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Autore: verichan    16/11/2012    1 recensioni
Può un terreno essere causa di litigio tra buoni vicini e vecchi amici? La storia dell'uomo ci risponde di sì, ma come andrebbero le cose in un mondo fantasy? Scopriamolo.
Genere: Commedia, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autore:
Scritto per un concorso fantasy sul bene e il male sul sito "Scrittevolmente" , lo pubblico anche su EFP!
Non potendo resistere alla mia vena d'idiozia perenne, la storia ha preso prima una piega abbastanza normale, poi è diventata completamente non seria o quasi. Teoricamente sono consapevole di non avere tante probabilità di vittoria nel concorso (a cui ho partecipato per convincere una cara amica a partecipare, dato che ho grande fiducia nelle sue capacità e lei purtroppo inspiegabilmente no), ma nulla mi vieta di sperare, anche perché mi sono divertita molto a scrivere questo pezzo, e ho dovuto perfino trattenermi perché nel regolamento non si poteva oltrepassare le 60000 battute: per me è una faticaccia essere breve se invento una storia da zero. E per chi, alla fine della storia, se lo chiedesse, sì, le idee di altri racconti del nonno li volevo scrivere davvero, ma lo spazio era quello XD
Ho un solo dubbio, e cioè che non si capisca la mia posizione sul bene/male. Ebbene, secondo la mia modesta opinione, il bene/male, detto anche bianco/nero, ha rotto i cocomeri è_é Mi auguro il sentimento si senta nelle ultime righe e si comprenda il mio amore per il grigio e le sue tonalità.
Vi lascio alla lettura, spero divertente, della mia lieve e personale presa in giro del genere ^^

 



IL TERRENO

 

In una casetta situata sul dolce versante di una montagna innevata, un vecchio nonnino sedeva sulla sua comoda sedia a dondolo accanto al fuoco e i suoi tre nipotini stavano a gambe incrociate sul morbido tappeto di fronte a lui.

«Si narra che tanto, tanto tempo fa, in un regno molto lontano, un insospettabile terreno fu la causa di una singolare faida famigliare. Volete sapere che cosa accadde?»

«Nonno, siamo troppo grandi per le favole.»

«No? Beh, non importa, mettetevi comodi e lasciate che il vostro vecchio nonno vi racconti questa storia. Ehi, seduti.» ordinò quando i pargoli fecero per alzarsi. «La mamma torna dal lavoro tra due ore quindi vediamo di andare d'accordo, altrimenti le dirò che avete rotto qualche vaso o cose così.»

«Nonno!»

«Sì, sono cattivo, la vita è ingiusta, denunciami.»

Il più giovane e più sensibile dei tre iniziò a piagnucolare, il secondogenito lo consolò, il più grande fissò il nonno con astio. Ignorando il male appena creato, l'anziano aprì bocca e diede vita alle magiche vicende.

 

Le amiche di lunga data e vicine di casa Lora e Martha osservarono il Supremo Druido arrivare dal paese in groppa al suo vecchio asino: veste immacolata, lunghi capelli bianchi mossi dal vento, cespugliose sopracciglia, ordinata barba che scendeva fino alle ginocchia, occhio destro opaco e assente e occhio sinistro in contemplazione del divino o cose così.

«Dovremmo offrirgli qualcosa. Porta bene.» considerò Martha emozionata.

«Se lo viene a sapere tuo marito ti terrà il muso per una settimana.» replicò Lora tirando fuori una pagnotta dal cesto della spesa di quella mattina.

«Oh, può lamentarsi quanto vuole. È lui l'eretico di famiglia, io e il mio Jeremy, grazie agli dei, abbiamo buonsenso.»

Le donne si avvicinarono all'anziano mistico con le offerte e lo pregarono di accettarle. L'uomo scrutò le cibarie come se da esse potesse dedurre il prossimo erede al trono illegittimo. Accettò ringraziando le due signore con un austero cenno e fece per proseguire quando, prendendole alla sprovvista, voltò di scatto la testa scrocchiando qualche osso. Entrambe trattennero il fiato mentre il Supremo fissava critico la palizzata che separava equamente il terreno di proprietà delle due famiglie.

«Che starà guardando?» bisbigliò Lora sospettosa.

«L'Infinita Conoscenza. Padre George ne parla ogni giorno a messa.» bisbigliò di rimando Martha con riverenza.

«Sarà.»

Proprio in quel momento i mariti Bill e Jim, accompagnati dal giovane Jeremy, tornarono dalla strada della montagna con in spalla due magri conigli e un fagiano spelacchiato. Anche a quella distanza si poté vedere Jim assottigliare lo sguardo e squadrare malamente il vecchio. Tuttavia, prima che gli uomini potessero dire alcunché, il Supremo Druido espresse una delle sue strabilianti profezie.

«Questo terreno...» iniziò rapito dal flusso divinatorio che gli scorreva in corpo. «Questo terreno, portato al suo apice, sarà latore di grandi cambiamenti e grandi ricchezze. Questa è la mia Profezia. Così hanno decretato gli dei.»

Se ne andò sul suo asinello senza voltarsi indietro.

«Che diamine voleva quel ciarlatano?»

«Jim! Per gli dei, non bestemmiare!»

«Non cominciare, donna.»

«Era davvero il Supremo Druido?» chiese curioso Bill.

«A quanto pare. Coraggio, c'è il pranzo da preparare.» fece pratica sua moglie.

Si separarono nelle rispettive case ma la storia, forse per volere del fato, non si concluse lì.

«Hai catturato qualcosa, padre?» domandò premurosa la primogenita Lily all'entrata dei genitori.

«Un coniglio, tesoro.»

La ragazza sorrise radiosa al tono mesto del padre, desiderosa di non dargli preoccupazioni.

«Un coniglio è più che sufficiente, padre. Io e quei monelli degli altri tuoi figli abbiamo badato alla casa mentre non c'eravate. Vero, piccole pesti?»

I due gemelli Alvin e Alton sbucarono fuori da dietro la sua sottana e corsero in braccio al padre ridendo. Il tavolo venne predisposto e Lora si adoperò per cuocere il coniglio. Quegli ultimi due anni non erano stati generosi con la terra, era merito degli dei se il loro orto produceva in quantità sufficiente per non far mancare il cibo sulla tavola.

«Ti vedo pensieroso, padre.»

«Mh?»

«È tutto rugoso.» ridacchiò Alvin indicando la sua fronte.

Bill esibì il suo solito pacato mezzo sorriso e spiegò l'accaduto con tanto di Profezia.

«Il Supremo Druido? Qui, a casa nostra?» disse stupita Lily.

«Era alto?» «Era vecchio?» «Aveva i capelli grigi?» «Aveva un bastone magico?»

«Bambini, lasciate in pace vostro padre.» ammonì la madre, segretamente grata che nonostante il cattivo periodo nella sua casa non mancasse la vitalità.

«Ci credi, padre?»

«Alla Profezia? Non lo so, Lily. Non lo so.»

«Potrebbe essere davvero un segno degli dei.»

«I segni degli dei possono essere tutto e niente, figlia mia, dipende sempre dagli occhi di chi li scorge. Da grande capirai.»

«Ma si tratta del Supremo Druido. Potremmo tentare.» insistette lei.

«Tentare cosa, tesoro?»

«Di portare all'“apice” il nostro orto. Che la Profezia sia vera o fasulla, abbiamo comunque bisogno dei prodotti della nostra terra. Io e i bambini possiamo ritagliargli del tempo.»

«Non siamo bambini!» «Non siamo bambini!» protestarono all'unisono i pargoli.

«Lily, fate già abbastanza per aiutare me e vostra madre.» Ma ci pensò su. «Però non hai tutti i torti. In fondo la caccia va come va, mettere alla prova divine profezie non mi costerà nulla.»

«Perché non pianti qualche ravanello blu?» suggerì Lora. «In paese ho sentito Miranda lamentarsi per la tosse dei bambini, non solo i suoi. Se crescono si venderanno bene.»

«Ottima idea.»

Nel frattempo nella casa dirimpetto la discussione verteva sullo stesso argomento.

«Non riesco a crederci! Il Supremo Druido ci onora con una Profezia e tu lo ignori!»

«Ci sputo sopra alle sue profezie.»

