Trecentoottantadue
Era la prima volta
che mi sentivo una madre
One of these days
One
of these days
The
ground will drop out from beneath your feet
One
of these days
Your
heart will stop and play it's final beat
But
it's alright
Yet
it's alright
Easy
for you to say
Your
heart has never been broken
Your
pride has never been stolen
Not yet, not yet
One of these days
I bet your heart'll be broken
I
bet your pride'll be stolen
One
of these days
Uno di questi giorni
Ti mancherà il terreno sotto i piedi
Uno di questi giorni
Il tuo cuore si fermerà suonando il
suo ultimo battito
Ma va tutto bene
Finora va tutto bene
È facile per te dire
Che il tuo cuore non è mai stato
infranto
Che il tuo orgoglio non è mai stato
rubato
Non
ancora, non ancora
Uno di questi giorni
Scommetto che il tuo cuore verrà
infranto
Scommetto che il tuo orgoglio verrà
rubato
Uno
di questi giorni
(These Days, Foo Fighters)
Magadan (Kolyma), Estremo Nord-Est Siberiano
Accampamento di Irek Il’ič
Stepašin
Notte del 21 Luglio 1843
Sale la nebbia sui prati bianchi
Come un cipresso nei Camposanti
Un campanile che non sembra vero
Segna il confine fra la terra e il
cielo
(Inverno, Fabrizio De André)
-Nincs! Én nem akartam...-
No! Io non volevo...
Feri si
svegliò di soprassalto, stringendo convulsamente tra le dita la coperta che gli
aveva dato Irek la sera prima.
Erano le
tre di notte e nevicava, fuori dalla tenda.
Infuriava
una vera e propria tempesta di neve, e c’erano sessantasei gradi sotto zero.
Feri, però,
il freddo nemmeno lo sentiva.
Si sentiva bruciare, lui, per il terribile sogno
che aveva fatto.
Anzi, non
era stato neanche un sogno.
Non aveva visto niente.
Era stata,
piuttosto, una sensazione.
Come diceva
sempre Alja, Feri era uno zingaro, ma non faceva incantesimi.
Erano solo superstizioni, quelle.
Leggeva il
destino, Feri.
Questo sì.
Sentiva il destino.
Anche
quella notte non aveva visto, ma aveva
capito.
Per questo
si era svegliato gridando.
Per questo non si sarebbe più riaddormentato.
-Én nem akartam, én nem akartam...- Io non volevo,
io non volevo..., ripeteva con voce tremante, in
ungherese.
-Feri, mi történt?- Feri, cos’è successo?,
domandò Hajnalka, che dormiva con lui e s’era svegliata con lui, mettendosi
seduta.
Allungò una
mano ad accarezzare il volto del fratello, che le sorrise debolmente, grato.
-Mi kell menni Sparta, Hajnal... Natal’ja...-
Dobbiamo andare a Sparta, Hajnal... Natal’ja...
-Lys?-
-Starà troppo male, Haj... Én nem tudom, miért... Nem tudom, nem
láttam, cosa le succederà.
Nem láttam,
de...-
Io non lo
so, perché... Non lo so, non l’ho visto, cosa le succederà. Non
l’ho visto, ma...
-Stai
tranquillo. Ne aggódj, Feri. Non sei nemmeno sicuro...-
Non preoccuparti, Feri.
-Igen! Igen! Én ismerem...-
Sì! Sì! Io lo so...
-Feri...-
-Én nem hagyhatom ő...-
Io non posso lasciarla...
-E non la
lascerai. Ma non è così che la
aiuterai...-
-Hajnal, kérem...-
Hajnal, ti prego...
-Aludj, most, az én Feri. Aludj és ne gondolj rá. Előbb
vagy utóbb el fog múlni-
Dormi, adesso, mio Feri. Dormi e non pensarci.
Prima o poi passerà.
Hajnalka
lasciò un bacio sulla guancia del fratello e poi si sdraiò di nuovo accanto a
lui, con un sospiro.
Era un altro dei suoi deliri...
Un delirio come ne aveva avuti tanti, da quando era
tornato da Omsk, da quando Lys l’aveva lasciato.
Da quando avevano fucilato la mamma, da quando era
evaso di prigione, da quando Lys gli aveva spezzato il cuore.
Solo un delirio...
