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Autore: Natalja_Aljona    14/11/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Trecentoottantadue


Trecentoottantadue

Era la prima volta che mi sentivo una madre

One of these days

 

One of these days 

The ground will drop out from beneath your feet 

One of these days 

Your heart will stop and play it's final beat

But it's alright 

Yet it's alright

 

Easy for you to say 

Your heart has never been broken 

Your pride has never been stolen

 Not yet, not yet

 

     One of these days

 I bet your heart'll be broken 

I bet your pride'll be stolen

One of these days

 

Uno di questi giorni

Ti mancherà il terreno sotto i piedi

Uno di questi giorni

Il tuo cuore si fermerà suonando il suo ultimo battito

Ma va tutto bene

Finora va tutto bene

 

È facile per te dire

Che il tuo cuore non è mai stato infranto

Che il tuo orgoglio non è mai stato rubato

Non ancora, non ancora

 

Uno di questi giorni

Scommetto che il tuo cuore verrà infranto

Scommetto che il tuo orgoglio verrà rubato

Uno di questi giorni

(These Days, Foo Fighters)

 

Magadan (Kolyma), Estremo Nord-Est Siberiano

Accampamento di Irek Il’ič Stepašin

Notte del 21 Luglio 1843

 

Sale la nebbia sui prati bianchi 

Come un cipresso nei Camposanti 

Un campanile che non sembra vero 

Segna il confine fra la terra e il cielo

(Inverno, Fabrizio De André)

 

-Nincs! Én nem akartam...-

No! Io non volevo...

Feri si svegliò di soprassalto, stringendo convulsamente tra le dita la coperta che gli aveva dato Irek la sera prima.

Erano le tre di notte e nevicava, fuori dalla tenda.

Infuriava una vera e propria tempesta di neve, e c’erano sessantasei gradi sotto zero.

Feri, però, il freddo nemmeno lo sentiva.

Si sentiva bruciare, lui, per il terribile sogno che aveva fatto.

Anzi, non era stato neanche un sogno.

Non aveva visto niente.

Era stata, piuttosto, una sensazione.

Come diceva sempre Alja, Feri era uno zingaro, ma non faceva incantesimi.

Erano solo superstizioni, quelle.

Leggeva il destino, Feri.

Questo sì.

Sentiva il destino.

Anche quella notte non aveva visto, ma aveva capito.

Per questo si era svegliato gridando.

Per questo non si sarebbe più riaddormentato.

-Én nem akartam, én nem akartam...- Io non volevo, io non volevo..., ripeteva con voce tremante, in ungherese.

-Feri, mi történt?- Feri, cos’è successo?, domandò Hajnalka, che dormiva con lui e s’era svegliata con lui, mettendosi seduta.

Allungò una mano ad accarezzare il volto del fratello, che le sorrise debolmente, grato.

-Mi kell menni Sparta, Hajnal... Natal’ja...-

Dobbiamo andare a Sparta, Hajnal... Natal’ja...

-Lys?-

-Starà troppo male, Haj... Én nem tudom, miért... Nem tudom, nem láttam, cosa le succederà.

Nem láttam, de...-

Io non lo so, perché... Non lo so, non l’ho visto, cosa le succederà. Non l’ho visto, ma...

-Stai tranquillo. Ne aggódj, Feri. Non sei nemmeno sicuro...-

Non preoccuparti, Feri.

-Igen! Igen! Én ismerem...-

Sì! Sì! Io lo so...

-Feri...-

-Én nem hagyhatom ő...-

Io non posso lasciarla...

-E non la lascerai. Ma non è così che la aiuterai...-

-Hajnal, kérem...-

Hajnal, ti prego...

-Aludj, most, az én Feri. Aludj és ne gondolj rá. Előbb vagy utóbb el fog múlni-

Dormi, adesso, mio Feri. Dormi e non pensarci. Prima o poi passerà.

Hajnalka lasciò un bacio sulla guancia del fratello e poi si sdraiò di nuovo accanto a lui, con un sospiro.

Era un altro dei suoi deliri...

Un delirio come ne aveva avuti tanti, da quando era tornato da Omsk, da quando Lys l’aveva lasciato.

Da quando avevano fucilato la mamma, da quando era evaso di prigione, da quando Lys gli aveva spezzato il cuore.

