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Autore: cola23    17/11/2012    7 recensioni
""Continuava a comparirmi davanti il volto di Nico Robin,.....mi sarebbe piaciuto farle provare i brividi dei miei baci,e il calore dei miei abracci...poi ne ero certo non avrebbe più potuto farne a meno"
"Ero convinto che Nico Robin non fosse fredda e dura come sembrava, e se avessi provato a prenderla per la gola"?
SanjixRobin
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico Robin, Sanji
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  spazio del autrice:Eccomi qui, un altra one short etero,questa volta è su una coppia forse ancora più singolare,una SanjixRobin,sono impaziente di sapere il vostro parere, fatemi sapere cosa ne pensate!
ps:Per alcuni Sanji al inizio potrebbe risultare leggermente occ, ma procedendo avanti rientrerà nel suo ruolo.

 
Cucina,amore e fantasia

 
 
La donna che era entrata nella mia cucina aveva in mano una valanga di fogli che riconobbi subito: erano gli ordini che avevo fatto solo il giorno prima.
-Mi scusi, lei è il cuoco, giusto?- mi chiese.
Sì, ero il cuoco del ristorante di un noto albergo ed ero io a occuparmi della dispensa, ma che cosa ci faceva quella donna sconosciuta con i miei ordini in mano?
-Sì, sono io- le risposi, piuttosto incuriosito.
-Bene. Ecco, vede, ho notato che ha ordinato dell'olio. Ebbene, ho controllato nella dispensa ieri pomeriggio e ho trovato una scorta di confezioni di olio di un'altra marca ma della stessa qualità. Mi chiedevo se potesse utilizzare quell'olio solo dopo aver fatto un altro ordine.-
Quello che a parole poteva sembrare come un suggerimento, dal tono appariva più come un ordine perentorio, che non ammetteva repliche.
Chi era quella donna per permettersi di venire a dettar legge a me, e per di più nella mia cucina, il mio regno indiscusso?
Non mi piaceva quando qualcuno che magari non sapeva nemmeno cucinare un uovo fritto si permetteva di voler spiegare come si gestiva una cucina a me, che ero uno dei migliori cuochi al mondo.
Ero irritato, ma ciò non mi impedì di notare quanto fosse carina quella ragazza: un ovale perfetto e delicato, con due bellissimi occhi incredibilmente azzurri, labbra piene ben disegnate e una chioma lunga e vaporosa.Peccato che in quel momento la bocca non sorridesse e quegli occhi fossero serissimi e mi fissassero con la freddezza di un iceberg.
Nonostante la sua serietà e la sua bellezza, però, non mi sarei lasciato intimidire o condizionare nelle faccende che riguardavano la mia cucina. Avevo un debole per le belle donne, di solito ero gentile con loro e cercavo sempre di accontentare ogni loro richiesta, ma quando ero in cucina, prima che un amante del genere femminile, ero un cuoco, e non permettevo che qnessunomettesse bocca nel mio lavoro neanche se si trattatva della donna più bella del mondo.
-Vede, quello che ho ordinato viene utilizzato per alcune pietanze più leggere e delicate rispetto a quelle che richiedono l'olio in dispensa. Le basta come risposta?- ribattei irritato.
Lei sembrò accusare il colpo e scribacchiò qualcosa sui fogli che aveva in mano.
-Oh, non si scaldi tanto- mi redarguì. -Gli oli in fondo servono a condire, e la
direzione vuole avere ben chiare le spese della cucina.-
-Che novità sarebbe questa? Ho sempre ordinato io ciò che mi occorreva e Zeff convalidava gli ordini, ed è sempre andato tutto bene.-
-Zeff è in pensione già da qualche giorno e io ho preso il suo posto. Ora dovrà dire a me ciò che le occorre-.
-E hanno assunto lei che non conosce la differenza fra un olio e un altro?- la provocai volutamente, visto il suo tono saccente e lo sguardo duro.
-Sono stata trasferita da un altro albergo della catena, dove è in funzione un ristorante più grande che fa acquisti molto meno onerosi.-
-Il mio contratto prevede che mi venga fornito tutto ciò di cui ho bisogno, e se questo non sta bene alla direzione, che vengano a dirmelo di persona!-
-Non si agiti. Dovremmo lavorare insieme perchè il ristorante abbia prodotti di qualità ma più convenienti. Ora, se non le dispiace, cuoco-kun, la saluto. Ho molto lavoro da fare.-
-Bene, se avesse ancora bisogno di me, sa dove trovarmi. Questo è il mio regno- sottolineai, allargando le braccia e mostrando la cucina, in cui a quell'ora c'era già un certo fermento per la preparazione del pranzo.
Rimasi a guardare la sconosciuta mentre si allontanava con i suoi fogli tra le mani. Vista da dietro non era meno interessante. Indossava una maglietta viola che mostrava un generoso décolleté e un paio di pantaloni in tinta che mettevano in risalto le sue forme perfette.
Avevo notato che non portava nessun anello alla mano sinistra. Era la prima cosa che guardavo in una donna prima di provarci: mi tenevo alla larga da quelle già impegnate, anche se le trovavo interessanti.
