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Autore: Princess of Dark    18/11/2012    2 recensioni
Quella notte era da mettere i brividi, era il massimo della felicità: essere circondati da amici, sotto le stelle, accanto al mare, con il mio ragazzo che mi abbracciava, dopo che erano accadute tante cose belle. Più che festa dell’estate, si doveva chiamare festa della gioia.
Seconda classificata al contest "Viva le emozioni" di Frantasy94
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Ed ora eccoci qui: Laurel sembrava una donna appena sposata che da ordini su come disporre i mobili della sua nuova casa, ed era anche piuttosto pignola. Se non fosse che li avevamo pagati, ci avrebbero mandati a quel paese già da un bel po’. Ma era fatta così: le piaceva organizzare, inventare e collaborare. Io invece ero diversa, non mi piaceva fare tutta questa confusione, ma con lei mi divertivo: preferivo il lavoro già bello e fatto, ecco tutto. Noi due ci compensavamo: io ero la mente e lei il braccio. Sedevo su uno sgabello e giocavo con il mio cellulare mentre lei si dava da fare. E questa sera sarebbe anche stata malinconica, dopo tutto questo divertimento. Con l’estate, dicevamo addio anche ai nostri compagni di scuola: ognuno avrebbe intrapreso la sua strada verso il futuro e il lavoro. Noi avevamo ancora due anni per scegliere cosa farne, poiché frequentavamo la terza superiore, ma i nostri amici avevano appena terminato la quinta con ottimi voti. Fissai Laurel che dava indicazioni su come disporre i pappagalli, quei poveri uccelli innocenti che erano stati costretti a fare da “oggettini per abbellire”.
«Vorrei vedere te, in una gabbia, costretta a restare esposta!», esclamai ridendo. Il mare era caldo perché tutta la giornata il sole era stato rovente e si poteva tranquillamente fare un bagno. Avevamo indossato dei vestiti estivi con colorati motivi floreali, di quelli che svolazzavano al vento alla Marylin Monroe. I sandali di cuoio alla romana erano un po’ fastidiosi con la sabbia, ma tra un po’ me li sarei sicuramente tolti. Il barman, dietro al bancone, iniziò a preparare le bibite e disporle sul bancone, mentre il dj montava le casse. La musica partì, tormentone di quest’estate: Gusttavo Lima. Quel benedetto Gusttavo Lima che ci aveva riempito la testa con la sua canzoncina. Laurel iniziò a ballare davanti alle casse e ridemmo, mentre il dj la guardava divertito. Mi correggo: la guardava come se la volesse mangiare mentre era divertito, perché aveva un debole per Laurel. Era un ragazzo carino, appena ventenne, amico di suo cugino. Era anche molto simpatico –così diceva Laurel- ed ero convinta che anche lei ne fosse innamorata, anche se non me lo ha mai voluto dire. Perché non lo ammetteva se era evidente? Questa sera l’avrei sicuramente visti pomiciare! Tutto era pronto e gli invitati iniziarono ad arrivare. Era aperto a tutta la scuola ed alcuni nostri amici della scuola accanto alla nostra. Avevo un peso allo stomaco, da un lato perché avevo paura che la festa non fosse piaciuta, dall’altro perché… stava appena facendo il suo ingresso Daniel con i suoi amici. Ora non voglio dare l’impressione della tipa che si scioglie e inizia a starnazzare come un’oca appena vede il ragazzo che le piace –come fanno quasi tutte- ma anzi, Laurel dice che ho un abilità straordinaria a camuffare ciò. Il mio ex ragazzo, infatti, ribadiva sempre che aveva come l’impressione che io non ricambiassi i suoi stessi sentimenti, che sembravo di pietra. Quando ci lasciammo mi disse che non ero capace di amare: ma sentitelo! Che ci potevo fare se ero così riservata? Beh, è normale avere paura dell’amore a quest’età! Ma quello era il ragazzo sbagliato per me: l’unico obiettivo era portarmi a letto. Quando gli ho detto di no, ha capito che stavo solo perdendo tempo e mi ha mollato. Bastardo, eh?
«Jessica!», esclamò Jason, il migliore amico di Daniel, correndo verso di me. Mi salutò con un bacio. 
«Sono contenta che siate venuti!». Lui rise. 
