Arrivai
davanti all’ospedale e anche se era in parte
distrutto, mi sembrava che come rifugio momentaneo potesse funzionare.
Scesi
trascinandomi il corpo dietro e aprii la porta bloccata con un calcio.
Dentro,
l’edificio, era ancora più disastrato di quanto
non
fosse all’esterno tanto che feci fatica a camminare a causa
delle macerie spare
ovunque e dei letti ribaltati.
Sentii
dei passi poco lontani da me e un proiettile colpirmi la
gamba.
-Dermo
(merda)-mi
lasciai sfuggire mentre appoggiai il corpo a terra.
-Russi-sentii
una voce provenire dal corridoio.
I
passi si facevano sempre più vicini, presi la pistola pronta
a sparare.
-Non vorrai spararmi, sono disarmato-la stessa voce di prima solo che questa volta riuscii ad attribuirgli anche un volto.
-Non vorrai spararmi, sono disarmato-la stessa voce di prima solo che questa volta riuscii ad attribuirgli anche un volto.
-È
il mio lavoro-risposi prendendo la mira.
-Il tuo lavoro?-chiese portando una mano vicino al coltello.
-Il tuo lavoro?-chiese portando una mano vicino al coltello.
Ero
pronta a fare fuoco ma un rantolo proveniente dal soldato
ferito mi fece abbassare la guardia e in poco tempo il nemico mi fu
addosso,
strappandomi la pistola dalla mano.
Presi il coltello tattico e lo lanciai sperando di colpirlo in pieno petto ma lui fu molto più veloce e si procurò solo un leggero taglietto al braccio, imprecai di nuovo. Non avevo tempo da perdere, specie in un’inutile lotta.
Presi il coltello tattico e lo lanciai sperando di colpirlo in pieno petto ma lui fu molto più veloce e si procurò solo un leggero taglietto al braccio, imprecai di nuovo. Non avevo tempo da perdere, specie in un’inutile lotta.
Mi
lanciai contro il nemico pronto a colpirlo ma mi
immobilizzò prendendomi per le braccia.
-Di
solito non sono così con le donne, e non credo di
riuscire a fare un’eccezione-disse.
-Non
sarà necessario-risposi con un evidente accento
russo mentre mi liberavo sferrando una ginocchiata
all’altezza dello stomaco.
Si
piegò in due e poi si rialzò venendo verso di me
per
colpirmi con un pungo, lo bloccai con entrambe le mani e poi colpendolo
alle
gambe lo costrinsi a piegarsi di nuovo, gli feci battere la testa
contro il mio
ginocchio, recuperai la mia pistola e tornai verso il corpo immobile
del
ferito.
Sapevo
che non sarebbe bastato, mi sembrava uno che non molla
facilmente ma mi serviva tempo per spostare il soldato in una camera
adeguata e
dargli tutte le cure che gli servivano.
Lo
caricai di nuovo sulla spalla ma non ce la faceva a stare
in piedi e cadde rovinosamente per terra. Non poteva mollare adesso,
aveva
resistito. Lo schiaffeggiai per cercare di fargli prendere coscienza ma
non
servì a nulla, sentivo solo il suo respiro svanire piano,
piano.
-Davay,
ne vzdumay sdat'sya! (Forza,
non mollare)-urlai
schiaffeggiandolo.
Sentii
un coltello alla gola e lentamente impugnai di nuovo
la pistola per puntarla verso l’alto mentre con una mano
continuavo a premere
sulla ferita del soldato.
Di
certo non era in quel posto che volevo trovarmi, a curare
un soldato prossimo alla morte e a scontrarmi con un altro che a quanto
pare
odiava tutta la Russia. Mi immaginavo un fine guerra più
tranquillo, magari ai
Caraibi, visto che ormai ero morta e a nessuno importava di me e, se
fossi
uscita viva di lì, avrei dovuto cambiare
identità, una cosa normale per un’ex
spia sovietica e comunque mi piaceva quel continuo cambiare, rendeva
più interessante
la mia vita solitaria.
-Soap?-chiese l’uomo senza staccare il coltello.
-Soap?-chiese l’uomo senza staccare il coltello.
-E
che ne so io. L’ho solo trovato mezzo morto e dopo aver
guardato le piastrine, mi sono accorta che stava sudando e…-
-I
cadaveri non sudano-rispose ritirando il coltello dal
collo e guardandomi in modo strano.
-Esatto,
voglio solo aiutarlo ma se continua a cercare di
uccidermi, dubito che sopravvivrà alle prossime ore- dissi
con un marcato
accento russo.
-D’accordo,
piccola tregua-
Mi
aiutò a rialzarlo e lo portammo verso una camera che
sembrava ancora in buono stato e poi lo distesi piano mentre
l’altro uomo
cercava alcune fasce.
Mi
appoggiai a una sedia avvertendo una fitta alla gamba
destra, abbassai lo sguardo e vidi che stavo sanguinando.
“Il
proiettile”pensai cercando uno specchio per verificare la
gravità della situazione.
Non
era entrato troppo e con un paio di pinze riuscii a
estrarlo, imprecai di nuovo e poi mi fasciai la gamba.
