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Autore: Santanico_Pandemonium    14/11/2012    1 recensioni
Dicono che una groupie non svela mai il suo vero nome e nessuno lo conosce veramente. Detto ciò non vorrei cominciare svelandovi il mio proprio ora…
Salve, sono Penny Lane, così mi faccio chiamare, anzi credo che questo sia diventato il mio nome ormai.
Se non l’avete ancora capito, si, sono una groupie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Tommy Lee, Un po' tutti, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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24 agosto 1985

Casa di Jane, 10:47
Quel giorno mi ero svegliata come sempre, solo molto più rilassata. Era un sabato e quindi non dovevo andare al lavoro, Matt si era offerto di prendere il mio posto nei fine settimana così io avevo sabato e domenica liberi.
Mi ero svegliata stranamente felice perché sapevo che avrei avuto tutta la giornata a mia disposizione, e poi, il mio animo era molto più spensierato dopo il mio sfogo definitivo qualche giorno prima con Jane. Dopo che lei mi aveva lasciato liberarmi dai pensieri che mi opprimevano, ero riuscita ad affrontare a testa alta i problemi che riguardavano Nikki e l’essere la sua groupie, e tutto si era sistemato al meglio.
Mi sedetti sul letto, stiracchiando per bene tutti i muscoli per liberarli dall’intorpidimento notturno. Avevo una strana voglia di bacon, uova e pancakes, così mi ero alzata ed ero corsa direttamente alla cucina per fiondarmi ai fornelli.
«Cos’è questo profumo così letale per la mia splendida linea?» aveva esordito la mia amica, spuntando dalla sua camera da letto.
«Cibo.» avevo risposto con un enorme sorriso sulla faccia, posando sul bancone due piatti di uova e pancetta e un piatto con una pila di dieci pancakes.
«Non mangerò tutta questa roba.» disse Jane sedendosi di malavoglia sullo sgabello. Sembrava uno zombie, non si era ancora svegliata del tutto.
«Piantala di rompere, sono le undici ormai, almeno così siamo sazie fino a questa sera.» risposi sedendomi vicino a lei ed iniziando a gustarmi quella splendida colazione.
Rimanemmo sedute per mezz’ora, mangiando e chiacchierando mentre di tanto in tanto sorseggiavamo del freschissimo succo d’arancia.
«Allora, cosa vuoi fare oggi? Potremo andare a fare shopping in centro, così spendiamo tutti i soldi guadagnati fino adesso.» chiese la mia amica.
«No, non ho voglia di stare in città.» avevo risposto con la bocca piena.
«Tesoro, non mi viene in mente nient’altro.» disse Jane alzando gli occhi al cielo.
In effetti avevamo tutto a disposizione lì a LA. Spostarsi dalla città in un sabato estivo come quello era veramente da scemi.
«Va bene, senti, andiamo in spiaggia. Che ne dici? Ci portiamo i pattini, dai sarà divertente.» tentò di persuadermi lei.
Ci pensai per un attimo. L’idea infondo non era male.
«Ok, va bene.» acconsentii.
Sorrise, contenta di avermi finalmente convinto.
Finimmo di mangiare la nostra abbondante colazione, ridendo e scherzando di come sarebbe stato divertente far sbavare i ragazzi mentre pattinavamo sul lungomare con i pantaloncini corti e il costume, mettendo in mostra il nostro “ben di Dio”.
 
Venice Beach, 16:02
«Tesoro non so proprio se ce la faccio il prossimo week-end.»
«Beh dai, fai un salto al Whisky a Go-Go ci divertiremo. Dammi questa occasione di uscire con te, bellezza.»
Ascoltavo Jane mentre chiacchierava con un tizio che ci aveva fermate mentre stavamo pattinando. Era un bel ragazzo, ma si vedeva distante un chilometro qual’era il suo scopo. La mia amica lo teneva sulle spine perché si divertiva troppo a vederlo sudare per l’ansia mentre aspettava una sua risposta. Questo tipo aveva anche un amico, che per tutto il tempo era rimasto in piedi di fronte a me e mi squadrava come un lupo affamato guarda la sua preda. Ogni tanto si passava la lingua tra le labbra e si accarezzava il mento pensando di risultare talmente irresistibile da farmi saltare addosso a lui senza pensarci un secondo di più. Quanto si sbagliava.
