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Autore: Friedrike    15/11/2012    1 recensioni
Ludwig Beilschmidt e Felicia Vargas (rispettivamente Germania e Fem!Italia del Nord), in un contesto AU, quello della Seconda Guerra Mondiale. Non più Nazioni, bensì un uomo ed una donna che s'innamorano l'uno dell'altra. Si conoscono ad un ballo in Italia ed è subito amore. Ma la guerra li separa e quando il soldato della Wehramcht ritornerà dal fronte niente sarà più come prima.
Genere: Angst, Fluff, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dovunque sarai, ti amerò per sempre.'
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Quasi non respira, se chiude gli occhi.
E' brutto, stare così. Si sente soffocare, senza via di uscita. Poi li riapre e li punta al di là del finestrino. E' incredibilmente bello come un paesaggio così banale possa risultare così rilassante. Ci sono solo alberi, ma intravedere il cielo sereno, lontano dalla polvere da sparo che vaga per l'aria, dal fumo e dall'odore nauseabondo dei cadaveri in putrefazione, è davvero.. meraviglioso.
Il tedesco gli occhi non riesce né vuole provare a chiuderli, gli fa troppo male rivedere la guerra. E va bene così, dopotutto, ognuno la prende in modo diverso. Alcuni soldati sono impazziti, due si sono praticamente fatti ammazzare volontariamente. Non tutti riescono a sopportare le atrocità di un campo di battaglia, i corpi squartati, l'ansia che provoca l'aver terminato un caricatore ed il terrore nel pensare che quello possa essere l'ultimo.
Si passa una mano sul viso, scontrando appena le dita con il profondo graffio che gli sfregia adesso il viso bello, ma non più dolce. Ha un sopracciglio spaccato, il destro, e delle profonde occhiaie violacee che gli circondano gli occhi azzurri. Quegl'occhi non esprimono che dolore.
Ma Ludwig è felice, nonostante il suo corpo sia ricoperto quasi interamente di escoriazioni ed ematomi. E' felice perché è vivo, perché con sè ha tutti e quattro gli arti e perché sta finalmente tornando a casa.
L'unico pensiero che gli ha consentito di non impazzire, è stata lei.
Tutti i soldati hanno un motivo per tornare. Come dice un suo superiore, ogni soldato ha di norma due famiglie: quella che lo aspetta a casa e quella con cui aspetta di tornare a casa.
Tutti i soldati si aggrappano a qualcosa, ecco, lui ha avuto lei in quei due mesi d'inferno.
Solo così è riuscito a mantenere la calma e il sangue freddo che, ringraziando il cielo, possiede. Certe virtù sono necessarie quando si è nell'arma.
Accenna un impercettibile sorriso pensando che lei sarà lì ad aspettarlo, con il suo vestito più bello ed il suo sorriso più dolce.
Sente il proprio nome essere pronunciato da qualcuno alle sue spalle, ma prima di tornare alla realtà ci mette un bel po', così non si volta subito, e quello lo richiama un paio di volte, alzando sempre più la voce.
-Che vuoi, Erich?- gli chiede voltandosi di poco ed osservandolo. E' un ragazzo con i capelli biondo cenere e gli occhi verdi, il suo volto ricorda un po' quello di un serpente, ha anche delle lentiggini.
-Quando arriverai andrai subito da lei, vero?- domanda sedendosi di fronte con le gambe accavallate.
-Non lo so...- mormora il biondo scrollando appena le spalle e appoggiando la nuca contro il sedile. Si lascia scappare un piccolo sospiro.
In realtà spera sia lei ad andare a prenderlo alla stazione, ma non ci crede troppo. Magari ha da fare... magari, è ancora in Italia.
Infatti, in quei due mesi di assenza, lei è tornata nella terra natale, a Venezia, dove ha vissuto a lungo col nonno ed il fratello Romano.
Se la sentirà lei di abbracciarlo al suo arrivo? Di stargli vicino, di sopportare i suoi sbalzi di umore, le sue brutte risposte e le sue scuse. E lui... vorrà averla ancora vicino?
Lui la ama, sarebbe pronto a farsi giustiziare come traditore -lui, così amante della patria!- se servisse a renderla felice e libera. Però Felicia è troppo buona e non gli chiederebbe mai una cosa del genere. Piuttosto rinunciarebbe lei alla sua stessa vita.. Ed il tedescco ha paura di farla soffrire a causa propria.
Erich lo osserva con una certa curiosità, poi ridacchia lievemente.