Tornai
verso il soldato ferito. Si stava dissanguando, usai
l’anticoagulante
e ci misi un po’ a fermare tutto quel sangue che continuava
ad uscire. Alla
fine, stremata ed esausta mi lasciai cadere contro il muro, avevo
bisogno di
dormire ma non potevo abbassare la guardia, dopotutto se loro due si
conoscevano davvero, ci avrebbero messo poco a ridurmi a un mucchietto
di ossa.
-Dormi
pure, non ho intenzione di ucciderti, almeno per il
momento-
Alzai
lo sguardo verso l’uomo, non mi sentii sollevata, per
niente, anche se aveva detto che non voleva uccidermi. Ghignai
divertita e
abbassai il capo.
-E
chi me lo assicura?-chiesi.
-Bhè,
ho constatato che sei brava a curare le ferite e quindi
se ti uccido, Soap morirà-disse guardandomi.
-Soap.
Lo conosce?-
-Si, Task Force 141,
Capitano John “Soap” MacTavish. Prima
faceva parte del 22°
reggimento della Special Air Service-
-Inghilterra-sospirai
incrociando le braccia.
-Già,
io ero il suo capitano-
-Quindi
deduco che lei sia Price. Sa, dopo aver ucciso
Sheperd, il mondo non vede l’ora di vedervi sotto terra. Il
punto è che nessuno
a parte me e voi sa che il Generale era un traditore e pensare che mi
fidavo
di lui-dissi con rammarico.
-E
che ci fa uno Spetsnaz in un posto come questo?-chiese
piuttosto incuriosito.
-Storia
lunga-risposi vagamente.
-Abbiamo
tempo-
-Sono
qui da due anni ormai e ho stretto una specie di
accordo con i civili rimasti, se avessero trovato qualche superstite,
se ne
sarebbero presi cura fino al mio arrivo, in cambio li avrei protetti ma
non ci
sono riuscita-risposi desolata. -Ieri mi è arrivata la
notizia che qualche mese fa
trovarono un soldato ferito gravemente, si erano presi cura di lui ma
visto
l’aggravarsi delle sue condizioni, lo avevano dato per morto.
Sarei dovuta
andare subito da loro ma ho avuto un paio di contrattempi,
l’esercito russo mi
da la caccia e questo non ha facilitato il lavoro soprattutto
perché fino a
cinque giorni fa giravano per Praga e dintorni facendo delle vere e
proprie
carneficine-
-Ecco
perché qui non c’è anima
viva-commentò Price.
-Già,
comunque, sono riuscita a raggiungerlo e a primo
impatto avrei giurato che fosse passato a miglior vita ma
fortunatamente è
ancora qui-dissi appoggiandomi alla finestra.
-Perché
l’esercito russo ti cerca?-
-Vogliono
uccidermi-risposi facendo intuire che il discorso
sarebbe finito lì.
Mi
guardai bene dal dire la verità perché se gli
avessi detto
che il vero motivo era il fatto che avevo disertato per colpa di
Makarov, mi
sarei scoperta troppo, il mondo ormai sapeva di lui ma era meglio non
dirgli
che lo conoscevo di persona e che in pochi anni si dimostrò
essere uno
psicopatico. All’inizio mi ritrovai ad essere
d’accordo con lui nel far
brillare la grande Russia, ma quando scoprii quali metodi stava
adottando, me
ne andai, e lui, per vendicarsi, decise di far uccidere la mia intera
famiglia,
non aveva risparmiato nemmeno mio figlio di appena tre mesi e
così decisi di
arruolarmi per vendicarmi a mia volta. Fino a qui tutto normale, se non
fosse
stato per il semplice fatto che gran parte della popolazione russa, tra
cui
molti soldati, si erano schierati dalla sua parte, così mi
ritrovai costretta a
combattere questa guerra da sola.
-Ora
tocca a lei, che ci fa qui?-rigirai la domanda per
evitare di rispondere seriamente.
-Sono
qui per lui-rispose indicando Soap. -Avrei portato il
suo corpo in Inghilterra e gli avrei dato una degna sepoltura-
Guardai il letto sul
quale era disteso, domandandomi per cosa avesse
resistito e se ne avesse valso la pena.
Mi decisi a dormire,
almeno per qualche ora, dovevo recuperare le
energie.
Scattai in piedi e mi affacciai alla finestra, carrarmati e altri mezzi pesanti stavano marciando lungo le strade, vicino all’ospedale.
-Dobbiamo
andarcene-sentii Price dire con affanno mentre caricava Soap
su una spalla.
-Lo credo anche io ma il
paese è circondato e siamo senza armi-risposi
allontanandomi dalla finestra. -Senza contare il fatto che non possiamo
scorrazzare qua e là con le sirene accese-aggiunsi
mettendomi a lato della
porta.
-Non servono ambulanze
quando si dispone di un elicottero, dobbiamo
solo arrivare ai confini del paese-rispose.
Non volevo perdermi in
stupide spiegazioni, aprii lentamente la porta e
mi sporsi quel po’ che bastava per controllare che nessuno
fosse entrato.
-Ho un furgone
parcheggiato di fuori-risposi aiutandolo a sollevare il
soldato che stava cadendo.