«Dai dolcezza.» ancora la voce del tipo.
«Senti, ti ha detto che è occupata il prossimo sabato, vedi di smetterla. In ogni caso puoi scordarti che lei si cali la gonna per te, e in quel posto non ci torna più, chiaro? Accontentatevi di averci guardato le tette per mezz’ora, mi sembra già più che sufficiente.» sbottai e presi Jane per un braccio trascinandola via. I due erano rimasti a guardarci sbigottiti mentre ci allontanavamo.
«Ehi che ti succede? Sai che non avevo intenzione di accettare il suo invito.»
«Si che lo so, ma la stavi tirando per le lunghe con quello. E poi il suo amico mi stava sui nervi. Continuava a leccarsi le labbra e mi fissava le tette, stavo per tirargli un cazzotto sui denti.» dissi a Jane.
Lei iniziò a ridere.
«Basta, torniamo in centro. Andiamo a casa, non voglio più stare qui.» mi lamentai.
Mi ero rotta di andare in giro in spiaggia e dare spettacolo per i maschi eccitati che se ne stavano lì solo per fissare il davanzale e il sedere delle belle ragazze come noi.
«Ok va bene. Allora andiamo sul Sunset Strip. Non ti porto a casa in un sabato come questo, chiaro? Oggi si festeggia fino a notte fonda.» controbatté lei.
«Fai come ti pare.» fu la mia risposta.
Che palle, sapeva davvero farmi incazzare quando mi obbligava a fare qualcosa che non volevo. Ma non potevo disubbidirle, infondo, ma molto infondo, avevo voglia anche io di andare a divertirmi.
 
Sunset Strip, 01:23
«Ho il rossetto sistemato?» mi chiese la mia amica avvicinandomi le labbra agli occhi.
«Si!» risi come una matta.
Ci stavamo divertendo un casino. Eravamo state in un paio di locali lì sul Sunset, e in tutti ci avevano offerto due giri gratis. In poche parole posso dire che per quella sera avevamo bevuto sufficientemente e senza spendere un soldo.
Tenevo la mia amica a braccetto e cercavamo di sorreggerci a vicenda per evitare di cadere dai tacchi altissimi, mentre con una mano tentavamo di abbassare il vestito in modo che non ci venisse fuori il fondoschiena.
«Guarda chi c’è. Candice!!» Jane mi mollò e corse da una ragazza con i capelli biondi che chiacchierava fuori da un locale con un gruppo di amici. Iniziarono a schiamazzare e capii che la cosa si sarebbe protratta per le lunghe.
Accesi una sigaretta e proseguii a camminare lungo il marciapiede restandomene vicina al muro per evitare che qualche capogiro mi facesse cadere.
Ad un tratto notai un’ombra fuori da una porta. Era illuminata da poca luce e quindi non riuscivo a distinguere di chi si trattasse. Stava fumando e di tanto in tanto si voltava a guardare la gente che passava.
Decisi di proseguire. Se fosse stato un maniaco o qualcosa di simile, l’avrei colpito con la scarpa. Un tacco di dodici centimetri conficcato nella coscia gli avrebbe fatto abbastanza male da permettermi di scappare.
Continuai a camminare e lanciai la sigaretta finita sul ciglio della strada. Ma quando fui abbastanza vicina, riconobbi quella persona.
Non potevo crederci, cosa ci faceva lì? Non doveva essere a Los Angeles.
«Tommy?» chiamai sgranando gli occhi.
Si voltò verso di me e si staccò dal muro, mentre io fui costretta ad appoggiarmi perché mi erano venute le vertigini.
«Penny…» bisbigliò.
«C-cosa ci fai qui?» domandai con gli occhi sgranati.
«Ma come? Avevamo il concerto all’Inglewood Forum qui a LA. Non te lo ricordi?»
Avevo totalmente scordato le tappe del tour. Credevo addirittura di aver scordato l’esistenza dei Mötley stessi.
Ci fu silenzio. L’unica cosa che facemmo fu guardarci negli occhi.
«C-come stai?» mi feci coraggio.
«Molto bene, stiamo facendo scintille con il tour.» rispose con un sorriso a trentadue denti.
«Non parlo del tour…» dissi, guardandolo negli occhi.
Abbassò lo sguardo e il suo sorriso scomparve.
