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Autore: Niniane_88    13/11/2012    3 recensioni
Parigi, 1896.
La giovane e ingenua Jacqueline sta per annunciare il suo fidanzamento con l'affascinante Claude. La povera Jeannette invece è sofferente per l'assenza del suo promesso sposo che l'ha inspiegabilmente abbandonata davanti all'altare e sembra scomparso nel nulla. Il giovane Henri è preoccupato per la salute del padre. La bellissima modella Fleur cammina senza timore per i vicoli bui della città. In una lontana abbazia qualcuno sta espiando le sue colpe.
Tante storie di vita, apparentemente senza alcun legame tra loro. Intrighi, equivoci, amori e tradimenti le renderanno un'unica storia: quella che state per leggere!
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo VI


Ottobre se ne andò, cedendo il passo a un burrascoso novembre: Parigi divenne un’immensa pozzanghera, la Senna si gonfiò e con la pioggia e l’umidità arrivarono anche i mali di stagione.
Jeannette de Meunier però non sembrava risentire del clima poco salutare, anzi sembrava addirittura che nebbia, pioggia e scirocco le piacessero: la contessina si sentiva rinascere e non provava più alcuna tristezza nel guardare fuori dalla finestra. Le cure del dottor Gaillard avevano infine fatto effetto e la giovane donna era in ottima salute. Si avvicinava per lei il momento di rientrare in società, una prova difficile, senza dubbio, ma necessaria: non si poteva certo pensare di relegarla in casa per il resto dei suoi giorni, qualsiasi cosa fosse successa in passato, era giusto che Jeannette ricominciasse a vivere. Avrebbe ricordato in eterno la sua disavventura e ne avrebbe senz’altro sofferto, ma se in qualche modo fosse riuscita a ritrovare sé stessa, avrebbe potuto vivere serenamente, se non proprio felicemente.
Nonostante le perplessità del dottore e dei suoi familiari, Jeannette si aggrappava ancora alla speranza di ritrovare il suo promesso sposo. A chi aveva cercato di farla ragionare, dicendole che probabilmente il marchese de Blanchard era morto, o se era vivo, era del tutto irrintracciabile, Jeannette rispondeva con forza che vivo o morto avrebbe fatto in modo di ritrovarlo. Il dottor Gaillard aveva rinunciato ben presto ai tentativi di persuasione, comprendendo che se questa vana speranza teneva in vita la sua paziente, forse era meglio non disilluderla del tutto. Certo, ritrovare il marchese sembrava un’impresa impossibile: era un rampollo di una casata importante, perciò, dopo la sua scomparsa, le ricerche erano state svolte con la massima cura, non solo in Francia, ma anche all’estero. Non erano rari i casi di persone che sparivano senza lasciare più alcuna traccia e il marchese sembrava uno di questi. Jeannette de Meunier si rendeva conto di come, ogni giorno che passava senza averlo ritrovato era un giorno sottratto a ogni ragionevole speranza di riuscirvi, ma non voleva arrendersi. Il suo amore per lui era tanto profondo e grande che la fanciulla arrivava a convincersi di una cosa: se lei era viva, allora doveva esserlo anche lui. Se Maximillen Clément de Blanchard avesse cessato di vivere, anche lei, la sua amata, sarebbe morta, di conseguenza. Non potevano esistere l’uno senza l’altra: Maximillen gliel’aveva detto tante volte e lei ci credeva con tutto il cuore...
Il morale di Jeannette era alto, mentre si preparava ad andare in chiesa, quella domenica: da quando aveva ricominciato a uscire, si era recata molto spesso nella cattedrale di Saint Sulpice e lì aveva ricominciato a pregare come faceva un tempo, con fervore e fiducia nella bontà divina. Le sue preghiere, forse, non erano sempre ortodosse, ma nascevano dal suo cuore martoriato e lei sapeva che in Cielo le avrebbero ascoltate. Jeannette implorava soprattutto la Vergine Maria, di accogliere la sua supplica, e di indicarle dove fosse il suo amore perduto.
