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Autore: siemdrew    13/11/2012    12 recensioni
C'era una volta un Principe. Egli regnava con amore sui Monti della Morte, passando per La Foresta dei Sogni e La Foresta Ombrosa, fino al Mare delle Luci. Il Principe amava il suo regno, ma era troppo avido, prepotente ed arrogante col suo popolo. Uccideva i civili, condannava a morte gli innocenti e derideva i più deboli. Finché un giorno arrivò al suo Castello una donna bellissima, che si era persa. Egli le offrì doni, cibo... e un letto per la notte: il suo. Il Principe era così malvagio che non si curò di far sentire a suo agio la donna, bensì tentò di violentarla. Ma la donna si trasformò in una strega dinanzi al Principe. Lo maledette: per tutta l'eternità, il Principe avrebbe dovuto vivere nella torre ovest del suo Castello. Passarono gli anni, ed egli si accorse di non invecchiare. Sicché ebbe un'idea. Decise di rapire ogni mese sei vergini, che avrebbe rinchiuse, ma che poi avrebbe dominate e uccise. E così ancora oggi il Principe violenta e uccide le sue vittime.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Principe
Capitolo 12

«Va bene, va bene!», esclamai spaventata. «Drew. Parliamone»
Drew mi guardò perplesso e prese la chiave dalla toppa della porta. E... e se la infilò in tasca. Ero in trappola. Merda. Dovevo mantenere la calma e discutere con lui in modo diplomatico. Ecco, perfetto, in modo diplomatico.
«Di cosa dovremmo parlare?», chiese passeggiando per la stanza.
Lo stavo facendo innervosire?
«Solo poco fa hai detto che vuoi dimenticarti di Vartia», dissi con calma. «E ora vuoi stuprarmi?»
Lui rise. «Non voglio stuprarti. Ma sapere che non puoi prendere la chiave mi fa stare più tranquillo. Non ti è possibile scappare da me»
«Perché dovrei scappare da te?», sussurrai.
Lui mi guardò, col capo chino, e deglutì. Osservò intorno a sé con fare imbarazzato e si strinse nelle spalle.
«Sono un mostro», mormorò con un sorriso amaro.
«In effetti...»
«Stronza che non sei altro», esclamò corrucciato. «Io ti avrei consolata»
Arrossii di colpo e mi scusai. In fondo era solo un ragazzo con molti problemi di socializzazione con le ragazze. Però non pensavo dovesse avere problemi con me, insomma...
«Mi porti a Londra?», chiese.
«Drew, senti... Non ho la patente», usai come scusa.
«Neanche io»
«Quindi ci tocca stare qui»
 
Andammo a Londra. Anzi, mi costrinse ad andare a Londra e non lo dissi neanche a zio Alec. Praticamente preparammo le borse e scavalcammo la finestra della camera di mia madre. Per poco non caddi, più volte, ma Drew, che era sceso per primo, mi teneva ferma per le caviglie, impedendo la mia caduta. Inutile dire che avevo il cuore in gola dal terrore. Attraversammo il boschetto della villa e raggiungemmo l’autostrada più vicina. Lui voleva andare a piedi fino a Londra – stupido Principe – ma io lo convinsi a fare l’autostop. Finimmo in una quattro per quattro occupata già da due genitori e due figli. Due figli capricciosi, con cui dovevamo cantare canzoncine per bambini, altrimenti il padre ci avrebbe fatto pagare il viaggio. E se io non avevo soldi, figuriamoci il Principe. Al primo semaforo rosso nei pressi di Londra, Drew ed io ci lanciammo fuori dall’auto senza salutare la famiglia e scappammo via.
«E questa è Londra?», chiese Drew guardandosi intorno nella City.
«Sì. E sta anche cominciando a piovere», mi lamentai.
«Che ore sono?»
«Quasi le sette»
Era già buio da un po’ e Londra era più accesa che mai, sebbene ci fosse la nebbia e piovigginava lievemente. Ci rintanammo sotto dei portici e proseguimmo da lì la nostra passeggiata. Finché non mi suonò il cellulare.