«Sto bene. Ho conosciuto una, Heather Locklear. E’ fantastica, non mi stupirei se tra qualche mese le chiedessi di sposarmi.» continuò il batterista.
Wow, niente peli sulla lingua. A quanto pare non era rimasto troppo scosso dalla mia partenza. Buon per lui, non aveva trovato una qualsiasi. Heather era un’attrice davvero bella: bionda, occhi azzurri, con un sorriso mozzafiato. Non c’era dubbio del perché T-Bone se ne fosse innamorato a prima vista.
«Sono contenta per te. Visto? Te l’avevo detto io che avresti amato qualcun altro e non me per tutta la vita.» scherzai ridendo e cercando di nascondere la delusione.
«Io ti amo ancora…» rispose lui prendendomi il viso tra le mani.
«No Tommy, non dire cazzate. Smettila, sono contenta per te. Basta, sei mio amico, punto. Smettiamola con queste stupidaggini.» iniziai, togliendo le sue mani dalle mie guance.
«Dimmi di Nikki. Come sta?» proseguii, cambiando discorso.
Non rispose subito, forse era rimasto sorpreso della mia innaturale freddezza. Mi dispiacque trattarlo in quel modo, ma dovevo farlo per me stessa.
«Non bene. E’ peggiorato. Si sballa in continuazione e io non so più cosa dirgli per fermarlo. Ora è qui dentro, io sono uscito perché non ce la facevo a vederlo ridursi in quello stato.» rispose lui dopo qualche secondo di silenzio.
«E’ arrabbiato con il mondo intero. Gli manchi Penny, veramente. All’inizio lo faceva per colmare il vuoto che sentiva dentro, ma adesso ne è diventato dipendete e si sballa perché non può fare altrimenti.» concluse voltandosi, come se attraverso il muro riuscisse a vedere il suo migliore amico che si rovinava.
Rimasi allibita, non sapevo cosa dire. Non avrei mai pensato che Nikki avrebbe cominciato a drogarsi fino a quel punto.
«Portami da lui.»
«Cosa?! Sei pazza?»
«Ho detto, portami da lui.» dissi con voce ferma.
Tommy, sospirò. Forse era la cosa sbagliata andare da Sixx in quel momento, ma non potevo lasciarlo ammazzarsi senza fare niente. Dovevo provare a fermarlo, ed ero disposta a tutto pur di riuscirci. Nonostante tutto ero sempre stata legata al bassista, e ci tenevo a lui. Quell’incontro con T-Bone fu davvero un segno del destino, credo. Forse venire a sapere che erano a Los Angeles era esattamente quello che doveva succedere perché Nikki aveva bisogno di me. Non potevo abbandonarlo, non di nuovo.
«Vieni…» rispose il batterista ed aprì la porta che si trovava alle sue spalle.
Una volta entrati percorremmo un corridoio lurido illuminato da luci al neon che non davano segno di un buon funzionamento. Ogni tanto ne saltava qualcuna e ci ritrovavamo a camminare per un tratto al buio.
Ad un certo punto, svoltato un angolo, si aprì di fronte a noi una sala dove la musica copriva ogni altro rumore e delle luci colorate vorticavano illuminando i volti delle persone che si trovavano lì. Vidi un bar con quattro baristi che servivano alcolici, e molte, moltissime stripper che giravano attorno a dei pali d’acciaio mentre si toglievano i vestiti e lasciavano che gli uomini nella sala riempissero il loro reggiseno striminzito con una marea di dollari. Alcune di loro gironzolavano mezze nude attorno alle persone e altre portavano gli uomini in separé, lontano da occhi indiscreti, dove potevano esibirsi privatamente.
«In che posto mi hai portata?» chiesi inorridita a Tommy.
«Sei stata tu che hai voluto venire.» fu la sua risposta.
Mi prese il polso e mi lasciai guidare nella folla mentre un sacco di ragazzi con i capelli cotonati e uomini in giacca e cravatta mi squadravano dalla testa ai piedi.
«Tommy, dove hai trovato questo fiorellino? Pensavo fossi andato a fumarti una sigaretta.» esordì un tizio davanti ad una porta dall’altra parte della sala. Il tipo si mise a ridere e anche lui, come gli altri, mi fece una radiografia completa, soffermandosi a lungo sulla scollatura del mio vestito.
«La conosciamo da molto, sai certe amicizie sono per sempre.» sorrise T-Bone.