«Blasfemo!»

Martha si voltò impettita verso la cucina dove il fagiano aspettava.

«Papà non sbaglia, mamma.» si intromise Jeremy. «Ho sentito che a Teren il Supremo ha fatto lo sgambetto a un bambino giù per una scalinata, azzoppandolo.»

«Sciocchezze.»

«E sai che ha detto ai genitori? Ha detto di aver ricevuto la Profezia del fanciullo storpio e che sono stati gli dei a guidare i suoi passi.»

«Malelingue. Non credere a tutto quello che ti dicono, caro.»

«Sei fanatica, donna.»

«Chiunque altro si rimboccherebbe le maniche.» commentò lapidaria. «Scommetto che Bill lo sta facendo.»

«Bill non è così imbecille.»

Ma dopo il pasto, affacciatosi alla finestra, Jim vide Bill nel suo orto a togliere tutte le più piccole erbacce e a vangare la terra per far spazio a qualcosa di nuovo.

«“Non è così imbecille”, eh? Chi è l'imbecille, adesso?» punzecchiò la consorte.

«Bada a come parli, donna.»

Jim uscì e scambiò due parole col vicino, curioso di sapere se l'impegno era davvero merito della Profezia.

«Bill.»

«Jim.»

«Cosa metti?»

«Ravanelli blu. In paese i bambini hanno la tosse. Lora ha pensato fosse una buona idea piantarli e io sono d'accordo.»

«A malapena cresce di che mangiare e ti aspetti che il dio Vodka si interessi di punto in bianco ai tuoi ravanelli?»

Il tono scettico e irruente non scompose Bill. Lui e Jim si conoscevano fin dalla guerra contro i goblin di venticinque anni addietro, dove due sbarbatelli si erano ritrovati a condividere il calore del focolare in notti gelide. Nonostante le personalità molto differenti, e gli inevitabili battibecchi, si capivano e condividevano una salda amicizia.

«Perché no? Posso anche non credere a tutte le profezie del creato, ma non mi costa niente dar retta a questa. Il giardino aveva comunque bisogno di una pulita, ultimamente l'ho un po' trascurato. Occorre lavoro di vanga e i bambini non hanno le braccia per occuparsene.»

«Per me è una perdita di tempo. È maggio inoltrato, c'è troppa luce e troppa poca acqua. Non è un bel periodo per l'agricoltura, se te lo sei dimenticato.»

«Essere pessimista è il tuo lavoro, non il mio. Se crescono, bene, se non crescono, pazienza, almeno ci avrò provato.»

«E come li pagherai i semi?»

«Il cugino di Tom gli ha dato dei semi, e Tom mi deve un favore.»

«Beato te. Quello è così incagnato per le corna di sua moglie che stacca la testa a morsi a chiunque gli si avvicini.»

«Non essere severo. Sta passando un brutto momento.»

«Tutto il regno sta passando un brutto momento, ma io non vado in giro a dare pugni alla gente.»

«Lo stavi stracciando a braccio di ferro e ti sei lasciato sfuggire un commento di troppo, ammettilo. E dopo non gliel'hai fatta passare liscia. Avresti potuto andarci piano.»

«Tsk. Se lo meritava.»

Cambiarono argomento e prima di andarsene Bill propose a Jim di dividere i semi ma l'amico non accettò.

Passarono tre settimane e la situazione non cambiò molto se non nell'orto di Bill: i ravanelli venivano su bene e di notte si poteva già intravedere la sana fosforescenza delle tenere foglie.

«Dubiti ancora della Profezia?» lo rimproverò Martha. «Faresti bene a interrare qualcosa anche tu prima che Bill si prenda tutta la buona sorte degli dei.»

Il marito borbottò di malumore e continuò la cena.

«Forse la mamma ha ragione...» esitò Jeremy.

«Grazie, caro. Mi fa piacere che almeno tu non ti giri dall'altra parte di fronte all'inspiegabile.» disse lei recitando i sermoni di Padre George.

«Non sono gli dei, donna. Starà usando del concime di sterco di unicorno o gocce di acqua elfica baciata da polvere di stelle.»

«Certo, Jim, sforzati di trovare giustificazioni realistiche: Bill non ha soldi per queste cose.»

«E tu che ne sai di quello che ha Bill?»

«Lora me l'avrebbe detto.»

Il marito borbottò nuovamente mentre un altro tipo di seme non sconosciuto al suo cuore iniziò a mettere radici. Gli seccava che l'orto stesse avendo fortuna senza un apparente perché. Non ci credeva alla buona sorte o all'intervento divino. Bill era un bravo ortolano, come lui, quindi dove stava la differenza? Bill stava barando, ecco la verità, e diavolo se non gliene avrebbe cantate quattro per averlo preso in giro con la storia della profezia.

«Pianta qualcosa, papà, dai. Andrò io a cacciare in montagna.»

«Scordatelo. Ieri è morto Nicholas; i cinghiali affamati sono pericolosi.»

«Caro, hai sedici anni, è un po' presto per avventurarsi da soli nella foresta, con tutte le strane creature che si aggirano lì dentro.»

«Mol ne ha sedici e suo padre gli permette-»

«Tu non sei Mol e io non sono il padre di Mol. Da solo nella foresta non ci vai, fine della discussione.»

Ferito per il rifiuto, Jeremy si alzò da tavola e uscì di casa ignorando i richiami della madre. Scavalcò agile la staccionata che delimitava il confine delle due proprietà e sgattaiolò nel buio sotto la famigliare finestra di Lily. Tirò dei sassolini sul vetro e la ragazza aprì, il suo bel viso illuminato dalla fiamma di una candela. Il giovane si arrampicò sul tetto e la raggiunse. Rimasero là, lui seduto sul resistente tetto di paglia, lei appoggiata al davanzale, a chiacchierare e scambiarsi confidenze come facevano fin da piccoli.

«Avete litigato?»

«Come l'hai capito?»

«Hai quella faccia.»

«Mi conosci troppo bene.»

Gli occhi innamorati scivolarono dai biondi capelli raccolti alle iridi celesti, dalla pelle lattea alle forme nascoste dalla camicia da notte; il suo perfetto contrario, come luce e ombra. Da circa due stagioni avevano compreso di amarsi ma ancora non volevano confidarsi con le rispettive famiglie. Non era per timore della loro disapprovazione, più che altro desideravano vivere la loro storia come un segreto, al pari dei grandi amori raccontati nelle leggende. Il fatto che, in seguito a quelli che Lora definiva “inciuci reali”, per legge l'età giusta per fidanzarsi nel regno era diciannove anni aiutava a immergersi nella parte di amanti ostacolati dal destino. Così si erano inventati le intrepide visite serali, gli appuntamenti fintamente casuali in paese, gli incontri coraggiosi presso una radura nella pericolosa foresta. Cosa non si faceva per amore.

«Ho proposto a papà che mentre lui si occupava dell'orto io potevo andare a caccia.»

«Ha detto no.»

«Non ha solo detto no, me l'ha categoricamente proibito. Anche mia mamma.»

«Lo sai il motivo del loro comportamento.»

«Soltanto perché mia sorella è morta di malattia e mio fratello per una caduta nei boschi non vuol dire che io sia condannato. Mio papà nemmeno ci crede al destino!»

«Si preoccupano per te. Vogliono proteggerti.»

«Sono un uomo, ormai.»

Lily non aggiunse altro, non voleva irritarlo ulteriormente. Le venne in mente un modo per tirarlo su di morale.

«Domani mi incontrerò con Miriam e Milla dietro la chiesa, ci sarete, mio cavaliere?»

Jeremy sbuffò, infastidito dal repentino cambio di soggetto, ma poi le fu grato per la premura che gli dimostrava nel distrarlo da cattivi pensieri e stette al loro gioco preferito.

«Certo, mia amata.» rispose solenne.

«Lo giurate?»

«Sul mio nome, la mia spada e il mio destriero.»

«Mi raccomando, non devono vedervi.»

«Nessuno mi vedrà, mia amata.»

Risero e si baciarono.

Il mattino seguente le donne partirono per il paese, seguite discretamente da Jeremy e rumorosamente da Alvin e Alton: l'occasione giusta per Jim di affrontare Bill.

