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Autore: dearjoseph    13/11/2012    5 recensioni
Danae prese la pesante macchinetta fotografica appesa al collo e la puntò appena più in alto.
Ecco, era quella la lente in grado di ricordarle che non poteva essere sempre tutto nero, bianco e grigio.
La conferma che di colori il mondo ne offre in quantità, ma che spetta ad ognuno scegliere su dove puntare l’obiettivo; se sul rosso fuoco di un papavero, il blu profondo del mare, o il bianco candido della neve.
Irrilevante, freddo, noioso bianco.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter Three
 
Per quanto Danae avesse sperato che il giorno dopo cominciasse il più tardi possibile, il sole non volle ascoltarla granchè e, anzi, le sembrò anche che esso fosse arrivato prima del solito.
Dopo qualche minuto si era arresa a quello strumento di tortura comunemente chiamanto sveglia ed era anche riuscita ad alzarsi dal letto, ma da quel momento in poi non aveva fatto altro che rimanerci seduta sopra con l'armadio aperto e lo sguardo fisso nel vuoto.
"Che cosa fai?" Il rumore di cereali sgranocchiati arrivò ancora prima della voce di Joshua.
“Aspetto che un qualsiasi vestito mi cada tra le mani" rispose lei annoiata mentre continuava a chiedere a se stessa come ci si dovesse vestire il primo giorno di lavoro.
Elegante? Forse, ma lei stava pur sempre andando a lavorare con dei bambini; non che questo stesse a significare che doveva indossare un paio di pantaloni larghi a pois e una parrucca color melanzana, ma se si fosse vestita in modo troppo formale l'avrebbero licenziata prima ancora di assumerla e lei non doveva farsi sfuggire quel lavoro.
Per quanto lo volesse, non poteva proprio.
Prima di rendersene conto si ritrovò più confusa di quanto fosse prima di aprire l'armadio. Il fratello continuò la conversazione nonostante sapesse quanto lei odiasse parlare appena sveglia, o forse proprio per questo motivo.
"Non fai prima a prenderne uno tu?"
"Si Josh, farei prima se sapessi cosa mettermi" Danae vide che il ragazzino stringeva tra le mani una tazza di cereali e decise di non cacciarlo dalla stanza solo perchè avrebbe potuto ricavarne qualcosa. Così addolcì la sua voce e sorrise teneramente a Josh.
"Perchè non mi dai un po' di cereali?"
"Perchè non vai a prenderteli?" Joshua si voltò leggermente di lato come a proteggere meglio la sua colazione e la sorella continuò la sua commedia cominciando a fargli gli occhi dolci.
"Perchè sono così impegnata a cercare qualcosa da mettere per il mio primo giorno di lavoro" disse imbronciata "per favore" concluse poi e Josh sembrò cederle.
A volte era davvero difficile determinare chi fosse più bambino dell'altro.
“Ok, ma solo un cucchiaio"
Danae sorrise soddisfatta e si affrettò ad accettare l'offerta prima che il fratello trovasse qualche nuova scusa. Mangiò in fretta il suo cucchiaio di cereali, per poi riempirlo di nuovo prima che Joshua lo impedisse.