Non è un bravo ragazzo, no. Come suo padre ed il fratello maggiore, che Ludwig stesso conosce e teme, anche se non lo dà vedere, entrerà presto nelle SS, il corpo più temuto al mondo in quel preciso momento storico. Persino i soldati della Wehrmacht, di cui il biondo fa parte, ne sono terrorizzati.
Le Schutzstaffel (nome completo del "corpo di protezione"), non hanno niente di umano. Massacri, razzie, torture, sono per la maggior parte attribuiti a loro. Davvero, nessuno ha il coraggio di sfidarle.
E' per questo che lui si tiene a distanza da chi si vanta di voler entrare a farne parte. Anche se per la verità è molto complicato. Comunque, lui, non ci tiene per nulla. Gli pesa già molto dover imbracciare un fucile, figuriamoci!
Parla un po' con lui, rispondendogli a monosillabi, è certo che non se la prenderà, sono tutti stanchi e stressati. Solo Erich è eccitato, perché poco dopo il suo arrivo metterà da parte la divisa verde militare-grigia per indossare quella nera, quella che spaventa veramente.
Lud si accorge che sono arrivati perché non vede più alberi dalla piccola finestra del treno, ma costruzioni resistenti e forti, dal colore grigio.
Prende lo zaino, pesante, forse troppo, si sistema il cappello sulla nuca, lo sguardo alto, fiero, quello che gli hanno insegnato a tenere. Non scende tra i primi, né tra gli ultimi. Circa a metà, e... e la vede.
Lei è lì da un'ora circa, è stata tutto il giorno a ripetersi: "stasera arriva, stasera arriva!" tutta eccitata, frugando nell'armadio per decidere cosa mettersi.
Ha cercato quasi con aria critica tra i vestiti, volendo essere perfetta, poi ha visto il vestito che aveva la seconda volta che si sono visti, non quando erano al ballo, la volta dopo.
E' una specie di corpetto che le fascia il corpo, che poi si lascia andare in una gonna morbida. E' rosso scuro, davvero meraviglioso e pregiato. Le scarpe e la borsa, così come il cappotto che indossa sopra, sono nere. Sui capelli lisci, puliti, castani, c'è un piccolo cappellino nero, con un dettaglio del colore del vestito.
Si è guardata allo specchio un'infinità di volte prima di uscire di casa, con un eccessivo anticipo tra l'altro, sistemando il rossetto rosso1, molto di moda al tempo, poi finalmente si è decisa a chiudersi la porta alle spalle.
La ragazza appena lo nota, non può fare a meno di sorridere e portarsi le mani sulle guance, sulle quali iniziano a scorrere delle piccole calde lacrie. Si è ripromessa di non piangere, però..
Si trattiene dal buttargli le braccia al collo, ma gli si avvicina.
-Amore mio...- sussurra guardandolo negli occhi.
Ludwig scende con molta lentezza le scale, stanco, serio, e la guarda.
Nessun soldato guarda l'altro, tra di loro c'è una strana silenziosa complicità. Non hanno bisogno di parlare, non adesso. Hanno solo bisogno delle persone che amano, chi i genitori, chi i figli, sorelle o mogli.
Lui la guarda negli occhi, non riuscendo a dire niente. Vorrebbe dirle così tante cose, le aveva preparate in un discorso mentale, ma adesso non ricorda più una singola parola.
E' lei che gli si avvicina ed appoggia le mani al suo petto, sorridendogli dolcissima.
-Sei... sei vivo. Mi sei mancato così tanto... le tue lettere... erano meravigliose... tu lo sei... ti amo- dice senza neppure pensarci. Il massimo che ottiene è un mezzo sorriso. Gli prende la mano e gliela bacia, ma lo sguardo lo tiene su di lui.
-Andiamo...- gli dice, teneramente.
Lui la segue ma non apre bocca. Felicia ha paura 'sarà così per sempre?' Si domanda. Vuole solo il suo vecchio uomo... al dito ha l'anello, tiene stretta la sua mano, e lo osserva, il sorriso non lo spegne, però abbassa un attimo lo sguardo. Lo rialza; dev'esser forte. Lui ha bisogno di lei, dopotutto.
E lei... sì, prima o poi glielo dirà.
Forse.
 

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Note.

1. = In ogni epoca, le donne possono permettersi un solo cosmetico che sia di quelli buoni, generalmente, o comunque ce n'è uno che preferiscono sempre. Oggi è il fard, negli anni '40 era il rossetto rosso. Questo perché lo sguardo si concentrava sulle labbra rosse e si allontanava dalle imperfezioni del viso.
 
  
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