Rimasi a guardare la porta della cucina che si richiudeva alle spalle della nuova arrivata.
Aveva un bel caratterino, ma era anche uno schianto!
-Bella, vero?- commentò Paty.
Era mio amico, mi conosceva bene e sapeva che mi piacevano molto le donne. A soli 25 anni avevo già collezionato un bel numero di avventure.
-Però sembra un pochino riservata, sulle sue- continuò Paty, notando il mio interesse.
-Dici?-
-Ohoh, dallo sguardo direi che sei interessato... Attento, Sanji, sembra un osso duro.-
-Meglio: non mi sono mai piaciute le conquiste facili- risposi, scrollando le spalle.
Io e Paty lavoravamo insieme da molti anni. Lui mi aveva seguito anche quando avevo deciso di accettare un ingaggio offertomi da una famosa compagnia di navigazione, e insieme avevamo girato il mondo in lungo e in largo sulle navi da crociera. Sapeva quanto fossi superficiale nei rapporti sentimentali. Amavo le donne, le amavo tutte, e per questo non riuscivo ad essere fedele a nessuna. In ogni caso, il mio interesse non durava a lungo. Ero come uno di quei mosconi che gironzolano sulla marmellata, ma poi sono pronti ad assaggiare anche il miele se ne hanno la possibilità, e anche un frutto maturo se è particolarmente appetitoso. Per me venerare una sola donna e ignorare tutte le altre era un grandissimo torto verso queste ultime. Non ero cattivo, non lo facevo apposta, ma ero fatto così e non potevo farci niente. Forse non riuscivo ad agire diversamente perchè, come mi ripeteva spesso il mio amico, non mi ero mai innamorato davvero...
Approfittai di un attimo di tregua e andai alla reception dell'albergo. Era di turno Nami, una rossa niente male con la quale avevo intrattenuto una storiella qualche anno prima.
-Sanji! Che cosa ti porta fuori dalla tua amata cucina?- mi chiese non appena mi vide.
-Niente, Nami-san. Volevo solo ammirare la receptionist più bella di tutti gli alberghi!- proruppi con un inchino e un elegante baciamano.
Nami rise perchè ormai mi conosceva bene. Da quando era finita la nostra breve storia, eravamo diventati amici. Ma anche se non c'era più, né ci sarebbe mai più stato, nulla di romantico fra di noi, non avrei comunque smesso di essere galante con lei. Ogni donna doveva essere trattata con riguardo, sia che fosse una potenziale amante o una semplice amica. Era uno dei miei credo fondamentali.
-Dai, smettila di fare il cascamorto! Non attacca, Sanji, non più. Dimmi che cosa ti serve- ribatté lei.
-Stamattina ho ricevuto la visita di una donna che pretendeva di sapere quale olio dovessi usare per il pesce o per gli arrosti.-
-Oh, dev'essere Nico Robin, la nuova responsabile dell'ufficio amministrativo.-
-E vuole forse insegnarmi come fare il mio lavoro?-
-Non credo. È stata mandata dalla direzione generale, che si è spesso lamentata dei costi di gestione. Pare che sia molto in gamba.-
-Mi stai dicendo che è un pezzo grosso?-
-A vederla non si direbbe, vero? E poi mi è sembrata molto alla mano, affabile.-
L'impressione che ne avevo avuto io era molto diversa, ma la tenni per me. Nami era sì una cara ragazza, ma era anche il gazzettino dell'albergo, e qualsiasi cosa le avessi riferito in pochi minuti sarebbe stata sulla bocca di tutto l'albergo.
La salutai inviandole un bacio sulla punta delle dita e ritornai ai miei fornelli.
Le notizie che avevo avuto erano solo a livello professionale, mentre a me sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più sulla vita privata di quella donna.
Stavo ritornando in cucina quando me la ritrovai davanti.
Le regalai uno dei miei sorrisi migliori e mi parve di scorgere sul suo viso un leggero rossore d'imbarazzo, che però durò solo un attimo.
Mi salutò solo con un veloce cenno del capo, poi si chiuse nel suo ufficio.
Interessante, davvero interessante. Nico Robin... anche il suo nome era interessante, aveva un suono musicale e non c'era nessuna con quel nome. Poteva mancare alla mia collezione? No di certo, perciò dovevo darmi da fare.
Tornai ai fornelli fischiettando e Paty mi fu subito accanto.
-Scoperto nulla?- domandò.
-Di che parli?-
-Della nuova arrivata. Eri di là che parlavi con Nami, e di cosa se non di lei?-
-Non ho saputo molto. Pare sia molto brava nel suo lavoro, ed è qui per farci rigare dritto- ridacchiai.
-E quale donna può riuscirci con te?-
Accompagnai la sua risata, mentre controllavo che fosse tutto pronto per il pranzo.
Quel giorno tra gli ospiti c'era una delegazione di parlamentari europei che aveva scelto il nostro albergo anche per la buona fama del ristorante. Non potevo certo deluderli, perciò ero intenzionato a servire a quei signori il meglio della mia cucina. Non potevo permettermi distrazioni.