Percorrendo in silenzio la navata della grande cattedrale, Jeannette si sentiva serena, sollevata: sarebbe rimasta lì per sempre se avesse potuto, c’era tanta pace in quel luogo! L’immenso organo suonava, grandioso e solenne e la musica si diffondeva in tutto l’edificio, riempiendo l’aria di armonie sublimi e scaldando il cuore della donna. Jeannette si ritrovò a sorridere, mentre ascoltava l’inizio della santa messa. Non era un sorriso felice: era un sorriso di serena rassegnazione... ma era un sorriso bellissimo e qualcuno lo notò.


 
Claude Laurent Renard non era particolarmente religioso e non andava molto spesso a messa. Quella domenica però aveva deciso di andare a Saint Sulpice. Motivo: dare un’occhiata alle donne presenti, in particolare alle fanciulle nobili.
Questa sua impresa aveva rischiato di andare a monte, quando aveva visto entrare nella cattedrale l’intera famiglia de Chalange: la marchesa, sottobraccio al piccolo duca Jean Michael, la pestifera Elenoire e infine la pallida Jacqueline. Claude si era prontamente nascosto dietro una colonna e aveva aspettato che il gruppo si allontanasse. Aveva osservato attentamente l’espressione affranta sul viso di Jacqueline e anche se non avrebbe voluto, non aveva potuto evitare di sentirsi in colpa: non augurava certo a quella poveretta di essere infelice. Anzi, sperava con tutto il cuore che Jacqueline lo dimenticasse in fretta: gli bruciava ancora l’umiliazione subita e non voleva certo incontrare di nuovo il piccolo duca, il quale non era stato affatto contento di veder sfumare la sua vendetta e avrebbe potuto sfidarlo a duello di nuovo… però Jacqueline non aveva alcuna colpa, non era giusto che dovesse soffrire. Claude non era del tutto privo di scrupoli ed era consapevole di aver sfruttato quella ragazza, approfittando della sua innocenza e della sua ingenuità. Sapeva che questo non gli faceva onore e un po’ se ne vergognava, ma gli affari erano affari… Jacqueline avrebbe dovuto essere più scaltra e tenere gli occhi bene aperti, sarebbe stato meglio per lei. Infondo gli si era offerta su un piatto d’argento! Conquistarla era stato talmente facile… povera piccola!
Pensare a lei era ormai inutile, si disse Claude con un’alzata di spalle. Era giunto il momento di dedicarsi a una nuova conquista.
Il giovane percorse molto lentamente la navata destra della cattedrale, evitando accuratamente di avvicinarsi alla famiglia de Chalange. 
Vide molte donne, alcune delle quali gli erano note, altre no. Infine il suo sguardo fu attratto da una giovane dal viso ovale e dai lunghi capelli color mogano, semi nascosti dal velo che le copriva il capo. Era vestita in modo semplice, ma raffinato e non dimostrava più di vent’anni. Doveva essere  appena più vecchia di Jacqueline.
Claude la osservò con attenzione, senza farsi notare e ad un tratto la bella signorina alzò il capo e sorrise. Allora Claude riconobbe con stupore la contessina Jeannette Françoise de Maunier, una sua vecchia conoscenza, la fidanzata di quel poveraccio di Maximillen.
Strano che fosse in chiesa: per quel che aveva sentito dire, era stata malissimo per mesi e non era uscita di casa nemmeno una volta dopo lo scandalo… evidentemente si era ripresa.
Claude continuò a studiarla: era sempre stata molto attraente e aveva un fascino ben diverso dalla dolce bellezza di Jacqueline. Anche adesso era bella, forse appena un po’ dimagrita. L’unica cosa ad essere davvero cambiata in lei era l’espressione del viso: ogni traccia di gaiezza era scomparsa e al suo posto vi si era infissa una mestizia nient’affatto sgradevole. Gli occhi della contessina erano profondi, riflessivi e dolci.