Quell’energumeno mi aveva scambiata per una spogliarellista e Tommy aveva finto che lo fossi, per permettermi di andare da Nikki che si trovava proprio al di là di quella porta.
«Buon divertimento ragazzi.» ci “salutò” lo scimmione e ci permise di entrare.
Quando la porta si fu richiusa alle nostre spalle, ci misi un po’ prima che i miei occhi si abituassero alla nuova luminosità. Era molto più buio che nella sala precedente e non riuscivo a distinguere le ombre che si muovevano dentro questa nuova stanza scura.
«Nikki, vieni qui.» disse il batterista.
«Ehi fratello! Vieni qui tu, ci stiamo divertendo come matti!» riconobbi la voce di Sixx.
Sentii T-Bone sospirare e poi mi trascinò con se.
Finalmente riuscii a scorgere le persone che riempivano quella stanza. In ogni caso, riconobbi solo Nikki. Non c’era traccia ne di Vince, ne di Mick.
«Ahahah! Si questa è bella, lo credo anche io…» il bassista rideva mentre reggeva tra le dita una sigaretta accesa. Davanti a lui, su un tavolo, c’erano whiskey e neve, tanta neve. Sperai che oltre alla cocaina non ci fossero anche sostanze peggiori.
«Guarda cosa ci ha portato Tommy… E bravo ragazzo!» uno degli uomini che stavano attorno a Sixx mi aveva notata.
Il bassista si voltò per poter ammirare la spogliarellista che il suo amico aveva portato per aggiungere altro divertimento alla festa, ma non trovò quello che cercava.
I suoi occhi si erano diretti subito sui miei. Fu come un riflesso spontaneo. Quando stavamo insieme, almeno dopo i primi tempi, Nikki non mi guardava più il corpo, ma fissava immediatamente i miei occhi. Era una cosa che faceva sempre, come se conoscesse a memoria ogni mia forma, ogni centimetro della mia pelle. Era diventato un gesto istintivo guardarmi negli occhi tralasciando tutto il resto. Ed era come se i miei occhi gli bastassero, come se non gli servisse altro. Aveva fatto la stessa cosa anche in quel momento. Conosceva già quel corpo ed istintivamente lo aveva lasciato perdere, ma aveva preferito guardarmi fissa nelle pupille per accertarsi che quella fossi veramente io.
Rimase fermo lì a fissarmi per un momento che parve interminabile. Poi si voltò verso T-Bone, come per chiedergli un’ulteriore certezza della mia presenza, ma non disse niente.
Abbassò lo sguardo e si alzò di scatto dalla sedia dirigendosi a passo svelto verso un angolo della stanza.
«Perché l’hai portata qui?» disse Nikki ad un certo punto.
«Lei ha voluto venire. L’ho incontrata per caso fuori dal locale e mi ha chiesto di te. Voleva vederti.» rispose Tommy.
«Allora riformulo la domanda. Per quale fottuto motivo sei venuta qui?» questa volta la domanda era per me.
Dire che l’avevo fatto perché senza di me sarebbe morto per overdose era sbagliato. Era anche una bugia, se vogliamo dirla tutta.
«Mi manchi Nikki.» quella era la risposta corretta. Ed era la verità.
Silenzio.
«Stronzate.» rispose.
«Invece sono stronzate quelle che dici tu. Non puoi dire che non ti sono mancata in questo periodo Nikki, non puoi farlo. Se non ti fossi mancata tu non ti ritroveresti a drogarti in uno squallido posto come questo assieme a gente che nemmeno conosci.» cercavo di non alzare la voce, ma mi risultava difficile e dovetti compiere un bello sforzo per evitare che le parole mi uscissero di bocca dure e cattive.
«Non mi drogo per causa tua. Cosa pensi di essere, il centro del mondo? Sei solo una stupida groupie, lo vuoi capire? Non vali niente, non sei niente.» controbatté lui avvicinandosi a me.
Le sue parole mi avevano ferito, ma cercai di non farmi abbattere. Sapevo che non era quello che pensava veramente, dovevo solo lasciarlo sfogare, proprio come aveva fatto Jane con me qualche tempo prima.
«Non sei così Nikki, lo sai. Cazzo perché non vuoi ammettere che mi ami? Perché non ammetti che mi ami ancora come una volta? Non dirmi che non mi hai amato perché sappiamo tutti che non è così, altrimenti non avresti reagito in quel modo quando mi hai vista a letto con Tommy.»