«VALERIE, DOVE CAZZO SEI?!», gridò mia sorella. «Zio Alec ti sta cercando dappertutto!»
«Giura che non mi gridi contro di nuovo», la supplicai.
Lei sospirò. «Va bene, dimmi»
«Siamo scappati e abbiamo raggiunto Londra»
«COOOOOSA?!»
«Mi ha costretta lui!»
«Non è vero!», esclamò Drew.
Prese il cellulare e lo lanciò per terra, poi mi schiacciò contro una colonna dei portici.
«Stupido!», esclamai. «Se me l’hai rotto ti ammazzo!»
«Tanto è vecchio», sussurrò a pochi centimetri da me.
Gli diedi uno spintone. «Stammi lontano», intimai.
Ma lui si mise a ridere quasi in tono malefico. Non lo riconoscevo più. Fino a poco prima era dolce e simpatico e ora sembrava quasi un assassino dalla mente contorta.
Mi intrappolò contro la colonna, impedendomi ogni via di fuga mettendo le braccia ai miei lati. Lo stavo odiando come non mai. Così quando provò ad avvicinarmisi di più mi abbassai, passai sotto le sue braccia e presi a correre con tutta la forza di cui disponevo. Mi fermai un attimo solo per raccogliere il cellulare a terra, ma continuai la corsa. Attraversai i portici e mi buttai in strada, facendomi investire da un forte getto d’acqua piovana. La pioggia che veniva giù dal cielo era forte e faceva rumore nello schiacciarsi a terra, quindi non sentivo i passi di Drew ma sapevo che mi stava inseguendo. Così svoltai in una piccola via e cercai di levarmelo dalle calcagna. Trovai facilmente una scorciatoia per l’hotel dei miei genitori, così avrei potuto nascondermici. Entrai nella hall senza salutare Dallas, il capo dei facchini. Infatti, sebbene stessi correndo, vidi la sua faccia a metà tra l’arrabbiato e l’offeso. Salii di fretta le scale e l’adrenalina era così parte di me che non sentii la stanchezza per lo sforzo. Solo in quel momento mi venne in mente che dovevo prendere l’ascensore che arrivava diretto all’attico – ossia mi lasciava in cucina. Presi un ascensore e arrivai al piano terra. Poi cambiai ascensore e presi quello che dagli altri piani non si poteva prendere, e che arrivava solo all’attico.
«Ciao Jimmy», salutai.
Jimmy Carlton è un addetto agli ascensori, ossia chiude le porte e aiuta gli ospiti con le valigie. È l’unico del suo gruppo che mi piace, anche perché è giovane... figo... e... ed è un ottimo consigliere. Voglio dire, ha molte esperienze di vita e chiedo sempre consiglio a lui.
«Ehi Valerie», mi salutò lui chiudendo le porte dell’ascensore e azionandolo. «Sembri senza fiato»
«Ho fatto una corsa...», sospirai accasciandomi a terra.
«Ah. Lo sai, vero, che i tuoi sono incazzatissimissimissimi con te perché non ti trovano?» 
Mi rannicchiai in un angolo. «Lo credo bene»
«Perché non li hai avvisati?»
«Storia lunga...»
Fece un sorriso sornione. «C’entra un ragazzo, vero? Quante volte ti ha fatta venire?»
Lo guardai con gli occhi stralunati. «COOOOOSA?!»
«Eh dai, a me puoi dirlo!»
«N-non c’entra un ragazzo!»
Che bugia...
«Allora sei stata con una ragazza? Sai, sono un maschio, e immaginare due lesbiche che...»
«Jimmy Jimmy Jimmy! No!», esclamai. «Non sono lesbica!»
Si aprirono le porte dell’ascensore e vidi mio padre davanti a me, le mani sui fianchi e gli occhi in fiamme. Jimmy lo salutò e chiuse l’ascensore per svignarsela. Ha il terrore di mio padre.
Feci finta di nulla e raggiunsi il frigorifero, da cui presi una scatoletta di mais. Mi armai di ciotola e cucchiaino e versai il mais nella ciotola. Poi, guardando mio padre con la coda dell’occhio, camminai furtiva verso la mia stanza.
