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Autore: Dernier Orage    13/11/2012    1 recensioni
Un giorno Gin conobbe Vov, dalla fama di protettore, arrestato in una retata delle forze del Curaçao. Quell'uomo lo incuriosiva, era un vecchio dalla pelle pastosa, opaca, l’odore di vino e zucchero e parlava in dialetto stretto, mezzo veneto e mezzo siciliano. Raccontava spesso storie di belle donne straniere, indugiando sulle polacche e le russe. Gin riconobbe Vodka negli occhi chiari e le braccia sottili di una poesia di quel cantastorie. Domandò, si interessò, premette per avere delle risposte precise, delle spiegazioni.
Genere: Avventura, Comico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Breve storia ad alta gradazione alcolica





Questa storia comincia in una corsia di un supermercato di una regione indefinita del Belpaese. Comincia con un uomo ed una donna stranieri, lui, di origini inglesi ed olandesi, lei, polacche e russe. Si chiamavano Gin e Vodka.
No. In realtà non inizia così. Riproviamo.
Questa storia comincia con la disperazione di un uomo, Gin, davanti al figlioletto neonato, Braulio. Era scuro, molto scuro.
Non che Gin fosse razzista, assolutamente no. Però la madre di Braulio aveva la pelle trasparente, limpidissima. Gin medesimo aveva un incarnato molto chiaro. E quel bambino era scuro.
Gin non sapeva che fare, amava molto la moglie Vodka, le aveva dedicato la vita nonostante i suoi genitori avessero cercato di indirizzarlo verso il limone, il chinotto ed i soft drinks in generale. Amava Braulio nonostante i suoi occhioni scuri e si chiedeva se il suo colorito potesse, in qualche modo astruso, riguardare lo ius soli.
Ma la prima teoria di codesto pover’uomo vacillò e si infranse sul pavimento asettico del supermercato. Cynar!
Cynar, quel maledetto sicuramente aveva messo incinta Vodka.
Arrovellarsi sulla questione faceva male alla gradazione ed al vetro della bottiglia, Gin mise alle strette Vodka e la esortò a confessare. Così lei fece e, la sera stessa, preparò una valigia e scappò con Cynar.
Gin si ritrovò sul lastrico, solo, un bambino da allevare, la mancanza di Vodka si faceva sentire prepotente. I giorni passavano, i mesi pure. Dopo lo sfratto fu ospitato dal rampollo di un ricco parentado francese, i Beaujolais. Noveau aveva un buon profumo, un bel colore. Era sexy, giovane. Troppo giovane. Giocavano alla famiglia felice, andavano al cinema, agli aperitivi, ai vernissage. Noveau voleva adottare Braulio, ci teneva molto. Gin era in dubbio.
La notizia giunse alle orecchie dei Beaujolais. Quale disonore avrebbe portato al loro nome quel figlio scapestrato? Adottare un amaro? Loro, clan di vini rigorosi, eccellenze conosciute e riconosciute in tutto il mondo. Un amaro scuro. Un amaro scuro ed italiano. Quelle horreur!
La vita per Gin divenne complicata, difficile. Prima le minacce, il terrore. Poi il carcere – dopo un breve bacio all’uomo che amava e una carezza al figlio.
La galera era fredda, d’acciaio inox. Le notti venivano riempite dalle urla delle prostitute, liquori di basso prestigio che spesso sceglievano di diluirsi in cocktail dolciastri. Tante erano le grappe, le acquaviti e gli amari in carcere per aver ammazzato Caffè.
Gin rimpiangeva le botti in legno, l’aspirazione alla credenza di un uomo colto, il piano bar in cartongesso di una giovane coppia, il terrore di finire in un pub o in una discoteca. Tra le lacrime trasparenti conobbe i due fratelli Assenzio e Genepì e il figlio del primo e nipote del secondo, il vivace Pastis, dalla zazzera di capelli color canarino.
Assenzio era francese, immigrato in Repubblica Ceca, Genepì era il suo fratellastro, proveniva dai territori valdesi tra Italia e Francia. Pastis era alquanto strano, aveva un’anima esagonale e qualche psicosi, nelle gelide notti del carcere aveva conosciuto due uomini misteriosi, il turco Rakı e il greco Ouzo, dopo un breve corteggiamento si erano deliziati con sesso sfrenato ad alta gradazione, scoprendo degli orgasmi simili, variazioni di colori e torbidezza. Quando suo padre Assenzio lo rimproverava si tingeva di granatina, quando aveva qualche linea di febbre diventava verde menta ed iniziava a ripetere qualsiasi parola, esattamente come fanno i pappagalli.
Un giorno Gin conobbe Vov, dalla fama di protettore, arrestato in una retata delle forze del Curaçao. Quell’uomo lo incuriosiva, era un vecchio dalla pelle pastosa, opaca, l’odore di vino e zucchero e parlava in dialetto stretto, mezzo veneto e mezzo siciliano. Raccontava spesso storie di belle donne straniere, indugiando sulle polacche e le russe. Gin riconobbe Vodka negli occhi chiari e le braccia sottili di una poesia di quel cantastorie. Domandò, si interessò, premette per avere delle risposte precise, delle spiegazioni.
Non tardarono ad arrivare: Vodka e Cynar avevano viaggiato per vie trafficate e campi di carciofi, si erano tanto amati finché lui non la tradì con la Selterswasser, zero alcol, molte bolle ed un po’ di ghiaccio. Vodka sola e spaurita si era ritrovata tra la collezione di fotografie di Vov, presto venduta al succo di limone, sciroppo di menta, mango, melone, ciliegia, fragola e panna. Poverina, era depressa, diceva di non valere abbastanza, appena tre euro al discount. Poveretta, aggiunse Vov, fortuna che arrivò Spremuta d’Arancia a salvarla. Cinquanta e cinquanta, la coppia dell’anno.
Gin rimase un po’ turbato ma l’importante era che Vodka stesse bene e che Spremuta d’Arancia l’amasse e rispettasse abbastanza.