Solo un delirio...

Ne era sicura.

 

Scusa se ti chiedo scusa

Se non sono lo stesso

Come quei giorni che amavo i sogni tuoi

Tu però te lo ricordi

Te l'avevo detto

 

Com'eri bella quella sera nel mio cuore

L'ultima sera che finisce il primo amore

 

Forse tutta la mia mente è diventata sabbia

Eravamo noi, ricordi, quelli della rabbia

(Algeri, Roberto Vecchioni)

 

Erano entrambi troppo giovani, in quel 1848

Lei aveva ventitré anni e lui ventinove

Li avevano uccisi entrambi, gli Zaristi

Lui perché aveva giurato, lei perché gli aveva creduto

 

If I had my way

If I had to lose

Wouldn't take back one thing

Never had much to choose

 

Then it dawned on me

Coming down on you

Like a cold sky raining under a burning moon

 

Waiting all your life, your wish is coming true

Bless your heart for beating me right out of you

 

Miss the misery

Need a reason for a change

Need a reason to explain

So turn it on again

 

Don't change your mind

Your wasting light

Getting this?

 

Se fosse per me

Se dovessi perdere

Non sarebbe riprendere una cosa

Non ho mai avuto molta scelta

 

Poi mi sono accorto

Scendendo su di te

Come un cielo freddo di pioggia sotto una luna ardente

 

Hai aspettato per tutta la vita, il tuo desiderio si sta avverando

Benedici il tuo cuore a battere per me, fuori di te

 

Perdere la miseria

Hai bisogno di un motivo per un cambiamento

Hai bisogno di un motivo per spiegare

Quindi riaccendilo

 

Non cambiare idea

La tua luce sprecata

Per avere questo

(Miss the Misery, Foo Fighters)

 

Sparta, 27 Febbraio 1844

 

Anche la luce sembra morire

Nell'ombra incerta di un divenire

Dove anche l'alba diventa sera

E i volti sembrano teschi di cera

(Inverno, Fabrizio De André)

 

Theodorakis si fermò sul primo gradino dell'Αθάνατος e guardò intensamente la porta chiusa.
Era deserta, quel giorno, la palestra di Sparta.

E lo sarebbe stata ancora per molti giorni.

Era stata una decisione generale.

Il figlio di Geórgos era morto, era stato ucciso, e gli allenamenti militari erano sospesi a tempo indeterminato.

Lui era andato lì comunque, perché a casa di Gee non riusciva a stare.

Non avrebbe mai dimenticato il gelo che aveva sentito dentro quando aveva visto Lisandro giù dal burrone.

E Natal'ja gridare.

E Natal'ja svenire.

Gee l'aveva riportata a casa in braccio, ancora priva di sensi, e mentre la riportava a casa aveva pianto.

In silenzio, mordendosi le labbra per non lasciarsi sfuggire neanche un singhiozzo.

Gli aveva fatto un cenno col capo, prima di andare.

Si era perfino ricordato di salutarlo.

Con gli occhi colmi di lacrime, l'aveva salutato.

E in quel momento si era sentito svenire anche Theo.

Gli era sembrato troppo tranquillo e taciturno, innaturalmente distaccato, all'inizio.

Non era vero, aveva una tempesta dentro.

Non era vero, era in fiamme, dentro.

Non era vero, gli pulsava il cuore e la testa.

Non era vero, gli bruciava il sangue sotto la pelle.

Non era vero, faceva semplicemente troppo male.

Non fingeva, però.

Gee era davvero così forte.

Lo sapeva bene, Theo.

Non fingeva, ma quanto gli costava?

Era seriamente preoccupato per lui.

Sapeva che il suo coraggiosissimo amico avrebbe pensato prima a difendere Lys da quel dolore che a se stesso.

Lo stava già facendo.

E non era assolutamente sbagliato, ma...

Questo avrebbe potuto ucciderlo.

Poi, all'ultimo momento, decise.

Si voltò e corse via.

A casa del suo migliore amico.

Ad affrontare la situazione con loro.

Chissà se Natal'ja si era ripresa.

Chissà che cosa le stava dicendo, cosa stava facendo Gee per calmarla.

Chissà che sguardo avevano, entrambi.