«Con cosa stai facendo crescere quei ravanelli, Bill?» domandò a bruciapelo.

L'uomo smise di zappare e alzò lo sguardo sull'amico.

«Il solito. Perché me lo chiedi?»

«Non è il periodo giusto per piantarli eppure di notte ti si illuminano che è una meraviglia.»

«A quanto pare la Profezia del Supremo era vera.»

«Il giorno che una sua profezia c'azzeccherà davvero su qualcosa sarà anche il giorno in cui mi impiccherò dal Grande Albero.»

«Rallegrati, Jim, se ce l'ho fatta io ce la farai anche tu. Mi sono rimasti dei semi, vado a pren-»

«Basta mentire, Bill. So che stai barando, non c'è altra spiegazione. Quello che non capisco è perché me lo stai nascondendo. Lo sai che sarò muto come una tomba. Anche se è così illegale come credo, non vedo il problema, le guardie non ci arresteranno mai, a malapena sanno dov'è il fodero delle loro spade.»

«Amico mio, non so davvero di cosa stai parlando. Ti dico che non c'è niente di losco nel mio concime, perché non mi credi?»

A quel punto gli animi cominciarono a scaldarsi. Ognuno si risentì per la rispettiva mancanza di fiducia e discussero con voci sempre più alte finché, furiosi, giurarono di non parlarsi fino a quando l'altro non fosse rinsavito.

«Non ti crescerebbe una pianta neanche se Vodka ci piangesse sopra!» fu l'ultima provocazione di Bill.

«E a me sembra che il tuo dio ti abbia direttamente cagato sopra da quanto crescono bene i tuoi fottuti ravanelli!» fu l'ultimo improperio di Jim.

A pranzo furono le mogli a farne le spese.

«Avresti dovuto sentirlo, Lora. Mi ha accusato di mentire, di infrangere la legge, di non fidarmi di lui! Dopo tutto questo tempo non posso credere che la sua stupida invidia abbia avuto la meglio. O forse dovevo aspettarmelo, chissà.» disse il favorito di erbaggi commestibili.

«Non parlare così, Bill. Tra non molto sarà l'anniversario della morte della sua primogenita; vedo già Martha cedere alla tristezza. Lo sai com'è Jim, fuori è duro come la roccia e dentro... un po' meno.» gli ricordò paziente, abituata ai virili bisticci.

L'anno scorso Bill aveva tirato uova marce a Jim, e Jim aveva inseguito Bill col forcone, tutto a causa di un'assurda diatriba sul giusto mangime per i polli che era andata avanti per mesi; ed era meglio sorvolare sugli anni precedenti.

«Forse hai ragione. Ma non gli parlerò fino a quel giorno, per dargli il mio conforto. Anche la mia pazienza ha un limite.»

Dall'altro lato della barricata...

«Avresti dovuto sentirlo, Martha. Mi ha accusato di essermi inventato tutto, di non fidarmi di lui! Dopo tutto questo tempo non posso credere che il suo arrogante perbenismo abbia avuto la meglio. Avrei dovuto aspettarmelo, tsk.»

«Oh Jim, siete tanto diversi quanto uguali, voi due. Sono certa che stia dicendo le stesse identiche cose a Lora.»

«Tu e le tue fantasie, donna.»

«Ascolta...» pregò la moglie adottando un tono pacato.

Disturbato dal cambio di registro, il marito le prestò subito attenzione. Martha gli poggiò le mani sulle sue, senza guardarlo.

«Tra non molto sarà quel giorno.» annunciò sommessamente. «So che non ti piace credere nelle profezie, e che non ti piace l'operato divino nell'orto di Bill, ma...» La sua bella voce si incrinò e alzò gli occhi lucidi su di lui. «Ho bisogno di tranquillità in questo momento. Ho bisogno che tu mi stia vicino, come sai fare tu. So che vorresti distrarti, perderti a litigare con Bill, lo so...»

Non la lasciò finire. Intrecciò le dita callose con quelle sottili di lei e la baciò sulla fronte.

«Farò il bravo. Per te.»

Martha gli sorrise grata.

L'anniversario arrivò, Bill e famiglia portarono il loro sostegno, e così com'era venuto il brutto giorno passò.

L'evento portò con sé un po' di pace, le due fazioni poterono condividere interi pasti senza che gli uomini passassero alle vanghe, e per un momento sembrò che il diverbio fosse destinato ad appianarsi. Gli uccellini, i sopravvissuti alla febbre marrone della stagione, cinguettavano felici grati di assistere ad un altro splendente mattino, non una nube oscurava il cielo, e tuttavia le esperte consorti non si illudevano: conoscevano i loro polli.

Trascorsero due settimane e i ravanelli blu vennero venduti. Spronato dal successo ottenuto, Bill decise di tentare la sorte con qualcosa di difficile, i cocomeri di verdana. Jim glielo sconsigliò: i cocomeri di verdana richiedevano speciali attenzioni, tra cui un costoso insetticida per gli huhun, insetti micidiali che oltre a divorare i cocomeri infettavano gli ortaggi vicini fino ad avvelenare l'intero orto. Bill tentò ugualmente e in un mese non un parassita osò toccare il suo terreno.

«Mi lancia di quelle occhiate, Lora. Dovresti vederlo.» disse compiaciuto il marito alla moglie.

«Non divertirti troppo, Bill, lo sai che dopo ti assaliranno i sensi di colpa.» lo avvisò lei.

«Non questa volta. Questa volta ho proprio ragione io, non c'è possibilità che vinca lui.»

«Non vince mai nessuno, Bill, vi riconciliate sempre.»

«Ti dico che questa volta sarà diverso.»

«Certo, Bill, certo.»

«Non credermi, fai pure.»

«Non mettere il broncio, Bill, sei un adulto. Che esempio dai ai tuoi figli?» scherzò, e l'uomo si indispettì per non essere preso sul serio. «Bill, se ti prendessi la briga di fermarti un attimo e pensare, ti accorgeresti di quanto sia sciocco il vostro comportamento.»

Bill non le diede retta. Riteneva incomprensibile l'impuntarsi di Jim. Se ce l'aveva con gli dei perché se la prendeva con lui? Oh ma questa volta no, no che non avrebbe ceduto, non si sarebbe ritirato nel ruolo di persona matura che preferisce il passo indietro allo scontro diretto per mantenere l'amicizia tanto cara. Jim si rifiutava di credere alla Profezia? Bene! Avrebbe piantato frutti così impossibili che nemmeno lui avrebbe potuto più rigettare l'esistenza divina.

«Qui lo dico e qui lo giuro, Lora.» annunciò battendo un pugno sulla tavola. «Questa storia non finirà finché Jim non entrerà di sua spontanea volontà in chiesa!»

«Che gli dei ci assistano.» sospirò lei.

Nell'altra casa Jim era furibondo.

«Pianta qualcosa, Jim.» gli ripeté per la centesima volta Martha.

«Un'altra parola, donna, e ti ritroverai senza un tetto sopra la testa.»

«Per il divino Bacardi, Jim, sei assurdo. Lanci occhiate truci ma di provarci neanche te lo sogni.»

«Non mi abbasserò al suo livello, né al tuo: non metterò nuove semine soltanto perché un citrullo mezzo strabico mi dice di farlo.»

«Blasfemo!»

L'ortolano era furente. Non si sarebbe arreso, mai! Era un ateo convinto e fiero di esserlo, e l'offesa derivata dall'immotivato successo dell'amico, che aumentava ogni qualvolta posava lo sguardo al di là della palizzata, lo faceva sentire un emerito imbecille vittima di uno scherzo di cattivo gusto. Oh ma gliel'avrebbe fatta vedere lui a loro e ai loro dei.

Seminare perché glielo diceva un vecchio pazzo? No. Seminare perché lo faceva quella pecora di Bill? No. Avrebbe dimostrato di avere ragione su tutta la linea smascherando Bill, e lo avrebbe fatto a modo suo.

Essendo una persona realista, si rendeva conto che risultati del genere si avveravano in un'unica malsana maniera.