Nei giorni seguenti mi capitò più volte di incontrare Nico Robin, ma lei era sempre seria e composta con me e manteneva un atteggiamento cortese ma distaccato, sempre attenta a non dimenticare mai i nostri ruoli. Neppure i miei complimenti e il mio fascino riuscivano a strapparle un accenno di sorriso.
Nel frattempo, in palestra avevo conosciuto Bonnie, una bella ragazza, rossina, slanciata, perfetta - il top, insomma. Le chiesi un appuntamento per il mio giorno di riposo e lei accettò, mostrando tutto l'interesse che aveva nei miei confronti.
Passai a prenderla con la mia moto e facemmo una corsa verso la collina. Lì c'era un ristorante piuttosto carino gestito da un mio amico al quale avevo rivelato molti dei miei segreti culinari.
La serata sarebbe proseguita a casa mia, più tardi. Pregustavo già quel momento, ma quando finalmente arrivò, scoprii di non avere alcuna voglia di stare con quella ragazza. Continuava a comparirmi davanti il viso di Nico Robin, che mi guardava seria, come sempre. Possibile che nutrissi un interesse così intenso per quella donna? Mi sarebbe piaciuto portarla in giro sulla mia moto, farle provare il brivido dei miei baci, il calore dei miei abbracci... Poi, ne ero certo, non avrebbe più potuto farne a meno. Era sempre andata così, con tutte.
Qualche settimana dopo, fu una delle ragazze che aiutavano in cucina a farmi notare che una delle lavastoviglie continuava a dare problemi. Il tecnico era venuto solo qualche giorno prima, ma non era riuscito a fare molto.
Irruppi nell'ufficio di Nico Robin senza aspettare il permesso di entrare.
-Bisogna acquistare una nuova lavastoviglie per la cucina- dissi.
Lei non fece una piega e non si scompose. Era al telefono e concluse la chiamata prima di dedicarmi la sua attenzione.
-Bussare ad una porta chiusa non fa parte della sua educazione, cuoco-san?-
-Ho bussato.-
-Certo, ma io non le ho dato il permesso di entrare. Comunque, ora che è qui, mi dica qual è il problema.-
-Una delle lavastoviglie. Non lava più come dovrebbe- le spiegai.
Lei sollevò la cornetta, scartabellando una rubrica che aveva sulla scrivania.
-È inutile chiamare il tecnico: è stato qui due giorni fa e non ha risolto nulla- la informai.
-Lo richiamo e questa volta farà meglio.-
-Allora non ha capito: quella lavastoviglie è vecchia, va sostituita.-
-Mi pare che la sua qualifica sia chef. Non risulta dal suo curriculum che lei sia anche un esperto di elettrodomestici.-
-Sono più esperto io di quel tecnico che viene soltanto ad aprirla e richiuderla.-
Robin non mi diede ascolto, parlò al telefono e richiese il controllo di un tecnico.
-Ecco, sarà qui in giornata. Voglio esserci quando verrà, perciò mi faccia chiamare. Ora, se non le dispiace, avrei molto lavoro da sbrigare- concluse.
Il tecnico venne e, in presenza di Nico Robin, fece del suo meglio per rimettere in sesto la lavastoviglie, ma non ci diede molte garanzie sulla durata.
-Ora dovrebbe andare, ma non vi assicuro che reggerà a lungo- ci avvertì.
-Che cosa le avevo detto?- domandai, rivolto a Nico Robin. -Avrebbe potuto risparmiare i soldi per questo intervento e ordinare una nuova lavastoviglie.-
-Questo non è possibile. Il tecnico ci ha detto che ora è a posto.-
-A posto? Quando avrà lavato duecento piatti si bloccherà di nuovo, e poi verrà lei a lavare le stoviglie mentre tutti noi avremo altre mille cose da fare?-
Il suo sguardo divenne più duro e i suoi occhi si ridussero a due fessure.
-Senta, abbiamo appena cambiato le lavatrici della lavanderia e messo i condizionatori alle camere dell'ultimo piano e abbiamo il montacarichi che potrebbe cedere da un momento all'altro. Questa è una priorità, perchè l'incolumità delle persone che lavorano qui è mia responsabilità. La sua lavastoviglie, le dico, può aspettare. E con questo la saluto.-
Con quel suo discorsetto sull'incolumità delle persone mi stava facendo fare la
figura dello stupido. Ma come faceva a piacermi una tizia del genere? Sicuramente stavo invecchiando.
-Aspetti un attimo. Il cibo che esce da questa cucina è una mia responsabilità, invece- le feci notare. -E per la salute di chi lo consuma, va servito in piatti ben puliti. Se la lavapiatti non dovesse funzionare nel bel mezzo di una serata con la sala piena, io rimando a lei ogni responsabilità sull'igiene delle stoviglie.-
Nico Robin mi guardò prima con aria di sufficienza, poi alzò gli occhi al cielo e uscì dalla cucina.
Quando uscii dal ristorante quella sera, ero ancora arrabbiato. Feci un giro in città con la moto e mi fermai in un locale che frequentavo spesso. Belle ragazze, bella musica, ambiente gradevole, e poi incontravo sempre qualcuno che conoscevo.