E poi?
E poi dal nord arrivò la guerra. Il cielo si ingiallì, nevicava bianca spuma. Tutte le riserve di orzo e di luppolo vennero confiscate.
Le birre di tutta Europa si erano alleate ed avevano formato un grande esercito. Le birre statunitensi, asiatiche, australiane e sudamericane davano il loro sostegno finanziario.
Addirittura lo stato della California tentò di coltivare dei vigneti per abbattere il Regno Vinifero del Sud Europa. Ma i californiani poco sapevano di Sauvignon, Sémillon, Muscadelle, Cabernet franc, Cabernet-Sauvignon, Merlot, Erbaluce, Croatina, Barbera, Uva Rara o Pinot Nero; al fiasco abbassarono la testa ed aprirono il portafoglio per finanziare un'azione militare.
Nell'esercito si erano arruolate birre di vari paesi, la francese Kronenbourg combatteva sotto una bandiera economica danese, nello stesso battaglione della Carlsberg, Tuborg, Splügen, Corona, Ceres e Vores Øl.
Il battaglione Italia mal reggeva le azioni di guerra, troppo vittimismo, troppi influssi viniferi nel Belpaese, soltanto Peroni esibiva ipocrita un fascio littorio.
Nastro Azzurro, Morena, Moretti, Ichnusa bivaccavano in preda all'ozio, mal sopportavano Peroni. Forst sprecava tutte le sue forze nel vano tentativo di proibire la visita della sua fabbrica ai minori di quattordici anni.
I reggimenti Stout, Ale, Lager, Bitter, Pilsner, Trappista raggruppavano le birre regionali e i battaglioni capitalisti della belga Stella Artois, le tedesche Augustiner, Beck’s, Hofbräu, Löwenbräu, Spaten, le spagnole: San Miguel, Estrella e Xibeca.
I disertori avevano una taglia sopra la propria spuma: il dublinese, nero puro e duro Guinness, le monacensi Paulaner Dunkel e la gemella Paulaner Salvator. In clandestinità avevano organizzato una presa della Bottiglia, qualche collo di Blue Curaçao era stato tagliato, qualche tappo era saltato, le celle erano state svuotate goccia dopo goccia e la rivoluzione permanente si era insediata con i suoi colori, i suoi sapori, l’abolizione delle vecchie etichette, dei sommeliers, dei calici, dei boccali e dei bicchieri, pinta, flûte, balloon, altglass.
Se gli avventurieri Guinness e le sorelle Paulaner avevano liberato la Bottiglia, anche l’esercito Birra aveva avuto qualche vittoria, dato fuoco ai vitigni del lyonnais, incarcerato qualche nobile rosso o rosé, tentato una campagna contro lo spumante e lo champagne e, dopo essersi presi il merito dell’assalto al famoso carcere, avevano iniziato a spianare e creare una piazza d’armi. Le diedero il nome di: place de la Bouteille.
Gin si ritrovò per strada, sulle tracce del figlio e dell’amato Noveau.
Lungo le vie del Sidro Gin rincontrò Braulio; era cresciuto, indossava una divisa militare, accompagnava il vecchio Calvados - lontana la sua gioventù dai sentori di pera e mela, ormai somigliava al banale ed onnipresente Brandy, aiuto per i deliqui vittoriani. Raccontò che era stato portato dal saggio Calvados da Noveau, per trarlo in salvo dall’imminente guerra e dalla decollazione sicura nel caso si fosse trovato in compagnia di un aristocratico vino. Gin temette per la sorte del bel Noveau, ricordo lieto nelle notti del carcere.
Noveau, amato Noveau, si domandava Gin, dove sei finito? Per te son finito in carcere, ti hanno considerato novello, troppo giovane per un Gin stagionato come me. Noveau, quante botti dovrò svuotare per ritrovarti? In quante cantine? Taverne? Osterie?
















   
 
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