«Vuoi dire, “sono contenta che abbiate trascinato qui Daniel”?», mi prese in giro e gli diedi una pacca sulla spalla affettuosamente.
«Piantala!», esclamai ridendo imbarazzata, poi ci mettemmo a fissare il ragazzo da lontano, mentre beveva qualcosa dal colore arancione e chiacchierava con alcuni ragazzi. I suoi capelli erano biondi, anzi no, erano platino, quasi bianchi. E i suoi occhi? Oh, li avrei strappati dalle orbite per conservali in un barattolo da esporre sul comodino della mia stanzetta!!! Erano verde acqua, color acquamarina così intenso e chiaro… mettevano anche un po’ di inquietudine che mi piaceva. E poi, più che il suo aspetto mi piaceva il suo carattere: quel modo di sussurrarmi così dolce che confermava ogni mia ipotesi su quanto fosse un angelo, quel tono malizioso di quando era eccitato e provava a farmi cadere in tentazione, diventando improvvisamente un demone. Ed è facile cadere in tentazione del ragazzo che ti piace. Poi le sue mani che mi avevano sfiorato una gamba, poi il braccio, la spalla...


Ricordo che ero restata troppo a lungo nella libreria, seduta sulla comoda poltroncina in pelle come ogni pomeriggio, e lui mi aveva raggiunta. Giocava con me ed io stavo al suo gioco, era quella la mia paura: non volevo rimanere scottata giocando con il fuoco.
Oh, sì, il fuoco: c’era anche il caminetto acceso nella biblioteca che aiutava una lampada dalla luce debole ad illuminare la stanza buia. Ora ricordo anche che era pieno inverno ed io ero indietro con i compiti di biologia. Lui era al quarto anno, il più bravo della classe, il prediletto dei prof. Mi aveva sorriso e si era appoggiato allo schienale della poltrona. Avevo sentito il mio respiro accelerare, il cuore battere forte. O forse aveva smesso di battere? Cos’era quel “tum tum”? Oh, certo, le dita che tamburellavano sullo schienale. Lo fissai un po’ seccata e lui mi sorrise ancora, rilassato. 
«Ancora qui a leggere?», mi chiese divertito e anche un po’ perplesso. Scossi il capo. 
«Ricerche scolastiche», farfugliai, riaprendo il libro in una pagina a caso. E quale pagina doveva capitarmi? L’apparato riproduttivo maschile. Sbuffo, diventando color pomodoro sotto il suo sguardo vigile e scrutatore. Era terribilmente pesante sentirmelo addosso, così attento e minuzioso. Una volta riuscì a dirmi quanti nei avevo sul braccio destro.
“Quattro, cinque se vogliamo contare quello all’attaccatura della spalla. Vuoi sapere anche quelli all’inizio del tuo petto?” mi aveva risposto malizioso. Il suo sguardo tentatore scivolava spesso là, sul mio seno troppo grande, tanto che Laurel mi prendeva sempre in giro chiamandomi “zizzacchiona”.
E anche questo mi piaceva di lui: stava attento ai dettagli, catturava ogni piccolo particolare e quando ti guardava, guardava solo te. Lui era come Sherlock Holmes: non guardava, ma osservava.
«Che noia…», sbuffò lui, allontanandosi da me e iniziando a gironzolarmi intorno, guardando fuori dalla finestra, poi tornando a girovagare per tutta la stanza, soffermandosi su alcuni libri. Io lo seguivo con gli occhi sopra al libro, buttando un occhio alle righe nere e un occhio a lui che mi bighellonava attorno facendomi girare la testa. Era già abbastanza difficile rimanere concentrati, figuriamoci con un tipo come lui a distrarmi. Fece cadere un libro molto pesante a terra, facendomi sobbalzare al tonfo. Lui mi guardò sorridendo.
«I Promessi Sposi», annunciò leggendo il titolo. «Ecco perché ha fatto questo rumore: è pesante in tutti i sensi, questo libro», aggiunse ridacchiando.
«Che ne vuoi sapere tu di letteratura?», lo presi in giro e lui mi fissò corrucciato. Mi disperai, non riuscendo a distinguere bene in colore dei suoi occhi a causa del buio che cercava di averla vinta contro il tepore del caminetto e la lampada giallastra. Fanculo anche al buio.