Anche quella sera, mentre bevevo una birra trovai compagnia. Era Alvida, una ragazza che avevo già frequentato in passato. Avevo un buon ricordo di lei, ma dopo un paio d'ore ero annoiato e ancora arrabbiato, perciò tornai a casa a dormire. Da solo.
Da allora le giornate trascorsero tutte nello stesso modo. Mi presentavo al ristorante in tarda mattinata e ne uscivo solo in tarda serata, e ogni mattina andavo a lavorare con la segreta speranza di incontrare Nico Robin, di rivolgerle almeno la parola senza discutere. Invece il più delle volte Robin era chiusa nel suo ufficio, dove rimaneva per tutto il giorno e da cui usciva solo alla sera, quando saliva nella sua stanza al penultimo piano.
Finché una mattina fu lei a venirmi a cercare.
-Cuoco-san, ha un minuto per me?- chiese con il solito tono professionale.
La seguii nel suo ufficio.
-In questi giorni ho esaminato tutte le spese che riguardano la cucina e ho notato che lei acquista sempre gli stessi prodotti dai medesimi fornitori. Ho fatto qualche indagine di mercato e ho trovato prodotti di aziende emergenti, anche della zona, che forniscono prodotti con le stesse caratteristiche ma ad un prezzo inferiore.-
-I prodotti che scelgo sono i migliori.-
-Non sempre i prodotti più costosi sono anche i migliori. Che cosa ne pensa di provare qualche prodotto di aziende più giovani che garantiscano una fornitura ottima ad un prezzo più vantaggioso?-
-E se non dovessero rivelarsi all'altezza della mia cucina?-
-Potremmo chiederne una piccola quantità e provarli. Potrebbe cucinarli come crede e giudicare lei stesso.-
Ci pensai un po' su. La mia cucina mi piaceva così com'era. Era perfetta, la migliore, e l'idea di cambiare qualcosa solo per far risparmiare degli spiccioli a quei tirchi dei proprietari del ristorante non mi allettava per niente.
Se fosse stato qualcun altro a chiedermelo, avrei risposto subito con un secco e deciso no, ma visto che si trattava di Nico Robin, forse potevo sfruttare la cosa a mio vantaggio. Anche se non avevo alcuna intenzione di fare nessun tipo di cambiamento, forse facendole credere di voler tentare potevo approfittare dell'occasione e avere una scusa per avvicinarmi a lei.
-Sono disposto a provare, ma solo se lei accetta due condizioni.-
Lei mi fissò alzando un sopracciglio, leggermente sorpresa. Fra le risposte che potevo darle, evidentemente non aveva previsto quella.
-E quali sarebbero?-
-Che lei assaggi i piatti che io preparerò con quei prodotti e... che la smetti di chiamarmi "cuoco" e ci diamo del tu. Sono abituato a dare del tu alle ragazze giovani e belle. A dare del lei mi sembra di rivolgermi ad una vecchia signora, cosa che tu non sei. Hai ventotto anni: siamo quasi coetanei, ho controllato.-
Dopo un attimo di sorpresa, Robin reagì in un modo del tutto inaspettato: scosse la testa e scoppiò a ridere.Potei constare così quanto fosse bella e seducente quando le sue labbra abbandonavano quell'espressione sempre seria e composta e si distendevano in un sorriso. Era davvero un peccato che non lo facesse spesso.
-Ma sì, sono d'accordo. Cominciamo con la pasta, Sanji-kun?-
A quel punto non vedevo l'ora che quella fornitura di pasta arrivasse. Gli uomini si prendono per la gola - chissà che non valesse anche per le donne...
Quando Nico Robin mi portò quei pacchetti, li baciai come se fossero preziosi.
Ci accordammo per assaggiare la pasta a pranzo il giorno successivo. Robin avrebbe voluto consumare il pranzo in ufficio come al solito, ma io fui irremovibile: avremmo pranzato in terrazza, all'ombra di un gazebo, con vista sulla città.
Per il primo giorno decisi di cucinare degli spaghetti, tutti di marca diversa ma conditi allo stesso modo, e scelsi un sugo speciale ai frutti di mare che poteva essere esaltato solo da una buona pasta. Feci preparare un tavolo in terrazza e lo feci apparecchiare in modo elegante e raffinato.
-Oh, ma non era necessario tutto questo. In fondo è... per lavoro- si schermì Robin.
-Sciocchezze. Una signora merita di essere trattata bene in ogni circostanza. E avrai un cameriere d'eccezione: io.- risposi, facendole un profondo inchino e un romantico baciamano.
Avevo chiesto a tutti di lasciare il terrazzo perchè avevano altro da fare ma anche perchè volevo cogliere finalmente l'occasione per restare solo con Robin.
Le proposi uno dopo l'altro quattro tipi diversi di pasta e li assaggiai con lei.