Un bel giorno si avviò in paese dove raggiunse i loschi figuri della taverna del Pollo Arrostolato Senza Patate Ma Con Cipolle, chiamato anche PASPMCC. Non aveva paura di addentrarsi in quel covo di ladri saccenti, assassini poetici, elfi corrotti dal morso dei temibili unicorni rosa, fattucchiere brufolose e alla moda, falsi veggenti molto convincenti, fate rinnegate ubriache, spacciatori misericordiosi, contrabbandieri onesti e lacchè di ricchi banchieri in incognito; col suo caratteraccio si era cacciato in una disparata varietà di guai e il suo fisico temprato dalla guerra e dal lavoro all'aperto era forte abbastanza per badare a se stesso. Per un secondo gli mancò Bill, il compagno che sempre gli copriva le spalle, ma Bill non avrebbe approvato, e, con una punta di stizza, pensò che comunque era impegnato con i suoi stupidi cocomeri.

«Cerco cibo per il mio orto.» disse al locandiere.

«Il bordello è una porta avanti.»

«Intendo letteralmente.»

«Allora stai cercando Juli'then. È quel tipo là all'angolo.»

Seguì l'indicazione e si sedette al tavolo di un elfo tarchiato e pelato, intento a scribacchiare su un costoso libricino di pelle rossa.

«Sto cercando degli articoli particolari per il mio orto. Cos'hai da offrirmi?»

«Prima di tutto, buongiorno.» precisò il barilotto di carne chiudendo con uno scatto il libricino e sistemandosi gli occhiali. «Secondo, gradirei che mi si desse del lei. Terzo, non siedo allo stesso tavolo con i maleducati. Addio.»

L'elfo fece per andarsene ma Jim lo afferrò per un orecchio e lo rimise a sedere senza tanti complimenti.

«Siediti e ascolta.»

Grazie alla dimostrazione di forza bruta, l'insulso omuncolo dalle orecchie a punta accettò di contrattare e in cinque minuti gli fece uno sconto di riguardo sul concime di samarc, fertilizzante illegale che, a discapito della purezza dell'ortaggio, sveltiva la crescita delle verdure blu.

In metà del tempo che aveva impiegato Bill, i ravanelli blu di Jim furono pronti alla vendita. Moglie e figlio insinuavano l'operato divino, sebbene il marito e padre affermasse la completa regolarità della crescita. Dopo i ravanelli vennero le carote blu e le rape blu, anch'esse un successo.

Bill osservava sospettoso e nel frattempo continuava la semina di piante impossibili, come la cipolla dei venti bruni e i cavolbroccoli. Di fronte alla sfida, Jim tornò da Juli'then e ordinò un nuovo concime, il birulin cavatel, proveniente dai famosi pesci precotti in umido del lago incantato di tre regni più in là, che gli permise di ottenere in un solo giorno il porraglio, lo spinacio vendicativo e il fagiorago tiranno. Bill controbatté con la melanzana striata, il pisello proibito, l'indivia nera e la zucca alata occhi rossi. Jim rispose con un altro concime, l'explocquattrdueo, altrimenti detto “la pappina reale che scotta”, che diede vita allo sliferfava, al cipollotto-non-ti-scordar-di-lei, al regipomo e alla patata grigia. Il tutto condito da insulti vari di giorno in giorno.

«Non posso crederci.»

«A cosa, padre?»

La famiglia era riunita a tavola per una cena a base di cavolbroccoli e melanzane striate.

«Alla fortuna di Jim, Lily. Hai visto il suo orto?» disse sconcertato.

Il gruppetto voltò gli occhi alla finestra. Nonostante il sole basso, il giardino di Jim era impossibile da non notare: il fagiorago tiranno emetteva un intermittente bagliore sinistro e insieme alle verdure blu illuminava la palizzata come ad evidenziare una zona a traffico limitato; gli spinaci vendicativi e i regipomo formavano un campo minato, mentre il resto degli ortaggi spariva in una specie di foresta amazzonica per merito degli alti sliferfava. Un perfetto contrasto con il terreno di Bill, ordinato e pulito e assolutamente normale.

«È chiaro che sta usando un qualche concime magico.» commentò semplicemente la moglie.

«Ma ha dei risultati soddisfacenti?» volle sapere la figlia.

«Martha mi dice che, da quando due galline le sono misteriosamente esplose sul posto, passa da casa gente poco raccomandabile.»

«Che se ne fanno delle verdure?» «Che se ne fanno delle verdure?» chiesero in coro i gemelli.

«Non lo so, piccoli, ma di qualunque cosa si tratti, Jim ha passato il segno.» affermò tetro il capofamiglia.

«Che vuoi dire, Bill?»

«Dico che è il momento di indagare. Abbiamo bisogno di prove per smascherarlo.»

I pargoli si drizzarono sull'attenti, le due donne alzarono gli occhi al cielo esasperate dall'insensatezza maschile. In una decina di cucchiaiate di minestra un piano molto lineare venne elaborato: il padre sarebbe andato dai vicini e li avrebbe tenuti impegnati mentre i due birbanti avrebbero scandagliato il giardino e la rimessa.

«Fate attenzione.»

Ma la raccomandazione della madre sbatté contro la porta già chiusa per la fretta.

«Cos'è questo?» domandò Alton.

Il fratello ispezionò insieme a lui un lucchetto che il magazzino di Jim non aveva mai posseduto. Tentarono di aprirlo con i ferretti sottili e resistenti con cui si divertivano a scassinare la cassettina di sicurezza dove il panettiere teneva le sue ricette segrete, ma la serratura era impenetrabile. Beh, ragionarono i piccoli, se lo zio Jim si era preso la briga di proteggere così bene la sua rimessa, dentro doveva esserci un tesoro fantastico, no? Furbi come delle volpi verdi dell'est, andarono alla parete con la finestra che tante volte avevano sfruttato per giocare a nascondino con Jeremy; Alvin salì sulle spalle del fratello per raggiungere con le mani l'estremità del varco, e con orrore le sue dita scoprirono delle sbarre di ferro.

«Sbarre!»

«Sbarre? Quanto larghe?»

«Troppo piccole anche per un braccio.»

Alvin si issò parzialmente appendendosi all'ostacolo e portò la testa a livello della finestra.

«Non vedo niente!» sbottò lagnoso.

«Vieni giù e pensiamo a qualcosa, prima che nostro padre finisca di chiacchierare con zio Jim.»

I gemelli assunsero una posa riflessiva e si guardarono attorno nella semioscurità. Avevano bisogno di luce ma non volevano rischiare di andare a casa a prendere una lanterna, che comunque non avrebbe illuminato a sufficienza l'interno della rimessa. L'ideale sarebbe stato un lumino abbastanza piccolo da poter passare tra le sbarre, calato dentro piano piano tramite opportuna cordicella. L'ultima ce l'avevano, dato che ogni bambino della loro età teneva sempre con sé gli strumenti necessari per scopi delinquenziali, mancava il fantomatico lumino. Ma non c'era da preoccuparsi con i fratelli Alton e Alvin. Come una sola mente avvistarono l'oggetto dei loro desideri e corsero verso la paurosa foresta che era l'orto di zio Jim. Attenti a non lasciare tracce del loro passaggio, evitarono agilmente gli ortaggi a terra e si addentrarono senza timore tra gli sliferfava con l'intenzione di raccogliere delle verdure blu fosforescenti; l'avessero mai fatto. Il fogliame prese misteriosamente vita e i due si ritrovarono ben presto penzoloni a testa in giù, le caviglie prigioniere di liane troppo cresciute. Spaventati, si lasciarono sfuggire delle urla e gli adulti accorsero.

«I miei figli!»

«I tuoi figli? Le mie piante! Cosa diamine stavate combinando, piccole pesti?» si infuriò Jim.

All'arrivò del padrone le liane persero forza e i pargoli vennero rilasciati a terra come dei sacchi di patate. Per coprire il loro vero proposito i due si scusarono per voler giocare ad ora tarda con le strane piante di zio Jim mentre Bill fece una buona scena nel sgridarli a dovere e riportarli a casa. Sfortunatamente nulla di concreto era venuto a galla dalla brutta esperienza, soltanto la pericolosità del giardino dei vicini.

L'occasione purtroppo non si ripresentò più perché Jim mise dell'edera spinosa a guardia dell'intera sua proprietà.

«Non mi piace molto questa pianta, Jim.» esordì Martha guardando sospettosa l'edera.

«Te la farai piacere, donna.» rispose l'ortolano continuando a zappare.

