Fanfiction,
questa, che tengo nel cassetto da molto molto tempo (ne sai qualcosa Isa,
vero?), perché sono un’inguaribile insicura!
Ma finalmente mi sono decisa a
postarla, per darle l’opportunità di essere letta da qualcuno che non fossi io,
che magari, riuscirà pure ad apprezzarla!
Spero che non vi annoi troppo, anche se, avviso, è un po’ pesantuccia.
Beh…buona lettura…e se, giunti
alla fine, desideraste farmi sapere se, dopotutto, ho fatto bene o no a
pubblicare, ve ne sarei infinitamente grata!!!
Baci
***sana***
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LETTERA AD ALBUS SILENTE
Caro Albus,
So di non essere degno nemmeno ora di
stare al tuo cospetto.
L’ ho
sempre saputo.
Tu sei sempre stato migliore di me.
Non solo come mago, ma anche come persona.
La tua profonda umanità. Il tuo essere
comprensivo. Il tuo concedere una seconda chance sempre e comunque, qualsiasi
fossero i precedenti dell’ individuo in
questione.
Il tuo ineluttabile ed intramontabile
coraggio. La tua lealtà da Grifondoro. La tua inestimabile saggezza. Il tuo
anteporre il benessere altrui innanzi al tuo.
Ecco cosa ti ha sempre
contraddistinto.
Ecco cosa ti ho sempre
invidiato.
Io, un mago sì piuttosto valente, ma
pure assolutamente capriccioso, volubile e dannatamente insicuro. Così insicuro
che ero sempre costretto a ricorrere al tuo ausilio che, al contrario, giungeva
ogni volta determinato e talmente decisivo per la mia carriera di Ministro da
risultare quasi molesto, alla lunga.
Certo, senza i tuoi imprescindibili
consigli non sarei resistito tanto a lungo nella mia
carica.
E questo credo di averlo ampiamente
dimostrato.
Accecato com’ ero
dalla gelosia e dal livore nei tuoi confronti, non ho voluto ascoltarti, benché
fossi conscio della verità che le tue parole trasudavano. Ho preferito
diffidarti, poiché ciò che mi avevi rivelato aveva annientato ogni mia certezza,
soppresso ogni mia speranza, stroncato ogni mio progetto. A causa della
crescente rivalità che percepivo tra noi due, ho preferito darti del folle,
dell’ usurpatore, dar voce all’ astio
che ardeva nel mio intimo. A causa del consenso che sapevo tu, a differenza mia,
riscuotevi in tutto il mondo magico, mi sono allontanato e reso indipendente
dalla tua influenza, accusandoti ipocritamente di essere rincitrullito a tal
punto da dar credito alla favella di un megalomane quattordicenne vaneggiante,
che io stesso avevo venerato fino ad un anno prima come l’ eroe, nonché il
salvatore del nostro tempo.
E tutto ciò a cosa mi ha
portato?
Ogni mia sentenza, ogni mio verbo,
ogni mio gesto, ogni mia iniziativa mi si è infine ritorta
contro.
Com’ era
giusto fosse, d’ altronde.
Tu l’ avevi
detto.
Silente l’ aveva
detto.
Con questa frase fatidica, divinatoria, subdola ed
intrisa fino al midollo di farisesmo, uno ad uno, tutti coloro che mi avevano
affiancato, patrocinando la campagna contro di te – perché pure loro non avevano
voluto accettare l’ eventualità di un così inatteso, brutale e
inumano ritorno di Colui Che Non Deve Essere Nominato e tutto ciò che questo
portava con sé – mi hanno voltato le spalle, mi hanno scaricato addosso ogni
responsabilità.
Non che ne fossi privo, anzi. Sono
stato il primo ad ammettere le mie colpe. Il primo a seppellire il mio già
vacillante ego, sminuendo il mio operato e chinando sommessamente il capo. Il
primo ad accettare la revocazione del mio mandato. Il primo a farmi da parte. Il
primo a proporre il nome di Scrimgeour.
Eppure tutto questo non è servito a
nulla.
Troppo
tardi.
Il mio onore era già stato gettato
nel fango e insudiciato di onta incancellabile.
Ero già diventato il fellone e
presuntuoso ometto, troppo affezionato alla comoda e confortante seggiola della
suprema carica di Ministro per riuscire a levarsi le spesse fette di prosciutto
che gli oscuravano la vista.
Marchio, questo, che temo rimarrà
impresso a fuoco sulla mia persona, sul mio nome, sulla mia pelle e continuerà a
divorarmi tra le sue fiamme ardenti finché avrò vita, similmente a quello che il
Signore Oscuro infligge ai suoi accoliti. La colpa che mi ha infamato è,
infatti, pressappoco la stessa dei seguaci di Colui Che Non Deve Essere
Nominato, dal momento che, non avendolo contrastato, sono stato, seppur
involontariamente, suo aiutante.
E nulla potrà mai rimuovere tale
macchia.
Nemmeno se uccidessi l’ Oscuro
con le mie stesse mani potrei liberarmi della nomea di vilipendio che mi è stata
associata.
Ma non è questo ciò che realmente mi
brucia.
Non è il rifiuto e il disprezzo del
volgo.
Esso, come disse Socrate, non è
capace né di male né di bene, ma opera come gli
capita.
No.
È la tua opinione quella che più di
ogni altra temo.
Sembrerà assurdo, ne sono
consapevole, ma è così.
Ho
paura.
Ho paura che tu possa anche solo aver
accarezzato il pensiero che, probabilmente, se non fosse stato per la mia
riluttanza e il mio infantile e imprudente atteggiamento da San Tommaso, molte
cose non sarebbero accadute.
La tua morte, per
esempio.
Questo insistente quanto asfissiante
senso di colpa mi opprime, giorno dopo giorno, e mi stringe le viscere in una
morsa ferrea.
Attimi, sempre più frequenti in queste oscure
giornate, nei quali riaffiora alla memoria ogni nostro più insignificante
colloquio, le tue parole, sagge e veritiere, la calcolata gestualità che le
accompagnava, ma soprattutto il tuo sguardo adamantino; i tuoi occhi capaci di
sondarmi fin nell’ intimità, lame di ghiaccio il cui ricordo lontano
ancora mi trafigge l’ anima.
E in questi istanti cresce nel mio
interiore una necessità, quanto mai incontenibile, che soltanto adesso, a più di tre mesi dalla tua scomparsa, sono riuscito, finalmente a portare a termine:
scriverti una lettera di scuse.
E ora che ti ho illustrato tutte le
ansie che mi affliggono, mi sento pronto per farlo.
Ebbene sì, ho bisogno di chiederti un favore. Un
altro. L’ ultimo, spero.
Perdonami,
Albus.
Perdonami.