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Autore: Frayx9    17/11/2012    3 recensioni
Dal PRIMO CAPITOLO:
"Sbuffo. “Che cosa ti è saltato in mente? Rapirmi?!”
Rotea gli occhi. “Non fare la melodrammatica. Un giorno al mare non ha mai ucciso nessuno.”
Lo fisso. “…M…Mare?”
Fa un suo solito mezzo sorriso. “Già. Mare.”
“Non…ci vado da quando…” la voce si rompe.
Diventa serio. “Da quando sono i morti i tuoi genitori?”
Sospiro e muovo il capo in cenno di assenso."
Inspired Fan Fiction DELENA.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena, Katherine/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9.

COME UN OGGETTO.




Lo guardo.
Lo guardo.
Lo guardo e non capisco.
Quale diamine scherzo del destino è mai questo?!
“Stefan…” ripeto il suo nome, ancora tra le sue braccia, ancora gemente per lo sforzo della corsa.
Il ragazzo fissa i suoi occhi nei miei, e sul suo viso spunta un piccolo sorriso accennato.
Passano i secondi.
Passano i minuti.
Silenzio.
Mi è sempre piaciuto il silenzio; sin da piccola, trovavo spazio nei miei pensieri e riuscivo a calmare anche i miei gesti più malvagi e capricciosi: capivo dell’enorme sbaglio che facevo comportandomi in quel modo, e capivo che era giusto scusarsi e assumersi le proprie responsabilità –per quanto siano grandi all’età di cinque anni! Il silenzio infondo ci è amico: non giudica ma ascolta, non parla ma dà conforto, ci spinge sempre a cercare le cose aldilà di come appaiono.
Ho sempre adorato il silenzio.
Ma ora…
Ora questo silenzio è assordante.
Mi fischiano le orecchie, deglutisco faticosamente –e ormai l’acido lattico in eccesso è sparito- e la mia mente si divide in due partiti.
Come se avvenisse nel mio cranio un dibattito presidenziale.
Come se Obama mi dicesse: SCAPPA, SCAPPA, NON E’ QUI CHE DEVI STARE!
E Romney controbattesse: NO, NO! PROVACI!
Scuoto il capo pensando a quella tremenda similitudine involontaria.
“S-stai bene?” un brivido mi riporta alla realtà, causato da una dolce voce che per tanto tempo era rimasta sepolta nel buio.
Non riesco a parlare, mi sento sconvolta. Mi limito ad un semplice cenno di assenso con la testa: devo rimanere calma.
Lentamente mi sfilo dal suo abbraccio e riporto le ciocche umide dei capelli dietro le orecchie.
Il caldo della casa mi stava facendo tornare il lume della ragione: perché ho corso sotto la pioggia, con un misero vestito?
Ah, giusto.
Ero lì per…
Ero lì per…
Per DAMON.
“Dobbiamo parlare.” La mia voce esce, decisa, dalle mie labbra.
Non mi sono mai sentita tanto sicura di voler qualcosa –o meglio, qualcuno- quanto in questo momento.
Non puoi!
Oh mio caro, no!
Non puoi sconvolgere la mia decisione!
Per quanto nel profondo tu possa occupare un piccolo posto nel mio cuore, ora la maggior parte di quell’imprevedibile, inutile organo la occupa lui.
L’unico per cui vale la pena correre per prendersi una grave malattia respiratoria, l’unico ad avermi fatto aprire gli occhi.
LUI.
“Lo so, lo so! Mi odi, non vuoi parlarmi, vuoi sapere dove sono stato e…”
Lo interrompo, posandogli un indice sulla sua bocca.
Ci penso un secondo. Almeno un briciolo di giustizia me lo meritavo, no?
“Non voglio sapere DOVE sei stato, ma con CHI sei stato via!”
Quella domanda sembra spiazzarlo. L’ho ammutolito.
“Elena…”
“No, dimmi la verità, una volta per tu…” la frase mi muore in gola prima di finire: un piccolo flashback appare nella mia mente.
Katherine che mi assale fuori dal locale, che mi provoca un tremendo mal di schiena e lividi su una buona parte del busto.
Quella sera… in cui ero al bar.
“Oh no. No no no no no no no!” esclamo indietreggiando lievemente.
“Elena, aspetta, non è come pensi!”
Ah davvero?! Certo, uno dal giorno all’altro decide di cappare con la sosia malvagia e sexy della sua ragazza per un qualche scopo politico.
Senza consultare l’altra copia di cui TECNICAMENTE è innamorato perso.
Ma sì, la coerenza è una legge che va rispettata da tutti! E chi le va contro rischia la galera.
Ma mi prendi in giro?
“Ah certo. Quindi sei scappato con Katherine così, per andare a salvare il mondo!”
“Era per…”
“Basta, non voglio sentire un’altra scusa da te!”
“Ma…”
“Ho detto BASTA!”
“L’HO FATTO PER TE, ELENA!”
“Per quale motivo, hm? Sentiamo!”
“Per…per!”
Lo vedo fermarsi un attimo, e una piccola espressione di dolore compare sul suo volto.
Mi tocco una guancia per l’incredibile sforzo che sto facendo – sarei dovuta scappare subito. Avrei dovuto ascoltare Obama.
Ma le lacrime…Oh, maledette!
Esse cominciano a sorgere, offuscarmi la vista.
Esondano dagli occhi, naturalmente, come se quell’azione fosse all’ordine del giorno.
E in un certo senso era così.
Ma sono stanca, stanca, stanca di soffrire.
“Ora TU mi ascolti!” esclamo puntandogli un dito contro. Cerco di controllare il respiro, di non mostrarmi debole. Cerco in tutti i modi di interrompere e ricacciare dentro quelle lacrime e cerco, una volta almeno nella vita, di prendere una decisione.
 