«Ma Jim, si muove.»

«È il vento.»

«No, Jim, davvero: guardala.»

Il marito si voltò verso l'edera e quella fece una sorta di “hola” per tutta la palizzata.

«Te l'ho detto, è il vento.»

«Jim, mi prendi in giro?»

«Non hai dei mestieri da fare?»

«A quest'ora avrei da raccogliere le uova nel pollaio.»

«Nh.»

«Sai perché ho detto “dovrei”?»

«Nh.»

«Perché le galline sono esplose. Tutte.»

«Nh.»

«Jim, mi ascolti?»

«Sono esplose, capita.»

«Come “capita”? Stavano benissimo! Le galline non esplodono così, Jim, ci deve essere una ragione.»

«Saranno andate a mangiare dove non dovevano.»

«Oh, sei assurdo. Vado a stendere il bucato con Lora. E sparlerò di te, Jim, ti avverto.»

La minaccia cadde su orecchie sorde, l'uomo vangò per mezza giornata senza una preoccupazione al mondo, incurante del ciarlare delle due donne che appendevano i panni a un filo teso. Fu in questo clima gioviale che Mol, l'amico di Jeremy, arrivò correndo a perdifiato, ruzzolando a terra ben due volte prima di riuscire a riempire i polmoni abbastanza per chiamare Jim a gran voce.

«JIM!»

«Che hai da strillare, ragazzo?» lo squadrò l'ortolano.

Mol era sporco e sudato e l'espressione stravolta non prometteva buone notizie.

«Jeremy! Jeremy è...»

«Oh santo cielo! Mol, per gli dei, riprendi fiato.» intervenne Martha che li aveva raggiunti insieme a Lora per vedere che era successo. «Dov'è Jeremy? Era con te?»

«Sì, eravamo nella foresta e-»

«Nella foresta?!» ripeté incollerito Jim. «Gli avevo proibito di andarci!»

«Jim, fallo finire.» disse Lora esortando il giovane a continuare.

«Eravamo nella foresta, stavamo cacciando, e a un certo punto abbiamo sentito dei rumori. Pensavamo fosse un cervo e ci siamo avvicinati, perché ormai di cervi non se ne vedono più così tanti in giro e io e Jeremy abbiamo pensato che portare un cervo a casa sarebbe stato grandioso e-»

«Arriva al punto, ragazzo.» ringhiò il padre, e la moglie dovette tenerlo per evitare che lo prendesse per il collo.

«S-sì, signore. Dunque, eravamo lì e... e il cervo non c'era ma c'era qualcos'altro...»

«Che cosa, Mol? Che cosa c'era?» chiese la madre temendo la risposta.

«Non lo so! Qualcosa ci ha attaccato, siamo scappati, e quando mi sono voltato Jeremy non c'era più!» finì disperato.

Martha svenne, il pensiero di perdere un terzo figlio l'aveva sopraffatta. Jim la sorresse e, resistendo al desiderio di distruggere qualcosa o qualcuno, tanta era la sua preoccupazione, la affidò alle cure di Lora mentre lui seguiva Mol fino al punto dov'era accaduto il fatto. Le tracce erano profonde e perfettamente visibili anche senza l'aiuto del dito tremante di Mol, tuttavia erano così confuse che solo un esperto avrebbe capito cos'era successo in quel pezzo di foresta tra erba, terriccio, cespugli, alberi e via dicendo. Jim conosceva la persona giusta, e alla sua porta andò a bussare.

«Sì?» disse un vocione proveniente da una bocca allungata e dalla dentatura sana. «Ehi Jim!» abbaiò entusiasta il guardiacaccia riconoscendolo. «Cosa ti porta qui, amico mio? Una buona bottiglia di vino, spero.»

«Tim, ho bisogno del tuo aiuto. Jeremy è stato preso da qualcosa nella foresta, mi servi per le tracce.»

«Non dire altro, Jim.» disse immediatamente serio l'omone peloso indossando il suo vecchio cappello e incastrando le lunghe orecchie da lupo nei due fori appositi.

«Timothy!» lo bloccò una voce femminile dall'interno. «Non osare varcare quella soglia!»

«Oh, per gli dei.» mormorò scocciato l'interessato. «Jim, aspetta solo un istante.»

L'ingresso venne chiuso ma la discussione si poté sentire ugualmente. Cecilia, moglie di Tim e strega ufficiale del paese, lo sgridava per l'ennesima scappatella con l'ennesima ninfa dei boschi. Di solito Jim aveva pietà del suo vecchio amico, sposare una strega, famose per essere gelose e possessive, non era, secondo la sua modesta opinione, in nessun caso una buona idea, soprattutto se si era un irreprensibile dongiovanni. Disgraziatamente si erano innamorati a prima vista, entrambi di bell'aspetto, entrambi di buon carattere, unica pecca lei monogama, lui poligamo. Certe volte si andava proprio a cercarsela. Dopo un anno di matrimonio Jim era stato trasformato in lupo mannaro per ripicca ma ciò lo aveva reso soltanto più attraente per le abitanti femmine della foresta, specialmente le ninfe. Cecilia stava cercando un modo per convertire il lupo in porcellino, almeno così spettegolava Martha. Al momento, in impaziente attesa di fronte all'uscio, se non si fossero sbrigati Jim avrebbe ufficialmente aperto il club per la caccia ai lupi e alle streghe; con qualche bugia mirata, aveva il presentimento che avrebbe avuto un grande successo.

«Se sei così sicura che stia mentendo allora vieni con noi e vedi con i tuoi occhi!»

«Lo farò!»

«Bene!»

«Bene!»

Il litigio si concluse e la porta venne spalancata da un alito di magia irata.

«Cecilia.» salutò con il massimo della cortesia di cui era capace.

«Jim. Ho sentito che ti sei perso un altro figlio. La tua è proprio una mania, posso solo compatire Martha.»

Cecilia non lo aveva in simpatia, non dopo che Jim aveva ridotto male il suo cornuto fratello Tom. La guardò storto e fece il favore universale di non replicare e di non afferrare l'accetta al suo fianco per tagliarle la testa. Si diressero al luogo incriminato dove Mol era rimasto di guardia. Tim ascoltò la sua deposizione, annusò qua e là, osservò con le sue strabilianti pupille, diede una leccata schifata sui tronchi degli alberi e si grattò il mento peloso con gli artigli, pensoso.

«Allora?» sollecitò il padre e Tim partì.

«Vedi queste impronte?» indicò con professionalità il terreno calpestato; Jim annuì. «Qui è quando i ragazzi si sono accorti della creatura. Si sono voltati e hanno iniziato a correre. Dalla misura del piede e dalla profondità della traccia posso discernere che queste appartengono a Jeremy. È scivolato un paio di volte ma si è rialzato con l'aiuto delle mani. È corso per di là e, come dimostrano il sangue e fili di tessuto marrone di pantaloni da uomo, si è graffiato le gambe in mezzo a questi cespugli, probabilmente mentre guardava alle sue spalle. Correndo i ragazzi si sono separati, Jeremy ha spezzato quattordici rametti di vegetazione sul suo cammino, il che ci indica la direzione: verso il fiume. La creatura invece si è spostata velocemente su due zampe, usando unicamente i tronchi degli alberi; ci sono segni di coppie di tre artigli, zampa destra e sinistra, presumo, oltre a ciò non ci sono altri dettagli, niente peli, niente piume. Non riconosco l'odore, deve essere una nuova specie, forse immigrata qui da un'altra parte del regno; più tardi prenderò le impronte e le invierò agli altri guardiacaccia per un avere un riscontro.» disse, per poi riprendere una volta raggiunta la riva del fiume. «Si è tuffato in acqua, probabilmente credeva di seminarla oppure pensava di rimanere al sicuro in mezzo al torrente, ma qui è chiaro che la creatura gli è balzata dietro senza esitare con una tripla capriola aerea e un tuffo perfettamente simmetrico, come mi portano a dedurre la posizione degli schizzi d'acqua sul terreno circostante. Nessuno dei due è tornato sui propri passi.» affermò confuso. «Forse sono riemersi sull'altra sponda.»