Sì, era bella, pensò Claude stupito. Nonostante tutto quello che aveva passato non si era consumata. Chissà se le storie secondo cui era diventata alcolizzata erano vere.
Forse era giunto il momento di scoprirlo, dopotutto.
La mente di Claude già lavorava frenetica, intessendo un nuovo piano: i conti de Meunier erano forse la coppia più ricca di tutta la città, ma dopo lo scandalo con il marchese de Blanchard e i problemi di salute di Jeannette non potevano fare tanto gli schizzinosi. Era probabile che se qualcuno avesse chiesto la mano della loro povera, sfortunata figliola, avrebbero accettato subito, accontentandosi del fatto che Jeannette non fosse stata disprezzata da tutti: certamente temevano di non riuscire più a darla in sposa. Se lui, Claude, l’avesse corteggiata e avesse fatto capire a tutti di accettarla così com’era, senza pregiudizi, nessuno avrebbe osato contraddirlo. Era un buon partito ed era giovane, sano, attraente. I conti de Meunier non avrebbero avuto nulla da ridire e una volta che avesse sposato Jeannette avrebbe potuto vivere come desiderava, protetto dal nome de Meunier.
Certo, la faccenda di Jacqueline era un grosso ostacolo: lei e Jeannette erano state buone amiche in passato e la contessina avrebbe sicuramente fatto fatica a fidarsi di lui. Avrebbe dovuto agire con molta cautela e sedurla a poco a poco. La fretta, in questo caso, sarebbe stata la sua peggior nemica. 
Al termine della messa le si accostò con garbo.
- Buongiorno, madmoiselle. – disse con tutta la gentilezza di cui era capace – E’ un piacere rivedervi.
Jeannette lo guardò stranita per un momento, come se sentirsi salutare con tanta cortesia fosse stata effettivamente una cosa da tempo dimenticata. Poi i suoi occhi s’illuminarono.
- Monsieur Renard? – chiese incerta – Siete voi?
- Proprio io. – confermò Claude – Come state?
Jeannette assunse improvvisamente un’aria sospettosa, che confermò a Claude quanto fosse diversa da Jacqueline. Non si lasciava ingannare tanto facilmente da una parola gentile.
- Sto bene, grazie. Arrivederci, monsieur. – disse, rigida.
- Arrivederci. – rispose Claude col massimo garbo. Non era il caso di insistere. Come primo incontro non era andato poi così male. Cedette l passo alla signorina che lasciò la cattedrale senza voltarsi indietro, poi seguì il suo esempio. 
Avrebbe dovuto trovare il modo di rivederla, entro una settimana o giù di lì. Non era così difficile, forse aveva già un’idea…

 
 
Henri non sapeva che cosa, di preciso, l’avesse spinto ad andare alla messa domenicale… forse uno slancio di fede? O piuttosto un desiderio inconscio di rivedere una certa persona che senza dubbio sarebbe stata lì? O forse entrambe le cose.
Si era seduto in un angolo, come al solito e si era sforzato di ascoltare. Il suo sguardo però continuava a vagare per la navata, speranzoso.
Infine la vide, circondata da tutta la sua famiglia, come sempre: Jacqueline spiccava in mezzo ai presenti per la sua bellezza, ma Henri notò subito quanto sembrasse infelice.
Tutta colpa del suo fidanzamento andato a rotoli…si disse, sinceramente dispiaciuto.
Chissà se la marchesa stava già pensando di darla in sposa a qualcun altro… probabilmente no. Conoscendola, avrebbe lasciato che il tempo cicatrizzasse il dolore della figlia e non le avrebbe parlato di matrimonio finché Jacqueline non fosse stata decisamente meglio.
Speriamo solo che non si metta in testa di rimanere fedele a Claude per sempre… sarebbe inutile e doloroso per lei e per tutti.
Henri non perse di vista la fanciulla e quando fu giunto il momento di alzarsi ebbe un moto d’incertezza: cosa c'era di male se l’avesse salutata? Per una volta, valeva la pena di rischiare.
Si avvicinò al gruppo dei de Chalange e salutò per prima la marchesa.