-A me sembrano tutti buoni- osservò lei alla fine. -Non so cosa dirti.-
-Allora adesso chiudi gli occhi e prova a riassaporarli di nuovo, lentamente.-
Robin fece come le avevo chiesto. Arrotolai dei fili di spaghetti intorno alla forchetta, mi avvicinai a lei e la imboccai.
La sua bocca, sensuale e seducente, si aprì e si chiuse in modo provocante. Faticai per resistere alla tentazione di assaggiare quelle labbra.
-Bene, adesso mastica lentamente, cercando di concentrarti solo sul sapore- le sussurrai.
Lei seguì il mio consiglio, ed io rimasi a guardarla estasiato, incantato dai movimenti seducenti delle sue labbra, mentre la imboccavo di nuovo, ancora e ancora.
Robin si sforzò di scoprire le caratteristiche dei diversi tipi di pasta seguendo le indicazioni che le davo.
-Allora? Quale ti è piaciuta di più?- le chiesi alla fine.
-La prima e la penultima. Tu, invece, che cosa ne pensi? In fondo l'esperto sei tu.-
-Questa- risposi, indicando uno dei piatti, -non ha retto bene alla cottura; quest'altra invece non si amalgama con il condimento. Mentre queste due...- dissi, mostrandole proprio quelle che lei aveva scelto, -sono entrambe buone.-
Robin mi sorrise soddisfatta.
-La prima è quella che ho usato finora- le rivelai, spegnendo un po' del suo entusiasmo.
-Però l'altra è altrettanto buona e ha un costo di gran lunga inferiore. Sei d'accordo a provarla per un certo periodo di tempo?- mi domandò lei.
-D'accordo, faremo un piccolo ordine. Nel caso non dovesse essere di mio gradimento, ritorneremo alla qualità che ho sempre usato, anche se il suo costo è maggiore.-
Robin propose di rivedere anche l'acquisto di altri prodotti come l'olio e le passate e di cambiare fornitore di ortaggi e frutta, poiché i prezzi di quello abituale risultavano addirittura raddoppiati negli ultimi tempi.
Non ebbi nulla da obbiettare, a patto che si rispettassero le stesse condizioni: avremmo assaggiato i piatti preparati con quei prodotti e avremmo deciso insieme.
A fine pranzo, Robin si alzò di scatto, guardando l'orologio.
-Devo correre in ufficio- annunciò. -Ho un appuntamento con il responsabile della ditta che deve sostituire il montacarichi.-
-Un momento- la fermai. -Ho preparato un dolce e l'ho fatto apposta solo per te.-
-Oh. Credo di aver mangiato anche troppo oggi. Di solito mi accontento di un caffè e un panino in tutta fretta.-
Era già pronta ad andare, ma glielo impedii trattenendola con gentilezza.
-Non accetto un no- insistetti.
A quel punto Robin fu costretta a sedersi di nuovo. Le misi davanti una mousse di fragoline di bosco. L'avevo preparata personalmente io stesso con cura e attenzione e mi era venuta veramente bene.
Robin la portò alla bocca e chiuse gli occhi, assaporandola lentamente ed emettendo un mugolio di assoluto piacere. Quanto avrei voluto essere io la causa di quei versi...
-È buonissima- si complimentò Robin, facendomi salire al settimo cielo. -Come facevi a sapere che è il mio dolce preferito?-
-Oh, non lo sapevo affatto, ma è anche il mio dolce preferito!-
Lei mi guardò sgranando gli occhi.
-Abbiamo qualcosa in comune- le feci notare, avvicinandomi lentamente a lei. -Potremmo provare a scoprire cos'altro abbiamo in comune...-
-Ti ringrazio, Sanji-kun, ma ho molto lavoro da fare. Se non ti dispiace, ora devo veramente scappare.-
In pochi secondi si era già alzata ed era tornata in tutta fretta nel suo ufficio.
Avevo sperato che in quell'occasione Robin si sarebbe lasciata andare, invece lei, anche dinanzi alla mia deliziosa mousse di fragole, aveva mantenuto un atteggiamento professionale. Possibile che fosse una donna di ghiaccio?
No, non lo era affatto. Ne ero certo, lo avevo dedotto osservandola bene. Quando si alterava le si accendevano delle pagliuzze dorate negli occhi, rivelando un animo passionale latente. Certo, ci sarebbe voluto tutto il mio fascino e la mia abilità perchè quella passione venisse a
galla.
Da quel momento, Robin divenne un'ossessione per me. La ritrovavo ogni notte nei miei sogni, mi annebbiava la mente, e da quando era entrata lei nei miei pensieri, per le altre non c'era più spazio.
Un giorno l'addetto alle lavastoviglie venne a informarmi che quella che era stata aggiustata alla bene e meglio non funzionava più. Eravamo nel mezzo di una serata molto importante e la cosa ci avrebbe creato di certo non pochi problemi.
-Ecco, lo sapevo!- sbuffai.
-Che cosa succede?- intervenne Robin, che era entrata in cucina proprio in quel momento.