Difatti trovarono lì il continuo delle tracce ma purtroppo erano presenti soltanto quelle della creatura. Tim assicurò che il peso della bestia era aumentato e questo indicava che Jeremy era stato catturato; la mancanza di tracce di sangue faceva sperare per il meglio. Era tutto quello di cui Jim aveva bisogno, la speranza. Seguirono le impronte e uscirono in una piana lussureggiante non segnata sulla mappa. Neppure Tim, guardiacaccia da anni come suo padre e il padre di suo padre prima di lui, ne sapeva nulla. Cecilia espanse le sue percezioni magiche e il responso fu preoccupante: una dimensione autonoma imposta al territorio che, a lungo andare, avrebbe danneggiato la natura circostante; per fortuna era stata creata di recente, non più di due o tre giorni.

«Come ho fatto a non accorgermene?» si disse incredulo l'uomo lupo.

«Perché ti fermavi al fiume dalla tua bella ninfa, ovvio.» lo rimbeccò acida la moglie. «Jim, no! Non puoi entrare nella dimensione autonoma!»

«Mio figlio è lì, da qualche parte.» fu la semplice e dura risposta.

«Jim, non funziona così. Ci sono delle regole.»

Siccome l'ortolano non aveva intenzione di fermarsi, la strega lo sollevò in aria con un elegante movimento della mano. L'uomo protestò e chiamò in aiuto l'amico ma Tim fece spallucce, non c'era modo di bloccare sua moglie senza darle un violento colpo in testa e lui era tutto tranne che un marito violento.

«Con la nuova normativa non può più entrarci chiunque. Abbiamo bisogno di un reale.» informò Cecilia sfogliando un libricino semi nuovo.

«Un che?!» sbraitò l'intrappolato in aria.

«Un re, un principe o un bastardo reale. Posso chiedere la restituzione di un grosso favore alla strega di corte, ma, sia chiaro, lo faccio per Martha, non certo per te.»

«Tsk.»

La donna estrasse un cristallo incantato dalla tasca, pronunciò delle parole magiche e il trasparente oggetto restituì l'immagine di una signora anziana in bigodini dall'accento nobiliare.

«Cecilia, cara, come stai?»

«Bene, Barbara, grazie. Tu?»

«Relativamente in forma. Giusto ieri ho salvato la vita al principe Teodorico, una stupida troll credeva di poter entrare nelle sue stanze e avere un erede senza rispettare la fila. È incredibile quante signorine siano qui per corteggiare Sua Altezza, ma è comprensibile, la data limite per il matrimonio è vicinissima. Un peccato che la maggior parte non abbia abbastanza cervello per diventare regina.»

«Mi fa piacere che-»

«Venite al dunque, donne, mio figlio non può aspettare.»

«Perdona la maleducazione dell'amico di mio marito, Barbara.» si scusò Cecilia rifilandogli un'occhiataccia. «Ti ho chiamato per quel favore. Suo figlio è stato catturato da una misteriosa creatura e portato in una dimensione autonoma.»

«Oh per gli dei.»

«Già. Come ben sai le regole sono cambiate.»

«Sì, mi è arrivato il nuovo manuale.» disse la strega di corte attirando la sua copia con un dito e, sempre per magia, sfogliandolo fino alla pagina richiesta. «In “Dimensioni autonome” è richiesto l'intervento di sangue reale, non ci sono eccezioni.» sospirò. «Il re è piuttosto andato con l'età e disgraziatamente è un marito fedele, non ha nessun bastardo. L'unico disponibile è il principe Teodorico. Santo cielo, non oso immaginare gli strilli di quelle ragazzine quando scopriranno che il principe non è presente al castello.»

«Mi spiace metterti in difficoltà, ma temo si tratti di questione di vita o di morte.»

«Non crucciarti, mia cara, ti devo un favore molto grande. Per le mocciose mi inventerò qualcosa. Magari che il principe si è ammalato e soltanto una pozione dai particolari ingredienti riuscirà a salvarlo. Nell'impresa dovrebbero morire circa due terzi delle pretendenti, il che ci aiuterà con la scelta della sposa.» rise, e l'amica rise con lei.

«Perfetto. Quando pensi di potermelo inviare?»

«Tra un'oretta, il tempo di liberarlo dalle grinfie delle sanguisughe e convincerlo all'avventura.»

«D'accordo, nel frattempo io sistemerò i cristalli e la sabbia per il disloco a lunga distanza.»

«Mi raccomando, cara, tieni a portata di mano una pozione ricostituente, alla tua giovane età i dislochi a lungo raggio prosciugano molte energie. Ti chiamerò quando sarà il momento.»

La comunicazione si concluse. Cecilia ordinò a Mol di andare a casa, non c'era nulla che il ragazzo potesse fare per il suo amico, poi sciolse Jim dalla levitazione forzata e ordinò al marito di tenerlo stretto mentre tornavano a casa per recuperare il necessario, non potevano certo rischiare che quello sciocco entrasse nella dimensione autonoma e rovinasse tutto. Sul ponte del fiume incontrarono un trafelato Bill armato di balestra.

«Jim! Lora e Martha mi hanno raccontato cos'è successo, sono corso appena ho potuto. Ho seguito le tracce e-»

«Sì, sì, Bill.» interruppe Cecilia. «Vieni, ti racconterò il resto per strada.»

In meno di un'ora erano tornati alla dimensione autonoma e sistemato l'occorrente, mancava solo il principe, per cui fu una sorpresa vedere Lily e Mol comparire dalla foresta. Dall'espressione del ragazzo era facile dedurre che la donzella l'avesse costretto ad accompagnarla lì.

«Lily, cosa fai qui?»

«Jeremy è in pericolo, non crederai che me ne stia con le mani in mano!»

«Tesoro, nessuno può entrare. E anche se fosse possibile, non ti permetterei mai di andare là dentro.»

«Tuo padre ha ragione.» intervenne Jim con le sue straordinarie doti persuasive.

I due avevano stabilito una tregua. Il fatto che Bill fosse accorse subito in suo aiuto aveva diminuito considerevolmente le ostilità.

«Ma-»

La giovane venne interrotta dalla chiamata di una nervosa Barbara.

«Cecilia, cara, devo dirti una cosa. Il principe non mi è sembrato molto incline a lasciare il castello per un misero cittadino, perciò gli ho raccontato che la vittima è una ragazza.»

«L'importante è che venga a fare il suo lavoro.» disse burbero Jim.

«Oh bene, sono contenta che non sia un problema. Teodorico è apparso piuttosto felice all'idea del salvataggio. Crede che sia stato il destino a mandare la ragazza sul suo cammino così vicino alla data delle nozze.»

«Creda quel che vuole, basta che si sbrighi.» si espresse nuovamente il padre.

«Ma cosa farà quando scoprirà che è un maschio?» domandò Lily.

Calò il silenzio. Dall'altra parte del cristallo si sentì una voce maschile e Barbara rispondere nella lingua aulica. Troppo tardi per inventarsi qualcosa di intelligente. L'incantesimo del disloco ebbe luogo e in mezzo al cerchio preparato dalla strega apparve un giovane uomo in armatura scintillante. Come sempre, l'apparizione di un reale ebbe un istintivo riscontro sulla plebe, cioè una lieve ondata di ammirazione immotivata, aumentata dallo scrollo della chioma bionda che il principe stava liberando dalla sabbia magica, un movimento così ipnotico che pareva andasse al rallentatore. La prima a risvegliarsi dall'effetto ammaliante fu Lily, aiutata dall'essere già innamorata.

«Principe Teodorico!»

«Good day, everyone!» salutò allegro il principe che, ricevendo strani sguardi si corresse. «Oh, sorry, I didn't remember. Dimentico sempre che la plebaglia usa un linguaggio inferiore.» disse con un pesante accento regale e un sorriso smagliante.

L'ammaliamento impedì alla suddetta plebaglia di offendersi troppo.

«So, dov'è la mia principessa?»

«Principessa?»

«La povera dolce fanciulla rapita da una feroce bestia poche ore fa. Ogni dolce fanciulla è una princess to me.» affermò con uno strano scintillio laterale all'occhio destro.

«Dentro, Vostra Altezza.» informò flebilmente Cecilia, che a causa dello sforzo del disloco giaceva a terra sotto le cure del marito.