«Cosa ne so?! Ho letto opere più importanti come quelle di Shakespeare tutto ad un fiato, miss so-tutto-io», bofonchiò irritato. Sorrisi ancora e lui tornò a curiosare. Alzai gli occhi al cielo.
«La smetti di gironzolarmi intorno?! Mi stai distraendo», lo ammonii seccata. Lui mi fissò divertito, come se gli avessi appena lanciato una sfida.
«La perdi facilmente la concentrazione…», commentò ed io sbuffai, ignorandolo. Almeno il mio cuore era tornato a battere in maniera decente e più normale!
«Lo sai che ci hanno chiuso dentro?», disse infine, facendomi sobbalzare di nuovo con il suo tono così basso ed erotico, un po’ malizioso e divertito, a volte anche leggermente infantile.
«Cosa?»
«Il segretario ha appena chiuso i cancelli…», accennò sorridendo, guardando l’uomo dalla finestra che si avvicinava alla sua macchina. Vidi il riflesso dei fari della sua auto sul soffitto.
E ci credo che ha chiuso: erano le otto e mezza ed era già buio fitto! Chiusa dentro la scuola, in biblioteca, con il ragazzo più bello del pianeta che ti torturava: cosa vuoi di più dalla vita? … Morire si può?!
«Non voglio passare tutta la notte qua», mormorai terrorizzata al solo pensiero e lui rise.
«Tranquilla: verranno alle dieci per spegnere tutti gli interruttori». Annuii e tornai alla lettura del libro. Sentii lo scrosciare della pioggia e guardai fuori, anche se ero troppo distante dalla finestra e non potevo di certo vedere.
«Piove a dirotto», m’informò lui ed io feci spallucce. 
«A me piace la pioggia», gli dissi senza alzare lo sguardo verso di lui, intenta a leggere la seconda pagina del libro.
«Anche a me: è una melodia così rilassante…», sussurrò chiudendo gli occhi e rovesciando il capo all’indietro per abbandonarsi alla musica della pioggia. Restai a fissarlo mentre lui sorrideva ad occhi chiusi: era bello come un dio. Un lampo illuminò il suo volto col suo bagliore biancastro e subito dopo si udì un tuono e la pioggia divenire più insistente. Aprì gli occhi ed incrociò i miei: mi aveva sorpresa a guardarlo. Abbassai velocemente lo sguardo, imbarazzata. Lui mi venne vicino e mi osservò ancora.
«Cosa studi?», squittì. La sua voce era molto, molto vicina, tanto che sentivo il suo calore. Il suo mento sfiorò i miei capelli e lo vidi mentre sbirciava tra le pagine del libro.
«Biologia», mormorai con gli occhi fissi sulle parole mentre osservavo con la coda dell’occhio che si sedeva vicino a me. Mi morsi un labbro.
«Sono molto bravo in questa materia, potrei darti una mano…», accennò avvicinandosi. Scossi il capo furiosamente.
«No, grazie». Lui mi tolse il libro dalle mani. 
«Facciamo un po’ di pratica», mi sussurrò all’orecchio. Sobbalzai e lui mi fece voltare. Sentii le sue labbra sulle mie che premevano forte. Con dolcezza iniziò a giocare con la mia lingua, mentre mi accarezzava. Il libro che aveva poggiato accanto a noi cadde a terra con un gran tonfo. Fanculo al libro, fanculo alla biologia, fanculo al tre che avrei preso domani a lezione. Ora c’erano solo le sue labbra che avevo sognato troppo a lungo. Le sue mani scivolarono avide sulla mia schiena, attirandomi più a lui. La testa mi girava. Sentii lo schiocco delle nostre labbra e il suo respiro irregolare. Mosse la bocca, ancora così vicino alla mia da sfiorarla ad ogni sua parola.
«Hai mai fatto l’amore?», mi chiese in un sussurro. Sgranai gli occhi e il panico mi assalì. Cosa dovevo dire? Cosa dovevo fare? Cosa volevo in quel momento? Abbassai il capo, cercando di evitarlo e lui ridacchiò.
«Ok, ho capito», mormorò, baciandomi la spalla. Con i denti afferrò la bretella del reggiseno e la fece scivolare via, mentre si aiutava con la mano a far cadere l’altra. Il mio cervello aveva smesso di pensare, di reagire, di formulare una stupida frasetta di senso compiuto. Le sue mani erano bollenti sul mio corpo. Mi sorrise, come a volermi infondere sicurezza, e ci riuscì.