«Valerie», sospirò. «Dove sei stata?»
Affrettai il passo, perché mio padre mi si stava avvicinando.
«Valerie!»
Mi volsi per illuderlo che mi sarei fermata, ma poi corsi verso la mia stanza e mi ci chiusi dentro.
«VALERIE!», gridò tempestando di pugni la mia porta. «APRIMI!»
Imitai gli stessi gemiti che faccio quando piango e urlai in risposta: «VOGLIO STARE SOLA!»
Lo sentii sospirare di nuovo e la voce di mia madre gli consigliò di lasciarmi in pace per un po’, gli disse che poi sarei andata io da loro.
Guardai la ciotola. Perfetto, non avevo rovesciato il mais. Avevo qualcosa da mangiare, su. Mi voltai per raggiungere il letto, ma il Principe ci era già sdraiato sopra e smangiucchiava degli acini d’uva. Mi salii il nervoso.
«E tu che ci fai qui?! Come ci sarei arrivato?!», esclamai.
Lui sorrise divertito e fece spallucce. Così appoggiai la ciotola di mais sulla scrivania, mi tolsi una scarpa e gliela lanciai addosso.
«Ehi!», esclamò indignato massaggiandosi la testa, dove l’avevo colpito.
«”Ehi” un corno! Che ci fai qui? Perché? Ti avevo lasciato ai portici!», sbraitai.
«Mi documento su tutte le vergini che conduco nella mia torre», spiegò.
Bene, si beccò una seconda scarpa in faccia. Si alzò dal letto, furioso, gettando da una parte la mia scarpe. Mi si avvicinò pericolosamente.
«Smettila di provocarmi», intimò.
«Io non provoco nessuno, mi sto solo arrabbiando con te!», risposi.
«Ma io la vedo come una provocazione! È per il tuo comportamento!», esclamò.
«Non rifilarmi la solita tiritera che dicono i ragazzi alle ragazze. “Quando ti arrabbi sei bellissima”. Ma chi ti credi di essere?»
«Nessuno. Perché non sono più nessuno da tanto tempo»
...Non sapevo cosa rispondergli.
«Bene! Meglio per te!», dissi. «Ma ora buttati dall’edificio e sparisci dalla mia vita. Lo sai che mi hai messo nei guai? I miei sono adirati con me come non mai! Sei solo un... un... UN VIZIATO! Non ti sopporto più!»
Avevo le lacrime agli occhi dalla rabbia. Lui abbassò lo sguardo, mentre io lo tenni alto, come a sfidarlo. Fece un sorrisino amaro e mi abbracciò. Ecco perché mi ero sentita male quando gli avevo detto “sparisci dalla mia vita”. Perché mi faceva battere forte il cuore.
Mi avvinghiai a lui e liberai la mia rabbia piangendo. Lui, sempre abbracciato a me, ci girò e camminò. Capii che aveva raggiunto il letto perché sentivo il materasso contro le mie gambe. In poco tempo fu lui sopra di me.
«No no no no no, ehi, spostati», intimai.
Scosse lievemente la testa come a dire no mentre prendeva a baciarmi il collo, la mascella, il retro dell’orecchio. Ero... confusa. Non sapevo se respingerlo o se accoglierlo. Insomma, Drew era... Drew, e stava avendo qualche effetto su di me. Non sapevo, però, se positivo o negativo. Lui era il Principe, e come tale si stava imponendo. Più mi baciava, più ero meno propensa ad allontanarlo. Però mi costrinsi e provai a staccare le sue labbra dalla mie pelle.
«Lasciati andare», mi consigliò sfiorandomi, sotto la maglietta, la pancia con le dita.
«Non voglio scopare», dissi rudemente.
Perché per lui sarebbe stata solo una scopata.
«Nessuno ha detto che dobbiamo scopare», rise osservandomi. «Avevo in mente di fare l’amore»
Quell’ultima frase mi fece arrossire come non mai, così mi misi a pancia in giù e strisciai via da lui, facendolo ridere ancora di più.
«Ehi!»
«G-gli amici non fanno l’am-amore», protestai.