-La lavastoviglie! Che cosa ti dicevo? Ci ha lasciati proprio quando non doveva. E per giunta sono a corto di personale, questa sera.-
Ero parecchio arrabbiato e disperato. Due dei miei soliti aiutanti si erano dati malati e altri due avevano chiesto di spostare il loro turno quella mattina. La sala era piena per un convegno che stavamo ospitando, c'erano più di duecento persone e in quel momento la lavastoviglie non funzionava!
Robin non si scompose. Si tolse la giacca del tailleur, arrotolò le maniche della camicia bianca fin sopra i gomiti e chiese un grembiule.
-Che cosa vorresti fare?- chiesi, perplesso.
-Mi sembra ovvio: dare una mano. Credi che non sappia lavare i piatti?-
Muovendomi come un automa le diedi il grembiule che aveva chiesto e la guardai tra lo stupito e l'indeciso mentre se lo infilava.
Normalmente non avrei mai permesso ad una donna di svolgere un lavoro così faticoso - di solito quando a qualche ragazza toccava un lavoro del genere mi offrivo prontamente di sollevarla da quell'incombenza e di farlo al posto suo -, ma in quel momento avevo anch'io il mio bel daffare e avevo davvero bisogno di una mano. Il gentiluomo che era in me mi urlava a gran voce di andare subito a lavare i piatti al posto suo, prima che Robin si rovinasse quelle sue splendide mani delicate, ma il cuoco che era in me mi diceva di spicciarmi a darmi da fare con il cibo se non volevo che la mia reputazione di miglior cuoco di tutti i ristoranti precipitasse rovinosamente.
Rimasi combattuto ancora per un po' mentre Robin si avvicinava al lavello e si metteva all'opera. Rimasi ad osservarla ancora un po', poi il cuoco che era in me vinse, mettendo a tacere la mia coscienza di gentiluomo e ripromettendosi di farsi perdonare più tardi.
Ogni tanto lanciavo uno sguardo furtivo verso di lei, che tutta da sola lavava incessantemente piatti, bicchieri e stoviglie senza mai rallentare.
Averla lì in cucina era una grande distrazione per me. Ogni tanto non riuscivo ad impedirmi di girarmi per darle un'occhiata veloce, e ogni volta che lo facevo combinavo qualche disastro, come far cadere un piatto appena preparato o schizzarmi il polso con l'olio che stava friggendo, cose che solitamente non mi succedevano mai.
Sarei rimasto volentieri a guardarla per tutto il tempo, se non fosse stato per il fatto che in sala reclamavano mille ordinazioni al minuto.
A fine serata eravamo tutti distrutti. Ad uno ad uno, tutti lasciarono la cucina, lasciando soli me e Robin.
-Stanca?-
-Un pochino. Non avevo idea dei ritmi incessanti della cucina di un ristorante. Sono a pezzi, lo ammetto.-
-Ho io quello che ti ci vuole per rilassarti.-
Lei mi guardò, diffidente ma incuriosita.
-Fidati.-
Senza aggiungere altro la presi per mano e la condussi nel parcheggio, verso la mia moto. Le porsi il casco e la invitai a salire.
-Oh, ma io non sono mai salita su una moto- obbiettò lei.
-Allora è venuto il momento di cominciare. Forza, andiamo.-
Le allacciai il casco, montai in sella e attesi che lei si mettesse a cavalcioni dietro di me.
-Tieniti forte a me!- le raccomandai, felice a quella prospettiva.
Lei annuì. Misi in moto, e poco dopo Robin si avvinghiò a me, il capo appoggiato alla mia schiena.
In pochi secondi attraversammo la città e imboccammo la strada della collina.Risalii il pendio fino a giungere ad una strada panoramica e mi fermai in una piazzola.Spensi il motore, bloccai la moto e scesi, aiutando Robin a fare lo stesso, poi le tolsi il casco e le mostrai ciò che si estendeva davanti a noi.
La città con le sue luci colorate sembrava uno scrigno di pietre preziose. Sebbene fosse spesso caotica, vista da lassù assumeva un certo fascino.
Ci sedemmo su una panchina ad ammirare quello spettacolo nel più assoluto silenzio.
-È bella la città vista da quassù- osservò ad un certo punto Robin, rompendo il silenzio e parlando come se stesse pensando ad alta voce.
-Sì, è vero- convenni. -Ci vengo spesso quando sono stanco o ho voglia di stare da solo con me stesso. Questo luogo mi rilassa... E poi ti dà la dimensione di ogni cosa: il cielo, che è così lontano, qui mi sembra vicino, e la città, così grande e rumorosa, qui si racchiude nello sguardo e non si sente alcun rumore...-
Robin si voltò a guardarmi.
-Raccontami qualcosa di te- le chiesi. -Di me sai tutto, è tutto scritto nel mio curriculum. Di te invece io non so nulla.-
-Non c'è molto da sapere. Non sono una persona così interessante, e credo che rimarresti deluso: la mia vita è stata piuttosto ordinaria.-
-Intuisco che c'è qualcosa che ti ha fatto soffrire e forse soffri ancora. Non voglio impicciarmi né sembrarti invadente o maleducato, ma penso ti farebbe bene sfogarti.-
Per un po' Robin non disse nulla, e un silenzio più pesante e teso tornò ad aleggiare fra di noi.