"Avevi detto uno!" La rimproverò lui e Danae gli spettinò i capelli castani con una mano prima che lui si volatizzasse. In quel momento si rese conto che non aveva ancora detto nulla ai suoi riguardo al lavoro, e doveva farlo prima del fratello dalla lingua troppo lunga. Perciò mandò al diavolo ogni problema riguardo all’outfit e indossò dei semplici jeans, un maglioncino pesante e gli stivali prima di correre in cucina, dove si aspettava di trovare tutti. E infatti fu così. Diede il buongiorno prima di poggiare la tracolla di pelle sul tavolo che non era stato nemmeno preparato per la colazione.
“Mamma, papà. Vorrei parlarvi dell’Università” disse Danae direttamente, non avendo nessun altro discorso a disposizione per cominciare la conversazione.
Margaret White, d’altronde, sembrava essersi già preparata alla richiesta della figlia e le rispose più prontamente di quando Danae si immaginasse “Abbiamo già pagato la retta di questo mese”
Danae guardò meravigliata prima la madre, dai capelli lunghi e l’aria severa, poi il padre. A differenza di Margaret, Mark White aveva qualche capello bianco che spuntava qua e là tra i riccioli castani e l’aria stanca; entrambi erano il segno evidente di quanto quella famiglia si stesse lentamente sgretolando all’interno senza che i figli potessero farci nulla.
“Grazie” disse lei, un pò in colpa di quello che i suoi erano stati costretti a fare “Ma volevo dirvi che ho trovato lavoro, perciò appena riceverò il primo stipendio restituirò tutto quanto” si affrettò a precisare e l’unica reazione che vide fu il padre che annuì prima di abbassare la testa sul piatto di uova e pancetta mentre la madre continuava a passare uno strofinaccio sul tavolo.
Danae sospirò e si disse che era molto più di quanto avrebbe potuto ottenere. Impedì a se stessa di pensare al perchè i suoi genitori fossero così poco interessati alla sua vita, perchè non le avessero chiesto dove sarebbe dovuta andare a lavorare, o quando avrebbe frequentato le lezioni, o semplicemente perchè non le avevano neppure augurato buona fortuna e uscì da casa per fare colazione nel solito bar: per affrontare la dura giornata che l’attendeva non bastavano di certo un paio di cucchiaiate di latte e cereali.
Fino a qualche mese prima questa semplice azione non sarebbe stata nemmeno pensabile; la colazione era una specie di immancabile riunione di famiglia, un momento estremamente piacevole al quale gli White non avrebbero mai potuto rinunciare. Al solo pensiero già la ragazza poteva immaginare di sentire l’odore delle frittelle che cuocevano, il rumore dell’impasto a contatto con la padella bollente, il tavolo tondo apparecchiato come per la più grande delle feste, e le risate.
Risate che avevano smesso di esistere nello stesso momento in cui sua madre aveva smesso di preparare la colazione per tutti come da abitudine. Quello fu più o meno il periodo in cui Danae cominciò a cercare tutti i modi possibili per uscire e allontanarsi da quella casa, triste e irrimediabilmentevuota. E così, l’eliminazione di quel rituale giornaliero si era portato via anche quel po’ di legame che era il collante di quella famiglia.
 