Ne era sicura.
Scusa se
ti chiedo scusa
Se non sono lo stesso
Come quei
giorni che amavo i sogni tuoi
Tu però te
lo ricordi
Te l'avevo detto
Com'eri
bella quella sera nel mio cuore
L'ultima sera che finisce il primo amore
Forse
tutta la mia mente è diventata sabbia
Eravamo noi, ricordi, quelli della rabbia
(Algeri,
Roberto Vecchioni)
Erano entrambi
troppo giovani, in quel 1848
Lei aveva
ventitré anni e lui ventinove
Li avevano
uccisi entrambi, gli Zaristi
Lui perché aveva giurato, lei perché gli aveva
creduto
If
I had my way
If
I had to lose
Wouldn't
take back one thing
Never
had much to choose
Then
it dawned on me
Coming
down on you
Like
a cold sky raining under a burning moon
Waiting
all your life, your wish is coming true
Bless
your heart for beating me right out of you
Miss
the misery
Need
a reason for a change
Need
a reason to explain
So
turn it on again
Don't
change your mind
Your
wasting light
Getting this?
Se fosse per me
Se
dovessi perdere
Non sarebbe riprendere una cosa
Non
ho mai avuto molta scelta
Poi mi sono accorto
Scendendo su di te
Come un cielo freddo di pioggia sotto
una luna ardente
Hai aspettato per tutta la vita, il
tuo desiderio si sta avverando
Benedici il tuo cuore a battere per
me, fuori di te
Perdere
la miseria
Hai bisogno di un motivo per un
cambiamento
Hai bisogno di un motivo per spiegare
Quindi riaccendilo
Non cambiare idea
La tua luce sprecata
Per avere questo
(Miss
the Misery, Foo Fighters)
Sparta, 27 Febbraio 1844
Anche la luce sembra morire
Nell'ombra incerta di un divenire
Dove anche l'alba diventa sera
E i volti sembrano teschi di cera
(Inverno, Fabrizio De André)
Theodorakis si fermò sul
primo gradino dell'Αθάνατος e guardò intensamente
la porta chiusa.
Era deserta, quel giorno, la palestra di Sparta.
E lo sarebbe stata ancora
per molti giorni.
Era stata una decisione
generale.
Il figlio di Geórgos era
morto, era stato ucciso, e gli allenamenti militari erano sospesi a tempo
indeterminato.
Lui era andato lì
comunque, perché a casa di Gee non riusciva a stare.
Non avrebbe mai
dimenticato il gelo che aveva sentito dentro quando aveva visto Lisandro giù
dal burrone.
E Natal'ja gridare.
E Natal'ja svenire.
Gee l'aveva riportata a
casa in braccio, ancora priva di sensi, e mentre la riportava a casa aveva
pianto.
In silenzio, mordendosi le
labbra per non lasciarsi sfuggire neanche un singhiozzo.
Gli aveva fatto un cenno
col capo, prima di andare.
Si era perfino ricordato
di salutarlo.
Con gli occhi colmi di
lacrime, l'aveva salutato.
E in quel momento si era
sentito svenire anche Theo.
Gli era sembrato troppo
tranquillo e taciturno, innaturalmente distaccato, all'inizio.
Non era vero, aveva una tempesta dentro.
Non era vero, era in fiamme, dentro.
Non era vero, gli pulsava il cuore e la testa.
Non era vero, gli bruciava il sangue sotto la
pelle.
Non era vero, faceva semplicemente troppo male.
Non fingeva, però.
Gee era davvero così forte.
Lo sapeva bene, Theo.
Non fingeva, ma quanto gli costava?
Era seriamente preoccupato
per lui.
Sapeva che il suo
coraggiosissimo amico avrebbe pensato prima a difendere Lys da quel dolore che
a se stesso.
Lo stava già facendo.
E non era assolutamente
sbagliato, ma...
Questo avrebbe potuto ucciderlo.
Poi, all'ultimo momento,
decise.
Si voltò e corse via.
A casa del suo migliore
amico.
Ad affrontare la
situazione con loro.
Chissà se Natal'ja si era ripresa.
Chissà che cosa le stava dicendo, cosa stava
facendo Gee per calmarla.
Chissà che sguardo avevano, entrambi.
