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Autore: sana87    05/06/2007    2 recensioni
A distanza di cento giorni dalla scomparsa del Preside di Hogwarts, Cornelius Caramell, ex Ministro della Magia, torna alla sua tomba gli scrive una breve epistola, dove esprime tutte le angosce che lo tormentano da quella fatidica notte in cui un gruppo di Mangiamorte irruppe nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e si consumò l'assassinio di uno dei più grandi maghi che la storia avrà mai l'onore di ricordare...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction, questa, che tengo nel cassetto da molto molto tempo (ne sai qualcosa Isa, vero?), perché sono un’inguaribile insicura!

Ma finalmente mi sono decisa a postarla, per darle l’opportunità di essere letta da qualcuno che non fossi io, che magari, riuscirà pure ad apprezzarla!

Spero che non vi annoi troppo, anche se, avviso, è un po’ pesantuccia.

Beh…buona lettura…e se, giunti alla fine, desideraste farmi sapere se, dopotutto, ho fatto bene o no a pubblicare, ve ne sarei infinitamente grata!!!

Baci ***sana***

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LETTERA AD ALBUS SILENTE

Caro Albus,

So di non essere degno nemmeno ora di stare al tuo cospetto.

L ho sempre saputo.

Tu sei sempre stato migliore di me. Non solo come mago, ma anche come persona.

La tua profonda umanità. Il tuo essere comprensivo. Il tuo concedere una seconda chance sempre e comunque, qualsiasi fossero i precedenti dellindividuo in questione.

Il tuo ineluttabile ed intramontabile coraggio. La tua lealtà da Grifondoro. La tua inestimabile saggezza. Il tuo anteporre il benessere altrui innanzi al tuo.

Ecco cosa ti ha sempre contraddistinto.

Ecco cosa ti ho sempre invidiato.

Io, un mago sì piuttosto valente, ma pure assolutamente capriccioso, volubile e dannatamente insicuro. Così insicuro che ero sempre costretto a ricorrere al tuo ausilio che, al contrario, giungeva ogni volta determinato e talmente decisivo per la mia carriera di Ministro da risultare quasi molesto, alla lunga.

Certo, senza i tuoi imprescindibili consigli non sarei resistito tanto a lungo nella mia carica.

E questo credo di averlo ampiamente dimostrato.

Accecato com ero dalla gelosia e dal livore nei tuoi confronti, non ho voluto ascoltarti, benché fossi conscio della verità che le tue parole trasudavano. Ho preferito diffidarti, poiché ciò che mi avevi rivelato aveva annientato ogni mia certezza, soppresso ogni mia speranza, stroncato ogni mio progetto. A causa della crescente rivalità che percepivo tra noi due, ho preferito darti del folle, dell usurpatore, dar voce all astio che ardeva nel mio intimo. A causa del consenso che sapevo tu, a differenza mia, riscuotevi in tutto il mondo magico, mi sono allontanato e reso indipendente dalla tua influenza, accusandoti ipocritamente di essere rincitrullito a tal punto da dar credito alla favella di un megalomane quattordicenne vaneggiante, che io stesso avevo venerato fino ad un anno prima come l’ eroe, nonché il salvatore del nostro tempo.

E tutto ciò a cosa mi ha portato?

Ogni mia sentenza, ogni mio verbo, ogni mio gesto, ogni mia iniziativa mi si è infine ritorta contro.

Com era giusto fosse, d altronde.

Tu l avevi detto.

Silente l aveva detto.

Con questa frase fatidica, divinatoria, subdola ed intrisa fino al midollo di farisesmo, uno ad uno, tutti coloro che mi avevano affiancato, patrocinando la campagna contro di te – perché pure loro non avevano voluto accettare l eventualità di un così inatteso, brutale e inumano ritorno di Colui Che Non Deve Essere Nominato e tutto ciò che questo portava con sé – mi hanno voltato le spalle, mi hanno scaricato addosso ogni responsabilità.

Non che ne fossi privo, anzi. Sono stato il primo ad ammettere le mie colpe. Il primo a seppellire il mio già vacillante ego, sminuendo il mio operato e chinando sommessamente il capo. Il primo ad accettare la revocazione del mio mandato. Il primo a farmi da parte. Il primo a proporre il nome di Scrimgeour.

Eppure tutto questo non è servito a nulla.

Troppo tardi.

Il mio onore era già stato gettato nel fango e insudiciato di onta incancellabile.

Ero già diventato il fellone e presuntuoso ometto, troppo affezionato alla comoda e confortante seggiola della suprema carica di Ministro per riuscire a levarsi le spesse fette di prosciutto che gli oscuravano la vista.

Marchio, questo, che temo rimarrà impresso a fuoco sulla mia persona, sul mio nome, sulla mia pelle e continuerà a divorarmi tra le sue fiamme ardenti finché avrò vita, similmente a quello che il Signore Oscuro infligge ai suoi accoliti. La colpa che mi ha infamato è, infatti, pressappoco la stessa dei seguaci di Colui Che Non Deve Essere Nominato, dal momento che, non avendolo contrastato, sono stato, seppur involontariamente, suo aiutante.

E nulla potrà mai rimuovere tale macchia.

Nemmeno se uccidessi l Oscuro con le mie stesse mani potrei liberarmi della nomea di vilipendio che mi è stata associata.

Ma non è questo ciò che realmente mi brucia.

Non è il rifiuto e il disprezzo del volgo.

Esso, come disse Socrate, non è capace né di male né di bene, ma opera come gli capita.

No.

È la tua opinione quella che più di ogni altra temo.

Sembrerà assurdo, ne sono consapevole, ma è così.

Ho paura.

Ho paura che tu possa anche solo aver accarezzato il pensiero che, probabilmente, se non fosse stato per la mia riluttanza e il mio infantile e imprudente atteggiamento da San Tommaso, molte cose non sarebbero accadute.

La tua morte, per esempio.

Questo insistente quanto asfissiante senso di colpa mi opprime, giorno dopo giorno, e mi stringe le viscere in una morsa ferrea.

Attimi, sempre più frequenti in queste oscure giornate, nei quali riaffiora alla memoria ogni nostro più insignificante colloquio, le tue parole, sagge e veritiere, la calcolata gestualità che le accompagnava, ma soprattutto il tuo sguardo adamantino; i tuoi occhi capaci di sondarmi fin nell intimità, lame di ghiaccio il cui ricordo lontano ancora mi trafigge l anima.

E in questi istanti cresce nel mio interiore una necessità, quanto mai incontenibile, che soltanto adesso, a più di tre mesi dalla tua scomparsa, sono riuscito, finalmente a portare a termine: scriverti una lettera di scuse.

E ora che ti ho illustrato tutte le ansie che mi affliggono, mi sento pronto per farlo.

Ebbene sì, ho bisogno di chiederti un favore. Un altro. L ultimo, spero.

Perdonami, Albus.

Perdonami.

  
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