«Good. Andrò subito a prenderla, but first ho qualche domanda.» fece serio tirando fuori il famoso libricino. «Qual è il colore naturale dei capelli della princess

«Che c'entra il colore dei capelli?» si infervorò Jim.

«Please, good sir. Ho bisogno di tutti i dettagli prima di imbarcarmi in questa spedizione forse suicida. Il regno potrebbe perdere il solo e unico erede al trono, voglio assicurarmi che se morirò, morirò per una giusta causa.»

«Ma perché il colore dei capelli?» disse confuso Bill.

«Royal matters. Faccende reali. Vi prego di cooperare, per il bene della fanciulla. Colore dei capelli?»

Nessuno sapeva cosa rispondere. Il principe guardava attentamente il suo libricino da cui pareva dipendesse la vita di Jeremy: le regole dettavano perfino quali fossero le caratteristiche giuste della vittima? Tim venne in loro aiuto.

«Altezza, per favore abbiate pazienza, il padre della ragazza è sconvolto.» disse lanciando i tipici segnali di sopracciglia ai compagni di bevute e partite a carte.

Jim iniziò a lamentarsi con Bill che gli batteva le mani sulla schiena e il principe che si lanciava in parole di educato conforto. Nel frattempo l'uomo lupo raccattò il libretto delle regole dalla tasca della moglie ormai svenuta per la stanchezza e cercò di sfogliarlo ma le dite artigliate si rivelarono un ostacolo. Lily e Mol si sbracciarono per farsi notare e passare il manuale. Senza perdere tempo lessero l'indice e andarono al capitolo “Principi & Principesse”, mentre Tim riprendeva l'attenzione di Teodorico dando informazioni sulla cattura della dolce donzella e un'esagerata descrizione della creatura.

«Capelli, capelli, capelli... Trovato!» esclamò Mol e Lily gli tappò la bocca controllando che il principe non se ne fosse accorto. «Scusa. Beh, qui dice che i capelli possono essere di colore... paglia?»

«“Biondo paglia, biondo miele, platino, castano chiaro, castano, no al castano scuro, ammesse tinte ma il colore naturale del capello deve essere una tra le precedenti opzioni”.» lesse la ragazza.

«Accidenti, Jeremy è moro come la pece.»

«Già. Però aspetta, c'è un numero, credo sia per l'appendice.»

«La che?»

«Lo sapresti se invece di andare in giro a divertirti aiutassi Padre George nella preparazione della messa. Sono spiegazioni alla fine del libro.»

«Perché metterle alla fine? Non si può scrivere tutto nel capitolo giusto?»

«Non lo so e non mi interessa, andiamo avanti. “Capello moro. Concesso solo in casi speciali.”»

«Per gli dei, due pagine per-»

«Signori, listen, please. La dolce fanciulla è prigioniera del mostro, non possiamo tardare ulteriormente. Mi occorrono i dettagli.» insistette Teodorico, e Lily si nascose col libro dietro la schiena di Mol appena in tempo. «Che colore sono i capelli della fanciulla?»

«Mori.» sussurrò la ragazza all'amico.

«Mori, Vostra Altezza. Tim ha ragione, il padre è sconvolto, ci penso io a descriverla. La conosco bene perché siamo praticamente cresciuti insieme.» spiegò.

«Whatever. Fatemi controllare, capelli mori... Non lo trovo.»

«Controllate meglio, Vostra Altezza. Sarà un colore speciale.» suggerì nervoso Mol.

«Oh, yes, here it is. Trovato, era all'appendice.» disse amabile il futuro re e tutti tirarono un sospiro di sollievo. «Well, è concesso ma solo in particolari casi. Mh. Ha una carnagione chiara o scura?»

«Chiara come il latte.» bisbigliò Lily.

«Chiara come il latte, Vostra Altezza.» riportò diligentemente Mol.

«Occhi?»

«Scuri come la pece.»

«Labbra?»

«Carnose.»

«Sopracciglia?»

«Folte.»

E naso, mani, misure, e via così fino ai piedi.

«La conosci molto bene.» si insospettì Teodorico alla risposta sulla preferenza in biancheria intima. «La mia principessa deve essere illibata.»

«Lasciate che vi spieghi, Vostra Altezza.» si intromise Lily uscendo dal nascondiglio e posizionando le mani dietro la schiena con il manuale. «Mol è innamorato di me e spesso origlia le nostre conversazioni. Vero, Mol?»

«Sì, sì, vero.»

«Una cattiva abitudine.» ammonì il reale.

«È perché la amo moltissimo, Vostra Altezza! Ma le assicuro, sto cercando di uscirne, di... combattere la tentazione.»

«Ha sessioni spirituali con il parroco della nostra chiesa ogni settimana.» aggiunse convincente Tim, dato che lui le sessioni di Padre George per resistere alla tentazione dell'adulterio le evitava come la peste.

«Very good, very very good. Sarebbe un vero peccato se un giovane come te intraprendesse una tale disdicevole strada. L'amore fa compiere strane e incredibili azioni, ma il manuale non prevedere una versione stalker dello sposo. Questo ragazzo è fortunato ad avere te, lady...?»

«Lily, Vostra Altezza.»

«Siete un'amica della dolce fanciulla?»

«E sorella, Vostra Altezza.» inventò, pronta a raccontare il falso passato perfetto utilizzando le informazioni del libricino.

«Sister? Dalla descrizione non mi pare che siate molto simili.»

«Abbiamo padri diversi, Vostra Altezza. Quello è il mio, l'altro di mia sorella Jeryna.»

«Come prego?»

«Nostra madre era una donna... particolare.»

Gli uomini presenti diedero un imbarazzato colpo di tosse.

«Jeryna... nome altrettanto particolare.» commentò il principe per togliersi d'impaccio.

«Nostra madre lo scelse per lei.» disse in tono malinconico. «Una bellissima donna. Purtroppo è morta dando alla luce Jeryna. La levatrice ci dice sempre che dopo aver visto la voglia sulla schiena di mia sorella il suo viso è impallidito e poi... è morta.»

Apparvero tutti perplessi di fronte ad una storia tanto improbabile ma a Teodorico si illuminarono gli occhi sentendo la parola “voglia”. Come Lily aveva previsto, consultò immediatamente le righe dell'appendice e trovò il profilo combaciante.

«It's her!» annunciò gioioso. «Ed ora io la salverò, poi la porterò al castello, e la sposerò! È opportuno invitare anche il secondo padre?» chiese in un improvviso dubbio.

«Credo che sarebbe un gesto apprezzato, Vostra Altezza.» rispose Lily, sperando che finalmente si decidesse.

Non prima di un ultimo improbabile dettaglio, ovviamente. Perciò, nell'istante in cui Teodorico compiva il primo passo verso la dimensione autonoma, Lily gesticolò e cercò di farsi comprendere con il labiale di modo che gli altri stessero al suo gioco.

«Oh, mio principe!» esclamò accasciandosi al suolo aggrappandosi a Mol che precipitò al suo fianco da bravo innamorato.

«What is it now?» domandò con leggera impazienza Teodorico, la mente focalizzata sulla sua bella perfetta.

«Vostra Altezza, vi prego perdonateci. Vi abbiamo mentito.»

«Su cosa?»

«In verità non abbiamo proprio mentito. Abbiamo omesso un dettaglio. Un dettaglio che potrebbe indurvi a cambiare decisione e tornare al castello senza mia sorella.»

«Impossible. Cosa potrà mai essere?»

La ragazza aspettò tre lunghi secondi per il pathos e poi la sparò grossa.

«Mia sorella... è un maschio.»

«Excuse me?» disse il reale sollevando un regale sopracciglio mentre il resto della compagnia si domandava agitata cosa passasse per la testa della piccola Lily.

«Sì, Vostra Altezza, avete capito bene.»

«But-»

«Vi prego, lasciate che vi spieghi. Ultimamente la mia Jeryna soffriva di un malessere letale e per curarlo, dopo vari tentativi, ci siamo rivolti alla nostra strega di paese. Quella donna,» indicò Cecilia, «è stata l'unica a trovare una soluzione, e Jeryna è guarita. Tuttavia...» sussurrò con dolore.

«Tuttavia?» ripeté il principe attendendo la brutta notizia.