«Oh oh…» un coro di voci e risa interruppe il mio discorso.
«Ho sbagliato Nikki, ok? Sono umana e sbaglio anche io. Ti vedevo diverso per colpa di questa merda che continui a farti tutti i giorni e non ci ho visto più. Ho trovato protezione da un’altra parte, ma ho fatto un errore. Tu avevi bisogno di me per superare quel periodo e invece io ti ho abbandonato mentre cercavo di trovare un sostegno in Tommy. Dovevo starti vicino, dovevamo superare quella cosa insieme. Poi sono sparita, e quello è stato un altro errore. Invece di affrontare il problema, sono scappata un’altra volta. Ma ora sono qui Nikki, e non scapperò più. Non ti abbandonerò più. Andremo avanti insieme Nikki, non lasciarti sconfiggere dalla droga. Sono qui, siamo di nuovo uniti. Ti prego, aiutiamoci a vicenda. Ho bisogno di te, non ce la faccio più… Non sai come sono stata dopo che ti ho lasciato lì a Tokyo… E’ stato un inferno senza di te, mi dispiace… Perdonami, ti prego…» iniziai a piangere. Le ginocchia non mi ressero più e mi ritrovai per terra sul pavimento appiccicoso della stanza, con le mani sul viso e le lacrime che mi sgorgavano dagli occhi come un fiume in piena.
 
3:15
«Mi dispiace. Noi staremo qui fino a domani, abbiamo un concerto alla San Diego Sports Arena poi dobbiamo partire per Tucson. Non so cosa voglia fare, lo hai visto come è ridotto. Ma almeno ci hai provato.» disse Tommy quando ci ritrovammo davanti alla piccola porta sul marciapiede del Sunset.
Avevo parlato con Nikki, avevo cercato di convincerlo ma non ero riuscita a smuoverlo dalle sue idee. Infondo aveva ragione, l’avevo ferito ma non doveva lasciarsi sopraffare dalla dipendenza per la droga. Sapeva bene che era causata dal fatto che sentiva la mia mancanza, ma non lo voleva ammettere. Diceva che sballarsi era un modo per fare festa, per divertirsi, e io non centravo assolutamente niente. Entrambi sapevamo che era una balla.
«Si. Beh, sapete dove trovarmi. Sto da Jane.» risposi e mi ritrovai davanti la faccia perplessa di T-Bone.
«Aspetta… Cazzo, non ho una penna.»
«Ecco, tieni.» disse lui, tirandone fuori una dalla tasca dei jeans. Non ho idea del perché ce l’avesse proprio in quel momento. Forse era un altro segno del destino.
«Ecco… Questo è il suo indirizzo. Nel caso ci fossero cambiamenti mi trovate lì domani, per tutto il giorno.» sospirai e scrissi l’indirizzo dell’appartamento della mia amica sul braccio del batterista.
Mi disse di tenere la penna e ci guardammo negli occhi.
«Allora, ciao.»
«Ciao…» rispose. Si chinò su di me e mi baciò sull’angolo della bocca. Poi si voltò e tornò dentro all’edificio, sparendo dalla mia vista.
Sospirai di nuovo, infilandomi la penna dentro al reggiseno dato che non avevo nessun altro posto dove metterla.
«Ma che ci fai qui? Ti ho cercata ovunque, prima non c’eri e dire che ci sono passata da questa parte.» la voce di Jane mi risuonò alle spalle.
«Ehm, mi sono fumata una sigaretta mentre ti aspettavo ma devo essermi incamminata troppo avanti, sono appena ritornata. Scusa, mi sono distratta e non ho fatto caso che avevo proseguito troppo.» mentii sorridendo imbarazzata.
«Vabbè, torniamo a casa, è tardi.» rispose scuotendo la testa.
Mentre tornavamo indietro, ripercorrendo la strada verso casa, mi voltai a guardare la porticina del locale dove avevo rivisto Nikki. Pensavo che forse aveva cambiato idea e si stava precipitato fuori per inseguirmi e per dirmi che mi amava ancora.
Purtroppo la mia fantasia lavorava troppo velocemente e non mi accorgevo che mi stavo appigliando a sogni impossibili.


T-Bone

   
 
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