Danae era in ritardo. Era molto in ritardo, ma quando arrivò di fronte alla struttura che corrispondeva esattamente all’indirizzo che il giorno prima una donna le aveva fornito non potè fare a meno di fermarsi per qualche minuto.  La temperatura di quella giornata di fine Novembre si era abbassata ancora e tutto il suo corpo la spingeva ad entrare ma per una qualche ragione l’idea di guardare le nuvolette bianche di aria condensa che le uscivano dalla bocca non sembrava tanto male.
Il fatto era che quell’edificio le sembrava troppo... colorato.
Le finestre erano state abbellite da disegni, la porta era a vetri colorati e sopra ergeva una terrificante scritta color arcobaleno con tanto di unicorni qua e là. Aveva collegato a quest’ultimi i brividi che avevano preso il sopravvento su gran parte del suo corpo, ma dovette ammettere che aveva davvero bisogno di ripararsi dal freddo perciò si incamminò verso l’entrata prima che qualcuno la vedesse congelarsi in mezzo al nulla.
Quando entrò fu anche peggio: i bambini correvano avanti e indietro, gridando, ululando perfino, e i colori si erano moltiplicati così come i disegni e gli unicorni. L’arrivo di una donna, probabilmente colei con cui aveva parlato al telefono, le impedì da scappare da quella che sarebbe stata la sua prigione privata per tutta la durata dell’anno scolastico.  Una gran bella prigione, piena di cuori e fiocchetti rosa barbie, pensò.
“Ciao,tu devi essere Danae!” la donna che si presentò sotto il nome di Maila Michealson utilizzò uno strano tono eccitato mentre salutava e stringeva la mano a Danae. La ragazza riuscì a ricambiare il saluto solo dopo qualche secondo “Ciao, si sono io” disse indecisa mentre sperava che lavorare in quel luogo non l’avrebbe costretta a parlare in quel modo ridicolo e altamente irritante. Come se Maila avesse letto i pensieri della giovane attraverso quegli occhi nocciola, assunse un’aria più disinvolta e finalmente decise di parlarle con un tono di voce accettabile.
“Non preoccuparti, limitati a parlare così solo in presenza dei genitori e del capo supremo” accompagnò le ultime due parole con uno strano gesto con le mani e Danae sorrise di gusto “E chi sarebbe questo capo supremo?”
“La padrona di questo posto. Non c’è praticamente mai, quindi il più delle volte faccio io il ruolo del capo supremo” rispose Maila e Danae riuscì persino a pensare che quella donna le potesse stare simpatica ma quando ricordò il posto in era quell’allegria sparì completamente.
“Bene, da cosa comincio?” disse allora strofinandosi le mani l’un l’altra in un gesto che pareva dovuto più alla tensione che al freddo. Maila la invitò a seguirla in un piccolo ufficio accando alla sala dove quattro o cinque ragazze tentavano di tenere l’ordine e, dopo averla fatta accomodare, le mise di fronte un foglio. Danae lo compilò in fretta con tutti i suoi dati, tentennando a rispondere alla domanda che le chiedeva se avesse esperienza nel settore.
“Bene” esclamò la donna togliendole il foglio dalle mani quando Danae ebbe finito “Sei dei nostri allora”
“Ma non aveva parlato di una settimana di prova o qualcosa del genere?” domandò Danae. Come era possibile che le avesse dato il posto senza nemmeno aver visto cosa sapeva fare?
Beh, a quanto pare era possibile.
“Abbiamo urgente bisogno di personale” confessò Maila senza troppi giri di parole e Danae degludì rumorosamente al pensiero di non sapere neppure da dove cominciare “Non preoccuparti, se non sai qualcosa la imparerai” cercò di rassicurarla lei. Ma quelle parole non ebbero su Danae l’effetto desiderato.
 
