Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee ci siamo!!!!!!!
L’ultimo tormentato capitolo!!! Chiedo perdono
in ginocchio per tutto il tempo che ci ho messo, ma sto studiando come una
talpina, da tanto che non sollevo gli occhi dai libri, e
non ho avuto tempo di ricopiare il capitolo…
Beh, che vi posso
dire? Grazie mille per tutte le recensioni e l’appoggio sempre presenti,
grazie per aver seguito fin qui questa matta che sono e vi auguro
l’ultimo e decisivo…
Buona lettura!!!
XII – Waiting for a return, waiting for love
Nessuna risposta.
Shinichi spinse di nuovo il bottoncino di bronzo, di fianco alla targhetta del citofono. Il suono metallico tintinnò attraverso i vetri dell’appartamento al primo piano, ma non accadde nulla.
Nessuno rispose, non un’anima, né una sagoma attraverso i vetri della Mouri Investigazioni.
Strano.
Eppure Ran doveva essere in casa: era stata lei a chiamarlo, due giorni fa. Dopo che era stata dimessa dall’ospedale, erano usciti insieme un paio di volte; per questo, quando lei aveva chiamato, per invitarlo a casa sua… Beh, la cosa lo aveva messo non poco in agitazione!
Shinichi suonò il campanello ancora una volta, senza ottenere risultati diversi dai precedenti.
Cominciava a preoccuparsi: che fosse successo qualcosa?
Provò ad aprire la porta, e l’ansia non fece che aumentare quando la trovò aperta. Stava per salire le scale, con il cuore in gola, quando…
“Kudo?”
Si voltò di scatto, per trovarsi davanti il bel faccino di Yumi.
“allora sei tu! Non ne ero sicura, perché è un po’ che non ti si vedeva, da queste parti… tutto bene? Sei stato a trovare i tuoi, in America, vero?”
Shinichi annuì, sollevato: Takagi e l’ispettore Megure erano stati di parola, e non avevano raccontato a nessuno la verità sulla sua strana assenza. Yumi continuò a parlare a ruota libera, sbirciando oltre le sue spalle.
“Sai se Ran è in casa?”
“Veramente…”
“Beh, pazienza. Tanto dovevo darne uno anche a te. Tieni…”
Il ragazzo prese il cartoncino bianco piegato in due che Yumi gli porgeva, e gli bastò un’occhiata per capire di cosa si trattasse.
Sorridendo, se lo mise in tasca.
“Cerimonia all’occidentale, dunque?”
“Già. E Ran dovrebbe fare da damigella, insieme a me… A proposito, glielo dai tu, l’invito, quando la vedi?”
“certo.”
Yumi aprì la portiera dell’auto di servizio, parcheggiata lì davanti in malo modo.
“Ma tu guarda se devo rischiare una multa per colpa di quei due… Allora, ci vediamo. Salutami Ran!”
E mise in moto, mentre Shinichi la salutava con un cenno, scuotendo la testa. Aprì ridendo uno dei biglietti che Yumi gli aveva dato.
Wataru Takagi & Miwako
Sato
5 Maggio
Più o meno, tra un mese… Takagi non aveva perso tempo, a fare la sua dichiarazione!
Ridendo, mise l’invito in tasca, insieme all’altro.
Lui invece doveva cominciare a darsi una mossa, con Ran…
Fece un respiro profondo e si incamminò su per le scale, fino ad arrivare davanti alla porta dell’ufficio-appartamento di Logoro. C’era qualcosa o qualcuno, là dentro… sentiva dei rumori, delle voci…
Anche quella seconda porta era aperta, ma quando Shinichi entrò capiì di essersi sbagliato.
Non erano voci, quelle che aveva sentito, o meglio, non c’era nessuno in quella stanza. Solo una canzone che si diffondeva da uno stereo acceso.
It’s crazy how slow it gors,
when you’re waiting for something more…
Shinichi la riconobbe: era la stessa che aveva sentito con Ran e Sonoko, al concerto di quella cantante.
“Ran?”
To warm you up when you feel cold,
To calm you down, bring peace to your
soul…
Nessuna risposta.
Shinichi si guardò attorno, notò lo strano ordine – insolito, per uno come Kogoro – che regnava nella casa: I letti rifatti, la cucina pulita, la scrivania sgombra…
Poi, lo notò. Lì sul tavolo.
Era solo un foglio bianco, finchè non lo prese in mano.
“Shinichi…”
Era una lettera.
Senza volerlo, Shinichi distolse
lo sguardo dal pezzo di carta, scritto finemente. Una stana paura lo prese alle spalle: cosa poteva essere successo, se
Cosa poteva dirgli?