Temetti di aver osato troppo, e stavo per affrettarmi a chiederle scusa, quando la sentii prendere un lungo respiro.
-Gli ultimi tempi non sono stati molto facili per me... Perdonami, Sanji, ma non mi va di parlarne.-
-Come vuoi. Non preoccuparti, capisco benissimo- risposi prontamente per rassicurarla, non potendo fare a meno di notare che quella era la prima volta che Robin mi chiamava solo con il mio nome, senza suffissi onorifici.
Rimanemmo lì su quella panchina ancora per un po', a guardare le stelle e le luci della città.
-È proprio bello qui, hai ragione. Ci si può dimenticare di tutto- mormorò Robin.
-Ma non delle lavastoviglie che non funzionano. Ora dovrai provvedere a procurarmene una nuova.-
-E perchè mai? Non ti vado bene come lavapiatti?- scherzò inaspettatamente lei con una risatina.
Lo dicevo che non era una donna di ghiaccio: in quel suo meraviglioso sorriso vedevo irradiarsi un grande calore. Come la prima volta in cui l'avevo sentita ridere, non potei fare a meno di rimanere incantato da quel suono meraviglioso, che arrivava alle mie orecchie 
come un coro di angeli.
Eravamo vicinissimi.Ero perso in quegli occhi stupendi e non mi pareva vero di vederla ridere così spontaneamente.
-Confesso che questa è stata la serata più faticosa che ricordi da molto tempo- commentai.
-Mi sembra che i piatti li abbia lavati tutti io.-
-La tua presenza non mi aiuta a concentrarmi. Quando sei nei paraggi, vorrei solo guardarti, starti accanto... E oggi ho rischiato di bruciare l'arrosto, far impazzire la maionese e afflosciare la panna.-
-E tutto questo a causa mia?-
-E di chi altri?-
A quel punto le presi una mano e me la portai alle labbra, baciandola delicatamente. Dapprima le baciai galantemente il dorso, poi sensualmente il palmo.
Approfittando delle emozioni che speravo di aver suscitato in lei, mi feci coraggio e mi sporsi verso di lei, catturando le sue labbra con le mie. Per un momento rimasi immobile, temendo non solo che Robin mi respingesse, ma anche che, offesa, mi tirasse un sonoro schiaffo, inveendomi contro e dandomi del maniaco.
Ma appena ebbi gustato il suo dolce sapore, la mia mente si annebbiò, perdendo anche l'ultima traccia di lucidità che mi era rimasta. Le labbra di Robin erano dolcissime, sapevano di miele, profumavano di rose, erano delicate come ali di farfalla. Era il sapore più buono che avessi mai sentito e, cosa ancora più bella, lei non mi stava respingendo. Al contrario, dopo un momento di esitazione mi aveva cinto il collo con le mani e mi aveva spinto più vicino a lei. Socchiudendo leggermente le labbra in un chiaro invito, aveva intrecciato la sua lingua con la mia in un'erotica danza, con una passione indescrivibile e inaspettata.
Ci staccammo dopo un tempo indefinito, entrambi ansanti e visibilmente emozionati.
Appena il bacio finì, Robin sembrò recuperare subito la lucidità e fece per allontanarsi da me, ma io la trattenni dolcemente fra le mie braccia.
-Mi sei entrata dentro... Sei nei miei sogni, nei miei pensieri, continuamente- le confessai.
-Sanji, io...-
-Non dire nulla. Lo so che non sei pronta. Non ne conosco il motivo, ma lo so, lo sento. Non ho fretta. Sarò qui ad aspettarti.-
Robin mi guardò, inarcando un sopracciglio e lanciandomi un'occhiata fra l'ironico e lo scettico.
-Davvero? E che ne sarà di tutte le altre ragazze? Qualcuno dice che sei un gran rubacuori.-
-Lo sono stato, ma ho smesso nello stesso istante in cui una certa signora è entrata nella mia cucina, pretendendo che condissi il pesce con un olio corposo.-
Robin rise.
-Non ti arrendi, vero?-
-Mai. Sappi che sono sincero, e te lo dimostrerò.-
Risalimmo sulla moto, ma, invece di ritornare in città, continuammo a risalire la collina. Imboccai una strada laterale più avanti e dopo un breve tratto apparve una costruzione. Era una vecchia casa di campagna, con le scale esterne che portavano al piano superiore e le imposte di legno cinte da viti che formavano un pergolato.
Robin rimase stupita.
-È deliziosa- esclamò. -È casa tua?-
Sorrisi senza risponderle. La feci accomodare all'interno, nell'ampio soggiorno dove stavo ancora facendo dei lavori - stavo provvedendo alla ristrutturazione di una grande cucina a vista.
-Ho una stanza in città, ma è qui che sogno di venire ad abitare un giorno- le spiegai. -Sono figlio di contadini. Quando avevo sedici anni ho preso a viaggiare di paese in paese, su tutte le navi del mondo, per studiare e perfezionare la mia cucina, ma ora, dopo aver girato tutto il mondo, sento il bisogno di tornare alle origini-.