Chissà come stavano i bambini, chissà se ci riusciva, Gee, con quella sua immensa, sanguinante forza d'animo, a consolare anche loro.

Chissà quanti abbracci, carezze, promesse, pianti e disperazione.

Chissà che attimi di follia, mentre la morte gli passava tra le dita.

Chissà che ghiaccio in fondo alla gola, respiri infranti e lividi sull'anima.

Chissà quanta voglia di rialzarsi, e quanta poca forza in corpo.

E chissà come avrebbero fatto, poi...

Corse fin lì, non bussò alla porta, sapeva ch'era aperta, chi poteva aver pensato a chiuderla?
Si precipitò dentro, attraversò il corridoio...

Solo davanti alla loro camera esitò.

Non riusciva a sentire nessun rumore da dietro la porta.

Com'era possibile?

A quell'apatia no, Theo non era preparato...

Salirono le lacrime agli occhi anche a lui e non si preoccupò di trattenerle, non quella volta.

Era da così tanto tempo che non piangeva...

Troppo tempo, forse.

I suoi occhi verdi in quel momento erano azzurri, di un azzurro chiarissimo lacerato dalle lacrime.

Piangeva per loro, per Alja e Gee.

E per Aiace, Céline e Nikolaj.

Per Lisandro, soprattutto.

No, non era preparato.

Ma aprì ugualmente la porta, e con uno strappo al cuore trovò anche il coraggio di guardare.

Quasi fiero delle sue lacrime.

Quasi.

Natal'ja era sdraiata sul letto, sopra le lenzuola, girata contro il muro.

Dava le spalle a Gee, ma gli teneva la mano.

Lui era seduto e guardava il soffitto.

Sconfitto.

Lys forse piangeva, ma non si sentiva.

Theo non osava immaginare di che colore fossero i suoi occhi in quel momento.

Fu lei la prima a cui si avvicinò.

Le fece una carezza sui lunghissimi capelli biondi, e lei nemmeno si mosse.

Però, forse, in un'altro momento, ripensandoci, avrebbe sorriso.

-Ehi, Nataljetshka...- le sussurrò, dolcemente.

Solo allora lei lo guardò.

Theo notò il colore dei suoi occhi, e impallidì.

Argento fuso, come quelli di Lisandro.

Esattamente come i suoi.

Gli mancò il fiato, ma si sforzò di sorriderle.

E lei, confusa e felice di quel sorriso, nonostante la febbre e il freddo che sentiva, con una voce sottile e straziante, parlò.

Glielo confessò.

-Это был первый раз когда я чувствовал себя матерью... Настоящая мать-

Eto byl pervyy raz kogda ya čuvstvoval sebya mater’yu... Nastoyaščaya mat’.

Era la prima volta che mi sentivo una madre... Una vera madre.

 

Ma tu che vai, ma tu rimani

Vedrai, la neve se ne andrà domani

Rifioriranno le gioie passate

Col vento caldo di un’altra estate

(Inverno, Fabrizio De André)

 

 

 

Note

 

One of these days - Uno di questi giorni: These Days, Foo Fighters.

 

Buon pomeriggio ;)

Per me non lo sarà un granché, perché le frasi di Senofonte che devo tradurre per greco sono praticamente impossibili, ma ce la metterò tutta, l’ho promesso a Gee ;)

Passando al capitolo...

Ricordate il sogno di Alja, il Capitolo 373, Sparta brucia?

Ecco...

Questo è quello di Feri.

La sua sensazione che Hajnal scambia per delirio.

Quello che è successo ad Alja e Gee, a Lisandro, lui l’aveva avvertito.

Ma alla fine si è convinto anche lui di delirare, come Lys dopo aver raccontato il suo incubo a Gee.

E così, non ha potuto fare niente.

Quanto alla seconda parte...

Non lo so, perché ho scelto di descrivere la situazione dal punto di vista di Theo, dai suoi occhi che hanno cercato di fermare Alja perché non vedesse suo figlio morto, ma non sono bastati.

Non lo so, ma stavolta voleva parlare lui, e io l’ho lasciato fare ;)

La lascio commentare a voi, quella parte, le parole di Lys.
Anche perché voi lo sapete, che Alja e Gee sono forti, e quanto.

 

A presto! ;)

Marty

 

  
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