«La pozione miracolosa l'ha trasformata in un maschio.» E siccome Teodorico era rimasto senza parole andò avanti. «Jeryna non ricorda perfettamente la sua vita, crede di essere nata uomo e di chiamarsi Jeremy. Il suo aspetto è cambiato, ovviamente, ma molto è rimasto della sua originale bellezza: la chioma mora ora corta, gli occhi scuri come la pece, il profilo regale. Soltanto una cosa è diversa, la sua carnagione. Si è inspiegabilmente scurita»

Finì così la falsità e perfino lei si rendeva conto che la storia non reggeva tantissimo, ma cosa poteva fare? Se il principe fosse riuscito a raggiungere Jeremy, avrebbe potuto scambiarlo per un nemico, o lasciarlo lì pensando la dolce fanciulla immaginaria fosse stata già divorata dalla creatura.

«That's it!»

L'esclamazione di Teodorico colse tutti di sorpresa. Il giovane principe passeggiò avanti e indietro, i pensieri febbrili. Non poteva credere alla fortuna, al miracolo, al segno divino. Il male doveva aver mascherato la sua bella per impedire le nozze previste dal destino.

«Don't you see?» disse come fosse ovvio. «La sposa perfetta nascosta ai miei occhi dal maligno! È scritto nel manuale.»

«Davvero?» domandò Lily scettica dinnanzi a tanta stupid- fortuna.

«Yes, my lady. È una mossa classica dell'avversario, nasconde ciò che più è caro al suo nemico proprio sotto al suo naso. È la stessa logica dei potenti guerrieri e grandi saggi sotto le mentite spoglie di mendicanti.»

«In effetti ha un senso.» si stupì Mol.

«And now, knowing my true love is there waiting for me, I'm ready for battle. No one can stop me.» fece determinato.

Il principe indossò il suo elmo dall'estetica all'avanguardia e si avviò nella piana lussureggiante. La comitiva lo osservò sparire dietro una collinetta.

«Sembrava piuttosto determinato.» commentò ottimista Tim.

«È un buon segno.» disse altrettanto positivo Bill.

«Quel tipo crede di sposarsi mio figlio.» criticò il padre della futura falsa sposa.

«Andiamo, zio Jim. Possiamo sempre dire che, dopo vari tentativi, si è scoperto che l'effetto è irreversibile.»

«Chi è l'idiota che si beve al cambio di sesso, comunque? Lo sanno tutti che è impossibile. Fammi dare un'occhiata a quel libro, Lily. Voglio sapere cos'altro c'è scritto.» si incuriosì divertito Mol.

«Come va tra voi due?» chiese Lily ai padri. «Avete fatto pace?»

«Per adesso.»

«Jim, credo che sia il caso di smetterla.»

«Non fin quando non mi rivelerai cosa stai combinando nel tuo orto.»

«Niente, Jim, niente! Quante volte te lo devo dire?»

«Tsk.»

«Bene, non crederci, fai come ti pare.»

Calò uno scomodo silenzio, rotto da Tim.

«Aveva un bell'accento, vero?»

«Sì, infatti.» «Già.» dissero i ragazzi.

«Che lingua è precisamente?»

«La lingua nobiliare. Si chiama lingua aulica, colta o illustre. Qui dice che la parlano i nobili tra loro ma “negli studi viene insegnata anche la lingua plebea, per comprendere i bisogni del popolo e impartire ad esso i giusti insegnamenti e le meritate lezioni”. Non mi piace molto come suona alla fine.»

«Beh, era molto accattivante, non trovate?» insistette il lupo mannaro per non far cadere l'argomento.

«In effetti non potevo smettere di ammirarlo, ma poi l'effetto è un po' passato.» considerò Lily. «Certo è un tantino imbarazzante essere di fronte ad un nobile, un principe, e potersi esprimere con lui soltanto attraverso la lingua del popolo. Non oso immaginare la quantità di errori a cui l'abbiamo costretto, tra il cattivo uso del congiuntivo e del condizionale, e dei tempi verbali. Ci deve essere un vero abisso tra i nostri livelli d'istruzione.»

«Parliamo come mangiamo, Lily. Per questo ci chiama plebaglia.» disse intelligentemente Mol.

«Il pensiero non mi conforta, Mol.» si irritò lei, per poi sospirare affranta. «Sono così preoccupata per Jeremy. Spero che vada tutto bene.»

 

«E dopo un po' il principe tornò con la spada e l'armatura insanguinate e con in braccio Jeremy, svenuto ma vivo. Usarono il trucco dell'effetto irreversibile per sbarazzarsi di Teodorico che per le nozze sposò una ragazza a caso, e tutti vissero felici e contenti.» concluse il vecchio nonnino dondolando soddisfatto sulla sedia preferita.

«Nonno, hai iniziato con il terreno da coltivare e finisci con il principe e la falsa principessa? Dov'è la faida famigliare?» si oppose il nipotino maggiore; gli altri due si erano appisolati.

«Martha ha chiamato il prete per benedire l'orto, visto che le erano morte le galline. Ovviamente tutto è andato in malora. Jim allora ha provato a coltivare senza concime per ripicca contro l'universo ed è cresciuta roba buona.»

«E Lily e Jeremy? Si sono sposati? I due padri hanno fatto pace? L'uomo lupo è stato perdonato dalla strega o è diventato un porcellino? E da dove viene il libro delle regole? Chi le scrive? Perché il principe parla in inglese e perché il libro delle regole non era in inglese? Perché nessuno a parte i reali può entrare nella dimensione autonoma? E che cos'è in realtà una dimensione autonoma? Cosa ha rapito Jeremy? Che cosa è successo durante il salvataggio? Perché gli dei hanno nomi di alcolici? E poi che fine ha fatto il Supremo Druido? E il bambino zoppo? E perché i gemelli di Bill e Lora ridono sempre? Non mi hai nemmeno detto il nome del posto in cui si svolge la vicenda.» si imbronciò il ragazzino.

«Te lo racconterò un'altra volta.» liquidò il vecchio, ma, per futuro quieto vivere, si dilungò alla terribile faccia da funerale del moccioso. «Insieme alla battaglia contro la banda mercenaria armata dei frutti dell'orto di Jim, al corteggiamento di Jeremy da parte del principe Teodorico, e alla difesa dalle fate assetate di sangue.»

«Sul serio?» si emozionò il piccolo.

«Se farai il bravo.»

«Sì! Aspetta...» fece sospettoso. «Mi stai distraendo! Parla: dov'è il senso? Le storie della mamma hanno i buoni e i cattivi, qui non si capisce niente, anche se è divertente.»

«Hai otto anni, non dovresti fare questo genere di domande profonde ad un adulto.»

«Nessuno me lo vieta.»

«Sono sicuro che da qualche parte una legge c'è. E comunque Bill ha accettato le scuse di Jim ed è riuscito a portarlo in chiesa per la messa. Il bene vince.»

«Ma Bill non è completamente buono. Ha usato i suoi figli per spiare Jim, li ha messi in pericolo, e la motivazione è stata la rabbia verso Jim, non un qualche nobile proposito.»

«Figliolo, devi smetterla di leggere il dizionario, ti fa male usare i paroloni.» ammonì. «Ho messo un principe, non ti basta?»

«Dettava la sua vita in base alle regole che gli venivano imposte da chissà chi senza pensare con la sua testa; che razza di principe era? E nemmeno Jim era completamente malvagio.» continuò deciso. «Provava un sincero affetto per la sua famiglia e l'unico motivo per cui si è incamminato sulla strada dell'illegalità è perché era troppo ostinato.»

«Ostinato perché era ateo, nipote, ecco il tuo malvagio.»

«Non ha senso.»

«Chi l'ha detto che deve avere senso? Non c'è mica scritto nel regolamento.»

«Quale regolamento?»

«Quello.»

Il vecchio indicò un imponente altare apparso dal nulla in mezzo al soggiorno, dove un pergamena dall'aria antica era spiegata. Il titolo recitava “Il regolamento definitivo per una buona storia”, l'autore aveva un nome tipicamente elfico.

«Ma-»

«Non preoccuparti, figliolo, dipende dal genere letterario.»

«Nonno, un altare è apparso dal nulla in soggiorno!»

«Lo so. Ma tanto è fantasy.»

 

Fine

Forse

  
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