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Autore: WordsEnchantress    13/11/2012    0 recensioni
Era solo pioggia nella sua vita, innocua pioggia.
Col tempo, però, l'acqua corrode.
(Anche quando la tempesta è già finita.)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tentai di respirare a fondo. Bene, quello riuscivo a farlo. La testa mi gira terribilmente, i miei occhi non erano intenzionati ad aprirsi. Perciò cominciai ad appellarmi a ogni senso a mia disposizione. Sicuramente mi trovavo sdraiato per terra, l’odore che mi giungeva era strano, acre, e mi bruciava nelle narici. La gola era secca come non mai. C’era uno strano ronzio. Finalmente mi decisi e socchiusi le palpebre. Una luce soffusa accompagnò il mio sguardo finché non misi bene a fuoco la stanza: dove mi trovavo? Avevo bevuto di nuovo. Mi alzai a fatica e raggiunsi il bagno a tentoni mentre cercavo di ricordarmi qualcosa della sera prima. “Fai poco lo stronzo e tira bene l’acqua che,lo sai, lo scarico di questa casa fa pena. Cazzo se puzzi, amico. Fattela una doccia, non m’offendo. Coglione.” La tempia mi pulsò fastidiosamente mentre mi rendevo conto che a parlare era stato Juan, il mio migliore amico dai tempi dell’asilo. Non lo vedevo da mesi. Ma la sua lingua era tagliente quanto i suoi pensieri: “Dimmi, ti capita spesso di bere fino a sfondarti o era tanto per provare il coma etilico? No, sai, giusto a titolo informativo. Perché non sei propriamente leggero e per arrivare a questo appartamento ci sono un po’ di scale. Oh, ma mi ascolti? Alejandro che cazzo stai facendo?! Vuoi ammazzarti?! Sei ridotto da far schifo! Dimmi qualcosa!” “Juan! Juan… Aiutami a ricordare… Io mi, mi sono dimenticato, io…” Il suo sguardo cambiò in modo repentino, si addolcì e poi si spense leggermente. Si avvicinò a me e mi abbracciò forte, poi mi diede un asciugamano e dei vestiti puliti, mi mostrò il bagno e mi lasciò del tempo per me. Quando fui pronto andai verso il minuscolo salotto e lo trovai con la testa tra le mani. Notai solo allora le sue occhiaia marcate, non aveva dormito bene. Mi sedetti in silenzio, con la testa che girava ad ogni movimento leggermente più brusco del solito. “Ale… Ero in quel pub con degli amici quando ti ho visto… Stavi facendo a cazzotti con un tipo che sarà stato il triplo di te e che ti ha risparmiato solo quando sei quasi andato in coma per tutto quello che avevi bevuto. A quanto pare ti aveva solo chiesto di fare passare la sua ragazza e tu hai letteralmente dato di matto… Sembrava quasi volessi farti menare.” “Io…” “Guarda che non sono stupido!” Si stava davvero incazzando, ispirò forte e riprese: “Li vedo! Vedo i lividi sbiaditi su tutto il tuo corpo! Vedo i tuoi occhi spenti! Ero lì e ti tenevo la testa mentre rimettevi l’anima e parlavi… Volevo piangere ma ero troppo occupato ad assicurarmi che non svenissi di nuovo. Continuavi a ripetermi che era per stare meglio, che bere ti avrebbe fatto dimenticare. Non puoi continuare così…” “Juan, scusami. Davvero. Non volevo tirarti in mezzo a sto schifo.” “Perché?” “Cosa?” “Perché lo fai?” “Spero di dimenticare, o quantomeno di non pensarci. Mi annebbio la mente con l’alcool e poi spero che il dolore fisico annulli quello interiore.” Juan scosse la testa e mi si avvicinò per stringermi forte. Non lo vedevo da così tanto tempo… Lo avevo allontanato, avevo allontanato tutti.

Maribel sorrise mentre cercava di divincolarsi, ma io ero più forte e farle il solletico mi divertiva tantissimo; faceva strane smorfie e si contorceva per evitarmi, ma rideva troppo per riuscire nel suo intento. Rotolammo sul letto e il mio cuore accelerò subito. La maglietta le era scivolata dalla spalla e mostrava la sua pelle candida… La tirai verso di me intrecciando le gambe con le sue, poi le tolsi la maglietta con bramosia e cominciai ad assaporare il dolce nettare del suo collo. Poi scesi e le sfilai piano i jeans, mostrando la linea rossa e sottile delle mutandine che le sottolineavano il fondoschiena sexy. La schiena bianca ed elegante la faceva somigliare a un felino mentre anche lei mi toglieva i vestiti con lo sguardo intenso e le labbra sensuali semichiuse. Mentre con le labbra tracciavo il profilo del suo seno presi coraggio e sussurrai sulla sua pelle calda: ti Amo…

Mi svegliai di colpo, un rivolo di sudore tagliava la mia fronte per scendere sulla guancia. Corsi fuori senza voltarmi indietro, correvo e correvo. Mi resi conto solo parecchi metri dopo che fuori imperversava un violento temporale estivo… Continuai a correre per tutta la Rambla finché stremato non giunsi in riva al mare e caddi in ginocchio. La pioggia si mescolava alle mie lacrime e scivolava lenta sulle mie labbra. Provai a baciarla mentre singhiozzavo impotente. Ma come si può rubare un bacio alla pioggia? Si posa su di te e poi scivola via, per non tornare più indietro. Piansi fino all’alba e poi, proprio mentre il cielo diventava rosso e la pioggia diminuiva, alzai lo sguardo. Una docile ombra si stagliava contro il mio cielo, bagnata e infreddolita, tremava. Era lì, era stata lì tutta la notte. Una delle mille goccioline che le tempestavano il viso si nascose nella piega della sua bocca delicata…

Era una lacrima, o anche lei aveva provato a baciare la pioggia?

   
 
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