«Stai tranquilla», mi sussurrò. «E lascia fare a me: andrà tutto bene». Allungai le mani verso di lui e afferrai il lembo della sua felpa verde smeraldo, tirandola su. Mi aiutò, alzando le braccia in alto per farsela sfilare. Il suo petto era liscio, morbido, la pelle candida, gli addominali erano lievemente visibili ma non troppo: non mi erano mai piaciuti i tipi troppo muscolosi. Mi fissò di nuovo e stavolta era abbastanza vicino da vedere i suoi occhi, diventati dall’azzurro/verde al dorato per il bagliore delle fiamme che si riflettevano nei suoi occhi. Ci sarei morta per quegli occhi. Le sue mani mi spogliarono della camicetta cobalto che portavo, quella con una farfalla colorata sul fianco destro, poi con un gesto esperto mi privò del mio reggiseno. Sembrava così sicuro di sé e divertito all’idea di sverginarmi, chissà con quante ragazze l’aveva fatto prima di me. Mi sentii terribilmente in imbarazzo a mostrarmi mezza nuda a lui. Sentii la pressione del suo petto sul mio seno, le sue labbra sul collo, la sua mano che divagava fino ad accarezzare il mio capezzolo. Trattenni il fiato e lui iniziò a baciarmi il seno, accarezzandolo, andando sempre più giù fino ai miei pantaloni neri. Si morse il labbro, togliendo dall’asola il primo bottone, poi il secondo ed il terzo. Me lo tirò giù, poi mi sfilò le mutandine con la stessa delicatezza e lo stesso sorrisetto malizioso sulle labbra. Riprese a fissarmi ed io mi alzai, mettendomi a sedere. Lui si sosteneva sulle ginocchia e mi fissò divertito. Era anche parecchio eccitato, questo lo notai quando gli tirai giù i pantaloni. Rossa in viso, feci per portare giù anche i suoi boxer e lui mi afferrò le mani, accompagnandole ad eseguire quel gesto imbarazzante. Subito dopo, mi fece tornare a stendere e prese a sfiorarmi in basso. Gemetti e lo attirai più a me, aspettando che si decidesse finalmente ad entrare in me. Non l’avevo mai fatto, non sapevo che si provasse tutta questa grande voglia che poteva portare a perdere il controllo. Poi affondò in me e mi strappò un mugolio di dolore che mi investì con una violenza tale da inebriarmi la mente. Mi morsi il labbro, cercando di resistere, sperando che non fosse sempre così doloroso. Poi si trasformò in piacere, mentre iniziava a muoversi. Mi aggrappai alla sua schiena, sfiorandolo, affondando le unghie nella sua spalla. E sentivo nel mio orecchio il suo respiro irregolare, eccitato, desideroso. Incrociai il suo sguardo più intenso, la sua pelle ora era imperlata dal sudore, le sue guance erano arrossate e lo rendevano così terribilmente sexy, più angelico di prima. Chissà come sembravo io ora: sicuramente patetica e ridicola, come al solito. Ma lui mi sorprese e, tra un sospiro e un altro, mi disse: «Non ti avevo mai vista così».
«Così come?»
«Così bella, Jess», mi sussurrò, accelerando il ritmo al pari passo col mio cuore. Il camino scoppiettava, la pioggia insisteva, così come i nostri gemiti e respiri. E quello fu il mio primo orgasmo, il mio primo travolgente, unico, sensazionale, meraviglioso orgasmo.


Rieccomi ^^
Allora... Laurel e Jessica -forse di più Laurel- si danno da fare per preparare la loro festa dell'estate: nel prossimo capitolo inizierà la festa vera e propria... Siete curiose di sapere cos'è successo tra Daniel e Jessica? E cosa succederà ancora?
Ho deciso di inserire questo flashback per rendere ancora più smielata -praticamente da diabete- questa storia u.u Sì, probabilmente dopo questa storia avrete il diabete a 300000!!! xD
Ringrazio tanto tanto chi legge e soprattutto chi vorrà recensirmi: scrivere è la cosa più bella del mondo!!!
Se vi piace il mio stile e soprattutto questo genere di racconti, questo è il link della storia che ho concluso da poco. Cliccate per legegre la storia di Lucia e Luca! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1104304&i=1 
Bacioni, Princess <3

  
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