It’s funny how fast it goes; love comes
right when you don’t wait anymore…
“Scusami se ti
scrivo questa lettera.
Scusami se non ti ho
detto nulla, scusami per essere così vigliacca, così
fragile…”
E intanto la musica andava, riempiva la casa e ogni angolo del suo cuore.
All this fraility
makes so strong…
“Perchè
non ho altro modo per farti capire quello che avrei dovuto
dirti tanto tempo fa, troppo tempo fa…”
Shinichi si scostò nervosamente i capelli dal viso, un gesto stizzoso che non gli apparteneva.
Shinichi, io ti amo.
Ecco, ora
probabilmente starai sgranando gli occhi per la
sorpresa.
Ma l’unica cosa che potrebbe sorprenderti è il modo in cui te
lo
sto dicendo.
Perché
tu lo
sapevi già, di me, di noi…
Questo perché
lo sapeva un bambino, perché mi sono confidata con lui. Sai, in quel
periodo, Conan è stato l’unico a starmi
vicino. Io mi fidavo di lui, senza sapere perché. Mi sentivo bene,
quando lui mi consolava, dicendomi che saresti tornato.
Poi, quando mi
hai
detto la verità, ho capito la cosa più importante: non mi avevi
lasciata mai sola. Mai”
Shinichi sorrise, inconsciamente.
“E quando
l’ho capito, mi sono sentita importante, felice… ma anche
immensamente triste.”
Il soriso sparì dal suo viso, con la stessa velocità con cui era apparso.
“Perché
quello che era rimasto da solo, senza un appoggio, senza certezze… eri
tu.
E io non ero stata
capace di vedere.”
Precious gift, giving in silence…
“Silenziosamente,
hai aspettato, hai continuato a sperare, e forse anche tu sei stato tormentato
dai dubbi, dai sensi di colpa, dalla solitudine…”
Era così, Shinichi lo sapeva.
“Ma vedi,
c’è una cosa che nessuno di noi ha mai veramente compreso: noi
abbiamo sbagliato tutto.
Davanti alle
difficoltà, ai dubbi, ci siamo chiusi in noi stessi, serrando gli occhi,
tappandoci le orecchie e aspettando che la tempesta passasse.
Non volevamo vedere,
non volevamo sentire il calore di tutti quelli che vicino a noi ci sono sempre stati, e hanno avvicinato, con la pazienza
dei santi, le nostre due solitudini, fino a farle sfiorare, toccare dolcemente.
Finchè non ci siamo svegliati dal sogno buio
in cui
eravamo capitati.”
So, no matter how long I wait…
“perciò,
è soprattutto grazie a loro se ora sono qui, scrivere questa lettera, epr il ragazzo che amo. E’ grazie ai nostri amici, ai
nostri parenti, ai nostri compagni.
Loro ci hanno
aspettato. Sempre.”
Shnichi sorrise. Ancora.
Perché pensare a Ran, lo faceva sempre sorridere.
Perché lei aveva ragione su tutto.
“Penso sia
giunto il momento di dirti la verità, di arrivare al punto. Io sono
partita: i miei genitori si sono momentaneamente riavvicinati, e io ho colto al
volo l’occasione per una vacanza tutti insieme.
Chissà,
forse
anche loro sono destinati ad aspettarsi a vicenda, ancora una volta. Io lo
spero. Comunque non ti dirò dove siamo, né fino a quando
resteremo qui. Non volermene, Shinichi: non mi
sto
prendendo una piccola vendetta personale.
Solo, avevo voglia
anch’io di avere qualcuno che aspettasse
impazientemente il mio ritorno.
E vorrei che questo
qualcuno fossi tu.
Non starò via
molto, perché non so più stare lontana da te per molto, e tu lo
sai!
Aspettami, ti prego.
Ti amo”
Ran
Shinichi ripiegò con cura la lettera, mentre girava per le stanze della casa, guardandosi intorno.
In fondo, gli sarebbe bastato aprire qualche armadio, controllare se i passaporti erano ancora lì, nel cassetto della scrivania, capire cosa mancasse, per dedurre facilmente dove i tre fossero andati.
Ma no lo fece,
perché Ran gli aveva chiesto di aspettarla.
E lui l’avrebbe aspettata.
Uscì silenziosamente dall’appartamento lasciando l’invito per il matrimonio di Sato e Takagi sul tavolo. Le avrebbe dato la notizia, non appena Ran avesse telefonato.
Scese le scale richiudendo la porta alle sue spalle, lasciando che la musica sfumasse lentamente, mentre la canzone finiva.
A prayer for a return, a prayer for love…
fine