- Buongiorno, madame. Come state?
Madame de Leclerc parve sorpresa di vederlo e ricambiò il saluto con un sorriso.
- Buongiorno, monsieur Dupois. E’ un piacere rivedervi. Stiamo bene, grazie.
La piccola Elenoire si fece avanti. Henri notò che era cresciuta di una spanna e che aveva iniziato a indossare abiti da adulta. Era molto graziosa.
- Monsieur Dupois, che bello vedervi! – esclamò, porgendogli la mano – Mi siete mancato, sapete!
- Elenoire! – la riprese con dolcezza la madre.
- Ma è vero, mamma! Mi mancano le sue lezioni, lo sai!
Henri sorrise in modo diplomatico. Le manifestazioni di affetto di Elenoire erano sincere e commoventi, ma non era il caso di irritare la marchesa. Sfiorò la guancia della fanciulla in un gesto paterno, poi si rivolse al cugino.
- Buongiorno, duca. – disse rispettosamente.
Il giovane de Chalange ricambiò con un cenno cortese e prese sottobraccio la marchesa apprestandosi ad uscire.
Solo allora Henri osò guardare Jacqueline che era rimasta indietro, a testa bassa, apparentemente immersa nei propri pensieri.
- Buongiorno, madmoiselle Jacqueline. – mormorò.
La fanciulla alzò gli occhi verso di lui: Henri vi lesse tanto smarrimento e tanta tristezza, ma anche qualcos’altro. Una piccola scintilla di vita, cosa se, nonostante tutto il suo dolore, Jacqueline confidasse ancora nel domani e anche nell' umanità. Henri intuì che la duchessina era contenta di vederlo, anche se forse non se ne rendeva conto o non sapeva come dimostrarglielo e non si offese quando ella si allontanò accennando appena un saluto: sapeva riconoscere la sofferenza e il senso di estraneità nei confronti del mondo che poteva causare. Gli bastò poterla guardare per un momento negli occhi e sentire di non esserle sgradito.
La seguì con lo sguardo, mentre usciva insieme alla sua famiglia, poi con un sospiro fece altrettanto.
Fuori la pioggia era cessata.

 
 
Jacqueline lasciò la chiesa senza quasi accorgersi di dove andava. Se non fosse stato per sua sorella, che la sorvegliava da mattina a sera, un giorno avrebbe probabilmente finito con l’essere investita da una diligenza o da un’automobile tanto era distratta e svagata. Anche quella mattina, per esempio: non riusciva a ricordare di aver accettato di andare in chiesa… eppure doveva averlo fatto, se era lì. Non ricordava neppure di essersi messa quel vestito verde di velluto pesante (anche troppo pesante) né tanto meno di aver infilato il soprabito… eppure doveva aver fatto anche quello. Probabilmente Elenoire l’aveva aiutata a vestirsi, come al solito.
Immersa nei soliti pensieri dolorosi e cupi, Jacqueline non badò alla gente che usciva come lei dalla cattedrale, né al sole che faceva capolino dietro alle nuvole.
Fu solo quando sua madre si fermò davanti alla loro carrozza che Jacqueline comprese.
Henri! Henri era lì! Era vicino!
Cos’era successo? Si erano visti in chiesa, prima. Elenoire aveva detto qualcosa… sulle lezioni…
L’ho a malapena salutato! comprese la duchessina, allarmata. Come ho potuto essere tanto egoista?
Henri!
Quel nome era come un raggio di sole in una giornata tetra, come una cioccolata calda in inverno.
Era stato proprio il ricordo di Henri a sostenerla in quei mesi bui: il ricordo dolce e amaro della loro amicizia, che per lei, ad un certo punto si era trasformata in amore. Il suo primo amore.
Henri serviva a ricordarle che al mondo esistevano uomini buoni, onesti, sinceri e leali. Non c’erano solo gli ipocriti, gli insensibili, come Claude, che l’aveva usata crudelmente e le aveva fatto credere di amarla.
