a me, stasera alla prima ci saremo anch’io, Bart e
la Torre.
- Va bene.
Dico attaccando, Ghiro mi guarda cercando di capire, mentre
Simone sembra preoccupato.
- Problemi?
- No, - scuoto la testa e mento a mio figlio – No, va tutto
bene, probabilmente mi ucciderà ma devo parlare con tua madre. - Gli dico
passandogli un braccio attorno alle spalle, non è troppo convinto ma annuisce
per farmi andare.
Sembrano veramente tutti pazzi, truccatori e costumisti che
si muovono frenetici, ballerini che non fanno altro che riscaldarsi, tecnici
delle luci che accendono e spengono fari; a pensarci bene, con tutta la
confusione che c’è in questo momento chi lo dovrebbe notare qualche estraneo
che si aggira nel retroscena, qui ognuno è troppo preso da se stesso.
Non faccio in tempo a sviluppare questo pensiero che sono già
di fronte al camerino di Virginia, apro la porta dopo aver bussato, senza che
nessuno m’invitasse a entrare, ricordo solo il rumore di uno sparo, un forte
bruciore al petto, e un’unica voce nelle orecchie.
-
Papààààààààààààààààààààà!