 
“Non ho mai versato una lacrima per te, Stefan. Da…da quando te ne sei andato. Nemmeno una. Nemmeno mezza. Nemmeno un quarto di lacrima.” Comincio così, abbassando lo sguardo, il mio memorabile discorso. “Non sono…nemmeno stata male per te. Non volevo. Non volevo e non potevo. Non potevo dare la dimostrazione ancora una volta a me stessa di essere ciò che non avrei mai voluto essere: un oggetto. Perché è così che mi sentivo, mi sentivo come un oggetto. Non un’emozione, non un sentimento, non un  pensiero d’amore albergava in me. Non distinguevo un abbraccio da un vero abbraccio, la vicinanza di qualcuno dal starmi accanto, non distinguevo…un oggetto, un bellissimo oggetto di porcellana da me stessa. Hai mai osservato un semplice soprammobile? Sembra perfetto. Immobile e…immobile. Gli acari si posano su esso, ma lui rimane fermo. Si assorbe tutte le grida e tutte le discussioni in famiglia. Ma resta zitto. E fermo. Ma…” mi faccio forza, e punto lo sguardo sul mio destinatario. “Se una persona, sbadata o arrabbiata lo fa cadere, può rompersi. E…io sono caduta molte volte, per causa tua. Mi sono rotta in mille pezzi, sono finita sotto un tappeto, e sono ancora stata calpestata. E quando tutti i piedi sembravano essere passati, arrivavi tu, che sollevavi i cocci ancora interi. E li riattaccavi. Con lo scotch. Cercavi di darmi…calore. Cercavi di voler ricostruire il rapporto e io…perdutamente innamorata di te, ti assecondavo nel desiderio. Ma…io ero un oggetto. E potevi far di me ciò che tu volevi. Dopo un po’ di tempo, potevi nuovamente farmi cadere. E io non potevo ancora fare niente. Mi sono sempre chiesta… se un giorno avrei mai potuto trovare qualcuno che smettesse di trattarmi come un oggetto e far finta di interessarsi a me. E dopo che te ne sei andato, Damon è apparso sotto una luce diversa: mi ha raccolta per l’ennesima volta, ma solo in questa mi sono accorta delle sue mani, che con dedizione mi hanno rimessa in sesto, e mi hanno incollato saldamente con la colla.” Non potei fare a meno di ridacchiare per un attimo, pensando alla discussione avuta con Caroline. “Ma è successa in seguito una cosa diversa.” Mi fermai di nuovo, cercando le parole giuste. “Mi ha alimentato un desiderio. Un desiderio che…che non avevo mai provato prima, nemmeno con te. E quando c’è un desiderio, di solito c’è la fiamma di un fuoco. E quando c’è un fuoco qualcuno rischia di bruciarsi. E io ho corso il rischio di bruciarmi. Sono stata gettata in un forno e sono stata avvolta dalle fiamme, finché non ho capito che insieme a me c’era anche lui, Damon. Entrambi siamo bruciati, ci siamo fusi in una sostanza  liquida. Alla fine, siamo stati insieme. Insieme a me c’era una persona, anche se nel peggior dei modi. Per un oggetto. Ma quando ho scoperto, scoperto di essere una persona, e di non esser stata cremata, e di aver trovato al mio fianco Damon, io…. Ho capito di poter provare qualcosa di più forte, qualcosa di umanamente non possibile. Mi sono quasi sentita devota a lui, per avermi salvata. Sì. Perché è quello che ha fatto in un certo senso, no? Mi ha salvata. E dopo essere usciti dal forno, siamo usciti fuori, allo scoperto, per strada. Ed eravamo più forti. Più uniti. Legati da uno strano filo in spezzabile. Non potevamo dividerci. E non possiamo. E mi scuso se…se questo l’ho scoperto solo oggi, ma mi scuso con me stessa! Perché avrei dovuto aprire gli occhi molto tempo prima. Perché avrei potuto stare veramente bene. E avrei potuto essere per una volta felice, felice, felice. Ed è quello che sono ora, per il grande regalo che mi ha fatto: la vita. Sì, perché ho iniziato a vivere, da quando sono rimasta con lui, sola. E mi dispiace, dispiace dirtelo così ma….”
Esito.
Esito prima di pronunciarle.
Quelle semplici tre parole.
Quelle sette sillabe.
Ero davanti ad un bivio.
Dovevo caderci, o no?
“Lo ami.” Mi precede lui.
Lo guardo, confusa.
“E’ per questo che me ne sono andato, Elena.” Continuo a guardarlo, illuminata, con le lacrime in piena.
“Me ne sono andato per TE.” Precisa, e solo ora capisco.
“Me ne sono andato per lasciarti spazio e tempo per capire.”
“Capire che…”
“Lo…” mi incita lui, per proseguire.
“Lo Amo.” Lo dico, fiera, senza paura, spavalda.
Ed è la verità.
Guardo Stefan un’ultima volta, mi asciugo le lacrime con la manica della maglia e mi avvicino alla porta d’ingresso.
Ora che ho avuto la conferma di ciò che provo...
Ora..
…Ora lo devo solo dire a Lui.
Nulla è più bello della chiara e semplice verità.
Lo dico.
E lo ripeterò sempre.
Ti amo, Damon Salvatore.
 
  
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