No, Henri era l’esatto opposto e non meritava di essere ignorato! Anzi, doveva parlargli, subito! Henri avrebbe capito, ne era certa.
Agitata, Jacqueline si guardò intorno, cercando con lo sguardo il suo precettore.
Dio ti prego, fa che sia ancora qui…
- Jacqueline, dai sali! – le disse affettuosamente Jean Michael, vedendola esitare.
La duchessina continuò a volgere lo sguardo intorno, poi d'un tratto si voltò verso di lui e gli sorrise, radiosa.
L'aveva visto! Aveva visto Henri, a pochi metri da lì.
- Arrivo subito! – disse con gioia, sorprendendo il cugino – Aspettatemi un momento!
E senza curarsi delle manifestazioni di sorpresa dei suoi cari spiccò una corsa per raggiungere il giovane.
Henri, che si stava dirigendo in tutt'altra direzione, dovette sentirla arrivare, perché si fermò e si voltò a guardarla, stupito.
- Duchessina, non correte così. – le disse con gentilezza.
Jacqueline si fermò a sua volta un po’ ansante e lo guardò in volto, mentre cercava di recuperare il fiato.
Rimase colpita dalla sua bellezza: era biondo, quasi come Claude, ma i suoi capelli avevano una tonalità lievemente più scura. I suoi occhi erano azzurri e sereni, il suo viso ovale dai tratti regolari era aperto e gentile. Era più alto di Claude e più prestante, anche se non era altrettanto snello e slanciato.
Ma soprattutto, quello che lasciava Jacqueline senza parole era l’immensa dolcezza che Henri sembrava irradiare dall’interno.
Quest’uomo, si disse, renderà sua moglie la più felice delle donne.
- Volevate parlarmi, Jacqueline?
La voce di lui la riscosse. E che voce calda era!
- Henri. – rispose con voce tremante, prendendosi anche lei la libertà di chiamarlo per nome, come negli ultimi giorni in cui aveva frequentato la sua casa – Henri, vi è mai capitato di innamorarvi di una donna, di credere che fosse la persona migliore del mondo e poi di scoprire che a lei non importava nulla di voi, che vi usava soltanto per soddisfare il suo egoismo?
Gli occhi celesti di lui erano pieni di comprensione.
- Mi è capitato. – le rispose in tono consolante – E’ stato quand’ero molto giovane, ma era la prima volta che mi innamoravo ed ero tanto esaltato da non saper più distinguere il bene dal male. Lei mi abbandonò ben presto e io soffrii come un cane per mesi. E’ accaduto subito prima che iniziassi a lavorare in casa vostra, voi eravate ancora una bambina.
Jacqueline provò un profondo sollievo.
- Ma poi, - chiese ancora – Siete riuscito a dimenticarla?
Lo sguardo di lui si fece più intenso.
- Certo, ci sono riuscito, con il tempo. E anche voi riuscirete a dimenticare. Non abbiate paura, madmoiselle, il tempo è il miglior dottore che esista.
Jacqueline continuò a perdersi nei suoi occhi.
- Voi… voi credete? -balbettò, emozionata.
Il sorriso di Henri si allargò:
- Assolutamente. Siete forte, guarirete, ne sono certo.
E Jacqueline, all’improvviso gli credette.
- Grazie Henri! – esclamò con slancio, afferrandogli la mano – Vi ringrazio tanto! Dio vi benedica! Addio!
E felice, viva, come non si sentiva da troppo tempo corse di nuovo verso la carrozza.





Buonasera a tutti! Innanzitutto grazie alle persone che mi seguono! Grazie delle recensioni e di aver messo la storia in qualche lista! Per la cronaca, la cattedrale di Saint Sulpice c'è veramente, a Parigi e ha davvero un organo stupendo. i nostri protagonisti principali si sono quindi ritrovati, per caso, tutti lì! Adesso cosa combinerà Claude? E Jeannette, e gli altri?
Spero di aggiornare presto!
Un bacione a tutti!
Vostra
Niniane
   
 
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