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Autore: Duca di Curadore    17/11/2012    0 recensioni
''Le generazioni passano come stagioni qui nel Villaggio, ma quella vecchia torre campanaria rimane li dove stava. Ne ha visto di eventi, di volti, di temporali e di secche; e quella luce giallo candela notturna facente sfondo all'orologio mi è sempre familiare. Penso alla sua sommità luminosa nelle fresche notti di fine ottobre, e penso a mille altre cose legate, una storia su tutte mi rimane più lucida delle altre.''
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un tempo infinito si framezzò tra loro. Le correnti giocavano nel nulla, rincorrendosi , come se attendessero la fine si quel muto incanto.

Un tuono assordante esplose nell'ambiente, facendo tremare muri e timpani; la campana di mezzanotte stava facendo il suo dovere.

Amos appena ripresosi dallo stordimento e dopo una bella stappata di orecchie

esclamò :

-Come fai a vivere con questo bordello qua dentro!? Adesso ho capito perché

non rispondi, si diventa sordi qui.. -

 

Guardando verso l'alto vide, appesa ad un gancio , la sua vecchia lampada ad olio sparita qualche tempo fa mentre lavorava in un cortile non distante dalla vecchia chiesa. Non si arrabbiò più di tanto e fu vagamente soddisfatto per qualche istante, poteva impugnare il coltello dalla parte del manico ora per provare a far sputare qualche rospo.

 

-Credo che tu debba darmi delle spiegazioni riguardo a questa – disse afferrando l'oggetto in questione e mostrandoglielo con un finto fare grave.

 

Lei chinò la testa per un momento, cercando qualche secondo di tempo e rialzandola prese finalmente fiato:

 

-Sono incredibilmente costernata di ciò che è accaduto e me ne biasimo profondamente. Non volevo arrecarvi alcun male con la mia azione, ma non sempre le lampade della torre sono accese, e così vi confesso presi ciò che reclamate ora. Perdonate il mio desidero di luce.-

 

Amos rimase per un attimo basito. Un certo modo di esprimersi l'aveva sentito solo da libri del secolo prima, e si chiese tra sé se la ragazza non avesse qualche rotella fuori posto, ma provando ad adeguarsi allo stile senza troppo successo disse:

 

-Non si preoccupi, era vecchia e avrei dovuto procurarmene una nuova tanto. Mi ripaghi magari continuando a parlare, potrei sapere per prima cosa il suo nome?-

 

Lei chinò nuovamente il capo per qualche istante ma rispose:

 

-Dana -

 

-Amos, piacere mio, cominciamo a ragionare dunque. Ora siccome non l'ho mai vista in circolazione, e penso di conoscere ogni famiglia in questo buco dove viviamo, sarei curioso di sapere se lei è forestiera oppure viene da qualche ceppo che sta fuori, o cos'altro..da che gente provenite?-

 

  • Non so se con questo potrei placare i vostri dubbi, e sebbene vi reputiate esperto d'araldica temo dovervi lasciare comunque senza risposte -

     

    -Ditemelo ad ogni modo, male che vada mi crogiolerò ancora un po' nella mia ignoranza -

 

Un respiro malinconico anticipò la sua risposta :

 

-Casa Gordon. -

 

Per istanti la mente di Amos vagò sull'intero abitato, rivolgendo uno sguardo nuovamente fuori dai finestroni, ricordi confusi e racconti di anziani si accavallarono nella sua testa, e un sentiero vicino alla vecchia fontana sul costone nord del paese serpeggiò nella sua testa, assieme all'immagine delle rovine inselvatichite dove andava a giocare da piccolo. Ma d'improvviso un particolare più concreto e recente si fece spazio, presentandosi a voce :

 

-Gordon..poche se non nessuna famiglia con questo cognome oggi..solo qualcuno lo porta ancora che io sappia..è per caso parente di Jim il vecchio campanaro?-

 

Un cupo silenzio scese di colpo. Dana divenne d'un pallore mortale o cominciò a tremare su respiri affannosi. Come se fosse allarmata, guardò da tutte le parti e alandosi prese a muoversi sconnessamente per tutta la stanza.

Finché non si rannicchiò chiusa in se stessa come un riccio, in un pertugio vicino alla grande campana. Il terrore sembrava non abbandonarla, e rimase così per un tempo incalcolabile, dove si sentiva solo il suo affanno sincopato.

 

Amos era lì basito, e nonostante i suoi tentativi di sbloccare la situazione provocata con sporadici monosillabi o passi nella stanza, ci poté far poco.

 

In quel momento si sentiva un imbecille dentro sé.

  
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