Robin mi si avvicinò, allungò una mano e mi accarezzò la guancia con infinita dolcezza.
-Dunque nessuno è come appare- osservò pensierosa.
Presi la sua mano e la strinsi fra le mie.
-Ti riferisci a me?- domandai.
Capivo cosa intendeva. Pochi mi conoscevano veramente. Per tutti ero superficiale, nella vita e nei sentimenti, ma quelle persone conoscevano solo il Sanji che io volevo far conoscere loro.
Robin e io trascorremmo tutta la notte nel vecchio casale, e ci amammo a lungo.
-Mi sentivo attratta da te, Sanji, ma da tempo cerco di allontanare da me ogni sentimento perchè ho già sofferto molto per amore- mi confidò lei.-Inoltre io non sono sola,Sanji, ho
la responsabilità di qualcun altro.-
-È questo che temi? Che io voglia condividere con te solo le gioie e scappi non appena si presentano delle difficoltà?-
Robin mi fissò con quello sguardo penetrante e indagatore che sembrava capace di leggermi dentro, e scandagliò i miei occhi alla ricerca di una conferma della mia sincerità. Solo quando sembrò aver trovato qualcosa che le diede la certezza di quanto io la amassi, fu disposta ad aprirmi il suo cuore.
-Mia madre è un'archeologa, forse hai sentito parlare di lei su qualche giornale o alla televisione. Fino a qualche tempo fa mia madre, Nico Olvia, era molto conosciuta perché era una delle studiose più giovani e promettenti nel suo campo, ma due anni fa, durante uno scavo archeologico, ha avuto un incidente molto grave- mi raccontò. - È rimasta in coma per diversi mesi. Ho trascorso giorni e notti intere in ospedale per starle accanto, per non permetterle di andarsene...-
La voce di Robin, di solito così calma e sicura, si incrinò e due silenziose lacrime le scesero dagli occhi.
La strinsi più forte, attirandola dolcemente a me.
Aveva detto solo poche parole, ma il modo in cui la sua voce si era addolcita quando aveva pronunciato il nome di sua madre bastava a farmi capire quanto fosse profondo il loro legame.
-Sai, ho sempre ammirato molto mia madre. Da bambina sognavo di diventare come lei,
infatti dopo la scuola superiore ho frequentato l'università. Avevo intrapreso subito gli studi che mi avrebbero permesso di diventare una brava archeologa, e ci ero riuscita: lavoravo per la Baroque Works, un'importante organizzazione di studi archeologici, ma dopo quello che è successo a mia madre ho abbandonato tutto per prendermi cura di lei- continuò. -In quel periodo frequentavo Crocodile, il direttore dell'organizzazione. Credevo che fra di noi ci fosse qualcosa di vero, invece ho scoperto che era solo un egoista e un terribile narcisista che aveva bisogno di continue conferme e attenzioni. Quando ha capito che avrebbe dovuto dividere le mie attenzioni con mia madre, che era rimasta disabile, ha preferito eclissarsi. Così mi sono licenziata e grazie alle conoscenze di un amico ho trovato lavoro in questo campo e ho lasciato la mia città. Da allora mi sono trasferita spesso, ma ora sto cercando una sistemazione definitiva, Sanji, e mia madre dovrà vivere con me. Ora c'è una vecchia amica ad assisterla, ma mia madre ha bisogno di me.-
-Che ne dici, credi che questa casa possa andare bene?- proposi.
Robin sbarrò gli occhi e mi fissò a bocca aperta, incredula.
-Sanji, di che cosa stai parlando?-
-Quello che ho detto: finirò di ristrutturare questa casa e dopo, se vorrai, tu e tua madre potrete venire a vivere qui.-
-Ma... ma io non posso! Questa dovrebbe diventare casa tua, un giorno! Non hai detto di voler venire ad abitare qui?-

-Certo, e lo farò quando ci sposeremo. In attesa di quel giorno, puoi cominciare ad abituarti alla nostra casa.-

Le avevo parlato con tono ovvio, perchè per me era una cosa normalissima e scontata, e non mi sembrava di aver detto niente di così strano, ma Robin ne rimase scioccata.

-Te l'ho detto che con te faccio sul seriono? Non intendo arrendermi, soprattutto ora che so che anche tu provi qualcosa per me. Non voglio metterti fretta: prenditi tutto il tempo che ti serve per conoscermi e per fidarti completamente di me. Quando sarai pronta, e solo allora, ti chiederò di sposarmi. Ah, dimenticavo: non so cosa ne pensi tu, ma a me piacerebbe anche avere un bambino, che ne dici?- conclusisorridendole con naturalezza.

Per tutta risposta, Robin si accoccolò al mio fianco, affondando il viso nel mio petto, e io la racchiusi fra le mie braccia. Quando alzò il viso, i suoi occhi luccicavano per le lacrime maltrattenute e un dolce sorriso le piegava le labbra.

-Sai, Sanji-kun, forse quel momento arriverà prima di quanto immagini...-

Dopodiché bloccò ogni mia possibile replica con un bacio.

 
 
 
 
 
 


  
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