Chissà come stavano i bambini, chissà se ci
riusciva, Gee, con quella sua immensa, sanguinante forza d'animo, a consolare
anche loro.
Chissà quanti abbracci, carezze, promesse, pianti e
disperazione.
Chissà che attimi di follia, mentre la morte gli
passava tra le dita.
Chissà che ghiaccio in fondo alla gola, respiri
infranti e lividi sull'anima.
Chissà quanta voglia di rialzarsi, e quanta poca
forza in corpo.
E chissà come avrebbero fatto, poi...
Corse fin lì, non bussò
alla porta, sapeva ch'era aperta, chi poteva aver pensato a chiuderla?
Si
precipitò dentro, attraversò il corridoio...
Solo davanti alla loro camera
esitò.
Non riusciva a sentire
nessun rumore da dietro la porta.
Com'era possibile?
A quell'apatia no, Theo
non era preparato...
Salirono le lacrime agli
occhi anche a lui e non si preoccupò di trattenerle, non quella volta.
Era da così tanto tempo che non piangeva...
Troppo tempo, forse.
I suoi occhi verdi in quel
momento erano azzurri, di un azzurro chiarissimo lacerato dalle lacrime.
Piangeva per loro, per
Alja e Gee.
E per Aiace, Céline e
Nikolaj.
Per Lisandro, soprattutto.
No, non era preparato.
Ma aprì ugualmente la
porta, e con uno strappo al cuore trovò anche il coraggio di guardare.
Quasi fiero delle sue
lacrime.
Quasi.
Natal'ja era sdraiata sul
letto, sopra le lenzuola, girata contro il muro.
Dava le spalle a Gee, ma gli
teneva la mano.
Lui era seduto e guardava
il soffitto.
Sconfitto.
Lys forse piangeva, ma non
si sentiva.
Theo non osava immaginare di che colore fossero i
suoi occhi in quel momento.
Fu lei la prima a cui si
avvicinò.
Le fece una carezza sui
lunghissimi capelli biondi, e lei nemmeno si mosse.
Però, forse, in un'altro momento, ripensandoci,
avrebbe sorriso.
-Ehi, Nataljetshka...- le sussurrò, dolcemente.
Solo allora lei lo guardò.
Theo notò il colore dei
suoi occhi, e impallidì.
Argento fuso, come quelli di Lisandro.
Esattamente come i suoi.
Gli mancò il fiato, ma si
sforzò di sorriderle.
E lei, confusa e felice di
quel sorriso, nonostante la febbre e il freddo che sentiva, con una voce sottile
e straziante, parlò.
Glielo confessò.
-Это был
первый раз
когда я
чувствовал
себя
матерью... Настоящая
мать-
Eto byl pervyy raz kogda ya čuvstvoval sebya
mater’yu... Nastoyaščaya mat’.
Era la prima volta che
mi sentivo una madre... Una vera madre.
Ma tu che vai, ma tu rimani
Vedrai, la neve se ne andrà domani
Rifioriranno le gioie passate
Col vento caldo di un’altra estate
(Inverno, Fabrizio De André)
Note
One of these days - Uno di questi giorni: These Days, Foo Fighters.
Buon pomeriggio ;)
Per me non lo sarà un
granché, perché le frasi di Senofonte che devo tradurre per greco sono
praticamente impossibili, ma ce la metterò tutta, l’ho promesso a Gee ;)
Passando al capitolo...
Ricordate il sogno di
Alja, il Capitolo 373, Sparta brucia?
Ecco...
Questo è quello di Feri.
La sua sensazione che Hajnal scambia per
delirio.
Quello che è successo ad
Alja e Gee, a Lisandro, lui l’aveva avvertito.
Ma alla fine si è convinto
anche lui di delirare, come Lys dopo aver raccontato il suo incubo a Gee.
E così, non ha potuto fare niente.
Quanto alla seconda
parte...
Non lo so, perché ho scelto
di descrivere la situazione dal punto di vista di Theo, dai suoi occhi che
hanno cercato di fermare Alja perché non vedesse suo figlio morto, ma non sono
bastati.
Non lo so, ma stavolta
voleva parlare lui, e io l’ho lasciato fare ;)
La lascio commentare a
voi, quella parte, le parole di Lys.
Anche perché voi lo sapete, che Alja e Gee sono forti, e quanto.
A presto! ;)
Marty