Mi guardò con un cipiglio interrogativo, continuando a ridere. «Ma noi potremmo essere più che amici, giusto?»
Si stese sul letto accanto a me, a pancia in giù, e mi lasciò un lieve bacio su una spalla. La cosa mi fece ribollire le viscere. In senso positivo, voglio dire...
«Solo ieri hai detto che non siamo anime gemelle», dissi. «E solo due giorni fa volevi stuprarmi e uccidermi»
«L’avrei fatto con dolcezza»
«Nessuno viene stuprato con dolcezza, Drew»
Ci guardammo negli occhi per un po’, poi allo stesso tempo ci avvicinammo l’uno all’altra e ci baciammo. Fu una cosa strana. Lui mi passò le mani sulla schiena e mi portò sopra di lui, ma la posizione mi imbarazzava, così mi misi su di lui solo per metà. Per fortuna era lui che mi guidava... ovviamente. Quindi quando mi tolse la maglietta si posizionò lui su di me. Mi baciava ovunque, e non avevo tempo per pensare che doveva essere imbarazzante, anche perché non lo era. Era qualcosa che volevo. Con Drew. Il Principe.
«Bene, Victoria’s Secret!», rise lui alludendo al mio reggiseno. «Ne hai uno viola, per caso?»
Lo guardai perplessa, puntellandomi sui gomiti. «Non credo... Viola è un colore che non mi attrae»
«Perfetto, ti comprerò io un reggiseno viola», promise.
Fu quando cominciai a slacciare i bottoni della sua camicia che mi accorsi che aveva ancora i vestiti che indossava nella torre ovest. La camicia d’oro, i pantaloni stretti e le Purple Supra. Le Supra le aveva lasciate accanto al letto, però.
Mi passò i polpastrelli sotto il reggiseno, e quest’azione mi fece rabbrividire. Sentivo le sue labbra e le sue dita su di me. Ma... forse non dovevo andare in fondo con lui. D’altronde due giorni prima mi aveva fatta volare dalle scale e mi aveva dato uno schiaffo. E voleva stuprarmi. E infine uccidermi.
«Un momento», sussurrai fermandolo. «Non voglio»
«Perché?», domandò Drew. Sembrava quasi deluso.
«Per me è troppo presto», spiegai. «Devo ancora smaltire il più possibile i ricordi di Vartia»
«Cosa intendi dire?»
Gli ricordai di quanto era stato crudele con me e misi a confronto quel Principe, con questo. Quello che diceva, due giorni dopo avermi minacciato di morte, che voleva fare l’amore con me. Se non faceva finta, era cambiato davvero tanto.
Sorrise amaramente. «Se questo è quello che vuoi, non ti costringerò»
Prima di scendere dal letto gli diedi un ultimo, profondo bacio di ringraziamento. 

Buon pomeriggio c': uuuhm, okay, yo (?) è dal 27 ottobre che non aggiorno. poco più di due settimane ewe spero non mi stiate odiando così tanto da voler la mia morte D: comunque, a parte le cavolate, come state? io sono stanchissima, è da venerdì che sono giù di morale e in più oggi è stata una giornata pesante. la mia prof di tedesco mi sta portando a odiare la sua materia, quando invece io amo il tedesco. che palle çç okay, basta lagnarsi!
che ne dite di questo capitolo
ewe? sarò sincera, fino a cinque minuti fa ero convinta che avrei scritto la scena in cui Valerie e Drew fanno l'amour (?) ma rileggendo i capitoli passati mi sono accorta che, nella realtà, una persona con un po' di sale in zucca (?) non si concede con piacere a chi l'ha offesa in qualche modo. quindi ho cambiato finale :'D non disprezzatemi, vi prego.
fatemi sapere che ne pensate! e grazie per le.. dieci recensioni, cioè
çç fuiesdbfhurert siete adorabili, sul serio çç grazie grazie graaaazie! 
infine, per chi non se ne fosse accorto, ho cambiato nome. prima ero
SheBecameBelieber, ora siemdrew. fdvndjf vi amo. e grazie per tutto <3
siemdrew

 

   
 
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