Finalmente era arrivata l’ora del pranzo e i bambini erano tutti seduti a mangiare; o quasi tutti.
Le tre ore precedenti erano sembrate le più lunghe della sua vita ma, guardando le altre ragazze che lavoravano lì sicuramente da molto più tempo, Danae pensò che come primo approccio non se l’era cavata tanto male e forse anche Maila la pensava così, dal momento in cui non era intervenuta neanche una volta.
O magari questo era solo dovuto al fatto che Maila sopportava quel lavoro ancora meno di Danae.
I bambini ridevano, parlavano tra di loro come solo bambini di tre o quattro anni possono fare, ma quel rumore era quasi piacevole se confrontato alla situazione di nemmeno un ora prima. Danae finì di aggiustare la bavetta ad un marmocchio che non voleva saperne delle verdure nel suo piatto prima di vedere una bambina dai capelli corvini seduta ancora tra giochi e costruzioni e si disse che per quel giorno il suo lavoro non era ancora finito. Le si avvicinò e cercò di imitare il tono con cui Maila le si era rivolta per la prima volta.
“Perchè non vieni a mangiare con tutti gli altri bambini?” Danae sorrise, ma dall’espressione con cui la bambina la guardò non sembrava che la voce da amante dei mostriciattoli le fosse uscita tanto bene. La piccoletta che non doveva avere più di quattro anni riabbassò lo sguardo sulla costruzione nella quale era impegnata e Danae decise di riprovarci “Che bella, è una casa vero?” e dicendo così avvicinò una mano a sfiorare la costruzione di lego colorati.
Cosa che non avrebbe mai dovuto fare.
La bambina cominciò a piagnucolare, poi singhiozzare fino a piangere disperatamente come se le fosse stata fatta la cosa peggiore del mondo sotto lo sguardo esterrefatto di Danae. Inutilmente la ragazza cercò di calmarla. Anzi, più le si avvicinava e più lei continuava ad alzare la voce. Non voleva chiedere aiuto a nessuno durante il suo primo giorno, ma fu quasi costretta a chiamare qualcuno del personale che ci capisse qualcosa in più se non fosse per la bambina che immediatamente smise di piangere, tutto questo da un secondo all’altro.
"Ehi Jenn" Danae sentì una voce maschile proprio dietro di sè e sperò con tutto il cuore che qualcuno fosse venuto a prendere quell’incubo dalla lacrima facile "Perchè la mia fidanzata sta piangendo?"
La ragazza si voltò e vide la bambina dai capelli scuri che non riusciva a far smettere di piangere correre incontro al proprietario di quella voce. Jennifer non ci mise molto a sostituire quel continuo lamento che sembrava non l'avrebbe più abbandonata con un grande sorriso allegro e Danae fu presa da uno strano sconforto misto a incredulità. Il moro di fronte a lei sembrò non vederla neanche, continuando a parlare con la bambina che stringeva tra le braccia e Danae ebbe l'impressione di conoscerlo, o almeno di averlo già visto da qualche parte. Era sicura che non avesse nulla a che fare con l'università perchè, per quanto le desse fastidio ammetterlo, un ragazzo del genere non sarebbe passato inosservato. Quindi, eliminati i corsi di studio, non le rimaneva molto tra cui scegliere dato che aveva smesso di frequentare da un bel pezzo qualsiasi posto che le permettesse di incontrare suoi coetanei.
“Quella ha chiamato casa il mio bel castello” piagnucolò Jenn indicando poi minacciosamente Danae con un dito. La ragazza trattenne a stento una risata isterica.
“Allora dobbiamo dire alla signorina che è proprio cattiva” rispose il giovane dai capelli corvini proprio come la bambina, utilizzando anche lui quell’irritante tono. Danae pensò che sarebbe stato un miracolo non uscire da lì pazza. Infastidita dal comportamento del ragazzo che continuava ad ingnorarla, la rossa si schiarì rumorosamente la voce, avendo finalmente l’onore di incontrare i suoi occhi.
“Scusala, sai come sono i bambini” disse lui ma Danae preferì non rispondere. Mise entrambe le mani sui fianchi continuando a guardare quello sconosciuto. Forse il suo comportamento sembrò più strano di quanto in realtà fosse, perchè il moro corrugò le folte sopracciglia in attesa di una risposta che non arrivò.
“Va bene” canticchiò per poi passarsi la lingua sulle labbra carnose “Forse è meglio se vado” disse infine, prima di voltarsi con in braccio ancora la bambina che giocava con alcuni dei suoi riccioli più lunghi. Danae immaginò anche di aver intravisto un sorriso sul suo volto ma non ci fece troppo caso.
Allontanandosi, il moro fece scendere Jennifer e le prese la manina mentre gli occhi di Danae puntarono un particolare che non aveva notato prima ma che le fece capire esattamente perchè quel giovane le sembrava così familiare; la sua vena sul collo.
 
 

Mie belle ragazzuole, come va?
Devo precisare che il bellissimo benner dell’inizio è stato fatto da more_
Bene bene, avete capito qualcosina in più su Danae? No? Neanche io (?) AHAHAHAHAH 
Sono in ansia per il compito di matematica che avrò venerdì quindi credo che non avrò proprio la testa per scrivere in questi giorni, ma fa nulla vero?

Ps. Mentre scrivevo il capitolo più di una volta mi sono ritrovata a scrivere Hanna al posto di Danae, perciò ditemi se ci sono errori di nomi ahahahah
Un bacione grandissimo

Martina.
  
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