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Autore: HippyQueen    14/11/2012    2 recensioni
"Le lezioni passano come il fuoco passa sulla pelle dei dannati: i professori mi squadrano, decidono che sono una buona a nulla che verrà bocciata e non considerata dal resto del mondo per tutta la vita e mi lasciano in disparte libera di maledirli per i loro pregiudizi."
"Forse è per questo che io e Alicia stiamo assieme e siamo innamorate; nessuna delle due ha mai avuto il coraggio di amare una persona che non potesse capire cosa significa non avere nessuno a disposizione."
"Voglio piangere e buttarmi giù da sola, senza che nessuno mi aiuti. Non ho bisogno di nessuno. Sono una vincitrice."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Bene ragazze/i, vi presento un capitolo puramente emotivo.. ultimamente sono un po’ tragica, drammatica e teatrale.. e sto ritrovando molta ispirazione, grazie a voi (lettori silenziosi e non) e a Lady Gaga. Per chiunque fosse interessato, queste riflessione sono state ispirate alle versioni acustiche – che personalmente amo – di “Marry the night” e “Paparazzi”. Grazie ancora, e scusate il patetico preludio!
 
Mentre corro a piedi, le lacrime mi offuscano la vista. Non so dove mi stia dirigendo. Entro nella prima imboccatura della metro che trovo. Mi siedo a terra, in mezzo allo sporco, alla gente che cammina, appoggio la schiena al muro. Non me ne frega un cazzo se qualcuno ha pisciato proprio dove io sono seduta ora. La mia disperazione è immensa. Sono stata lasciata dalla donna che amo. La mia donna è incinta, ha subito ancora delle violenze ed io non sono stata capace di impedirlo. Non ho fatto nulla per lei, né per me. Ho lasciato che tutto accadesse e non me lo perdonerò mai.
Come se non bastasse, una ragazza innamorata di me è malata di cancro. E per quanto io sia confusa, per quanto io ami Alicia, so di provare qualcosa di forte anche per Sally. Non vedo alternative. Non vedo nulla davanti a me. Non so cosa fare. Piango, incurante che la gente mi guardi. Un tempo non l’avrei mai permesso: le persone non dovevano sapere che io, Scarlett, avevo dei sentimenti, sapevo amare e sapevo piangere. Piangere in fronte a qualcuno era la cosa peggiore che potessi fare, segno di debolezza.
Ma forse stavo crescendo. Forse stavo finalmente lasciando quel bozzolo di rabbia e ribellione che mi aveva rivestito da quando ero una bambina. Una forte e potente voglia di distruggere il mondo, dandogli fuoco, godendo della disperazione altrui, stringendo i pugni dalla gioia, sorridendo al sentire le urla. Urla altrui, ora, mi provocavano sofferenza. Non potevo sentire qualcuno gemere di dolore senza pensare che forse anche io potevo starci male. Amare equivale a morire, l’avevo appena capito. Chiunque io avessi amato, chiunque mi abbia mai amato in tutta la mia vita – Alicia, Sally – era condannato a morte certa, ed io con loro. Se non nel senso fisico, almeno in quello spirituale. Chi ero io senza Alicia? Cosa poteva rendermi felice, se non un sorriso di Sally? E in più, come poteva Alicia sopravvivere senza di me, per quanto fosse forte ed intelligente? Come poteva Sally combattere una malattia più grande di lei?
Singhiozzo, ma questi sussulti non mi sembrano abbastanza. Sbatto i pugni a terra mentre urlo, urlo disperatamente, la gente mi guarda male ed io per dispetto serro gli occhi, non voglio vedere chi mi giudica, non voglio mandarli a ‘fanculo perché sarebbe come dargliela vinta. Voglio piangere e buttarmi giù da sola, senza che nessuno mi aiuti. Non ho bisogno di nessuno. Sono una vincitrice.
Non suona bene, nemmeno alle mie stesse orecchie.
Sono una perdente.
Sono stata lasciata. Sono senza amore. Alicia non mi vuole più. Sally mi ama, ma non per molto.
Io non sono capace di amarmi; non ci sono mai riuscita. Non avrò mai questa bellissima possibilità di svegliarmi un mattino e dire “Oggi farò questo per me stessa, perché mi voglio bene”.
Mi alzo in piedi. Il mio volto è martoriato. Continuo a urlare, anzi, cerco di trasformare le mie urla in canzoni, per rendere il tutto più piacevole, o tremendo, dipende dai punti di vista. Intravedo il mio riflesso in un vetro. Sono oscena. I miei capelli sono spettinati, ma non me ne può fregare di meno; i miei occhi sono arrossati, il mio volto è paonazzo, il mio naso cola, mi sento la febbre, tremo, i miei abiti sono sporchi e rovinati, mi viene da vomitare, vorrei vomitare l’anima. Prendo il primo treno che passa, mi ritrovo in centro Manhattan senza neanche accorgermene. Vorrei correre verso il Bronx e sentirmi a casa nei quartieri malfamati assieme alle prostitute, invece entro in un bar. Non guardo nemmeno chi ho davanti, chiedo da bere. Nessuno mi domanda se sono maggiorenne per bere. Cerco di sfogare i miei dolori nell’alcool, ma non funziona. So che il fumo non è abbastanza, ma un briciolo di buonsenso mi ricorda che è meglio non farsi. Non oggi.
Raggiungo il mio appartamento chiedendo dei passaggi in giro, gente che si conosce da poco. Permetto loro di infilarsi nelle mie mutande, tanto non me ne frega più niente. Il mio corpo non è nulla ora che nessuno lo amerà più. Voglio sentirmi un niente almeno una volta ancora.
Mi chiedo solo se vedrò Sally domani a scuola.
È l’unica ragione che mi rimane per tirare avanti.
 
  
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