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Autore: Party Poison    17/11/2012    1 recensioni
Dovevo continuare a correre. Sapevo che più avessi corso, prima sarei tornato a casa tra le sue braccia, cessando la sua sofferenza.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You are never coming home, until now                            Point of view of Frank
 
In guerra non ci è alcuna dimensione temporale. Ti costringono a imbracciare un fucile per salvarti, a uccidere anche i tuoi compagni se necessario. Devi mostrare tutto il tuo sangue freddo per cercare di sopravvivere, ma alla fine alla morte non scappi.
Quando sei in trincea, lei ti sta con il fiato sul collo, ma io non voglio morire. Ho promesso che non l’avrei mai lasciato solo nonostante gli abbia detto “Addio” prima di partire. Ricordo solo che quando sono stato chiamato alle armi era il 14 maggio 1943. Ho tenuto il conto dei giorni la prima settimana per cercare di rimanere sano di mente, per restare quello che ero, per non scordare il mondo normale che da qualche parte ero sicuro ci fosse ancora, ma scaduta la settimana ero già solo una macchina che uccideva. Sparare a delle persone come me, forse costrette anche loro alla guerra, è orribile; la guerra ti toglie la tua umanità. Non c’era notte né giorno, né vita né morte. Regnava solo il buio, inteso sia come periodo della giornata, sia della vita. Ho visto alcuni miei compagni di adolescenza cadere accanto a me, senza che io potessi fare nulla per impedirlo, e avevo voglia di urlare perché se non avessi mai nascosto Gerard, uno di loro sarebbe potuto essere lui.
C’è stata una notte, tempo fa suppongo, che avevamo stabilito una piccola tregua perché erano giorni che si sparava senza sosta e i soldati perivano per la stanchezza e la fame. Ricordo che quella notte stavamo dormendo fuori, al freddo, quindi suppongo fosse inverno, e mi sono svegliato di soprassalto. Credevo di averlo visto. Ultimamente lo credevo sempre ma stavolta ero certo di averlo visto. Era davanti a me, così ho cominciato a correre nella sua direzione per raggiungerlo. Piangevo di felicità ma ero terrorizzato che potesse morire. Quando lo raggiunsi, provai a prendergli il volto ma era solo fumo, un’allucinazione anche stavolta; fu così che mi accorsi di essere in campo nemico. La mia fine era arrivata: avevo involontariamente rotto la tregua e gli spari erano ricominciati. Ero praticamente a mezzo metro dal fronte nemico, e la distanza tra l’uno e l’altro era davvero poca.

Percepivo gli spari piovermi tutto attorno ma non riuscivo a capire più nulla, così cominciai a correre via, nella foresta che vi era lì accanto alle trincee, ma improvvisamente fui colpito da un proiettile. Chi aveva sparato era stato un mio compagno.
“Sei un traditore! Hai rotto la tregua e adesso moriremo tutti, e tu con noi!”, aveva il fuoco negli occhi, glielo potevo vedere benissimo.
Mi aveva ferito il braccio, nulla di importante, così continuai a correre. Nel frattempo un proiettile vagante lo aveva colpito ed era morto all’istante. Provai un certo senso di soddisfazione perché lui aveva provato a sottrarmi da Gerard ed era un buona vendetta.

Continuavo a correre sempre di più e sempre più in fretta, ma poi arrivai a un punto che non mi resi più conto di dove fossi. Così mi arrampicai su un albero per cercare di vedere dove fossi ma continuavo a sentirmi sempre più perso, ma io dovevo tornare a casa.

Magari lui mi stava aspettando con l’angoscia.

Magari gli avevano già inviato la lettera che ero morto o disperso e lui starà molto probabilmente pensando al suicidio.

Scesi dall’albero alla svelta e ripresi a correre. Dopo giorni che vagavo nella foresta mi sentii morire. Non mangiavo e non bevevo perché non avevo viveri e mi sentivo svenire ogni cinque minuti almeno. Mi tenevano in vita solo i nostri ricordi e certe volte avevo l’impressione che lui mi tenesse la mano e mi accompagnasse verso la via di casa.
Credo di aver vagato per altri due giorni, quando durante la notte mi sembrava di vedere della luce. Credevo di essere realmente morto e che quella fosse la luce del paradiso dove mi stava aspettando Gerard, ma poi capii che erano dei lampioni. Mi trovavo in una cittadina che mi sembrava di riconoscere. Era la nostra città. Ero salvo! L’avrei rivisto!
Strascicai il passo per ancora un paio di metri fino a che caddi in ginocchio davanti a una casa. C’era una ragazza affacciata alla finestra che stava fumando una sigaretta molto disinvolta, ma quando mi vide si precipitò giù dalle scale per soccorrermi. Credo si chiamasse Jamia. Mi ha dato da mangiare e mi ha ospitato per un paio d’ore affinché potessi riposarmi per poi ripartire. Mi sentivo come un eroe che ritornava in patria, ma io non ero un eroe. Ero e sono semplicemente un uomo che ama il suo uomo.

Nel tardo pomeriggio decisi di ripartire, con un passo ancora più celere e dopo un paio d’ore giunsi davanti a una casa.
Doveva essere quella per forza, era rimasto tutto come prima, tranne il prato che era completamente bruciato.
Se aveva abbandonato la casa a se stessa, che ne aveva fatto di lui?

Non riuscivo a pensare a come si era probabilmente ridotto l’amore della mia vita. Sicuramente sarà stato un mix di depressione, sofferenza, fumo, alcol e lacrime.
Avrei accettato tutto, ma non la sua sofferenza e le sue lacrime versate per me!

Mi decisi a suonare il campanello. Non rispose nessuno. E se gli fosse accaduto qualcosa durante la mia assenza? Non me lo sarei mai perdonato. Se lo troverò morto, lo raggiungerò.
Cominciai a battere i pugni sulla porta con molta forza e disperazione, nel frattempo continuavo a temere il peggio.

Ricordo che dopo cinque minuti che stavo bussando ininterrottamente, le mie nocche cominciarono a sanguinare ma non ero intenzionato a cedere. Volevo che mi aprisse quella maledettissima porta! Poco dopo sentii dei passi, forse di qualcuno che stava scendendo le scale. Avevo a dir poco la tachicardia. Non sapevo come comportarmi, cosa dirgli e cosa no, come guardarlo.

Quando la porta si aprì, cominciai a piangere come un idiota dalla felicità. Il fatto che fosse ancora vivo, mi riempiva il cuore di gioia.
Lo vedevo confuso, sofferente, ma la cosa più insopportabile fu vedere le sue dannate lacrime scendere come mai avevano fatto. Non sapevo come rompere quel silenzio, quando lui parlò con voce incredula e rotta dal pianto.
“Frank?”, e prese a piangere ancora più forte.
“Ciao Gerard” e velocemente buttai le mie braccia al suo collo e cominciai a baciargli tutto il volto, cercando di portargli via quelle lacrime, che in fondo erano anche mie. 
  
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